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The Wrestler


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63 replies to this topic

#51 William Blake

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Inviato 18 marzo 2009 - 23:57

Non sbaglia chi lo ha paragonato ai grandi film dei fratelli Dardenne. I fratelli Dardenne sono gli unici (forse insieme a Kaurismaki) a saper dipingere grandi ritratti psicologici e sociali collocandoli all'interno di una visione del mondo (la loro). Lo stesso vale per questo film.


mi consola il fatto di non essere il solo a pensarla così ;)

bel commento e sottolinerei la parte in cui accenni alla nostra realtà come società dello spettacolo...di cui poi Randy è protagonista attivo e passivo, vittima e carnefice al contempo.
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#52 bowman

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Inviato 19 marzo 2009 - 00:04


Non sbaglia chi lo ha paragonato ai grandi film dei fratelli Dardenne. I fratelli Dardenne sono gli unici (forse insieme a Kaurismaki) a saper dipingere grandi ritratti psicologici e sociali collocandoli all'interno di una visione del mondo (la loro). Lo stesso vale per questo film.


mi consola il fatto di non essere il solo a pensarla così ;)



OT:
Anche se i fratelli Dardenne sono veramente enormi. Mai una caduta. Mai una debolezza.

I critici si barcamenano nel giudicare i loro film dicendo "è meglio questo o quello". Lavoro inutile. I loro film sono semplicemente monumentali.

PS: grazie per aver apprezzato le mie riflessioni post-visione fresca fresca.
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#53 Mighty Joe Moon

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Inviato 19 marzo 2009 - 00:28

Appena uscito dal cinema  ,pellicola bellissima conoscevo già il regista , ha confermato quanto di buono aveva fatto in passato . La scena dell' entrata nella macelleria , quella dei vecchi wrestler annoiati che aspettano di vendere i loro cimeli  sono meravigliose.Marisa Tomei splendida , non avevo mai notato le sue grazie .. :-*
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#54 scirocco

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Inviato 26 marzo 2009 - 13:54

Recuperato, finalmente. Qualche considerazione, al volo:

- grande Rourke, dà corpo e anima a un personaggio certamente non molto originale, ma autentico e struggente come pochi;

- diabolica Tomei: infinitamente più carina (e convincente) ora di quindici anni fa;

- doppiaggio scadente: la voce originale di "Ram" è molto più significativa, ricchissima di strappi, scaglie di parole, sussurri e troncature sibilline che chiudono il cerchio intorno a un vero e proprio "brandello" di persona;

- sceneggiatura che sbanda un po' nel secondo tempo, riscattata però da un gran finale.




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#55 corey

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Inviato 28 marzo 2009 - 18:02

Riporto qui, a beneficio degli interessati e sperando di non infastidire nessuno, il commento che ho prodotto per Gli Spietati. Buona lettura.

Prima visione: aderenze


La pelle di Rourke è letteralmente la pellicola di Aronofsky: maciullata, tumefatta, sanguinante. Identificazione totale tra cicatrice e fotogramma, ferita e frame, squarcio e inquadratura. Un film eccessivo e squilibrato, possente e fragile, artificioso e iperrealistico. Disperatamente vitale. Solo quando "The Ram" vola via dall'inquadratura è possibile chiudere l'otturatore. Ovazione.

