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La musica come rappresentazione della realtà.


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15 replies to this topic

#1 Nekokuma

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Inviato 16 giugno 2006 - 13:20

Molto spesso si sente riferire alla musica l'aggettivo "evocativo": certe musiche, certi suoni, richiamano all'orecchio dell'ascoltatore particolari sensazioni, stati d'animo o a volte vere e proprie immagini che riescono a rappresentare realtà diverse. Ora, mi chiedevo, è davvero la musica, o meglio, è davvero esclusivamente la musica che riesce a rappresentare la realtà? Quanto conta nel rapporto fra la musica e la rappresentazione della realtà o di un particolare immaginario conoscere l'autore di quella musica, vedere la copertina del disco, ricevere un input da parte dell'autore che spiega esplicitamente cose abbia voluto evocare con quei suoni e quanto invece la cosa è insita nella musica e nel suono? Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione? Le melodie in minore sono tristi di per sè, o ci sembrano tristi perchè nel 99% dei casi a melodie in minore nella storia della canzone sono sempre state associate parole tristi?

Insomma, è possibile per voi che un medium non visivo come la musica possa arrivare a rappresentare realtà visive in maniera pura, avulsa da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna?
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#2 slothrop

    Enciclopedista

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Inviato 16 giugno 2006 - 14:17

Ecco un motivo per iscriversi.

Quanto conta nel rapporto fra la musica e la rappresentazione della realtà o di un particolare immaginario conoscere l'autore di quella musica,


Molto, vedi casi limite come Walker, Jandek o Johnston.
Anche non sapere nulla però aiuta parecchio, penso in particolare agli Skaters della cui poetica si è letto solo qualche sporadicissimo intervento (diretto di James Ferraro) e nel caso di una musica così personale e ossessiva il fatto di saperne pochissimo fa arrovellare.



vedere la copertina del disco,


Tantissimo, è parte integrante dell'opera. In particolare poi credo che la musica non pop tenda ad avere un maggiore potenziale evocativo, perchè meno "costretta" in strutture rigide, orecchiabilità, ballabilità, etc...
Quando si parla di musica libera si dovrebbe intendere anche "libera di essere interpretata (più o meno) a piacimento".


ricevere un input da parte dell'autore che spiega esplicitamente cose abbia voluto evocare con quei suoni


Questo di solito non mi piace. Sarà pure snobismo ed egotismo ma sapere che l'autore ha dedicato il tal pezzo alla tal cosa nella maggior parte dei casi o mi irrita o non mi interessa. Caso limite: i Matmos hanno sempre idee molto originali e in virtù di tale originalità apprezzo pure (di solito) le loro spiegazioni (ma rappresentano un'eccezione), e, ad ogni modo, i loro album li apprezzerei anche se non ne sapessi nulla.

Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione?


Temo che la seconda che hai detto rappresenti la gran parte dei casi, esempio sublime di veicolazione delle emozioni (ad arte).
Forse la mia relativamente recente fissa per certa musica etnica (presumibilmente di tradizione antichissima) nasce da esigenze (inconsce) di questo genere. Capire insomma cosa potesse attirare l'attenzione (la musica "preistorica" ha quasi sempre funzione ritualistica) prima che esistessero modelli culturali preconfezionati (ovvero abbinare programmaticamente una musica a delle immagini di un certo tipo, tenendo conto che la vista è un medium più "concreto" dell'udito e dunque più facile da sollecitare in maniera diretta e non sublimata).


Insomma, è possibile per voi che un medium non visivo come la musica possa arrivare a rappresentare realtà visive in maniera pura, avulsa da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna?



E' senz'altro possibile ma non è certamente la totalità dei casi, anzi forse è una parte minoritaria.
Tema comunque bellissimo e da sviscerare.
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#3 Zarathustra

    Groupie

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Inviato 16 giugno 2006 - 14:31

Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione?

Secondo me un ascolto "puro" della musica è a noi impossibile, visto il background culturale del nostro intelletto. Inevitabilmente, accadrà che per ognuno di noi un pezzo evocherà qualcosa di personale e qualcosa di simile l'uno all'altro (inconscio proprio ed inconscio collettivo?). Un ascolto, come dici tu, avulso da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna, non può sussistere, perchè siamo forzatamente vincolati a quello che la nostra cultura ci suggerisce.

