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Il film che ho visto (prima di postare leggere le regole in prima pagina)


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5763 replies to this topic

#5751 ucca

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Inviato 14 febbraio 2024 - 17:23

Io invece ho recuperato il bellissimo "Una lunga estate calda" con Paul Newman ed Orson Wells. Che nostalgia di film cosi. Dialoghi straordinari, personaggi complessi, sceneggiatura di ferro, mi ha tenuto incollato fino alla fine. Lo metto insieme ai grandi film di Newman (la gatta sul tetto che scotta o Hud il Selvaggio tra tutti, ma sono davvero tanti) quando fa il bastardo è davvero adorabile. 


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#5752 Tom

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Inviato 14 febbraio 2024 - 18:36

Io sempre con Newman ho recentemente recuperato Winning del 1969 (da noi "Indianapolis pista infernale") dell'altrove quasi sempre modestissimo James Goldstone; questo titolo stacca talmente tanto sulla sua produzione che mi sa piu' frutto della farina del sacco di Newman stesso e della sua ossessione per le corse. Quindi da confrontare con un altro manifesto del cinema su quattro ruote di quegli anni come "Le Mans", anche quello non direttamente firmato da un altro impallinato della velocita' come Steve McQueen. Laddove McQueen e' quasi astratto e psichedelico, Newman e' minimalista ed esistenziale. 

 

winning-1969-sc03-max.jpg
 
Ora, io lo so che i discorsi nostalgici sulla New Hollywood hanno rotto i coglioni da mo', come un po' tutti i discorsi nostalgici. Ma trovatemi un altro periodo della storia del cinema, non solo americano, dove ci si poteva permettere di considerare film del genere come roba minore, trascurabile e (difatti) dimenticabile. Opere con quel livello di messa in scena, con una scrittura tanto laconica quanto profonda, con quel livello di recitazione (una delle volte in cui Newman se la gioca in famiglia con la Woodward), con quell'amarezza di fondo tanto potente e bruciante, capaci di trasmettere un senso di vuoto e disagio pur restando film spettacolari e veicoli divistici. Insomma, il solito sconcerto nel realizzare che 55 anni fa film del genere erano commerciali.

 

winning-1969.jpg

 

Con gli affini "Slap Shot" (sull'hockey) sempre con Newman e con "Downhill Racer" (sullo sci) e "Little Fauss and Big Halsy" (sul motocross) col compare Redford, un bel esempio di quel filone che usava lo sport come metafora sulla menzogna del sogno americano e piu' in generale del non senso di quella cosa che chiamiamo vita.


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#5753 ucca

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Inviato 14 febbraio 2024 - 19:01

Quoto, altro che nostalgia manco ero nato.
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#5754 solaris

    Simmetriade.

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Inviato 21 febbraio 2024 - 14:10

Past Lives (2023). Caruccio, buona fotografia, qualche carineria di troppo, leggerino.


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#5755 Zimmerman

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Inviato 21 febbraio 2024 - 18:28

LA ZONA DI INTERESSE, di Jonathan Glazer 
 

La banalità del Male a pochi passi dal più famoso campo di concentramento, quello di Auschwitz-Birkenau.
Tratto dal racconto di Martin Amis (autore che amo molto), il film è (quasi tutto) centrato sulla vita e sul “lavoro” di Herr SS Rudolf Höss a ridosso del lager. Moglie finta-agnellino che si trasforma in una jena quando stanno per portarle via la villetta che aveva sognato da quando aveva 17 anni e cinque figli portati a spasso lungo il fiume, tra i giardini, nelle festicciole di compleanno, apparentemente docili e indifferenti all’orrore che a pochi metri invade l’aria e soprattutto l’udito (il suono è davvero straordinario), salvo qualche incubo e forma psicotica di sonnambulismo che inconsciamente prende forma nella figliola più grande.

