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La Storia


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#101 Çorkan

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Inviato 30 marzo 2012 - 23:56

Grazie Combat.
Per quanto riguarda il libro di Gotor: anche l'analisi delle lettere è filologica e minuziosa, eppure a me "pallosa" non è risultata. Forse perchè mi addentravo nella lettura con la speranza di una rivelazione finale sorprendente che non c'è e non può esserci.
E' un testo coinvolgente comunque, perchè si percepiscono i tentativi sempre più disperati di Moro di intuire i movimenti nel mondo esterno e di sfruttarli a suo vantaggio tramite i codici semantici veramente complessi con cui comunicava coi destinatari delle missive.
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#102 combatrock

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Inviato 31 marzo 2012 - 00:03

Forse perchè mi addentravo nella lettura con la speranza di una rivelazione finale sorprendente che non c'è e non può esserci.


Era esattamente quello da cui cercavo di mettere in guardia qualunque lettore, me compreso. Comunque lo leggerò al più presto, grazie.
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A voi la poesia proprio non piace eh?Sempre a rompere il cazzo state.


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#103 Çorkan

    Utente onicofago con ghiri in culo

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Inviato 06 aprile 2012 - 21:08

Allora? Quest'analisi della nascita-sviluppo-decadenza del nazismo?
Mi raccomando con pacatezza e senza nemmeno l'ombra di un' apologia che sennò vi smonto.
Su combat comincia tu che mi sembri preparato, io arrivo al pub a farmi una birra (tedesca) e torno.
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#104 Thomas Edward Lawrence

    - Cosa L'affascina maggiormente del deserto? - È... pulito.

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Inviato 07 aprile 2012 - 09:06

Contentissimo d'essere passato per apologeta nazista (si è passati ai limiti della diffamazione, ma come ho già detto e ripetuto, su internet chiunque si sente di dire ciò che vuole).
La Storia, o almeno la storiografia ufficiale, è bizzarra, criminali come i fratelli Kennedy, Giovanni Paolo II e Madre Teresa passano per delle meraviglie ed innocui, se non eroici, intellettuali, quali Ernst Jünger, passano per criminali.
Giorgio Galli, autorità della storiografia nazista ma tutt'altro che nazista, avrebbe da ridire in merito a Jünger "palesemente" nazista. La verità è che Jünger era un conservatore, come il conte di Stauffenberg (l'attentatore dell'Operazione Valchiria), cui era legato.

A proposito di bizzarrie storiografiche: un mio zio si scandalizzò per un mio riferimento alla Società Thule. Sua madre disse "sono orgogliosa di essere italiana [sic] perché nessun italiano ha mai fatto del male ad un solo ebreo" (rinnegando così le leggi razziali, il binario 21 della Centrale di Milano, San Saba a Trieste e tante altre cose allegre). Lei è una "signora" adorabile, io un laido nazista.

Insomma, in realtà non me la sono presa né per mio zio né per la "disgustata" Beignet, ma entrambi hanno sputato sentenze senza essersi bene informati.
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#105 combatrock

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Inviato 07 aprile 2012 - 09:58

Allora? Quest'analisi della nascita-sviluppo-decadenza del nazismo?
Mi raccomando con pacatezza e senza nemmeno l'ombra di un' apologia che sennò vi smonto.
Su combat comincia tu che mi sembri preparato, io arrivo al pub a farmi una birra (tedesca) e torno.


Lodevolissima iniziativa del solerte Corkan. Contrariamente a quanto pensi, però, non sono un esperto dell'argomento e sono incasinato col lavoro in questo periodo (pure per la santa pasqua, accidenti). Mi limito a ribadire l'importanza di tutte le opere di Georg Mosse (che ho avuto la fortuna di incontrare una volta, sia pur di sfuggita, prima della sua scomparsa), a cominciare da queste:

Immagine inserita Immagine inserita Immagine inserita Immagine inserita

Aggiungerei en passant questi due:

Immagine inserita Immagine inserita
MacGregor Knox è uno studioso molto serio che ha incentrato il proprio lavoro sull'ascesa di fascismo e nazismo, e soprattutto sul reciproco sostegno tra una parte dell'apparato produttivo e i due movimenti. Insisto sul punto perché, per quanto affascinante possa sembrare (a me non particolarmente) la "magia" e l'esoterismo dei due regimi, ritengo ben più peculiari le dinamiche materiali che hanno consentito a due personaggi potenzialmente da operetta di mettere a ferro e a fuoco l'Europa. Un po' il rovescio della medaglia rispetto alle opere di Mosse, in cui l'autore è soprattutto interessato a capire e spiegare come i due regimi si siano garantiti il consenso delle masse dei rispettivi paesi, inserendosi in processi di mutamento sociale già in atto.


Contentissimo d'essere passato per apologeta nazista (si è passati ai limiti della diffamazione, ma come ho già detto e ripetuto, su internet chiunque si sente di dire ciò che vuole).
La Storia, o almeno la storiografia ufficiale, è bizzarra, criminali come i fratelli Kennedy, Giovanni Paolo II e Madre Teresa passano per delle meraviglie ed innocui, se non eroici, intellettuali, quali Ernst Jünger, passano per criminali.
Giorgio Galli, autorità della storiografia nazista ma tutt'altro che nazista, avrebbe da ridire in merito a Jünger "palesemente" nazista. La verità è che Jünger era un conservatore, come il conte di Stauffenberg (l'attentatore dell'Operazione Valchiria), cui era legato.

A proposito di bizzarrie storiografiche: un mio zio si scandalizzò per un mio riferimento alla Società Thule. Sua madre disse "sono orgogliosa di essere italiana [sic] perché nessun italiano ha mai fatto del male ad un solo ebreo" (rinnegando così le leggi razziali, il binario 21 della Centrale di Milano, San Saba a Trieste e tante altre cose allegre). Lei è una "signora" adorabile, io un laido nazista.

Insomma, in realtà non me la sono presa né per mio zio né per la "disgustata" Beignet, ma entrambi hanno sputato sentenze senza essersi bene informati.


Ma figurati: il tuo accenno allo stereotipo sui bravi italiani sfonda una porta aperta, eppure è sempre necessario. Sulla costruzione intellettuale dell' "autoassoluzione" italiana, segnalo questo (pressoché introvabile, ahimé, se non presso biblioteche pubbliche o universitarie) saggio:

- F. Focardi, “Bravo italiano” e “cattivo tedesco”: riflessioni sulla genesi di due immagini incrociate, in «Storia e Memoria», a. V, n. 1, primo semestre 1996, pp. 55-83.
Detto questo, però, non ci stiamo a prendere in giro: l' "idolizzazione" di Rosenberg è cosa ben diversa rispetto a quella di Junger, e non posso credere che tu non te ne renda conto, visto che sembri saperne molto. Poi possiamo discutere molto volentieri di entrambi e di altre cose snza stracciarci le vesti, però non dimentichiamo nemmeno che si tratta di argomenti che gente infame e ributtante è sempre pronta a strumentalizzare (a scanso di equivoci e diffamazioni, NON sto parlando di te !):

http://www.repubblic...nisti-32798573/

IL CASO
Nella testa dei negazionisti
"Shoah macabra leggenda"


Abbiamo visto il documentario semiclandestino in italiano che gruppi neonazisti stanno diffondendo sul web. Una bestemmia storica giustificata da sedici "esperti", tutti definiti "martiri" di MARCO PASQUA


Novanta minuti per negare la Shoah e sostenere che l'Olocausto è "la più colossale menzogna dell'epoca moderna". Si intitola "Wissen macht frei - la conoscenza rende liberi" (il richiamo è alla scritta"Arbeit macht frei" collocata sull'ingresso del campo di sterminio di Auschwitz), ed è il primo documentario made in Italy - con voce narrante e sottotitoli in italiano - che mira a diffondere le folli tesi negazioniste su larga scala. Per adesso solo sul web, attraverso i forum neonazisti, i programmi di file-sharing, o i siti monotematici dei sedicenti studiosi dello sterminio del popolo ebraico, anche se l'ambizione è quella di sbarcare nelle scuole. Diffuso in questi giorni in via semiclandestina, il documentario verrà presto distribuito sotto forma di dvd, a chiunque ne faccia richiesta, via e-mail. "Non chiediamo un euro e siamo pronti a portarlo nei licei", promettono gli autori di questo documentario, disponibile anche in una versione estesa di due ore e mezza. Militanti di Forza Nuova (anche se, ufficialmente, la formazione neofascista non lo propaganda ancora), sono noti alle forze dell'ordine per la loro attività di negazione della Shoah e per i loro commenti antisemiti e razzisti sui forum. Sono loro gli organizzatori del dibattito negazionista che si è tenuto provocatoriamente lo scorso 27 gennaio, giorno della Memoria, nella sede di Forza Nuova Lario, a Como.

Quasi un anno di lavoro necessario per raccogliere e


montare materiali video e fotografici dai blog negazionisti: il risultato è una bestemmia storica, una volgare menzogna che offende la memoria dei milioni di morti nei lager nazisti. Si nega non solo l'esistenza delle camere a gas ma anche il numero dei sei milioni di ebrei sterminati e si ribatte, punto per punto, alla storiografia che, da decenni, si occupa dell'Olocausto. Spesso con prove inconsistenti e affermazioni ampiamente smentite dagli studiosi: la verità dell'Olocausto viene contestata attraverso bugie antistoriche.