Insomma, è possibile per voi che un medium non visivo come la musica possa arrivare a rappresentare realtà visive in maniera pura

Questo esempio che tira in ballo la vista è interessante:penso che la musica sia un potentissimo veicolo di emozioni sensoriali irrazionali, proprio per la sua natura inconsistente e per la sua armonia con la nostra mente che deriva da questa condizione. Non ho capito bene se per te è la musica ad evocare una rappresentazione visiva, oppure la nostra mente condizionata da quella musica. Secondo me è plausibile il secondo caso: il legame tra il nostro modo di elaborare le sensazioni musicali e il nostro modo di pensare è indissolubile. Ma assolutamente non produrrà mai una rappresentazione "pura".
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#4 Pierrot le fou

    Roadie

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Inviato 16 giugno 2006 - 14:41

Insomma, è possibile per voi che un medium non visivo come la musica possa arrivare a rappresentare realtà visive in maniera pura, avulsa da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna?


certamente! anzi, direi che il condizionamento da spiegazioni/elementi esterni è inversamente proporzionale alla purezza della realtà visiva generata dalla musica. Che già di per se la purezza implicherebbe una certa assenza di contaminazione.
Comunque mi capita spessissimo di non sapere nulla su una certa musica né aver per esempio mai visto la copertina (cd masterizzati prestati o ascoltati in rete) e trovarmi di fronte ad una realtà che è quella modellata dalla mia percezione. E difatti tutto si potrebbe paradossalmente ridurre (perchè verosimilmente molto complesso) al solito discorso sulla soggettività e sull'oggettività.
Probabilmente la cattiva musica suscita una realtà visiva più pura del cattivo cinema.
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#5 starmelt

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Inviato 16 giugno 2006 - 15:35

Molto spesso si sente riferire alla musica l'aggettivo "evocativo": certe musiche, certi suoni, richiamano all'orecchio dell'ascoltatore particolari sensazioni, stati d'animo o a volte vere e proprie immagini che riescono a rappresentare realtà diverse. Ora, mi chiedevo, è davvero la musica, o meglio, è davvero esclusivamente la musica che riesce a rappresentare la realtà?
Quanto conta nel rapporto fra la musica e la rappresentazione della realtà o di un particolare immaginario conoscere l'autore di quella musica, vedere la copertina del disco, ricevere un input da parte dell'autore che spiega esplicitamente cose abbia voluto evocare con quei suoni e quanto invece la cosa è insita nella musica e nel suono?
Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione?Le melodie in minore sono tristi di per sè, o ci sembrano tristi perchè nel 99% dei casi a melodie in minore nella storia della canzone sono sempre state associate parole tristi?


Conta tanto il conoscere qualcosa dell'artista, sono piuttosto convinto che senza alcuna informazione si possa sì costruire un immaginario visivo sulla musica, ma questo sarebbe personale e sarebbe quasi impossibile averne uno ampiamente condiviso. Penso al rock desertico dei Kyuss, la polvere, il caldo, ecc. quanto è frutto della musica e quanto di quello che si sa sul gruppo? Sono davvero sensazioni che si possono percepire esclusivamente attraverso la musica?
Poi una volta posta una base, anche minima, si possono far convergere sensazioni simili ma interpretate diversamente verso un unico immaginario.
Prendendo l'esempio degli Skaters mancando appigli ognuno può vedere nei loro suoni immagini diverse, dai monaci tibetani, a un sottoscala puzzolente, una musica meditativa quasi sacra o un inferno senza fine e infatti è quasi impossibile dare un'interpretazione della loro musica.
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#6 frankie teardrop

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Inviato 16 giugno 2006 - 15:48

Senza dubbio per me la musica rappresenta la "realta'", fosse anche una realtà astratta, immaginaria. Pe me la musica è generatrice di "paesaggi immaginari" e non posso fare a meno di ascoltare un disco senza cercare di comprendere il sub-strato "reale" cui si riferisce o potrebbe riferirsi (sub-strato che potrebbe anche essere di matrice "spirituale"). Di solito, un grande disco tende a consegnarmi una quantità di "paesaggi immaginari" ben più cospiscua di un disco che è solo, magari, una stanca, pedissequa, riproduzione di clichés.
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#7 Lord Corkscrew

