La più spiazzante raccolta di canzoni mai scritte per smuovere chiappe e cervello in un colpo solo, nonché il mio disco preferito dei Talking Heads, insieme a "Remain In Light". Funk sovraeccitato, rock cerebrale e stranianti collage poliritmici, in cui sale in cattedra il basso della magica Tina.
Finalmente miliare il primo frutto del sodalizio Eno-Byrne. Ne Ho scritto qui: https://www.ondarock...ingsandfood.htm
I Talking Heads del 1978 erano ancora la più indecifrabile creatura uscita dall'incubatrice new wave del Cbgb. Alieni metropolitani dai visi puliti e ben vestiti, tremendamente cerebrali, con quell'approccio artistoide da impenitenti nerd e quel sound scheletrico, intessuto di chitarre affilate e bassi lunari. Così bianchi nel canto - acuto, sgraziato, nevrastenico - e così neri nel ritmo, apertamente occhieggiante al funk, all'afrobeat e - sacrilegio! - alla disco-music. Quasi degli anti-punk nell'era del punk. Eppure era proprio sotto quella voce - magari sposata al più rassicurante suffisso "art" - che il loro esordio "Talking Heads: 77" era stato catalogato. Con quella bomba di singolo di nome "Psycho Killer" a spingerli di prepotenza fuori dall'angusto recinto dell'intellighenzia musicale newyorkese.
Ma a quel destabilizzante debutto su Lp mancava ancora qualcosa, che pure era insito nel codice genetico della band: la devozione totale al ritmo, la fusione ancor più sfrontata di primitivismo africano e futurismo occidentale, l'uso ancor più estremo dello studio di registrazione come fucina avveniristica di uno stile unico e rivoluzionario. Il tutto attraverso un linguaggio asciutto, sintetico. In due parole: new wave. Un approdo naturale per gli ex-coinquilini del loft al Lower East Side? Forse. Ma la storia ha voluto che per portarlo a compimento vi sia stato bisogno della quinta Testa Parlante, quella di Brian Eno...