Seconda visione: distanze


Rivedo The Wrestler e, come al solito, la revisione produce in me impressioni inedite, associazioni sorprendenti, ruminazioni e divagazioni varie. L??aderenza tra pellicola e pelle che mi aveva colpito con tanta intensità alla prima visione è davvero così totale e inderogabile? La solidarietà tra lo sguardo della cinepresa e il corpo di Randy è davvero così costante e categorica? Revisione facendo, mi accorgo di un paio di cose a mio avviso fondamentali: la prima è che la figura di ??The Ram? è eminentemente metaforica. Non che questa sia una scoperta sconvolgente, d??accordo, ciononostante mi pare innegabile che Randy rappresenti un??immagine poderosamente caricaturale di un paese che ha bisogno di mostrare i muscoli, esibirsi e combattere spettacolarmente per dare un senso alla propria esistenza (per ??autorappresentarsi?), a prescindere dai danni e dalle lesioni interne che questa condotta comporta. Fin dall??inizio vediamo fare capolino antagonisti politici: nelle locandine, volantini, e ritagli di giornale che tappezzano i titoli di testa si scorge, oltre allo storico rivale ??The Ayatollah?, il nome di un altro lottatore connotato politicamente: ??The Sputnik?. Poi il combattimento contro il wrestler-punk con tanto di A cerchiata tatuata sulla schiena e, infine, il match epocale contro l??iranianeggiante ??Ayatollah? (non a caso in Iran il film di Aronofsky è stato censurato per vilipendio alla bandiera). L??immagine degli USA che ne emerge è tutt??altro che accomodante o conciliatoria, insomma. Al tempo stesso, tuttavia, con questa immagine criticamente caricaturale convive un ritratto umano dolente e toccante, capace di rielaborare i segni critici in lineamenti biografici: Randy, ovviamente, è Rourke sotto mentite spoglie che torna sotto i riflettori e si mostra in tutta la sua scostumata, dissipata, fatiscente grandezza. Un doppio binario tra satira politica e risarcimento professionale che rende il film concretamente polisemico e, come si suol dire (male), ??stratificato?.
E qui arriva la seconda constatazione. Conformemente all??ambiguità di cui sopra, il trattamento stilistico elaborato da Aronofsky (che a prima vista sembra andare semplicemente a rimorchio dell??Ariete) è molto più sfumato e altalenante di quanto sembri. Se è vero che il partito visivo dominante è quello della prossimità epidermica, è altrettanto vero che di tanto in tanto la cinepresa prende le distanze da quanto mostrato. Ed è una distanza che fa senso. Basti pensare alla sequenza dell??infarto: appiccicata alle contusioni, lacerazioni e perforazioni del corpo di Randy finché resta seduto, quando questi si alza dalla sedia e si accascia al suolo, la cinepresa lo riprende con un??inquadratura più larga, osservandolo freddamente. Anziché crollare con lui o avvicinarsi pateticamente, la mdp si limita a registrare l??evento come se fosse l??inevitabile conseguenza della lotta permanente quale regola di vita. L??impressione che se ne ricava non è quella di compassione o preoccupazione per le sorti di Randy, ma di straniante, clinica oggettività. Discorso analogo per la sequenza dello ??sclero? nel supermercato: a distanza affettatrice dietro il bancone, quando Randy si allontana lungo i corridoi tirando gomitate agli scaffali la cinepresa non gli sta addosso, ma lo tiene in quadro a distanza di sicurezza, mettendone in rilievo tutta la bizzosa irascibilità e tutta l??incapacità di percepirsi fragile. ? proprio in questi scarti, in queste variazioni di contiguità tra cinepresa e personaggio che il ritratto trascolora in allegoria, l??empatia in antipatia, con tutte le sfumature intermedie a fare di The Wrestler una pellicola molto più articolata e stilisticamente mutevole di quanto possa apparire.
Torna infine utile un rapido confronto con un film non troppo dissimile per traiettoria allegorica, ma decisamente meno complesso nella modulazione dei registri: Tony Manero. Rappresentazione cinematograficamente sTravolta di Pinochet, al protagonista della pellicola di Pablo Larraìn non è accordata alcuna concessione empatica. Raùl Peralta è un mostro di abiezione e prevaricazione, palese trasfigurazione di un dittatore che annienta e sciacalla i deboli e elimina subdolamente gli oppositori. Larraìn non gli concede neanche una misera soggettiva o una sola inquadratura compassionevole: Raùl è la quintessenza della sopraffazione e della megalomania. Diversamente dall??inflessibile rigore di Tony Manero, il film di Aronofsky gioca sui trapassi da un registro all??altro (empatico, caricaturale, agonistico, satirico, affettivo, drammatico, epico), configurandosi definitivamente come una ballata grottesca di vibrante, commovente varietà stilistica.
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i periti hanno dimostrato che non vi è alcuna certezza.

#56 bowman

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Inviato 29 marzo 2009 - 13:21

Premessa. Corey, mi piacciono molto le tue riflessioni perché sono appunto riflessioni, il tuo è un approccio analitico. Mi piace anche la dimensione "dinamica": prima e seconda visione. Ho fatto questa premessa perché io sono piuttosto intollerante al mondo delle recensioni. Fine della premessa.

