anche se l'anno cinematografico in se non è stato proprio ricco di grandi sorprese
sorprese in che senso? quest'ultimo anno è stato ricco di ottimi film...
Inviato 13 dicembre 2008 - 13:28
anche se l'anno cinematografico in se non è stato proprio ricco di grandi sorprese
Inviato 13 dicembre 2008 - 13:34
Inviato 13 dicembre 2008 - 13:38
"Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... per Groucho Marx tanto per dirne una, e Willie Mays e... il secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l'incisione Potatoehea Vlues... i film svedesi naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili... mele e pere di Cézanne, i granchi di Sam Wo, il viso di Tracey"
"Saigon. Merda. Sono ancora soltanto a Saigon. Ogni volta penso che mi risveglierò di nuovo nella giungla"
Inviato 13 dicembre 2008 - 13:57
Comunque questo discorso è un pò offtopic, ne abbiamo uno apposta per i film di quest'anno.
Inviato 15 gennaio 2013 - 11:40
Inviato 15 gennaio 2013 - 14:03
Inviato 20 gennaio 2013 - 08:37
la colonna sonora di Greenwood (non ci posso fare nulla, ma secondo me ha qualcosa di magico e malvagio), la fotografia, e Day Lewis. Il film è ottimo, ma è come se questi tre immensi protagonisti la facessero troppo da padroni e non amalgamandosi bene al resto ( che non è ai loro livelli) quasi asfizziano il film invadendolo con la loro presenza esuberante.
Io direi che sono tre elementi del film. Senza di loro sarebbe un altro film.
Ci sarebbe anche l'attore che fa il predicatore.
C'è anche la regia che è alle soglie del perfetto.
Anche se sono d'accordo con te che quei tre elementi prevalgano, colonna sonora e attore protagonista soprattutto.
Inviato 04 agosto 2013 - 21:17
"I drink your milkshake" sbraita Daniel Day-Lewis, divampante come un incendio doloso nel finale del capolavoro di Anderson. Plainview ribalta i ruoli, assurge al ruolo di predicatore (del suo unico verbo però, quello dell'avidità) ed elargisce al giovane Eli Sunday una metafora che riguarda sì, il drenaggio sfrenato dell'oro nero dalle terre gonfie del selvaggio West, ma evoca altro, immagini nitide di un'America che entrambi, il petroliere & il pastore, hanno contribuito a partorire. Il milkshake è il frappè in tonalità pastello simbolo dei fast food a stelle e strisce, e la cruenta scena che pone fine alla rivalità fra Daniel ed Eli si svolge nella grottesca cornice di un bowling da casa, una pista per birilli che a sua volta mette in moto facili connessioni con la spensierata gioventù alla Happy Days. Daniel è il volto brutale dell'impero del soldo, Eli quello ipocrita dei valori di facciata: dallo scontro fra i titani della misantropia nascerà l'american way of life. Forze primigenie del consumismo e del conformismo, sono loro gli antenati inconsapevoli dei Mad Men che anni dopo somministreranno a consenzienti americani iniezioni di bisogni fasulli, desideri uniformati da esibire col sorriso, tra amici, al bowling, davanti a un milkshake.
temevo di trovarmi dinnanzi ad una robaccia alla Magnolia
I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.
(Samuel Beckett, “Malone Dies”)
Inviato 08 marzo 2015 - 09:53
Recuperato ieri sera.
Premetto che non sono un estimatore di P.T. Anderson, forse più per partito preso che non per motivi reali (lo so è da coglioni, ma che ci vuoi fare?). O meglio, lo associo per lo più a Magnolia... film che all'epoca (son passati 15 anni) mi sembrò una vera paraculata.
Detto questo, Il petroliere (e io trovo forse migliore il titolo italiano a quello inglese, o per lo meno non così pessimo come lo si descrive di solito) è un film di una potenza incredibile. Direi che tutto funziona davvero a meraviglia, in maniera quasi perfetta.
Ovviamente gli attori, D D Lewis è francamente indiscutibile qui. Il suo lavoro sulla voce, l'accento, la mimica facciale è straordinario. Ma forse lo è ancora di più quello sul corpo, il modo di muoversi e camminare. Insomma da monumento. Paul Dano anche, solo per il fatto di non farsi mettere in ombra dal colosso che si ritrova a fianco. Forse paga un po' il suo viso, troppo giovane. Ma così per trovargli un difetto.
L'immagine, la scenografia, i paesaggi. Tutto ha un respiro epico senza essere mai retorico. Le musiche, bellissime, a tratti stranianti, dialogano alla perfezione.
L'uso di alcuni piani sequenza, senza essere eccessivamente estetizzati (tipo che non si sente il peso del calcolo, tutto scorre con una naturalezza unica), è magistrale.
Sembra di essere in un romanzo americano, dove il tono è allo stesso tempo minimo (la parte del figlio dopo l'incidente viene trattato con un'antiretorica che non mi sarei aspettato da Anderson) ed epico.
I temi trattati poi, già elencati qui. Tutto mischiato, in maniera talmente realistica e brutale da risultare un pugno nello stomaco. Dove sono i buoni qui?
La parte finale che è fortemente sbilanciata in qualche modo rende il film "storto", lo sottrae alla possibilità di diventare un affresco di un periodo. Diventa "metafisico" e allo stesso tempo pietra tombale. Chiusura perfetta di una storia che non poteva andare diversamente.
Semplicemente eccezionale.
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