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Inviato 16 giugno 2006 - 16:58

se ho ben capito il discorso, io non la metterei in termini di "musica" ma proprio in termini di "suono". Non sono pochi i miti che donano il privilegio della creazione ad un suono, o ad un canto - del resto la musica è arte del suono, ed è sempre stata cara a chi ha voluto poter cogliere il principio sostanziale della realtà attraverso i sensi - ben più delle altre percezioni (mi balenano turbinosi in testa nomi a me cari come Hoffmann, Hölderlin, Schelling...) - ed intere, intere poetiche (Simbolismo in primis, ma non solo) volte ad esaltare il valore del suono come evocazione di una realtà...

quante cose ci sarebbero da dire... Dante che nel suo Paradiso sceglie come elementi fondamentali la luce e il suono... la religione orientale, la danza di çakti, il Mantra, parola di potenza...

qual è la consistenza vera di un suono?
che cos'è il suono?

argomento affascinantissimo - se non ho preso lucciole per lanterne (nel caso scagliatemi addosso un grosso e puzzolente tonno)
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#8 Piper

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Inviato 16 giugno 2006 - 19:19

Senza dubbio per me la musica rappresenta la "realta'", fosse anche una realtà astratta, immaginaria. Pe me la musica è generatrice di "paesaggi immaginari" e non posso fare a meno di ascoltare un disco senza cercare di comprendere il sub-strato "reale" cui si riferisce o potrebbe riferirsi (sub-strato che potrebbe anche essere di matrice "spirituale"). Di solito, un grande disco tende a consegnarmi una quantità di "paesaggi immaginari" ben più cospiscua di un disco che è solo, magari, una stanca, pedissequa, riproduzione di clichés.


mi succede la stessa cosa. solitamente l'ascolto di un album mi procura delle sensazioni "visive", anzi spesso le sensazioni si tramutano in veri e propri paesaggi o situazioni di vita.

ma non riesco a definirla realtà "pura". credo nella percezione, che è un processo attivo. sono io ad applicare alla musica il mio substrato culturale, non l'inverso. sono io che interpreto i suoni con i miei meccanismi e gli applico un immagine, una sensazione, un paesaggio. per lo stesso motivo credo che anche l'artista non possa darci una realtà pura, perchè mediata dalla sua percezione. in questo senso di può parlare di rappresentazione delle realtà dell'artista, anche se questo significa che per recepirla veramente devi conoscere il messaggio che lui ti vuole mandare, dovresti conoscere le sensazioni che l'artista vuole trasmetterti; ed ecco perchè le copertine aiutano a raffigurare le sensazioni dell'album, cosi come le dichiarazioni dell'artista sul senso della sua opera
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<< Poi ce la prestiamo... Insomma la patonza deve girare>>

Aurelio De Laurentiis ha lasciato la sede dove si stanno svolgendo i sorteggi dei calendari fermando uno sconosciuto che passava su un motorino dicendogli: "Portami via da questo posto". Ed è andato via come passeggero del motorino di uno sconosciuto

 
 Song 'e Ondarock - web Radio|

#9 frankie teardrop

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Inviato 16 giugno 2006 - 23:15


Senza dubbio per me la musica rappresenta la "realta'", fosse anche una realtà astratta, immaginaria. Pe me la musica è generatrice di "paesaggi immaginari" e non posso fare a meno di ascoltare un disco senza cercare di comprendere il sub-strato "reale" cui si riferisce o potrebbe riferirsi (sub-strato che potrebbe anche essere di matrice "spirituale"). Di solito, un grande disco tende a consegnarmi una quantità di "paesaggi immaginari" ben più cospiscua di un disco che è solo, magari, una stanca, pedissequa, riproduzione di clichés.


mi succede la stessa cosa.


Cazzo! Compriamo dallo stesso pusher!!!;D  ;D
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#10 Nekokuma

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Inviato 16 giugno 2006 - 23:51

Temo che la seconda che hai detto rappresenti la gran parte dei casi, esempio sublime di veicolazione delle emozioni (ad arte).
Forse la mia relativamente recente fissa per certa musica etnica (presumibilmente di tradizione antichissima) nasce da esigenze (inconsce) di questo genere. Capire insomma cosa potesse attirare l'attenzione (la musica "preistorica" ha quasi sempre funzione ritualistica) prima che esistessero modelli culturali preconfezionati (ovvero abbinare programmaticamente una musica a delle immagini di un certo tipo, tenendo conto che la vista è un medium più "concreto" dell'udito e dunque più facile da sollecitare in maniera diretta e non sublimata).