Forse ad integrazione delle tue osservazioni.
Randy non è solo metafora di un'America che ha bisogno di mostrare muscoli. Randy e il mondo del wrestling sono, a mio avviso, soprattutto metafora della nostra "società dello spettacolo".
Trovo molto puntuale la tua analisi sui movimenti di macchina e sul senso delle inquadrature larghe. (Anche se ho trovato convenzionale la scena dello "sclero"). In generale la regia esprime il senso profondo di quelle che ritengo essere le due coordinate fondamentali del film: solitudine e "società dello spettacolo".
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#57 William Blake

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Inviato 29 marzo 2009 - 13:33

In generale la regia esprime il senso profondo di quelle che ritengo essere le due coordinate fondamentali del film: solitudine e "società dello spettacolo".


personalmente concordo con il Randy metafora dell'America, è una cosa che balza agli occhi, e non contraddice nemmeno la coordinata della "società dello spettacolo", bensì vi si sovrappone poichè gli Usa basano da anni la loro politica proprio sulla messa in scena delle loro decisioni.
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#58 corey

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Inviato 29 marzo 2009 - 14:29

Premessa. Corey, mi piacciono molto le tue riflessioni perché sono appunto riflessioni, il tuo è un approccio analitico. Mi piace anche la dimensione "dinamica": prima e seconda visione. Ho fatto questa premessa perché io sono piuttosto intollerante al mondo delle recensioni. Fine della premessa.

Forse ad integrazione delle tue osservazioni.
Randy non è solo metafora di un'America che ha bisogno di mostrare muscoli. Randy e il mondo del wrestling sono, a mio avviso, soprattutto metafora della nostra "società dello spettacolo".
Trovo molto puntuale la tua analisi sui movimenti di macchina e sul senso delle inquadrature larghe. (Anche se ho trovato convenzionale la scena dello "sclero"). In generale la regia esprime il senso profondo di quelle che ritengo essere le due coordinate fondamentali del film: solitudine e "società dello spettacolo".


Grazie della indulgente premessa, Bowman. Il mio approccio tenta di integrare suggestioni, considerazioni sullo stile e riflessioni a tutto campo, cercando di fermarsi un momento prima che l'eclettismo degeneri in impressionismo. Senza rigidi partiti presi teorici. Spero di riuscirci e di suggerire angolazioni personali che però dialoghino strettamente coi film, stimolando approfondimenti, interpretazioni più o meno divergenti e - perché no? - confutazioni di vario genere. L'importante è che il film (il testo) rimanga sempre al centro del discorso.

Le tue osservazioni ci stanno tutte e in fede mia le sottoscrivo senza riserve. Credo che la generalizzazione alla sfera della società dello spettacolo non sia affatto incompatibile con la metafora politica di base (è innanzitutto con questa che lo spettatore deve fare i conti, i segnali sono troppo forti e chiari per ignorarli), anzi ne è, come dici tu, necessaria integrazione. Ribadisco comunque che è solo a partire dal piano concreto ("The Ram" come lottatore-animale a stelle e strisce che spacca il culo ai nemici della nazione, emblematicamente identificata nei suoi ruggenti anni '80) che l'astrazione debordiana può prodursi. Se il film non ci offrisse una visione politicamente ridotta alla semplice logica antagonistica, la dimensione spettacolare non potrebbe svilupparsi (o per lo meno risulterebbe posticcia e velleitaria).

Che la scena dello sclero possa risultare convenzionale (effettivamente è costruita con un crescendo piuttosto elementare) è fuor di dubbio, ciononostante non era quello che mi premeva mettere in evidenza, ma il modo in cui è girata la parte finale della sequenza, con la cinepresa che si allontana improvvisamente da Randy, tenendolo per così dire a distanza di sicurezza. Il senso che ne scaturisce è assai diverso (meno empatico e più patetico nei confronti del personaggio) da quello che si sarebbe prodotto con inquadrature più strette e aderenti al suo scatto isterico.

D'accordo anche su quella che tu definisci seconda coordinata fondamentale del film (oltre a quella debordiana): a mio avviso la solitudine (megalomania, mitomania, delirio di onnipotenza?) rappresenta l'inevitabile ricaduta sociale della lotta permanente quale regola di vita (e di morte). In fondo è un immaginario platealmente infantile quello messo in scena dal film: lo stesso immaginario che permea il wrestling, la politica egemonica statunitense e la società dello spettacolo che se ne pasce.
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i periti hanno dimostrato che non vi è alcuna certezza.