In altri Paesi, la realizzazione di questo filmino sarebbe punita con la galera: particolare ricordato in apertura di documentario, a mo' di warning ("Attenzione: la pubblicazione e la distribuzione di questo video costituisce reato ed è passibile di arresto in 12 Paesi europei", recita una scritta in sovraimpressione). Obiettivo di questo collage di interviste ai principali negazionisti - dal francese Robert Faurisson allo svizzero Jurgen Graf - è quello di abbattere il "dogma dello Shoah", svelando quella che sarebbe stata la "leggenda dei campi di sterminio". Anche i testimoni scampati ai lager nazisti vengono liquidati come "sedicenti sopravvissuti", che girano le scuole per "propagandare la favola delle camere a gas".

E' lungo l'elenco dei negazionisti citati in apertura: sono sedici, ognuno presentato come un "martire", uno studioso perseguitato "per aver messo in discussione una credenza popolare", al fine di "cercare la verità". Da Paul Rassinier a Ernst Zündel, passando per Sylvia Stolz e Norman Finkelstein, a questi storici di nome ma non di fatto, viene riconosciuto il merito "di aver smontato" la leggenda della Shoah "con una semplice analisi obiettiva", visto che "la verità dell'Olocausto si regge su testimonianze contraddittorie di cui non si hanno prove documentate e che le poche analisi che è stato possibile effettuare hanno rivelato infondata". "Purtroppo l'elenco dei cosiddetti negazionisti che vengono perseguitati è in costante aggiornamento - spiega la voce narrante, un ragazzo italiano, presumibilmente uno dei due autori del montaggio - Ma questo vuol dire che c'è un crescente numero di persone disposte a rischiare per far rifiorire la verità. I popoli d'Europa stanno rialzando la testa. Questo fa paura a qualcuno, che soltanto grazie alla presunta Shoah riesce a tenere sotto schiavitù questi paesi e i loro cittadini, avvalendosi dei sensi di colpa di un popolo. Lo dimostrano le continue pressioni sui rappresentanti dei governi per introdurre il reato di negazione dell'Olocausto".

E' a Faurisson e Graf, protagonisti indiscussi del video, che viene affidato il compito di presentare larga parte delle tesi condivise da quanti negano l'esistenza della Shoah. Del primo, viene anche riportata un'intervista rilasciata quando venne invitato all'università di Teramo, dal docente Claudio Moffa, nel 2007.

Il documentario cerca di confutare, invano (senza cioè fare riferimento a documenti ufficiali), quelli che sono i tre capisaldi della storiografia nazista. In primo luogo, si vuole sostenere che il regime nazionalsocialista non emanò alcun ordine di sterminio del popolo ebraico: lo sostengono sia Faurisson che l'italiano Carlo Mattogno. E poi Graf, per il quale il fatto che "numerosissimi deportati siano sopravvissuti ai campi" è la migliore prova che questo ordine non sia mai esistito. Ma il capovolgimento della verità storica si fa più spregiudicato quando si vuole sostenere che le camere a gas siano un'invenzione. "Dove sono le prove? Non intendo quelle false, quelle vere", dice Faurisson, sottotitolato in italiano. "Non esistono tracce materiali di gasazioni omicide. Per esempio, se non disponessimo delle testimonianze sulla gasazione dei detenuti ad Auschwitz, non ci sarebbe mai idea che questa camera mortuaria costruita come quella di altri crematori sia servita da camera a gas", afferma Graf, ignorando le molteplici testimonianze di quanti, Shlomo Venezia in testa (addetto del Sonderkommando), hanno visto e vissuto, ogni giorno, la disumana atrocità della gasazione di massa. Il Zyklon B, il gas impiegato per gli stermini dei prigionieri, sarebbe stato usato, in realtà, per "disinfettare abiti ed edifici e combattere le epidemie". E queste ultime - non le camere a gas - spiegherebbero il decesso di moltissimi ebrei (l'unico dato certo che Graf accetta di fornire è quello di "centinaia di migliaia" di persone deportate nei campi). Ancora: nei campi di sterminio vi sarebbero state piscine, teatri e bordelli. Quale miglior prova del fatto che i nazisti non volessero sterminare i loro prigionieri? "Gli ebrei non hanno mai corso il rischio di essere sterminati", sentenzia Graf.
Terzo punto contestato dagli autori del documentario, il dato dei sei milioni di ebrei morti. Per Faurisson si tratta di un numero fatto "circolare ad arte", e anche la testimonianza di Rudolf Höss, comandante di Auschwitz (che ha fornito le prove delle gasazioni) sarebbe stata estorta con le torture. "La cifra dei 6 milioni di ebrei morti risale al 1900, quando comparve anche sulla stampa ebraica di New York - prova a spiegare Faurisson - Il dato era riferito in un primo tempo agli ebrei che stavano morendo in Russia e Polonia ed era uno slogan per reperire fondi. Successivamente lo si userà per la Germania".

La conclusione della voce narrante è in linea con le precedenti tesi antistoriche: "In assenza di prove la Shoah andrebbe considerata una macabra leggenda". Per i negazionisti, "la propaganda sull'Olocausto è una fiorente industria. E' un affare che muove miliardi di dollari in tutto l'occidente. Anche le visite guidate ai campi di sterminio fatturano milioni di euro. Dietro alla Shoah - si sostiene ancora - ci sono i soldi versati come risarcimenti a stato di Israele e alle vittime, ma c'è anche la nascita dello stato di Israele". Resa possibile, appunto, dall'Olocausto. Titoli di coda come nella migliore tradizione cinematografica, si ringraziano il negazionista italiano Mattogno, un militante di Forza Nuova, e i gestori di quattro siti negazionisti italiani. Ma è solo il primo passo: "E' un inizio, abbiamo tante idee per fare documentari revisionisti e farli circolare", promettono gli autori.

Messaggio modificato da combatrock il 07 aprile 2012 - 09:59

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#106 Thomas Edward Lawrence

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Inviato 07 aprile 2012 - 12:08

M'hai dato scacco nel migliore dei modi.

Io consiglio, riguardo le mossianamente parlando "origini culturali" del nazismo:

Giorgio Galli, Hitler e il nazismo magico
Nicholas Goodrick-Clarke, Le radici occulte del nazismo
Trevor Ravenscroft, Hitler e la lancia del destino

Non un libro sul nazismo, ma un libro nazista:
Otto Rahn, Crociata contro il Graal

Per quanto riguarda la svastica:
René Guénon, Il simbolismo della croce
Bernard Marillier, Lo Svastica

Per completezza, pur non essendo un granché:
Heather Pringle, Il piano occulto (documentatissimo, imponente, ammirevole ma vacuo)
René Freund, La magia e la svastica (appena propedeutico e fallace)
Sidney Kirkpatrick, Le reliquie di Hitler (danbrowniano)
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#107 Çorkan

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Inviato 08 aprile 2012 - 00:16

Grazie combat, e scusa se ti chiamo sempre in causa., però secondo me uno che ha letto sei libri su un argomento ne è anche esperto. asd
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#108 Seattle Sound

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Inviato 08 aprile 2012 - 02:41

Grazie combat, e scusa se ti chiamo sempre in causa., però secondo me uno che ha letto sei libri su un argomento ne è anche esperto. asd


Cork,stavolta le informazioni non ti servono per il videogioco come le robe sugli antici romani,vero?asd
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Alfonso Signorini: "Hai mai aperto una cozza?"
Emanuele Filiberto: "Sì, guarda, tante. Ma tante..."
(La Notte degli Chef, Canale 5)

 

"simpatico comunque eh" (Fily, Forum Ondarock)

 

"passere lynchane che finiscono scopate dai rammstein"

"Io ho sofferto moltissimo per questo tipo di dipendenza e credo di poterlo aiutare. Se qualcuno lo conosce e sente questo appello mi faccia fare una telefonata da lui, io posso aiutarlo"
(Rocco Siffredi, videomessaggio sul web)


"Ah, dei campi da tennis. Come diceva Battiato nella sua canzone La Cura"


#109 combatrock

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Inviato 08 aprile 2012 - 10:55

Dimenticavo due libri a mio giudizio molto belli e molto "concreti", che illustrano il modo in cui il nazismo ha gestito (o tentato di gestire) l'Europa negli anni dell'occupazione; e di come esso abbia scientificamente cercato di porre le risorse dell'intero continente a disposizione dello "stato sociale razziale", con l'obiettivo di mantenere alto il consenso interno al regime ed evitare ogni problema sul "fronte interno". Bellissimi entrambi.

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Per una considerazione più complessiva dell'impatto (ideale e politico) del nazismo sull'Europa, e delle simpatie persino insospettabili che esso si attirò ancora negli anni della guerra, consiglio i capitoli centrali di un altro libro del primo autore, Mark Mazower, che credo di avere già citato in un post precedente (se così fosse, perdonate il rincoglionimento galoppante):

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#110 Çorkan

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Inviato 08 aprile 2012 - 22:53

Dimenticavo due libri a mio giudizio molto belli e molto "concreti", che illustrano il modo in cui il nazismo ha gestito (o tentato di gestire) l'Europa negli anni dell'occupazione; e di come esso abbia scientificamente cercato di porre le risorse dell'intero continente a disposizione dello "stato sociale razziale", con l'obiettivo di mantenere alto il consenso interno al regime ed evitare ogni problema sul "fronte interno". Bellissimi entrambi.


Ma questa non era anche una necessità di guerra? Per quanto la macchina bellica tedesca si fosse ripresa e sviluppata dopo la prima guerra mondiale, dal punto di vista logistico era ancora carente da lacuni punti di vista. Primo e fondamentale quello del carburante, che la la guerra lampo, di movimento rendeva indispensabile ,ma che l'insustria petroliferea tedesca non era in grado di produrre in quantità. Di fatti una delle direttrici dell'Operazione barbarossa puntava proprio ai giaicimenti del cacucaso.
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#111 combatrock

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Inviato 10 aprile 2012 - 00:20


Dimenticavo due libri a mio giudizio molto belli e molto "concreti", che illustrano il modo in cui il nazismo ha gestito (o tentato di gestire) l'Europa negli anni dell'occupazione; e di come esso abbia scientificamente cercato di porre le risorse dell'intero continente a disposizione dello "stato sociale razziale", con l'obiettivo di mantenere alto il consenso interno al regime ed evitare ogni problema sul "fronte interno". Bellissimi entrambi.