La normalità casalinga, resa ancora più orrorifica da momenti di abitudinaria e disumana spartizione (la pelliccia e i cosmetici delle ebree alla padrona, l’intimo alle serve mute e obbedienti), non viene spezzata nemmeno dagli spari, dai latrati dei cani, dalla cenere che cade sui prati e sulle testoline ariane della prole. Scrutiamo il lavoro metodico degli artigiani dello sterminio mentre chiacchierano di numeri, forni e caminetti attorno a una tazza di tè e seduti a una tavolata della morte.
L’orrore è tutto fuori campo. E il film stesso sembra perennemente fuori campo, anche se la casetta degli Höss confina col muro di cinta del mattatoio, ne vediamo le mura, il filo spinato, le torrette, il fumo dei forni. 
A un certo punto, lui viene promosso a una posizione più alta e inviato nella città tedesca di Oranienburg. La consorte (Sandra Huller, anche qui bravissima come in Anatomia di una caduta, ma meno centrale) quasi dà di matto e preme/minaccia Rudolf affinché implori i suoi superiori di lasciare che lei e i bambini continuino a vivere a due passi dall'inferno.
L'infelice Höss saluta il suo cavallo (sì, il suo cavallo: “Ti amo; ti amo, bellezza mia”), la moglie e i figlioli, poi se ne va in Germania.
Da solo.
Conosce il bel mondo ma non ne trae alcun piacere, pensa solo a uno stanzone più alto dove (far) gasare gli ebrei.
Pur avendo sporadici cambi di espressione, anche Christian Friedel è molto convincente nell’incarnare l’uomo medio(cre) e convinto nazista.

Certamente un grande film, austero, faticoso e respingente, ma grande film.
Soprattutto sotto l’aspetto formale (ha una fotografia strepitosa, sembra di vedere una produzione Ufa), magari è un filo asettico, il fatto che marito e moglie (disturbati e disturbanti) sappiano e Glazer rinunci alla problematizzazione di questa consapevolezza (individuale e di coppia) mi ha lasciato un po’ perplesso, come alcuni segni (il fumo e il rosso sangue che invadono lo schermo) che denoterebbero incertezza di sguardo, più che slancio o mano sicura.
Glazer ha un’idea di regia molto precisa, articolata, che può piacere o meno (a me, ad esempio, gli inserti onirici in bianco e nero, hanno convinto molto poco) ma La zona di interesse è certamente un film di regia, per cui bene ha fatto l'Academy a infilarlo nella cinquina dei registi in corsa per l'Oscar. 
Film rigoroso che non concede nulla allo spettatore, diventa sempre più glaciale e inesorabile soprattutto quando si sposta in Germania.
A rischio di sterile formalismo il finalissimo, quando l'ossessione teutonica per l'igiene raggiunge il suo climax, resistendo perfino agli urti delle modernità (e della Storia). Gli ho preferito il finale, quel vomito del protagonista che tutto espelle tranne l'orrore di cui si è reso (cor)responsabile. 


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#5756 paloz

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Inviato 22 febbraio 2024 - 10:49

LA ZONA DI INTERESSE, di Jonathan Glazer 

 

Soprattutto sotto l’aspetto formale (ha una fotografia strepitosa, sembra di vedere una produzione Ufa), magari è un filo asettico, il fatto che marito e moglie (disturbati e disturbanti) sappiano e Glazer rinunci alla problematizzazione di questa consapevolezza (individuale e di coppia) mi ha lasciato un po’ perplesso

 

 

Glazer ha un’idea di regia molto precisa, articolata, che può piacere o meno (a me, ad esempio, gli inserti onirici in bianco e nero, hanno convinto molto poco) 

 

 

L'asettico, il completo distacco dalla vicenda è la ragione stessa del film; è una scelta estrema e provocatoria, direi fatta apposta per contrariare e far indignare lo spettatore; mossa calcolata ma decisamente riuscita - uscirne del tutto indifferenti penso sia impossibile, il non detto si insinua sottopelle e lì rimane.

 

Le sequenze "oniriche" in b/n dovrebbero essere realizzate con una termocamera militare, utilizzata per individuare i soldati nascosti con le mimetiche nelle zone di guerra. Sospetto che Glazer sia stato ispirato dalla videoinstallazione di Richard Mosse "Incoming".


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esoteros

 

I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.

