Interno notte - A volo d'uccello
Ieri, riferendomi a Cronenberg ho adottato la parola "autore". Non è casuale.
Creativi sono gli artisti, ma anche gli autori. Dirò di più: un artista è necessariamente anche un autore, non è vero il contrario. C'è un significativo saggio sull'argomento nell'ultimo numero di Segno. Non mi dilungherò oltre, e per essere sintetici individuo in un Greenaway il concetto d'artista, sensibilità del tutto assente in Cronenberg, uomo eminentemente vertoviano.
Sempre ieri utilizzavo l'aggettivo "esigente".
Esigente e quindi non agilis, con
un atteggiamento stilistico che è andato sempre più
purificandosi; un cinema che oggi adotta come cifra fondante
la laconicità.
Nello specifico: è facile che qualcuno vada a vedere "A history of Violence",
ne resti profondamente deluso, per poi noleggiare il giorno dopo
"Scanners" e piacergli tremendamente!
Questo "spettatore" non è pronto per Cronenberg, non può ??agire? l'universo cronenberghiano poiché non ne ha ancora individuato la porta carraia. Per varcarla dovrà fare i conti con la natura serializzante dell??autore canadese, lanciarsi in una forsennata Mise en abyme e sfiorare quei "fili scoperti" che faranno riemergere scene del prima vituperato
A History of Violence!
Scoprirà, ne sono certo, che il suo iperrealismo ha un fondamento gnoseologico.
Sul balcone: piano anfibologico (La Zona Cronenberg):
1. Approccio viscerale
In tutta l??opera cronenberghiana ricorre il tema della mutazione.
Qualche esempio?
The Paradise Murders
- l??immagine cinematografica parla il linguaggio della malattia;
un linguaggio virale, contagiato. L??idea del parassita, oltretutto,
rimanda al Candiru di cui parla Burroughs ne Il Pasto Nudo.
E chi conosce Cronenberg sa benissimo l??ascendenza che ha questo scomodissimo writer della Beat Generation. Non vado oltre nella descrizione del Candiru ?? una specie di vermicello che ama aggrapparsi alle aree genitali ??, dovrei adottare il flick che vive in me, e non ne ho voglia...
Rabid
- Accentua la componente ??virale?. Cronenberg fa eslicitamente ricorso al
Cinema per mostrare la sua poetica. E?? la sequenza ambientata in un Cinema Porno dove la protagonista ??infetta? la vittima di turno. Forse didascalica, ma questa operazione di metacinema serve a chiarire che anche il Cinema è infetto, che anche il Cinema contagia.
The Brood
- Traccia le linee della sua morbosa poetica. Un film e un meta-film al tempo stesso, dove la maternità mostra il suo lato mostruoso!
E vogliamo parlare di Videodrome, l'opera più ambiziosa di Cronenberg?
Un film che porta lo spettatore a vivere l??allucinazione del mondo che ci circonda. I processi di contaminazione che vengono ad instaurarsi tra il macchinico e l??umano.
E?? un film corporalmente inquietante.
E, allora, perché lo spettatore deve avere un atteggiamento virale?
Semplice, perché deve accettare che il suo sguardo contamini l??immagine così come fa essa stessa sulle sue percezioni. E viralizzare l??immagine significa anche porre domande, usarla come uno psicanalista farebbe con un suo paziente disteso sul lettino: Chi vede cosa? Chi osserva realmente? Ci stiamo osservando vicendevolmente, ovvero v??è un motore immobile che osserva per noi?
La viralizzazione è un momento assolutamente fondante del cinema cronenberghiano.
Virale è l??opera di Cronenberg, senza eccezioni.
Il virus non viene mai inoculato ma sintetizzato dal corpo stesso.
Si tratta, insomma, di autointossicazione. E?? il nostro stesso organismo a generare l??anomalia.
Lo spettatore per penetrare Cronenberg deve fare la stessa operazione, praticare una profilassi rovesciata.
Cronenberg bandisce l??idea che il virus sia l??incarnazione del Male.
I Virus, a suo modo, sono pura energia!
I protagonisti di Cronenberg osservano le loro mutazioni quasi compiaciuti, lungi da loro l??idea di ritornare a uno stato naturale.
Si tratta, con tutta evidenza, di una forma di ribellione.
Gli organi si rivoltano.
Ghezzi in Fuori Orario ebbe a dire di Existenz:
??il tempo non esiste più perché il film te lo succhia via come un programma percorso e inghiottito da un virus, e solo alla fine, cioè fingendo di interrompersi il film, ti accorgi che il set sei tu!?
Occorre aggiungere altro?
2. Regista esigente
Cronenberg è un autore ??esigente? quando si voglia penetrare
(un verbo decisamente cronenberghiano) la sua poetica, la sua cifra stilistica. E allora, lo spettatore non può fare a meno di certe coordinate per affrontare la galassia Cronenberg, meglio:
per abbracciare carnalmente Cronenberg.
E queste coordinate prendono il nome di: Burroughs, McLuhan, Ballard, il movimento Surrealista, Lovecraft...
Il cinema di Cronenberg è, per certi versi, un??interrogazione continua.
Certo, non è l??unico!
Nello sconfinato Oceano Cinema affiorano molte domande, ma in genere è quasi sempre uno dei personaggi a rispondere per noi.
Nel cinema del canadese, al contrario, l??interrogazione è rivolta costantemente a noi.
Non a caso, precedentemente, ho fatto riferimento
all??etimo latino ??agilis?.