Ma questa non era anche una necessità di guerra? Per quanto la macchina bellica tedesca si fosse ripresa e sviluppata dopo la prima guerra mondiale, dal punto di vista logistico era ancora carente da lacuni punti di vista. Primo e fondamentale quello del carburante, che la la guerra lampo, di movimento rendeva indispensabile ,ma che l'insustria petroliferea tedesca non era in grado di produrre in quantità. Di fatti una delle direttrici dell'Operazione barbarossa puntava proprio ai giaicimenti del cacucaso.


Allora: di certo il principio è giusto, ovvero c'era grandissima attenzione ad alimentare continuamente la macchina bellica. Però, in un saggio che ho letto ma di cui non ricordo assolutamente i riferimenti, si spiegava dati alla mano che in quel senso il terzo reich era stato tutt'altro che efficiente. Per il resto, a me interessava sottolineare l'altra questione: ovvero il mantenimento del fronte interno nel massimo di agiatezza possibile, perché i vertici del regime ritenevano che fosse l'unico modo per evitare un'implosione simile a quella avvenuta verso la fine della prima guerra mondiale.
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Inviato 15 maggio 2012 - 20:17

E' già la seconda volta che leggendo un po' di storia europea mi imbatto nella strategia "folle" di Stalin nei rapporti coi paesi europei dove si svolse una lotta fra partiti comunisti e regimi fascisti o monarchici. Se per la Guerra di Spagna Orwell (e non solo lui immagino, ma io quello ho letto) lo accusa riguardante esplicitamente di aver fatto fuori i partiti anarchici e il POUM e di aver così consegnato la Spagna a franco.
Leggendo la pagina di wiki sulla guerra civile greca scopro poi come a seguito della rottura con Tito, Stalin fece sostituire il comandante delle armate comuniste, Vafiadis, ritenuto peraltro dai suoi un eroe, con un suo pupazzo. Puntualmente da lì in poi i monarchici sopraffecero le truppe comuniste.
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#113 corrigan

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Inviato 03 giugno 2012 - 14:23

mi ricollego a ciò che legge strama(ccioni), sto leggendo questo

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「その時僕はミサト さんから逃げる事しかできなかった。 他には何もできない、 他も云えない… 子供なんだと ... 僕はわかった

 


#114 combatrock

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Inviato 03 giugno 2012 - 14:54

mi ricollego a ciò che legge strama(ccioni), sto leggendo questo

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Libro interessante senza dubbio, ma la tesi centrale è un po' datata e parzialmente smentita da quanto avvenuto nell'ultimo decennio. Se però ti piace questo genere di disamine storiche di lungo periodo, ti consiglio anche:

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Eccellente sociologo ed economista, con buon background storico, che ha insegnato a lungo negli Stati Uniti ed è scomparso di recente. Non ti far fuorviare dal titolo: in realtà è un'anaisi di lunghissimo periodo sul rapporto tra capitale/ricchezza e potere territoriale degli stati, a partire da XIV secolo. E, rispetto a Paul Kennedy (che più volte Arrighi richiama esplicitamente, e con cui dialoga a distanza nel testo) ha il pregio di essersi sbilanciato molto meno in previsioni e ricette per il futuro. Se ti interessa, qui trovi parecchio materiale interessante sul personaggio e sul suo lavoro, compresa una sua postfazione inedita al volume che (magari) può farti venire voglia di leggerlo... :)

Buona lettura.
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#115 corrigan

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Inviato 03 giugno 2012 - 14:59


mi ricollego a ciò che legge strama(ccioni), sto leggendo questo



Libro interessante senza dubbio, ma la tesi centrale è un po' datata e parzialmente smentita da quanto avvenuto nell'ultimo decennio. Se però ti piace questo genere di disamine storiche di lungo periodo, ti consiglio anche:

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Eccellente sociologo ed economista, con buon background storico, che ha insegnato a lungo negli Stati Uniti ed è scomparso di recente. Non ti far fuorviare dal titolo: in realtà è un'anaisi di lunghissimo periodo sul rapporto tra capitale/ricchezza e potere territoriale degli stati, a partire da XIV secolo. E, rispetto a Paul Kennedy (che più volte Arrighi richiama esplicitamente, e con cui dialoga a distanza nel testo) ha il pregio di essersi sbilanciato molto meno in previsioni e ricette per il futuro. Se ti interessa, qui trovi parecchio materiale interessante sul personaggio e sul suo lavoro, compresa una sua postfazione inedita al volume che (magari) può farti venire voglia di leggerlo... :)

Buona lettura.


grazie mille per il consiglio combat, annoterò. in realtà il libro di Kennedy lo conoscevo da tempo e per via traverse (tramite il concetto cinese di Comprehensive National Power, di cui mi ero occupato brevemente nella mia tesi), naturalmente il libro è datato. però mi interessava in particolare la prima metà, e alcune questioni più specifiche, per esempio quella dell'Impero Ming e di quello ottomano nel sedicesimo secolo.
cmq dovremmo spostare gli ultimi tre interventi in "La storia"
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Inviato 18 giugno 2012 - 12:28

40 anni fa lo scandalo Watergate...

http://www.ilpost.it...dalo-watergate/
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Inviato 23 giugno 2012 - 00:39

40 anni fa lo scandalo Watergate...

http://www.ilpost.it...dalo-watergate/


Carissimo Cork, ti venisse voglia di approfondire la figura di Nixon (compresa la faccenda Watergate), ti consiglio quanto segue:

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A fronte delle migliaia di pagine licenziate in fretta e furia negli ultimi mesi su Nixon, proprio perché l'anniversario del Watergate sembrava una buona occasione per vendere libri, continuo a preferire questa biografia, scritta ormai qualche anno fa. E scritta bene. Utile per contestualizzare lo scandalo all'interno delle vicende dell'intera Presidenza Nixon, e soprattutto dei cambiamenti che gli Stati Uniti stavano vivendo in quegli anni.

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Forse non tutti sanno che... il primo dibattito televisivo della storia tra due aspiranti alla presidenza degli Stati Uniti si tenne nel 1959 tra Nixon e Kennedy. Il dibattito ebbe ritmi penosi, se comparati a quelli a cui ci ha abituati la tv odierna. Eppure, secondo molti (incluso lo stesso Nixon) la performance nettamente migliore di Kennedy di fronte alle telecamere gli consentì di guadagnare i pochi consensi che gli bastarono per sconfiggere lo sfidante sul filo di lana. Nasce da lì una contrapposizione che ha segnato la storia degli Stati Uniti per decenni: comme avrebbe detto Nixon, gli americani vedevano in lui ciò che erano, in Kennedy ciò che avrebbero voluto essere. Californiano il primo, proveniente da famiglia povera, escluso dalle università migliori, noto per non sottrarsi all'intrigo e al sotterfugio per raggiungere i propri scopi, con una presenza scenica non certo accattivante. East.coaster il secondo, proveniente da una famiglia ricca e influente, educato nelle migliori università, affascinante e seduttore di donne e masse. Un libro certo curioso e divertente, ma anche drammatico, che offre una chiave di lettura originale e intrigante sugli Stati Uniti del dopoguerra.

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Libro più difficilotto, ma che fornisce un'ottima introduzione a 360° o quasi alla politica estera di Nixon. Se lo scandalo Watergate ha finito per risucchiare l'attenzione di contemporanei e posteri, resta pur vero che il campo nel quale Nixon e il suo principale assistente Kissinger cercarono di lasciare la maggiore impronta fu la revisione delle relazioni internazionali del loro paese, e in definitiva la ricollocazione degli Stati Uniti in un mondo notevolmente cambiato rispetto al dopoguerra. Con alterne fortune e parecchie nefandezze...

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...come il supporto al colpo di stato di Pinochet in Cile. Questa raccolta documentaria, molto completa e ben allestita da storici professionisti, racconta buona parte della triste storia di come l'amministrazione Nixon decise che il governo Allende rappresentava una minaccia e un' "offesa" troppo grande per essere tollerata, e organizzò un intervento indiretto a favore di una soluzione autoritaria.
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#118 Çorkan

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Inviato 23 giugno 2012 - 10:32

Grazie Comb!
Cercherò qualcosa, ammetto che mi intriga soprattutto l'ultimo (quando penso al cile mi vengono sempre in mente le bellissime immagini di Le fond de l'air est rouge di Marker, e vorrei saperne di più.
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#119 satyajit

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Inviato 23 giugno 2012 - 11:25

Combat, nel topic sul Medio Oriente siamo finiti a parlare di Hiroshima e Nagasaki. Tu che sai tutto :) , cosa pensi della relazione tra bombe atomiche e fine della guerra?
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#120 combatrock

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Inviato 23 giugno 2012 - 11:26

Grazie Comb!
Cercherò qualcosa, ammetto che mi intriga soprattutto l'ultimo (quando penso al cile mi vengono sempre in mente le bellissime immagini di Le fond de l'air est rouge di Marker, e vorrei saperne di più.