Su questo magari posso, andando leggermente OT, aggiungere qualcosa riguardo alla musica tradizionale giapponese della quale sono appassionato e che presenta, proprio nella parte più "primitiva", interessanti aspetti collegati al tema della discussione.

Come tradizionalmente è accaduto in quasi tutti i paesi del mondo anche la musica primitiva giapponese, quella che arriva fino al quarto secolo dopo cristo era fondata sul canto, e nel libro Kojiki, cioè la Cronaca degli Avvenimenti Antichi del 712 dopo cristo vi sono testimonianze di canti che hanno un legame diretto ed indissolubile con elementi del reale, in particolare con avvenimenti della vita quotidiana; sono riportati come esempio i canti di benvenuto per ospiti venuti dall'isola di Okinawa o da quella di Taiwan, i canti delle madri in occasione della morte di un figlio, ma vi sono anche esempi di canti collegati a situazioni molto più generiche, come canti del sesso, canti del lavoro, canti legati a culti religiosi primitivi, canti insomma collegati più che ad immagini, a particolari emozioni. Esiste un ulteriore fattore poi che collega più strettamente la realtà alla musica nella realtà primitiva perchè molto spesso, ed è accaduto anche in Giappone, i primi strumenti musicali, in particolare quelli a percussione che nella tradizionale nipponica hanno un ruolo di primaria importanza, erano ricavati da oggetti della vita quotidiana come secchi o barili, e dunque per forza di cose immediatamente riconducibili ad una "realtà" ben precisa. Si può dire dunque che fino al quinto secolo dopo cristo le popolazioni giapponesi non hanno avuto a che fare con alcun tipo di musica proveniente dall'esterno e la musica che producevano era quasi al cento per cento musica collegata a pure emozioni, dunque una rappresentazione sonora di una "realtà" (sebbene si tratti, in questo caso, ribadisco, di emozioni) nel modo in cui essa viene percepita dall'animo di chi quella musica la suona, indipendente da qualsiasi canone fisso o standardizzato. La cosa più interessante da notare secondo me però è che dal quinto secolo in poi cominciarono ad essere introdotte in Giappone musiche di altri paesi come la Corea e la Cina, in particolare dalla Cina arrivò anche la teoria musicale che lì aveva avuto già un grande sviluppo, e sebbene questa teoria venne assunta come modello anche dalla musica giapponese radicandosi in essa profondamente, la musica antica tradizionale giapponese non riuscì ad armonizzarsi con queste teorie, così che la musica tradizionale e la musica importata e quella da essa derivata continuarono a coesistere viaggiando però su binari paralleli, come se fosse impossibile ingabbiare in canoni studiati e prestabiliti quella che era nata come musica che rappresenta e suscita di conseguenza delle emozioni.
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#11 eu_amnesiac

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Inviato 17 giugno 2006 - 00:22

oddio, discussione interessantissima, e un tantino anche spiazzante, per me..
a fiuto direi, forse banalmente, che la verità sta a metà. però..insomma, c'è da rifletterci..cioè, una caratteristica di base possibilmente una musica la possiede a prescindere dai legami che l'ascoltatore ecc (l'esempio dell'accordo minore).. però ecco..mentro dico tutto questo mi sorgono tanti tanti dubbi.. ;D
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#12 overnuke

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Inviato 17 giugno 2006 - 10:47

Secondo me un ascolto "puro" della musica è a noi impossibile, visto il background culturale del nostro intelletto. Inevitabilmente, accadrà che per ognuno di noi un pezzo evocherà qualcosa di personale e qualcosa di simile l'uno all'altro (inconscio proprio ed inconscio collettivo?). Un ascolto, come dici tu, avulso da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna, non può sussistere, perchè siamo forzatamente vincolati a quello che la nostra cultura ci suggerisce.


Sottoscrivo al 100%: è proprio il background culturale che fa sì che una musica susciti in noi delle emozioni, proprio per questo diverse a seconda degli individui.