 

(Samuel Beckett, Malone Dies)


#5757 simonisback

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Inviato 23 febbraio 2024 - 12:09

Non riesco a capire perché bisogna scrivere e scrivere ancora su capolavori autoriali che hanno dettato le leggi armoniche del cinema che stiamo vivendo?

 

FALLEN ANGELS 1995

 

Problema del forum, di ogni forum è il seguente: o lavori di metafora o scrivi un saggio. Qui sembra che nevichi e qualche persona ha deciso di darsi fuoco per scaldarsi (le coperte, evidentemente non bastano..). 

 

FALLEN ANGELS

 

Dai il massimo dei voti, ringrazi il regista per il suo genio eclettico e doverosamente asimmetrico e poi ti lascia qualche sapore particolare.. il cinema italiano non ha mai saputo realizzare pellicole così libere e i Visconti non ritorneranno mai.. cinema magnifico ma museale.. destinato alle cineteche alla cinefilia più lussureggiante. Nel 1993 usciva Caro Diario.. il primo episodio si collegava al resto del mondo.. sintonia planetaria-cuore cinema.


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#5758 Zimmerman

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Inviato 08 marzo 2024 - 23:28

Gli-oceani-sono-i-veri-continenti-cover.

GLI OCEANI SONO I VERI CONTINENTI, di Tommaso Santambrogio
 

Quest’anno ho visto un sacco di esordi interessanti nel cinema italiano. Non tutti riusciti, qualcuno anche sbagliato, ma sempre con qualcosa di vitale. Penso a Patagonia di Bozzelli, a Disco Boy di Abruzzese (forse il più convincente, compiuto e internazionale di tutti), a Una sterminata domenica di Parroni, poi a La proprietà dei metalli, a Palazzina LAF di Riondino, a Non credo in niente.
Per non parlare della quota più mainstream di Cortellesi, Bisio e Ramazzotti.

Questo mi fa sperare (almeno) in una sorta di rinnovamento, di ricambio generazionale.

Quello che però mi ha emozionato di più è GLI OCEANI SONO I VERI CONTINENTI di Tommaso Santambrogio.
Forse non personalissimo (visto che si sente mooolto il respiro dei mentori Lav Diaz e forse Herzog), ma un film sincero, profondo, per molti versi struggente.
Un'epica in bianco e nero che parte dalle piccole cose,
 da tre storie di un paesino sperduto della Cuba più rurale in cui si avvertono, sin dall’inizio, spinte centrifughe raccontate e affrontate da tre prospettive temporali differenti: il passato (l’anziana signora vedova di un combattente nella guerra d’Angola), il presente (una giovane coppia di artisti), il futuro (due ragazzini che vogliono diventare campioni di baseball negli Usa).
Un bel film sulla separazione, sulla recisione – anche brutale – delle proprie radici.
I personaggi si sfiorano all’inizio in quella bella sequenza simbolica sul fiume per convergere poi sul finale, alla stazione, quando alcuni lasceranno questa terra decaduta, martoriata e senza tempo, dove sembra si possa solo sopravvivere, mentre gli altri troveranno impossibile liberarsi dalla nostalgia, dai ricordi e dalle cose che si amano veramente. 

Un film interessante non solo per l’aspetto estetico (un folgorante bianco e nero, la macchina fissa, una sorta di bellezza figurativa che il cinema italiano sembra riacquistare dopo decenni di terrificante sciatteria), ma anche per l’afflato umanista e la filosofia politica che lo governa.  

Santambrogio immerge i personaggi in una natura maestosa e implacabile (gli acquazzoni tropicali non danno tregua), e, malgrado tutto, è sempre una natura accogliente, calda, consolante (quando serve). Sembrano incede un po’ schiacciati da un potere che non comprendono e contro il quale non combattono mai veramente, se non attraverso (il desiderio del)la fuga. 
Gli oceani, come emerge dalle commoventi lettere che 30 anni prima Miguel scriveva alla sua sposa dall’Angola, diventano quei veri continenti riempiti dalle emorragie umane di un mondo caparbiamente diviso in un nord (sempre più) ricco e un sud (sempre più) povero.