#59 corey

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Inviato 29 marzo 2009 - 14:34


In generale la regia esprime il senso profondo di quelle che ritengo essere le due coordinate fondamentali del film: solitudine e "società dello spettacolo".


personalmente concordo con il Randy metafora dell'America, è una cosa che balza agli occhi, e non contraddice nemmeno la coordinata della "società dello spettacolo", bensì vi si sovrappone poichè gli Usa basano da anni la loro politica proprio sulla messa in scena delle loro decisioni.


E' esattamente quanto ho appena detto anch'io. Mi sono accorto del tuo intervento solo a post inviato. La sola differenza è che ai miei occhi la metafora nazionale (ma il termine metafora è improprio: il film ci offre l'associazione Randy/USA '80 alla lettera) fa da piattaforma per qualsiasi ulteriore passaggio.
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#60 bowman

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Inviato 30 marzo 2009 - 13:33

In fondo è un immaginario platealmente infantile quello messo in scena dal film: lo stesso immaginario che permea il wrestling, la politica egemonica statunitense e la società dello spettacolo che se ne pasce.


Altro aspetto fondamentale del film. Aggiungo che Randy in sé è un grande bambinone. E nella resa umana di tale connotazione infantile, il lavorod di Rourke e Aronofsky è davvero encomiabile.

PS: non ritenevo che la metafora della società dello spettacolo contraddicesse l'altra dell'America che ha bisogno di mostrare i suoi muscoli. La ritenevo solo più marcata, "globale", e forse più interessante. In effetti avevo formulato male il mio pensiero.
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#61 bowman

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Inviato 30 marzo 2009 - 13:44


In fondo è un immaginario platealmente infantile quello messo in scena dal film: lo stesso immaginario che permea il wrestling, la politica egemonica statunitense e la società dello spettacolo che se ne pasce.


Altro aspetto fondamentale del film. Aggiungo che Randy in sé è un grande bambinone. E nella resa umana di tale connotazione infantile, il lavorod di Rourke e Aronofsky è davvero encomiabile.

PS: non ritenevo che la metafora della società dello spettacolo contraddicesse l'altra dell'America che ha bisogno di mostrare i suoi muscoli. La ritenevo solo più marcata, "globale", e forse più interessante. In effetti avevo formulato male il mio pensiero.


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#62 corey

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Inviato 30 marzo 2009 - 13:56

PS: non ritenevo che la metafora della società dello spettacolo contraddicesse l'altra dell'America che ha bisogno di mostrare i suoi muscoli. La ritenevo solo più marcata, "globale", e forse più interessante. In effetti avevo formulato male il mio pensiero.


Anche a mio avviso è una prospettiva più interessante, solo che ha bisogno dell'altra come supporto materiale per svilupparsi. Connotazione su denotazione.
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#63 Disposable Hero

    Classic Rocker

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Inviato 14 ottobre 2009 - 22:22

Visto stasera in DVD in originale con sottotitoli (che c'erano solo in italiano).
Grandissimo Mickey ed incantevole Marisa Tomei.
Non condivido il giudizio "melenso". Il film non si dilunga mai in modo eccessivo e quello che accade non mi è sembrato particolarmente sdolcinato, essendo la storia di un fallito che cerca di ricomporre i pezzi della propria vita scontrandosi con ciò che ha fatto sì che andassero in frantumi: il fatto di essere davvero un fallito.
Guardo Mickey e mi rendo conto che come gli scrittori risultano credibili solo se scrivono ciò che conoscono bene, Mickey ci porta per mano nell'autodistruzione. Ci accompagna in un universo di sogni infranti che ha conosciuto bene.
Incantevole, quasi quanto la Tomei.
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#64 SV

    Roadie

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Inviato 28 marzo 2011 - 12:49

Battute e situazioni "telefonate"... 2 ore scarse che mi son passate "a fatica"...
Lei sì, bellissima (pe' carità)... forse però l'unica cosa bella del film...
Unico "pregio": lo spaccato che dà sul doping esasperato in certi sport...
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