Se lo cerchi in qualche biblioteca universitaria (tipo a Firenze) lo trovi di sicuro. Però vorrei avvisarti, prima che mi insulti: NON è un libro scorrevole. A parte alcune parti esplicative e di raccordo scritte dall'eccellente curatore Kornbluth, si tratta di una raccolta di documenti e fonti primarie prodotte dall'amministrazione Nixon negli anni in questione. A causa di riferimenti incrociati e linguaggio "tecnico", possono essere di non immediata lettura e interpretazione. Ma perché non tentare ?
Magari potresti iniziare da qui:

http://www.gwu.edu/~...BB110/index.htm

è la pagina di presentazione del volume da parte dell'istituzione che l'ha prodotta (il National Security Archive), con alcuni esempi del contenuto. Due parole sul National Security Archive: contrariamente a quello che il nome potrebbe suggerire, NON si tratta di un'istituzione governativa, ma di una fondazione totalmente indipendente che lavora sulla segretezza degli atti governativi e in favore di una maggiore consapevolezza dei cittadini attraverso la richiesta ripetuta e insistente di apertura delle fonti, e la loro messa a disposizione pubblica. Insomma: una specie di Wikileaks molto più professionale e ragionata, nel solco della località. Negli Stati Uniti sono un'autorità riconosciuta in materia, e pubblicano continuamente cose interessantissime anche se meno clamorose rispetto agli scoop di Assange (per inciso: furono interpellati dal Congresso anche in materia di Wikileaks). Hanno pubblicato interessantissimi (e documentatissimi) dossier sulla Baia dei Porci, la "Guerra Sporca" in America Latina, i rapporti degli Stati Uniti con Iran e Irak, "cover operation" della CIA e molto molto altro. Consiglio a chiunque sia interessato di spulciare con attenzione il loro sito per trovare sicuramente notizie sorprendenti e rivelazioni interessanti, il tutto verificato in modo maniacale (non si sono mai beccati una smentita o una denuncia, tanto per dire). Credo che possa interessare Corrigan il fatto che ultimamente si siano dedicati parecchio ai rapporti degli Stati Uniti con India e Pakistan; della Cina si occupano da un pezzo: sono stati i primi a pubblicare i resoconti ufficiali di Kissinger della sua prima storica visita in Cina.

http://www.gwu.edu/~nsarchiv/

Una breve considerazione: cosa fanno questi signori ? Sfruttano le leggi statunitensi sulla trasparenza (esistono ancora, nonostante i danni prodotti dall'amministrazione Bush figlio) per pretendere con mezzi legali la maggiore apertura possibile degli archivi governativi. Sono bravi, ma se raggiungono spesso lo scopo è perché le leggi e il comportamento delle autorità glielo consentono. SI dirà: sapere molte verità (non tutte) sul coinvolgimento in Cile non serve a molto, a distanza di 30 anni. Io la penso diversamente... ma anche se fosse così: vi immaginate se potrebbe esistere in questo paese una legge che obbliga le autorità governative a rilasciare la documentazione contenuta negli archivi del governo sulla strage di Piazza Fontana ? Era il 1969... Non sarebbe già abbastanza rivoluzionario un risultato del genere ?

Per avere un'idea dell'effetto dirompente che la disponibiilità di nuove fonti può provocare, anche e soprattutto nella rilettura del passato recente, vale la pena ricordare questo libro:

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Il Professor Tranfaglia ha ricostruito molti eventi che hanno segnato la nascita della Repubblica con interpretazioni nuove e originali (e sconcertanti, talvolta) grazie...all'apertura degli archivi dell'OSS statunitense (da cui sarebbe nata la CIA nel 1947, tanto per intenderci). In particolare, il libro contiene una rilettura della tristemente nota strage di Portella delle Ginestre, e della morte del bandito Giuliano, alla luce dei rapporti tra servizi segreti statunitensi di stanza in Sicilia e uomini della X Mas fascista, rifugiatisi nell'isola dopo il 25 aprile. Da questa tesi fu tratto un film qualche anno fa (di cui però ora non ricordo il titolo). Ma questa è un'altra storia... che non c'entra niente con Nixon e dintorni. Volevo soltanto approfittarne per ricordare quanto sia importante disporre di fonti dirette e saperle leggere non soltanto per ricostruire e comprendere il passato, ma per poterne leggere le ripercussioni sul presente.
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#121 satyajit

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Inviato 23 giugno 2012 - 11:30


mi ricollego a ciò che legge strama(ccioni), sto leggendo questo

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Libro interessante senza dubbio, ma la tesi centrale è un po' datata e parzialmente smentita da quanto avvenuto nell'ultimo decennio. Se però ti piace questo genere di disamine storiche di lungo periodo, ti consiglio anche:

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Eccellente sociologo ed economista, con buon background storico, che ha insegnato a lungo negli Stati Uniti ed è scomparso di recente. Non ti far fuorviare dal titolo: in realtà è un'anaisi di lunghissimo periodo sul rapporto tra capitale/ricchezza e potere territoriale degli stati, a partire da XIV secolo. E, rispetto a Paul Kennedy (che più volte Arrighi richiama esplicitamente, e con cui dialoga a distanza nel testo) ha il pregio di essersi sbilanciato molto meno in previsioni e ricette per il futuro. Se ti interessa, qui trovi parecchio materiale interessante sul personaggio e sul suo lavoro, compresa una sua postfazione inedita al volume che (magari) può farti venire voglia di leggerlo... :)

Buona lettura.


Beh, di Nanni Arrighi per corrigan dovrebbe essere ancora più interessante Adam Smith a Pechino.

Arrighi aveva un approccio multidisciplinare davvero notevole.
Qui un incontro con lui a L'infedele (Lerner fu suo discepolo):

http://www.youtube.com/watch?v=p2C2xAk2WZU
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#122 satyajit

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Inviato 23 giugno 2012 - 11:38

Da questa tesi fu tratto un film qualche anno fa (di cui però ora non ricordo il titolo)


Segreti di stato, di Paolo Benvenuti.
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#123 combatrock

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Inviato 23 giugno 2012 - 11:59

Tu che sai tutto :)


Ti perdonerò per questa soltanto perché mi stai simpatico :)

cosa pensi della relazione tra bombe atomiche e fine della guerra?


Non credo che esista un argomento più studiato di quello, e che abbia generato le più aspre controversie tra chi se n'è occupato. Ragion per cui mi limito a citare questo volume, considerato uno dei più documentati ed equilibrati (il primo è un pregio, il secondo non necessariamente) resoconti della decisione di sganciare la bomba di Hiroshima:

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Per farla molto ma molto breve, le tesi che da anni si confrontano sono due:
1) la decisione fu presa per accelerare in modo decisivo un conflitto che altrimenti sarebbe potuto durare anni e anni. Spesso noi europei dimentichiamo quanto diversa fosse la guerra nel Pacifico: migliaia di isolette grandi quanto uno sputo, non un territorio contiguo. Avete presente la famosa storia del soldato giapponese rimasto in trincea sulla sua isola per anni, prima di scoprire che la guerra era finita ? O quel film straordinario che è "Duello nel Pacifico" ? Moltiplicate situazioni simili per migliaia, e ne avrete un'idea. Nelle valutazioni più apologetiche, si ricorda come infondo in Giappone fosse stato il paese aggressore, quindi gli Stati Uniti avrebbero acquisito il "diritto" di prendere una decisione del genere, ancorché foriera di grandi distruzioni materiali e umane...

2) la decisione fu presa in pochi mesi per impedire che l'Unione Sovietica intervenisse in Giappone. Durante la Conferenza di Jalta, Stalin aveva garantito una dichiarazione di guerra al Giappone e un intervento attivo entro tre mesi dalla sconfitta definitiva della Germania. Ne avrebbero ricavato guadagni territoriali, strategici ed economici. Il "patto" era stato stipulato dall'Amministrazione Roosevelt; dopo la morte del presidente, il successore Truman avrebbe considerato eccessivi i premi promessi a Stalin, e potenzialmente pericolosa la sua intromissione nel teatro Giapponese e, in definitiva, nell'intera Asia Orientale. Risultato ? I tre mesi sarebbero scaduti in agosto: pochi giorni prima lo sgancio della boma atomica avrebbe dimostrato a Mosca che gli Stati Uniti erano in condizione di terminare il conflitto da soli, prima del previsto, e soprattutto grazie a una nuova arma che doveva "terrorizzare" i sovietici e dissuaderli da future avventure espansioniste in Asia ed Europa.

Non per fare il "Pilato" della situazione, ma ritengo che ci siano elementi validi per considerare la decisione finale come una convergenza delle due linee interpretative. A pensarci bene, non sono così distanti: finire al più presto e con minori costi umani possibili il conflitto in corso, e prepararsi alla nascente "Guerra fredda" mostrando ai futuri avversari di cosa fossero capaci gli Stati Uniti. Grosso modo, è la tesi riportata nel libro che ho citato inizialmente.
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#124 satyajit

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Inviato 23 giugno 2012 - 12:04

Inappuntabile come sempre.
E in più citi anche un bel film. :ossequi:

Ma secondo te una resa entro pochi mesi del Giappone senza bomba atomica era improbabile?
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#125 combatrock

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Inviato 23 giugno 2012 - 12:14

Ma secondo te una resa entro pochi mesi del Giappone senza bomba atomica era improbabile?


Giocare col controfattuale in storia è sempre rischioso, e in più non so molto di Giappone e di strategia militare. Però, per quello che ho potuto leggere, direi di sì. Per due ragioni: quella geografica già citata in precedenza, e l'apparente decisione delle alte sfere politiche e militari giapponesi di proseguire la guerra nonostante si stesse mettendo male. Per fare un paragone un po' rozzo che va preso con beneficio d'inventario: in Europa si è dovuti arrivare fisicamente ad accerchiare Berlino e poi ad assaltarla, prima di arrivare alla resa incondizionata. Non sono molti gli elementi che fanno pensare che a Tokio sarebbe andata diversamente. Con tutte le differenze materiali legate alla condizione insulare del Giappone. La bomba atomica ha semplicemente spostato il conflitto su un altro livello, talmente insostenibile per la popolazione e la leadership giapponese da spingere quasi automaticamente alla chiusura del conflitto.