3. Serializzazione
Ovviamente mi fermo alla lettera, cioè all??idea di disporre la
filmografia cronenberghiana in serie cronologica.
Si tratta di una forzatura, evidentemente, ciò che si chiama nel linguaggio cinematografico ??Piano Impossibile?.
E?? un modo antifrastico per sostenere l??impossibilità, per quanto mi riguarda, di consigliare Cronenberg.
4. Inespressività
A history of Violence o dell'inespressività (di Viggo Mortensen).
Una scelta, ancora una volta, autoriale,
assolutamente funzionale alla poetica di Cronenberg.
Basti guardare La Zona Morta, lo sterminatore del Pasto Nudo o l??Allegra di Existenz. Tutti sguardi fissi, quasi stolidi.
In Cronenberg non v??è mai climax narrativo, è tutto sempre cloroformizzato, anche l??inverosimile accade stancamente.
L??immobile esteriorità nasconde una mobilissima, furente interiorità!
Penso nuovamente a Kubrick, al suo Tom Cruise.
Anche lì l'attore "lavora di sottrazione", ma siamo sicuri che Cruise abbia effettivamente lavorato?
L'anacoreta Kubrick, profondo conoscitore di Doppio Sogno di Schnitzler, sapeva benissimo che Fridolin ( il Bill di Tom Cruise) mancava di Psicologia, diversamente da Albertine (l'Alice interpretata dalla brava Kidman).
Aveva bisogno di un attore con una prossemica incerta, con uno sguardo inespressivo.
L'invadenza prossemica di un Nicholson, che pure saprebbe lavorare di sottrazione, non era funzionale al progetto.
Forse, ma è una mia idea, degli attori prestati al cinema di Kubrick, l'unico adatto era Keir Dullea (il Bowman di 2001).
Per EWS il fotografo del Bronx cercava quella che qualcuno ha definito splendidamente:
INESPRESSIVITA' CONGENITA!
E Tom Cruise il lavoro, in questo senso, lo compie meravigliosamente bene.
Bill è "agito" magistralmente:
un uomo sonnacchioso e balbettante, pieno di compassione.
Quello che Nietzsche definirebbe "malriuscito" e Musil - scrittore austriaco come il dottor Schnitzler - "uomo senza qualità".
Basterebbe leggere le reazioni patetiche e quasi comiche di Fridolin ai racconti notturni di Albertine - il vero colosso del romanzo - per capire quanta ragione ha avuto Kubrick nel proporre questa maschera a Tom Cruise.
Il Mortensen di Cronenberg sembra avere le stesse qualità. E l'interpretazione del kolossal tolkieniano ne rappresenta una chiara traccia.
5. Apprezzamenti
Finora non mi sono mai spinto oltre l??approccio spettatoriale e registico, tranne lo "sfinimento" di Videodrome. Per apprezzare Cronenberg bisogna conoscerlo a fondo?
La mia risposta è senza appello: NO.
E?? possibile apprezzare il suo cinema anche senza coordinate,
ma se si vuole abbracciare visceralmente/carnalmente la zona Cronenberg, allora di queste coordinate non se ne può fare a meno.
Prendiamo, invece, Shining di Kubrick.
Oso spingermi nell??affermare che per rimanere attratti da questo capolavoro basta che lo spettatore respiri, non necessita di nessuna conoscenza pregressa perché parla il linguaggio del Mito! E chi conosce Kubrick sa bene quanto sia decisivo il mito nella sua filmografia.
Cronenberg è l??aruspice del secolo dell??immagine!
Un uomo che ha vissuto la sua infanzia in una casa composta da colonne e pareti di libri, e con una passione sfrenata per l??entomologia e la biologia non poteva non costituire il suo Cinema che sul Corpo e la Parola.
Due cifre che spiegano più di mille parole la sua poetica e le sue ramificazioni (im)prevedibili.
Torniamo a Videodrome.
Il dottor O??blivion ?? un nome, un programma ?? è uno dei personaggi più
meta-cinematografici di Cronenberg. Quando parla di Videodrome
lo definisce in questo modo:
?E?? il segnale di Videodrome a produrre il danno. Può arrivare sotto forma di monoscopio, o di qualsiasi cosa?.
Sostanzialmente, il segnale di Videodrome mostra quello che lo spettatore vuole vedere. E?? semplicemente un mezzo per dispiegare le nostre recondite pulsioni.
C??è immagine migliore per descrivere Cronenberg?
Io penso di no.
Ognuno, nel guardare i film del cineasta canadese,
merita la visione che vuole intrattenere.
E questo rimanda a McLuhan, canadese anche lui, e la sua celebre formula ??Medium is Message?.
Con Cronenberg, il corpo si libera, diventa atto creativo.
E questo per molti è inaccettabile, inconsciamente inaccettabile.
Non a caso, Cronenberg ha la rara capacità di irritare gran parte
degli spettatori, di inquietarli per la radicalità delle sue scelte.
Le poche volte che il suo Cinema ha convinto era solo perché ha ammantato questa sua radicalità con il quieto stile dell??iperrealismo.
Nei primi films vestiva i panni di Giordano Bruno, che poi è un ??andare nudi?, a partire da Inseparabili ha assunto le vesti di Galileo,
affermare per negare.
Non ho ancora visto l'ultimo lavoro, e ho accuratamente saltato i vostri commenti sulla pellicola.
Se conosco bene il canadese, ha ripreso l'ultima pagina scritta del romanzo in fieri per interrogare lo spettatore, metterlo in imbarazzo e ®esistere...
cordialità
krisis