Se, per assurdo, vivessimo in una realtà "astratta", svuotata di ogni tipo di significato, dubito che una qualsiasi musica possa regalarci delle emozioni, o comunque sarebbero totalmente diverse (penso alla musica fatta ascoltare a un neonato).

E' un argomento effettivamente molto interessante, forse anche un po' controverso.
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#13 Mark Lanegan

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Inviato 17 giugno 2006 - 11:10

Molto spesso si sente riferire alla musica l'aggettivo "evocativo": certe musiche, certi suoni, richiamano all'orecchio dell'ascoltatore particolari sensazioni, stati d'animo o a volte vere e proprie immagini che riescono a rappresentare realtà diverse. Ora, mi chiedevo, è davvero la musica, o meglio, è davvero esclusivamente la musica che riesce a rappresentare la realtà? Quanto conta nel rapporto fra la musica e la rappresentazione della realtà o di un particolare immaginario conoscere l'autore di quella musica, vedere la copertina del disco, ricevere un input da parte dell'autore che spiega esplicitamente cose abbia voluto evocare con quei suoni e quanto invece la cosa è insita nella musica e nel suono? Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione? Le melodie in minore sono tristi di per sè, o ci sembrano tristi perchè nel 99% dei casi a melodie in minore nella storia della canzone sono sempre state associate parole tristi?

Insomma, è possibile per voi che un medium non visivo come la musica possa arrivare a rappresentare realtà visive in maniera pura, avulsa da qualunque altro condizionamento e/o spiegazione esterna?


credo che l'immaginario e le emozioni che scaturiscono dall'ascolto di un disco non siano (o comunque non sempre) legate a stimoli esterni che riceviamo consciamente.
Quando ho ascoltato la prima volta "Upgrade & Afterlife" dei Gastr Del Sol, "Sings Ballads & Blues" di Odetta o "In Den Gärten Pharaos" dei Popol Vuh (per fare l'esempio di tre dischi che hanno stimolato la mia immaginazione) non credo che la mia immaginazione possa essere stata condotta da qualche stimolo, anche perchè di solito ascolto un disco, almeno quando lo faccio la prima volta, cerco di sentirlo in religioso silenzio e con molta attenzione.

Credo che certi suoni siano direttamente associati a fattori che non si possono schivare, ascoltando l'ultimo disco dei Willard Grant Conspiracy, per esempio, è difficile non immaginarsi il deserto di un western perchè i suoni sono quelli che hai sentito in mille film o documentari.
Sono anche convinto però, e spero vivamente che sia così, che la musica possa spingerti l'immaginazione anche in posti e sensazioni che non conosci.
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#14 100000

    Enciclopedista

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Inviato 17 giugno 2006 - 11:33

3d interessantissimo!!!
a questo proposito ci sarebbero mille cose da dire...per esempio io di solito do molta importanza ai testi delle canzoni che ascolto...ma allo stesso tempo ho una passione parallela per le canzoni strumentali che, non so xkè ma (spesso) mi trasmettono emozioni ancora più intense.
poi è chiaro che dipende da persona a persona, dai gusti musicali, dalla propria immaginazione...ma per quanto mi riguarda la musica E' la realtà a volte. non necessito di conoscere le arti visive ed i testi (inesistenti appunto nelle strumentali) che attorniano una canzone per poterne "estrarre" una moltitudine di emozioni. Ad esempio, una delle mie prime "rivelazioni" musicali fu proprio una canzone strumentale e neanche fra le più osannate: Orion dei Metallica. in questo caso penso proprio di non essere stato influenzato in nulla, visto che nel "mio gruppo" nessuno mi aveva mai fatto notare questa canzone nè detto nulla in proposito, nè avevo letto alcunchè su di essa...semplicemente i suoi "suoni" mi hanno aperto un mondo nuovo...
Però talvolta capita anche di essere influenzati da queste componenti. per esempio spesso mi trovo ad associare un colore alla musica od al cd che sto ascoltando...e mi accorgo che ciò può essere decisamente influenzato da tutto ciò che sta attorno al cd stesso... (per esempio ho sempre visto "master of puppets" come un cd "rosso"...forse per il cielo del booklet? ;D)

per concludere:

Sono anche convinto però, e spero vivamente che sia così, che la musica possa spingerti l'immaginazione anche in posti e sensazioni che non conosci.

ne sono convinto anch'io... quoto pienamente Mark!  ;D
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#15 ReineMetal