P.s.: ovviamente NON sto giustificando IN ALCUN MODO l'uso della bomba atomica su base morale o pratica, ci mancherebbe altro.
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#126 corrigan

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Inviato 23 giugno 2012 - 12:15


Tu che sai tutto :)


Ti perdonerò per questa soltanto perché mi stai simpatico :)

cosa pensi della relazione tra bombe atomiche e fine della guerra?


Non credo che esista un argomento più studiato di quello, e che abbia generato le più aspre controversie tra chi se n'è occupato. Ragion per cui mi limito a citare questo volume, considerato uno dei più documentati ed equilibrati (il primo è un pregio, il secondo non necessariamente) resoconti della decisione di sganciare la bomba di Hiroshima:

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io ho questo della Oxford:
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Hiroshima. The World's Bomb, di Andrew J. Rotter del 2008. A dispetto del nome copre una vasta serie di argomenti, dalle prime ricerca scientifiche fino all'inizio della corsa agli armamenti. ho letto solo due capitoli al momento, ma mi sembra ben fatto.
ce l'ho in pdf se vi interessa mandatemi un pm e ve lo allego ;)
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#127 combatrock

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Inviato 23 giugno 2012 - 14:15

Breve P.s. ispiratomi dal film in onda su RaiMovie:

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Il più straordinario libro su come la Presidenza Nixon condusse e concluse la guerra del Vietnam. Proprio quest'ultimo "fiore all'occhiello" viene rimesso in discussione: è vero che Nixon e Kissinger chiusero quell'esperienza devastante, ma lo fecero protraendo il conflitto per cinque anni, consci che NON vi fosse più speranza di vincere quella guerra sul campo (qualunque cosa significasse "vincere" in quella situazione), ma convinti che ragioni di prestigio internazionale obbligassero a proseguire la guerra sul campo fino ad una "pace con onore". Questo costò tantissime vite statunitensi, e ancora di più vietnamite, soprattutto a causa delle operazioni di bombardamento aereo che furono intensificate in modo esponenziale. Indispensabile per chi voglia capire qualcosa di più di una delle pagine più complicate e drammatiche della storia del dopoguerra.
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#128 R. Mutt

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Inviato 23 giugno 2012 - 14:45

La storia mi ha sempre annoiato, sia alle superiori che all'università. Tuttavia, ultimamente mi sono interessato a questo libro qui:
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Fatti e misfatti del Risorgimento
"Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il risorgimento, vi troveranno cose da cloaca."
Giuseppe Garibaldi
Come è possibile che un manipolo di 1000 garibaldini abbia sconfitto un esercito di 50.000 borbonici?
È una domanda cui le rievocazioni celebrative del Risorgimento italiano non danno risposte convincenti.
E non è la sola, con sé ne porta molte altre: con quali poteri, con quali mafie dovettero allearsi Garibaldi e Cavour?
Perché ci vollero cannoni e fucili per domare la ribellione contadina nelle regioni del Mezzogiorno subito dopo l’annessione? Quella che la storia, scritta dai vincitori, ha battezzato “unificazione d’Italia” fu in realtà una guerra di conquista condotta dal Piemonte contro gli Stati sovrani del Centro e del Sud. E nei decenni successivi, dai manuali scolastici ai romanzi, fino agli sceneggiati televisivi, gli eventi che non si accordavano con la retorica patriottica sono stati nascosti o deformati.
Così, dei ventidue anni dall’esplosione rivoluzionaria del 1848 alla breccia di Porta Pia, molto rimane nell’ombra: il bombardamento piemontese di Genova nel 1849, i plebisciti combinati per le annessioni degli Stati centrali, le agitazioni manovrate da carabinieri infiltrati, i provvedimenti anticattolici, la guerra al brigantaggio e le “leggi speciali”, la corruzione dei conquistatori e le
loro collusioni con la malavita locale. E personaggi pittoreschi come il temuto brigante Nicola Summa, detto “Ninco Nanco”, o la contessa di Castiglione, cugina del conte di Cavour, inviata a Parigi per ammaliare Napoleone III e conquistare il suo appoggio politico e militare al regno sabaudo.
Gigi Di Fiore chiama a raccolta queste figure e vicende dimenticate, per ribaltare un periodo cardine della nostra storia moderna e vederlo con gli occhi dei vinti. Recupera documenti e testimonianze di una storiografia spesso oggetto di una vera e propria congiura del silenzio. E restaura l’affresco scrostato del nostro Risorgimento portando alla luce gli intrighi e le ambiguità
della guerra scatenata dal Nord contro il Sud. Una provocazione necessaria, per andare alle radici delle questioni irrisolte che ancora oggi spaccano il Paese.

Leggendolo sto capendo meglio il perché dell'Italia odierna, priva di sentimento unitario e piena di divisioni endogene...
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#129 Çorkan

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Inviato 24 giugno 2012 - 13:47

Combat io ti voglio tanto bene e sia il sito che hai segnalato che l'ultimo libro i paiono molto interessanti però.....

vi immaginate se potrebbe esistere le ripercussioni sul presente.


:vocab: :vocab: :vocab:
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#130 combatrock

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Inviato 24 giugno 2012 - 14:15

Combat io ti voglio tanto bene e sia il sito che hai segnalato che l'ultimo libro i paiono molto interessanti però.....


vi immaginate se potrebbe esistere le ripercussioni sul presente.


:vocab: :vocab: :vocab:


Io te ne voglio di più, però... :)


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se+condizionale
Ci sono casi in cui è corretto usare il condizionale dopo il "se"? Spero che nessuno inorridisca, ma la frase "Non so se potrei essere d'accordo." è corretta? Se sì, qual è la regola e la relativa eccezione?

se+condizionale
La frase "Non so se potrei essere d'accordo" è corretta; il 'se' dipende dal verbo 'sapere' e non si tratta di una vero e proprio periodo ipotetico (se fossi ricco, smetterei di lavorare). Infatti il 'se' sostituisce il 'che' nella versione positiva della frase: "So che potrei (non) essere d'accordo". Non abbiamo quindi che fare con un 'se' ipotetico. Trascrivo due brani riguardo all'uso di 'se + congiuntivo', il primo da Serianni (XIV, 157): "Il 'se' concessivo e avversativo può introdurre una proposizione col condizionale (l'apodosi ha l'indicativo): 'la sua ripetizione, se proprio non sonerebbe tautologica, non appare almeno necessaria' [...] (= benché non suoni tautologica); 'se dopo la catastrofe di Porto Grande gli ateniesi avrebbero potuto costituire ancora un motivo di timore per i siracusani, dopo l'Asinaro l'indipendenza e la tranquillità di Siracusa erano viceversa assicurate' (= mentre dopo la catastrofe)." Il secondo da Satta (Scrivendo e parlando, sotto la voce 'ipotetiche e no'): "[...] Ma gli insegnanti di ogni ordine e grado non devono escludere in tutti i casi l'esistenza di un 'se' con il condizionale, come invece si è sempre fatto. Ricordiamo di avere scandalizzato i lettori di un giornale per avere osato dare come buono, sul medesimo giornale, questo esempio: 'Se il vocabolario grande verrebbe a costare di più, il nostro figliolo ci imparerebbe anche di più'. Invero, nel dare questo esempio, bisognava premettere - particolare che invece malvagiamente tacemmo - quanto questa ipotetica sapesse di concessiva. In ogni modo fu un coro: errore e orrore, ci voleva 'venisse'. Proviamo: 'Se il vocabolario grande venisse a costare di più, il nostro figliolo ci imparerebbe anche di più'. Ma santo cielo, allora il periodo non funziona, sembra che genitori ricchissimi o impazziti dicano qualcosa come 'Peccato che costi poco'; perché con 'venisse a costare' siamo in piena ipotetica dell'irrealtà, e ci sta che il figliolo impari solo la convenienza di comprare dischi e sigarette invece che vocabolari; oppure si pensa che l'apprendimento sia legato puramente al prezzo. Ultima lontanissima ipotesi, non si esclude che il vocabolario costi di più perché ha una rilegatura lussuosa, e allora il figlio imparerebbe, oltre tutto, a fare il rilegatore. Noi scherziamo sparando battutine a vanvera, ma volevamo dire che nella frase proposta il condizionale ci sembra corretto per un gioco di ellissi, così, pressappoco: 'Se (è giusto tener presente che) il vocabolario grande (qualora scegliessimo proprio quello) verrebbe a costare di più, (è altresì vero che) il nostro figliolo ci imparerebbe anche di più'. Un altro esempio: 'Se il vino mi farebbe male, però mangerei con più soddisfazione'. Che vale: 'Se (è da ricordare che) il vino (qualora eccedessi, qualora ignorassi il medico che me l'ha proibito) mi farebbe male (d'altra parte è vero che bevendone) mangerei con più soffisfazione'. Costui non può dire 'Se il vino mi facesse male mangerei con più soddisfazione'. Altrimenti dopo i genitori impazziti avremmo un bevitore deficiente."


