è passata una settimana, è passato pure l'hype (che sta per trasferirsi su "UP"), ergo è il momento giusto per me per parlarne
se non fosse che si è praticamente detto già (quasi) tutto: sia chi ha amato o apprezzato "Inglorious Basterds", sia chi non l'ha fatto, non si è potuto esimere comunque dall'ammettere che si tratta di un film
grande, pensato in grande, realizzato in grande, distribuito in grande e fautore, forse, dell'ingresso definitivo di Tarantino nel cinema "grande", per l'appunto, accanto agli autori storici che lui tanto ama e che non manca mai di citare (va bene Leone, ma qua come ha giustamente detto Tiresia c'è anche molto Hithcock e anche un pizzico di Lang, oltre al pre-finale che è tanto Woo quanto Melodramma, mentre il finale vero e proprio è come sempre Tarantino puro*).
Mi sembra quindi chiaro come il regista abbia voluto, in qualche modo, sterzare dalle sue ultime produzioni ancora legate a doppio filo col cinema "di serie B" (ma più che mai questa definizione è velleitaria), dal quale ripescava a piene mani ambientazioni, costumi e persino pellicole (Grindhouse
) per gettarsi con tutti e due i piedi dentro quello che non può definirsi kolossal solo perchè non ha portato a sfinimento nessuna casa di produzione ma che, se ci pensa un po' su (2 ore e mezza, ricostruzioni imponenti, attori di peso [accanto comunque alle solite grandiose intuizioni di ruolo], quattro lingue parlate, schermo panoramico, eccetera eccetera eccetera), può anche essere visto sotto quest'ottica.
Ovvio quindi che, per poter realizzare finalmente il suo film "grande", Tarantino abbia dovuto cercare di venire a patti con se stesso; ed ecco quindi spiegata la "scissione", a mio avviso abbastanza netta, fra le due anime del film: quella più spudoratamente personale, rappresentata proprio dai Bastardi e dalle loro sequenze (c'è tutto Tarantino, dalle sovraimpressioni alle didascalie a Brad Pitt che parla lo
slang yankee e scimmiotta Marlon Brando, a Hitler col mantello di Napoleone e la mappa d'Europa piena di svastiche), e quella più "contestualizzata", rappresentata dal personaggio di Shoshanna.
Che intendiamoci, è pure qui Tarantino senza se e senza ma, ma che si muove tuttavia in un terreno assolutamente diverso, per dire, dalla pirotecnica gragnuola citazionista della Sposa di Kill Bill, sua (lontana) parente. Qui, più che a rimandi extra-testuali vari, ci si sposta magari in un ambito metaforico (il cinema, inteso anche come sala, come luogo di
distorsione della Storia) oppure in un contesto meta-linguistico molto più sottile (la "storia d'amore" fra Shoshanna e l'ufficiale è diegesi del film oppure citazione di un genere?).
A fare da trait-d'union (per fortuna aggiungo) fra queste due parti, c'è il personaggio di Landa, del quale s'è parlato anche abbastanza e che non sto qua ancora a lodare e rilodare, sia lui che chi lo interpreta.
Così come non aggiungerei niente di nuovo a proposito della magniloquente scena iniziale: ovvero,
come un semplice dolly in basso può assumere più senso drammaturgico di qualsiasi banale dialogo.
"Inglorious Basterds", se mi permettete la "ghezzata" (
), non è quindi magari un capolavoro forse proprio a causa di questa sua continua tensione verso l'esserlo: resta comunque un film da vedere, rivedere, vedere ancora, perchè come al solito troppe cose sfuggono la prima volta, troppe la seconda, troppe ancora la terza.
Ma questo si sa, è Tarantino.
*a questo proposito, al di là di tutte le polemiche su presunti spoiler, mi sembra che poco alla fine ci fosse da svelare, se non la genialiata dello scioglimento finale:
ci si aspetta la resa dei conti fra Landa e Pitt/Shoshanna, e invece lui è l'unico delle SS a portare a casa la pelle. Punto.Recriminare su come muore Hitler scusate ma è da scemi.