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Inviato 18 giugno 2006 - 19:52

Personalmente credo che compito della musica non sia tanto rappresentare oggettivamente la realtà, quanto portarla ai nostri occhi sotto un diverso aspetto, appunto quello dell'arte, trasfigurarla, nel bene e nel male. Non è un fatto di semplice evasione edonistica dalla realtà, è la capacità della musica di non legarsi alla realtà, ma
di formare da sè una realtà alternativa, coerente, magari anche oggettiva, ma che comunque sia in grado di realizzare un'apertura verso nuovi orizzonti e significati. Ovviamente è riprovevole chi specula continuamente su "Fantasylandia" per pura esercitazione di una facoltà immaginifica, al contrario è apprezzabile chi sa dare a questa realtà quel tocco di coerenza(non nel senso di verisimiglianza, ma di elementi topici eternamente legati allo statuto umano che, proprio in quanto "evocativi", ci possono ricordare esperienze, conoscenze, luoghi, conflitti ecc.)  che possa permetterci di farla nostra e immedesimarci in essa senza che sia a noi palese l'illusione. Tuttavia non escludo che il termine "evocativo" valga anche per situazioni del tutto terrene, persino basse e spregevoli, e che tuttavia vengono tarsformate dal potere della musica in qualcosa di sfocato nel ricordo e, a suo modo, mitico. Del resto la musica non è una forma i magia ? Essa mira a creare uno stato di "incantesimo" nel fruitore, in cui egli dovrebbe, almeno nel momento dell'ascolto, immedesimarsi nel contesto musicale, abolendo le facoltà critiche e abbandonandosi all'emotività: che senso avrebbe una musica che non evoca, ossia
descrive in modo poveramente bozettistico, anche fosse critico, la reltà ?
Non vorrei apparire libresco, ma alla tecnica praticamente intesa, già dal tempo dei Greci, era opposta l'arte, designata con il termine poiesis, che vuol dire "creazione" di qualcosa di nuovo, che non vuol dire necessariamente "stravolgimento" e "rivoluzione" senza guida, ma anche ripresa di canoni esistenti ma con una differente
prospettiva. Quando risponde a queste caratteristiche, a mio modo di vedere, l'arte può dirsi "evocativa", ossia in grado di creare situazioni nuove rimodellando topiche passate.
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Tutto quel che è di moda sarà presto fuori moda. [...] Occupa meglio il tuo tempo.

Robert Schuhmann – Musikalische Haus- und Lebensregeln

 

Youtube : musica = pornografia in rete : amore

 

(quindi gentilmente niente musica su YouTube o attraverso FB: li ho bloccati. Contatto personale e scambio di dati non massificato)

 

In culo al commerciale, in culo ai fighetti. State fuori, state contro.

 

Lemmy è morto, Dio è morto, e nemmeno io mi sento troppo bene...


#16 Guest_Polemos_*

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Inviato 18 giugno 2006 - 21:53

Le musiche che "mettono paura", ci mettono paura perchè riescono ad essere rappresentazioni della paura o perchè oramai abbiamo acquisito un vocabolario musicale altamente standardizzato (mutuato, credo, per la maggior parte dalle colonne musicali dei film) nel quale una dissonanza ad esempio è immediatamente associata ad un climax di tensione?

Siccome la musica non è fatta di parole, ad essa vengono semplicemente associate quelle che più si avvicinano ad esprimere il sentimento della musica ascoltata. Nel suo contesto la musica ha sempre un chiaro significato ed esprime immediatamente il sentimento a cui essa è associata, dunque usare parole diverse è solo frutto di confusione o di un ascolto non completamente neutro che può provocare una malainterpretazione di qualcosa che dovrebbe essere diretto e manifesto.

Se vuoi approfondire questa visione ti consiglio di dare un'occhiata a "Il mondo come volontà e rappresentazione" di Arthur Schopenhauer, libro III, dove negli ultimi 2-3 paragrafi (§ 51-52 circa) crea una metafisica della musica piuttosto convincente, anche se non completa e chiaramente non allineata con i concetti musicali odierni (quando scriveva Schopenhauer non c'era ancora la batteria e di conseguenza il concetto moderno di ritmo; tuttavia, le metafore "ontologiche" per i bassi e gli acuti sono estremamente suggestive).
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