Pròtasi del periodo ipotetico con il verbo al congiuntivo trapassato o al condizionale: si analizza il quesito posto da alcuni lettori proponendo la risposta di Giovanni Nencioni a Guido Sàpora apparsa su La Crusca per voi, (n°23, p. 12).

http://www.accademia...=4011&ctg_id=93

Sintassi del periodo ipotetico

«Pensa di attribuire alla protasi del periodo ipotetico col verbo al congiuntivo trapassato (se avesse potuto) il senso di oggettiva impossibilità di eseguire l’intervento indicato nell’apodosi (sarebbe intervenuto) dando invece con l’impiego del condizionale (se avrebbe potuto) il senso di una libera scelta del proprio non intervento.
Avendo ricevuto obiezioni chiede un parere dell’accademia.

Col quesito postoci dal signor Sàpora ci troviamo nel complicato campo della sintassi del periodo ipotetico, composto, nel modulo più semplice del suo costrutto, di una proposizione subordinata detta pròtasi, introdotta da un se condizionale e seguita da una proposizione principale detta apòdosi, condizionata nel suo significato da quello della prima. Esempi modulari con tempi e modi diversi: Se piove non parto; Se pioveva non partivo; Se pioverà non partirò; Se piovesse non partirei; Se avrà piovuto non partirò; Se avesse piovuto non partirei; Se avesse piovuto non sarei partito. Come si vede, i modi usati dalla pròtasi sono l’indicativo e il congiuntivo, quelli dell’apòdosi l’indicativo e il condizionale. Ciò premesso, avviciniamoci al caso del nostro corrispondente citando l’esempio di un grande scrittore, oltre che scienziato, Galileo, esempio presentato sotto la voce Se nel Grande dizionario della lingua italiana di S. Battaglia, XVIII, 1996, p. 382: «L’inappetenza è grande, nessuna cosa mi gusta, e se alcuna cosa mi gusterebbe, mi è del tutto proibita»; esempio che nella pròtasi usa il condizionale, il quale potrebbe essere sostituito con un mi gustasse, il che però toglierebbe alla proposizione condizionante la nota della potenziale partecipazione apprezzativa. «Il condizionale - scrive L. Serianni nella sua grammatica intitolata Italiano, p. 331 - può semplicemente servire a connotare un’azione nel senso della soggettività e della relatività», e quindi essere opportunamente usato nel senso proposto dal signor Sàpora.»


Che frantumacoglioni che sono, eh ? Scusa per il dotto sproloquio che ho riportato. ;D
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Inviato 24 giugno 2012 - 14:20


Combat io ti voglio tanto bene e sia il sito che hai segnalato che l'ultimo libro i paiono molto interessanti però.....


vi immaginate se potrebbe esistere le ripercussioni sul presente.


:vocab: :vocab: :vocab:






Che frantumacoglioni che sono, eh ? Scusa per il dotto sproloquio che ho riportato. ;D


Lo sproloquio non l'ho letto, ho riletto solo il passo di cui sopra e.....rimane sbagliato ;D
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Inviato 24 giugno 2012 - 14:47



Combat io ti voglio tanto bene e sia il sito che hai segnalato che l'ultimo libro i paiono molto interessanti però.....


vi immaginate se potrebbe esistere le ripercussioni sul presente.


:vocab: :vocab: :vocab:






Che frantumacoglioni che sono, eh ? Scusa per il dotto sproloquio che ho riportato. ;D


Lo sproloquio non l'ho letto, ho riletto solo il passo di cui sopra e.....rimane sbagliato ;D


No Cork, non è sbagliato. Ma credo che possiamo soprassedere entrambi :)
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Inviato 16 luglio 2012 - 10:33

Finito questo,


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ho iniziato questo,


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Ho il sospetto che il libro di Hughes possa risultare un po' datato, proprio a casua degli sviluppi storiografici post-regime di cui la Graham parla negli ultimi capitoli. Resta comunque molto ben scritto (per ora) e offre un'analisi interessante su tutto il periodo pre-guerra a partire dall'800.
Il libro della Graham forse un po' sentimentale è cmq un ottima introduzione alla questione (vorrei leggere altro di questa cololana della Oxford) e mi è stato utile per due motivi in particolare:


a) ridimensiona le analisi di Orwell in Omaggio all Catalogna (ma in fondo quello è un romanzo, questo un saggio) soprattutto riguardo agli scontri di Barcellona nel 37.

b) Da' la giusta importanza a questa guerra. Un evento spesso dimenticato o ritenuto minore, anche a causa di come gli spagnoli hanno non-elaborato il franchismo negli anni successivi alla sua caduta, è in realtà centrale nella storia Europea, sia a livello meramente tecnico (Italia e Germania usarono la Spagna praticamente come un laboratorio) che ideologioco. La sconfitta dei Repubblicani segnerà infatti in maniera forse indelebile l'immaginario di tutta l'area socialista e comunista europea.
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#134 Max Stirner

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il primo qual è? che non si vede
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#135 combatrock

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Inviato 04 agosto 2012 - 09:17

Cultura
04/08/2012 -
Lo storico che capì l'animo dei soldati

Scompare a 78 anni
il più grande esperto militare
che non vide guerre ma
le analizzò come nessun altro


vittorio sabadin
londra
Sir John Keegan aveva 6 anni quando le prime bombe tedesche vennero lanciate su Londra. Non ne sentì nemmeno una. Suo padre, artigliere nella Prima Guerra Mondiale, era stato incaricato di occuparsi di 300 bambini evacuati nella campagna inglese. Fu con loro che Keegan passò l’infanzia, e con i soldati polacchi e britannici accampati nei pressi del paese. Arrivarono anche gli americani, che riempivano le strade e i negozi. Poi, da un giorno all’altro, nel giugno del 1944 se ne andarono tutti.

Il più grande storico militare contemporaneo, che ha scritto per due decenni i suoi articoli anche su La Stampa, analizzando i conflitti nel Kosovo, alle Falkland, in Afghanistan e Iraq, non ha mai visto una guerra da vicino, ma le ha capite più di tutti, nonostante le dure battaglie personali che ha dovuto combattere per i litigi con la Royal Air Force, che non accettava le sue critiche, e per la supponenza di tanti storici blasonati che forse invidiavano solo il successo dei suoi libri.
Alla fine della guerra i genitori lo mandarono al Wimbledon College, dove nello stesso momento incontrò la tragedia e la ragione della sua vita. Nel 1947 contrasse la tubercolosi e all’epoca si riteneva che solo l’aria aperta potesse curarla. L’ospedale del Surrey nel quale fu ricoverato non aveva finestre e d’inverno i pazienti dovevano indossare pesanti maglioni e la notte venivano in qualche modo protetti da paraventi di tela messi intorno ai letti. La malattia ovviamente non migliorò.

All’ospedale St Thomas’s, vicino al ponte di Westminster, le cose andarono meglio, non solo dal punto di vista sanitario. Insieme a lui c’erano decine di veterani cockney, che raccontavano stupefacenti storie di guerra. Il cappellano anglicano gli insegnò il greco, un altro paziente gli insegnò il francese e nella biblioteca c’erano tutti i libri di Thomas Hardy, che divenne il suo autore preferito. Fu in quell’ospedale che Keegan maturò la decisione di diventare uno storico militare.
Appena la salute glielo permise, andò a visitare i campi di battaglia della Guerra Civile americana, sulla quale tre anni fa scrisse l’ultimo libro, sostenendo la tesi che era stata la geografia dei luoghi a decidere molte battaglie. Al ritorno, trovò un lavoro all’ambasciata americana, per la quale preparava rapporti politici. Subito dopo, la Royal Military Academy di Sandhurst, quella in cui si è diplomato il principe William, gli offrì un posto come insegnante, che ha mantenuto per 25 anni. Avrebbe preferito Oxford, dove sulle cose di guerra si possono avere opinioni diverse, ma a Sandhurst Keegan scoprì che la mentalità militare non è sempre così ottusa e che le idee liberali si diffondono anche tra i soldati di professione.

Nel 1976 pubblicò uno dei suoi libri più importanti The Face of Battle, nel quale i conflitti non erano visti dal punto di osservazione dei generali o degli storici, ma da quello dei soldati. Aveva esaminato tre battaglie: quella di Agincourt del 1415, quella di Waterloo del 1815 e quella della Somme, nel 1916. Aveva divorato diari, lettere, resoconti di testimoni, poesie scritte in attesa dello scontro, arrivando alla conclusione che i soldati provano dovunque e in qualunque epoca le stesse terribili sensazioni: una profonda paura, il desiderio di uccidere, la disponibilità a mettere a rischio la propria vita per salvare quella di un camerata.

Nel 1986 il Daily Telegraph gli propose l’incarico di Defence Correspondent e gli diede una scrivania a Fleet Street, dalla quale analizzò tutti i conflitti mondiali. Nel 50° anniversario dello sbarco in Normandia, Bill Clinton lo chiamò alla Casa Bianca e discusse privatamente con lui alcune questioni di guerra. La Regina lo nominò baronetto nel 2000. Con i soldi guadagnati nel tempo, comprò una casa del diciassettesimo secolo nel Wiltshire, dalla quale raccontava per il magazine del Telegraph storie di contadini e le avventure del suo amato gatto, Edgar.

