Riporto qui, a beneficio degli interessati e sperando di non infastidire nessuno, il commento che ho prodotto per Gli Spietati. Buona lettura.
Prima visione: aderenze
La pelle di Rourke è letteralmente la pellicola di Aronofsky: maciullata, tumefatta, sanguinante. Identificazione totale tra cicatrice e fotogramma, ferita e frame, squarcio e inquadratura. Un film eccessivo e squilibrato, possente e fragile, artificioso e iperrealistico. Disperatamente vitale. Solo quando "The Ram" vola via dall'inquadratura è possibile chiudere l'otturatore. Ovazione.
Seconda visione: distanze
Rivedo
The Wrestler e, come al solito, la revisione produce in me impressioni inedite, associazioni sorprendenti, ruminazioni e divagazioni varie. L??aderenza tra pellicola e pelle che mi aveva colpito con tanta intensità alla prima visione è davvero così totale e inderogabile? La solidarietà tra lo sguardo della cinepresa e il corpo di Randy è davvero così costante e categorica? Revisione facendo, mi accorgo di un paio di cose a mio avviso fondamentali: la prima è che la figura di ??The Ram? è eminentemente metaforica. Non che questa sia una scoperta sconvolgente, d??accordo, ciononostante mi pare innegabile che Randy rappresenti un??immagine poderosamente caricaturale di un paese che ha bisogno di mostrare i muscoli, esibirsi e combattere spettacolarmente per dare un senso alla propria esistenza (per ??autorappresentarsi?), a prescindere dai danni e dalle lesioni interne che questa condotta comporta. Fin dall??inizio vediamo fare capolino antagonisti politici: nelle locandine, volantini, e ritagli di giornale che tappezzano i titoli di testa si scorge, oltre allo storico rivale ??The Ayatollah?, il nome di un altro lottatore connotato politicamente: ??The Sputnik?. Poi il combattimento contro il wrestler-punk con tanto di A cerchiata tatuata sulla schiena e, infine, il match epocale contro l??iranianeggiante ??Ayatollah? (non a caso in Iran il film di Aronofsky è stato censurato per vilipendio alla bandiera). L??immagine degli USA che ne emerge è tutt??altro che accomodante o conciliatoria, insomma. Al tempo stesso, tuttavia, con questa immagine criticamente caricaturale convive un ritratto umano dolente e toccante, capace di rielaborare i segni critici in lineamenti biografici: Randy, ovviamente, è Rourke sotto mentite spoglie che torna sotto i riflettori e si mostra in tutta la sua scostumata, dissipata, fatiscente grandezza. Un doppio binario tra satira politica e risarcimento professionale che rende il film concretamente polisemico e, come si suol dire (male), ??stratificato?.
E qui arriva la seconda constatazione. Conformemente all??ambiguità di cui sopra, il trattamento stilistico elaborato da Aronofsky (che a prima vista sembra andare semplicemente a rimorchio dell??Ariete) è molto più sfumato e altalenante di quanto sembri. Se è vero che il partito visivo dominante è quello della prossimità epidermica, è altrettanto vero che di tanto in tanto la cinepresa prende le distanze da quanto mostrato. Ed è una distanza che fa senso. Basti pensare alla sequenza dell??infarto: appiccicata alle contusioni, lacerazioni e perforazioni del corpo di Randy finché resta seduto, quando questi si alza dalla sedia e si accascia al suolo, la cinepresa lo riprende con un??inquadratura più larga, osservandolo freddamente. Anziché crollare con lui o avvicinarsi pateticamente, la mdp si limita a registrare l??evento come se fosse l??inevitabile conseguenza della lotta permanente quale regola di vita. L??impressione che se ne ricava non è quella di compassione o preoccupazione per le sorti di Randy, ma di straniante, clinica oggettività. Discorso analogo per la sequenza dello ??sclero? nel supermercato: a distanza affettatrice dietro il bancone, quando Randy si allontana lungo i corridoi tirando gomitate agli scaffali la cinepresa non gli sta addosso, ma lo tiene in quadro a distanza di sicurezza, mettendone in rilievo tutta la bizzosa irascibilità e tutta l??incapacità di percepirsi fragile. ? proprio in questi scarti, in queste variazioni di contiguità tra cinepresa e personaggio che il ritratto trascolora in allegoria, l??empatia in antipatia, con tutte le sfumature intermedie a fare di
The Wrestler una pellicola molto più articolata e stilisticamente mutevole di quanto possa apparire.
Torna infine utile un rapido confronto con un film non troppo dissimile per traiettoria allegorica, ma decisamente meno complesso nella modulazione dei registri:
Tony Manero. Rappresentazione cinematograficamente sTravolta di Pinochet, al protagonista della pellicola di Pablo Larraìn non è accordata alcuna concessione empatica. Raùl Peralta è un mostro di abiezione e prevaricazione, palese trasfigurazione di un dittatore che annienta e sciacalla i deboli e elimina subdolamente gli oppositori. Larraìn non gli concede neanche una misera soggettiva o una sola inquadratura compassionevole: Raùl è la quintessenza della sopraffazione e della megalomania. Diversamente dall??inflessibile rigore di
Tony Manero, il film di Aronofsky gioca sui trapassi da un registro all??altro (empatico, caricaturale, agonistico, satirico, affettivo, drammatico, epico), configurandosi definitivamente come una ballata grottesca di vibrante, commovente varietà stilistica.
i periti hanno dimostrato che non vi è alcuna certezza.