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#5759 Wattimo Fuggente

    chi semina vento raccoglie scureggia

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Inviato 19 marzo 2024 - 11:35

complice MUBI ho visto Sexy Beast, film d'esordio di Glazer, tra commedia,noir,gangster movie e che sorprende con momenti di puro lirismo

C91V24tWsAAVQRn.jpg

 

o incubo surrealista

 

sexy-beast-rabbit.jpg

 

cast oltre la perfezione, innumerevoli le prodezze di regia/montaggio


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#5760 debaser

    utente stocazzo

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Inviato 19 marzo 2024 - 19:52

Ahh è vero, era suo! Ma pensa te.
Scena iniziale epica, lo dovrei rivedere. Mi è tornato in mente di recente vedendo The gentlemen su Netflix.
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Codeste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un'enciclopedia cinese che s'intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all'Imperatore, (b) imbalsamati, c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s'agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.
 
non si dice, non si scrive solamente si favoleggia


#5761 ucca

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Inviato 19 marzo 2024 - 20:10

Sembra fico
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#5762 Earl Bassett

    se ci dice bene finiamo nella merda

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Inviato 19 marzo 2024 - 20:57

Che attore Ray Winstone.
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#5763 Wattimo Fuggente

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Inviato 20 marzo 2024 - 08:07

sì, lui grandissimo e azzeccatissimi tutti i comprimari, da Kingsley a McShane, apertura del film strepitosa (non ricordavo gli stranglers così simili ai fall, o viceversa), nella parte finale del film (quella in inghilterra) c'è un piano sequenza vertiginoso che non riesco a trovare.

mi ha ricordato tarantino per l'approccio non ortodosso al genere, più british e con una sua cifra già molto personale


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#5764 lazlotoz

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Inviato 21 marzo 2024 - 21:22

locandina.jpg

 

Trenque Lauquen, Laura Citarella (2023)

 

Un lungo, infinito, respiro di cinema. Son quattro ore e venti in cui perdersi insieme alla protagonista.

La storia è semplice, Laura si perde a Trenque Lauquen, e per brevi capitoli si va a ricostruire la vicenda in maniera sparsa da un punto di vista temporale. C'è il fidanzato, l'amico/collega con cui c'è del tenero, e poi tutto l'universo che le ruotava attorno.

È un cinema labirintico e (credo sia fin banale citarlo, ma tant'è) borgesiano nel suo avvilupparsi su se stesso, tornare indietro e aprire dilatate parentesi dentro delle parentesi confondendo i piani temporali. Ogni cosa va pian piano in dolci frantumi. Intorno alla terza ora e mezza succede una cosa che sposta un po' l'asse narrativo del tutto.

 

Il film è diviso in due parti, ogni parte in micro capitoli. La prima parte in qualche modo è più organica ma con tendenze labirintiche ricercate costantemente, la seconda a un certo punto diventa quasi narrativo in un episodio (l'evento, come dire, meno atteso) ma l'idea di dividere il racconto su tre piani (Laura che parla, Chicho che ascolta e gli eventi che succedono) è incastrato a meraviglia. Diventa quasi un trattato teorico di cinema, senza mai scadere in didascalismo, perché è il racconto che sta alla base di tutto.

L'ultimo capitolo, quello su Laura, è esattamente quello che speravo di vedere. Una bellezza strabordante. Tutto, a chiudere quella panoramica che per ultima ci esclude dalla sparizione.

 

Si dice un gran bene di questa nuova ondata argentina. Quel poco che ho visto effettivamente lo mette su un piano eccezionale.

Se qualcuno ha per caso i sub ita (con quelli eng su lingue che un po' capisco mi va un po' in pappa il cervello) il prossimo che voglio vedermi è La Flor (14 ore di durata) di Mariano Llinás (che con Citarella ha fondato una casa di produzione con l'intento di lavorare a progetti similari, di racconti stratificati). 

Quest'idea di cinema esploso nei tempi (non lento, perché non è affatto lento questo film per quanto non succeda assolutamente quasi nulla) è forse una delle strade più interessanti in cui imbattersi. Non è slowcinema, è ancora un'altra cosa. E mi piace.

 

Ci sarebbe da scriverne altroché.

Per ora, limitandoci a un voto, stiamo fra l'8.5 e il 9.


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