Gli ultimi anni sono stati crudeli con lui, costretto su una sedia a rotelle e con una gamba amputata. Ma ancora si faceva portare in redazione, per rispondere alle lettere e partecipare alle riunioni. È morto il 2 agosto, assistito dalla moglie Susanne, dai quattro figli, e da Edgar.

http://www3.lastampa...lo/lstp/464665/
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Inviato 04 agosto 2012 - 09:35


grazie combat. non lo conoscevo, la storia militare mi ha sempre appassionato ma non ho alcun tipo di formazione al riguardo. poi le accademie militari mi hanno sempre affascinato, io un semestre a West Point me lo farei gioiosamente. l'estate scorsa ho conosciuto una professoressa tedesca che lavora per il Ministero degli Affari Esteri tedesco, che imparò il russo in sei mesi presso un'accademia militare di Mosca (credo fosse la "General Staff Academy" se non ricordo male). disse che fu una delle esperienze più difficili della sua carriera accademica.
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Inviato 04 agosto 2012 - 09:36



grazie combat. non lo conoscevo, la storia militare mi ha sempre appassionato ma non ho alcun tipo di formazione al riguardo. poi le accademie militari mi hanno sempre affascinato, io un semestre a West Point me lo farei gioiosamente. l'estate scorsa una professoressa tedesca che lavora per il Ministero degli Affari Esteri tedesco, che imparò il russo in sei mesi presso un'accademia militare di Mosca (credo fosse la "General Staff Academy" se non ricordo male). disse che fu una delle esperienze più difficili della sua carriera accademica.


... e come si chiama la professoressa tedesca, se si può ?
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Inviato 04 agosto 2012 - 09:37

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Inviato 04 agosto 2012 - 09:39

Ah, scrive roba insieme a Shambaugh, che ho conosciuto. E che, a mio parare, non vale neanche la metà della grande fama che ha. Lo conosci ?
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Inviato 04 agosto 2012 - 09:51

Ah, scrive roba insieme a Shambaugh, che ho conosciuto. E che, a mio parare, non vale neanche la metà della grande fama che ha. Lo conosci ?


certo che conosco Shambaugh! asd lui è un amico molto stretto del mio ex preside di studi orientali a Roma, Prof. Masini, studiarono cinese insieme alla BeiDa, insieme ad un'altra "celebrità", il canadese "Dashan" http://www.youtube.c...h?v=WseemkcbXxs. venne alla Sapienza per un convegno sul China Model, e poi mi occupai della traduzione (e soprattutto scrissi delle note) della sua lezione (al momento è la mia prima ed unica "pubblicazione", ma vabbé è una minchiatella). ho pure avuto occasione di scambiare quattro chiacchiere con lui.
sulla sua fama, io non ho letto moltissimo di lui, giusto qualche articolo su China Quarterly (di cui fu editor per anni) e China Journal (utilissimo uno sul sistema della propaganda) e poi Atrophy and Adaptation che è un classico. Avevo cominciato a leggere pure uno sulla modernizzazione del PLA, ma non l'ho finito, non ricordo molto al riguardo. perché pensi che non vale la sua fama?
io più che altro ho sentito che è una persona di merda dal punto di vista umano, da più parti. mi hanno detto che è un vero stronzo come supervisor dei suoi PhD candidates, che pretende sempre di viaggiare in business class per qualunque tipo di convegno (sentito sia a Roma, che a Torino, che da un mio amico di Canberra).
Il suo asset più formidabile sono comunque le relazioni "ravvicinate", le guanxi, con gli ambienti politici e militari a Pechino, conosce le persone giuste nei posti giusti, e oltretutto parla un cinese davvero perfetto. per il tipo di lavoro che fa ciò è fondamentale.
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Inviato 07 agosto 2012 - 11:28

e nella biblioteca c’erano tutti i libri di Thomas Hardy, che divenne il suo autore preferito.


ecco fino a questa cosa di Hardy non avevo ancora pianto. :( :(
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#142 Çorkan

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Inviato 18 agosto 2012 - 11:43

Volevo segnalare che l'Europeo di Agosto si occupa della situazione greca, con un interessante prospettiva storica. Dall'occupazione nazista, alla guerra civile fino alla caduta del regime dei colonnelli.
E proprio quest'ultima parte, assieme alle letture sulla guerra di Spagna mi spinge a porvi un interrogativo: come si realizza "di solito" la transizione fra un regime totalitario e la democrazia?
In Grecia furono i colonnelli stessi a richiamare i politici civili al governo, presagendo la fine del loro regime. Ovviamente si garantirono l'impunità da ogni condanna per i crimini commessi nei 6 anni di regime.
Quanto è giusto, necessario per il successivo sviluppo civile di una nazione che i criminali del regime vengano processati, condannati penalmente e/o storicamente per i crimini commessi?
In Spagna la transizione dal franchismo, per il poco che so, si svolse proprio secondo l'assunto per cui la concessione della democrazia veniva barattata con l'impunità. Pochissime, e solo molti anni dopo la fine del regime, delle fosse comuni contenti i cadaveri di dissidenti sono state scoperte.
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#143 Çorkan

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Inviato 07 settembre 2012 - 10:39

Combat mi avevi promesso una risposta, maledetto!
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Inviato 08 settembre 2012 - 10:27

siamo in due non l'ha data nemmeno a me su Shambaugh!
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Inviato 08 settembre 2012 - 22:38

siamo in due non l'ha data nemmeno a me su Shambaugh!


è proprio un maledetto. Tu corr che ne pensi di questa cosa?

Peraltro c'è pure il caso di pinochet che è emblematico. Ha abbandonato la guida del Cile dopo un referendum, ma è rimasto per non ricordo quanti anni capo delle forze armate (continuando così a minacciare la vita democratica del paese) e senatore a vita...
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#146 corrigan

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Inviato 09 settembre 2012 - 03:01

corkan penso che, praticamente sempre, sia un rischio necessario. le amnistie sono il prezzo politico che si deve pagare per una transizione di regime. io dividerei in due la questione: amnistia per gli ex governanti e amnistia per i civil servants compromessi del precedente regime.

nel primo caso, per quanto possa essere "disgustoso", è necessario per assicurare un passaggio di consegne pacifico, l'impunità è una garanzia e un ricatto. poi, dipende dalla situazione interna dei singoli paesi, queste singole figure rappresentano per una buona parte della popolazione, figure di autorità e sono dei simboli istituzionali, trascinarli in un processo comporterebbe delle gravi spaccature a livello sociale, in paesi che naturalmente non possono permetterselo.

nel secondo caso, per quanto magari ripugnante anch'esso (e ci siamo passati pure in Italia, dove non c'è stato un processo simile alla denazificazione nella Germania occupata), si tratta per lo più di necessità, spesso si tratta degli unici uomini competenti all'interno dell'amministrazione, dei quali non ci si può privare in momenti difficili come quelli di un transizione democratica.

io credo che l'obiettivo primario di una transizione democratica sia la stabilità sociale ed il benessere dei cittadini, e da una prospettiva "realista", il cercare giustizia subito e a tutti i costi può far ripiombare il paese in questione in una situazione difficilissima. si spera naturalmente che la società dopo svariati anni si evolvi e maturi al punto da essere capace di fare i conti col proprio passato e magari allora giudicare i "colpevoli" (se ancora in vita), come mi sembra stia accadendo in Argentina (ma forse dico una castroneria, non so molto di America Latina).
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Inviato 09 settembre 2012 - 09:30

corkan penso che, praticamente sempre, sia un rischio necessario. le amnistie sono il prezzo politico che si deve pagare per una transizione di regime. io dividerei in due la questione: amnistia per gli ex governanti e amnistia per i civil servants compromessi del precedente regime.

nel primo caso, per quanto possa essere "disgustoso", è necessario per assicurare un passaggio di consegne pacifico, l'impunità è una garanzia e un ricatto. poi, dipende dalla situazione interna dei singoli paesi, queste singole figure rappresentano per una buona parte della popolazione, figure di autorità e sono dei simboli istituzionali, trascinarli in un processo comporterebbe delle gravi spaccature a livello sociale, in paesi che naturalmente non possono permetterselo.

nel secondo caso, per quanto magari ripugnante anch'esso (e ci siamo passati pure in Italia, dove non c'è stato un processo simile alla denazificazione nella Germania occupata), si tratta per lo più di necessità, spesso si tratta degli unici uomini competenti all'interno dell'amministrazione, dei quali non ci si può privare in momenti difficili come quelli di un transizione democratica.

io credo che l'obiettivo primario di una transizione democratica sia la stabilità sociale ed il benessere dei cittadini, e da una prospettiva "realista", il cercare giustizia subito e a tutti i costi può far ripiombare il paese in questione in una situazione difficilissima. si spera naturalmente che la società dopo svariati anni si evolvi e maturi al punto da essere capace di fare i conti col proprio passato e magari allora giudicare i "colpevoli" (se ancora in vita), come mi sembra stia accadendo in Argentina (ma forse dico una castroneria, non so molto di America Latina).


grazie per la risposta, che peraltro trovo sensata.
Il dubbio che ho è quanto possa poi risultare sana una democrazia che non fa giustizia.
Inoltre mi pare che la tua analisi tenda a dimenticare una fetta di popolazione importante: coloro che della dittatura sono stati vittime, in maniera diretta e indiretta. Quale fiducia potranno avere costoro in uno stato che non fa giustizia dei crimini che hanno subito?
Insomma nel tuo discorso citi il "ricatto" (questo è evidentissimo in ad esempio Grecia dove era costante la paura che i militari potessero ripensarci e tornare al potere). E' possibile che sia sana una democrazia tenuta sotto ricatto da coloro che le hanno impedito di esistere fino a pochi mesi prima?
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#148 satyajit

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Inviato 09 settembre 2012 - 12:02

Sulla transicion a la democracia in America Latina c'è una vasta letteratura, in inglese e in spagnolo. Per capire bene il tutto però bisognerebbe studiare tutta la storia del '900 di quel continente. Si è trattato di un secolo in cui tendenzialmente democrazia e dittatura si sono alternate, e i regimi dittatoriali sono risultati più stabili. Va però per lo menooperata la distinzione tra populismo (Peron, Getulio Vargas ecc.) e dittature militari degli anni 70-80. Nel primo caso si trattava di regimi semi-dittatoriali interclassisti ma che 'pendevano' più dalla parte dei lavoratori, nel secondo di regimi ferocemente repressivi che rispondevano a mere logiche da guerra fredda. Il populismo ha portato a un aumento del benessere nazionale, i militari crescita economica mediamente pari a zero. Le politiche economiche sono state demand-side nel primo caso, supply-side nel secondo, attraverso le tipiche strette monetarie inaugurate in Cile e poi esportate anche in Occidente in primis da Reagan e Thatcher, così come lo stesso percorso hanno avuto lo smantellamento delle associazioni sindacali e delle tutele del lavoro (Peron invece i sindacati li aveva creati: difficile quindi paragonare il populismo al fascismo mussoliniano, come qualcuno fa), e le privatizzazioni massicce. I militari si sono più o meno fatti da parte quando si è avuta la sensazione di uno scampato pericolo. Quello di Pinochet è il caso più famoso ma non va preso come emblematico perché è stato l'esperimento di gran lunga riuscito meglio dal punto di vista economico (guardando all'esito finale, mentre il percorso è stato molto accidentato, tant'è che Pinochet a un certo punto ha dovuto licenziare i Chicago Boys e rinazionalizzare buona parte delle industrie strategiche, mentre quella del rame, saggiamente, non era mai stata privatizzata), mentre gli esiti medi dei regimi militari sono stati molto meno validi anche dal lato economico e dell'ordine pubblico, oltre al dramma dei desaparecidos e delle altre forme di repressione. Comunque il regime era inviso al popolo anche in Cile, visto l'esito del referendum per deciderne la sorte e visto che poi per vent'anni la destra non ha vinto le elezioni.

Il caso spagnolo direi che è un po' diverso perché la fine del regime non è coincisa con la pacificazione forzata dei movimenti rivoluzionari o antagonisti come in Am.L.. ma al contrartio con un periodo di forte protesta sociale, ad opera sopratutto degli autonomisti catalani e baschi, culminata con l'attentato a Carrero Blanco. La dittatura di Franco è stata violenta quasi esclusivamente all'inizio e alla fine, mentre per tanto tempo l'eventuale malcontento è rimasto sopito. Diciamo che le contestazioni erano fortissime in tutta Europa e che il regime appariva ormai anacronistico sia per reprimerle in un bagno di sangue, sia per proseguire a lungo la prorpia esistenza. Non a caso anche Salazar in Portogallo viene deposto negli stessi anni.
Una cosa che accomuna Spagna e Am.L. sono i rigurgiti autoritari negli anni seguenti alla fine dei regimi: in Sapgna è il caso del tentato golpe di Tejero, in Am.L. le democrazie non sono ancora solide e i tentativi si susseguono anche oggi.

Per quanto riguarda le epurazioni, direi che sono sempre difficili da compiere, sia che si sia trattato di una transizione incruenta, sia che sia stata cruenta. Studiare il caso italiano è molto interessante anche perché a occuparsene fu Togliatti, il quale mantenne gran parte dei funzionari del vecchio regime, anche perché altrimenti si sarebbe trattato di smantellare completamente l'intera amministrazione pubblica del paese. Il problema è che così furono amnistiati anche molti torturatori efferati. Il Ginsborg ne parla approfonditamente.
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#149 corrigan

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Inviato 09 settembre 2012 - 17:03


ottimo intervento saty, molto preciso e dettagliato al riguardo mi piacerebbe anche sapere cosa pensi e come valuti le esperienze delle politiche economiche ISI in AmLat.

corkan naturalmente hai ragione sulla questione "vittime", però credo che dipenda da singoli fattori distinti da paese in paese, anche a livello culturale. mi sembra che in Cambogia ad esempio, dove in pratica la maggior parte dei leader dei Khmer Rossi è rimasta impunita, non ci siano state "crisi di fiducia". credo che, al di fuori della singola e traumatica sfera individuale, le nuove istituzioni trovino una loro legittimità se sono capaci di assicurare un tangibile progresso nella qualità della vita dei propri cittadini.
e da qui mi ricollego alla questione del "ricatto", se le transizioni avvengono in un momento storico "maturo" (come gli esempi di Franco e Salazar fatti da satyajit), con regimi esausti, non credo che si possa correre il rischio e più che altro l'impunità diventa semplicemente un costo collaterale da pagare per semplificare la transizione (anche se mi rendo conto che possa sembrare una risposta "tautologica")
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Inviato 09 settembre 2012 - 22:26

Sulla transicion a la democracia in America Latina c'è una vasta letteratura, in inglese e in spagnolo. Per capire bene il tutto però bisognerebbe studiare tutta la storia del '900 di quel continente. Si è trattato di un secolo in cui tendenzialmente democrazia e dittatura si sono alternate, e i regimi dittatoriali sono risultati più stabili. Va però per lo menooperata la distinzione tra populismo (Peron, Getulio Vargas ecc.) e dittature militari degli anni 70-80. Nel primo caso si trattava di regimi semi-dittatoriali interclassisti ma che 'pendevano' più dalla parte dei lavoratori, nel secondo di regimi ferocemente repressivi che rispondevano a mere logiche da guerra fredda. Il populismo ha portato a un aumento del benessere nazionale, i militari crescita economica mediamente pari a zero. Le politiche economiche sono state demand-side nel primo caso, supply-side nel secondo, attraverso le tipiche strette monetarie inaugurate in Cile e poi esportate anche in Occidente in primis da Reagan e Thatcher, così come lo stesso percorso hanno avuto lo smantellamento delle associazioni sindacali e delle tutele del lavoro (Peron invece i sindacati li aveva creati: difficile quindi paragonare il populismo al fascismo mussoliniano, come qualcuno fa), e le privatizzazioni massicce. I militari si sono più o meno fatti da parte quando si è avuta la sensazione di uno scampato pericolo. Quello di Pinochet è il caso più famoso ma non va preso come emblematico perché è stato l'esperimento di gran lunga riuscito meglio dal punto di vista economico (guardando all'esito finale, mentre il percorso è stato molto accidentato, tant'è che Pinochet a un certo punto ha dovuto licenziare i Chicago Boys e rinazionalizzare buona parte delle industrie strategiche, mentre quella del rame, saggiamente, non era mai stata privatizzata), mentre gli esiti medi dei regimi militari sono stati molto meno validi anche dal lato economico e dell'ordine pubblico, oltre al dramma dei desaparecidos e delle altre forme di repressione. Comunque il regime era inviso al popolo anche in Cile, visto l'esito del referendum per deciderne la sorte e visto che poi per vent'anni la destra non ha vinto le elezioni.

Il caso spagnolo direi che è un po' diverso perché la fine del regime non è coincisa con la pacificazione forzata dei movimenti rivoluzionari o antagonisti come in Am.L.. ma al contrartio con un periodo di forte protesta sociale, ad opera sopratutto degli autonomisti catalani e baschi, culminata con l'attentato a Carrero Blanco. La dittatura di Franco è stata violenta quasi esclusivamente all'inizio e alla fine, mentre per tanto tempo l'eventuale malcontento è rimasto sopito. Diciamo che le contestazioni erano fortissime in tutta Europa e che il regime appariva ormai anacronistico sia per reprimerle in un bagno di sangue, sia per proseguire a lungo la prorpia esistenza. Non a caso anche Salazar in Portogallo viene deposto negli stessi anni.
Una cosa che accomuna Spagna e Am.L. sono i rigurgiti autoritari negli anni seguenti alla fine dei regimi: in Sapgna è il caso del tentato golpe di Tejero, in Am.L. le democrazie non sono ancora solide e i tentativi si susseguono anche oggi.

Per quanto riguarda le epurazioni, direi che sono sempre difficili da compiere, sia che si sia trattato di una transizione incruenta, sia che sia stata cruenta. Studiare il caso italiano è molto interessante anche perché a occuparsene fu Togliatti, il quale mantenne gran parte dei funzionari del vecchio regime, anche perché altrimenti si sarebbe trattato di smantellare completamente l'intera amministrazione pubblica del paese. Il problema è che così furono amnistiati anche molti torturatori efferati. Il Ginsborg ne parla approfonditamente.


grazie sat intervento davvero interessante. Soprattutto nell'evidenziare la differenza fra regimi populisti e dittature militari. Di quell'ampia letteratura di cui parli all'inizio sapresti consigliare qualcosa? E testi in generale di storia dell'America Latina contemporanea?




corkan naturalmente hai ragione sulla questione "vittime", però credo che dipenda da singoli fattori distinti da paese in paese, anche a livello culturale. mi sembra che in Cambogia ad esempio, dove in pratica la maggior parte dei leader dei Khmer Rossi è rimasta impunita, non ci siano state "crisi di fiducia". credo che, al di fuori della singola e traumatica sfera individuale, le nuove istituzioni trovino una loro legittimità se sono capaci di assicurare un tangibile progresso nella qualità della vita dei propri cittadini.
e da qui mi ricollego alla questione del "ricatto", se le transizioni avvengono in un momento storico "maturo" (come gli esempi di Franco e Salazar fatti da satyajit), con regimi esausti, non credo che si possa correre il rischio e più che altro l'impunità diventa semplicemente un costo collaterale da pagare per semplificare la transizione (anche se mi rendo conto che possa sembrare una risposta "tautologica")


Ma perchè allora anche in casi di regimi "esausti" si rinuncia a cercare non ico giustizia ma anche la verità storica. Vero che Franco si era premurato di distruggere molta documentazione riguardo ai crimini del regime, ma veramente fino agli anni 2000 non c'è stata nessuna ricerca storica per accertare quanto successo. E, spesso, era già troppo tardi.
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