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Lo spettatore è in crisi: la sindrome del "che cazzata".


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40 replies to this topic

#1 Nekokuma

    mainstream Star

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Inviato 11 agosto 2006 - 09:06

Io e Brucaliffa proprio in questi giorni riflettevamo sul perché la narrazione classica abbia perso molta della sua forza anche nel cinema americano, quello narrativo per eccellenza, a  vantaggio di una centralità del linguaggio, che, andando incontro al gusto del nostro tempo, viene studiato ed elaborato in modo sempre più complesso, in modo da fornire allo spettatore molti piani di decodificazione: dalla contaminazione fra generi, registri e diverse forme espressive, all??intertestualità di citazioni e rimandi, alla perizia tecnica. In questo modo la storia è diventata un puro pretesto, svuotata nel contenuto dalle emozioni che invece vengono trasmesse allo spettatore tramite l??uso del linguaggio. Lo spettatore infatti ha guadagnato un ruolo sempre più fattivo nella decodificazione dell??opera, ed esiste un valore aggiunto che il cinema di oggi può offrire, egli infatti trae piacere nell??atto dell??interpretazione che gli permette di ??sfoggiare? tutta la sua cultura polimorfa e wikipedica, come durante la visione di un film di Tarantino (Kill Bill è l??esempio più lampante di questo fenomeno). Rimanendo nel caso estremo di un Tarantino, si nota anche come questa ??intertestualità? richiama tutta una cultura di riferimento che legittima ed ??esalta? un gusto già acquisito dallo spettatore precedentemente, all??insegna dell??autoreferenzialità.  Match Point, l??ultimo straordinario Allen, è uno di quei film d??autore di oggi che mantengono la classica struttura narrativa, in cui la ??storia? continua ad occupare il ruolo centrale. Vengono messi in primo piano dei valori, ma anche questi sono aperti a più interpretazioni e rispecchiano perfettamente la mancanza di valori degli spettatori e del nostro tempo, è proprio il cinismo la cifra dell??ultimo Allen. E?? questa per noi la questione centrale, il cinema americano classico ha sempre messo in primo piano il meglio dei valori tipicamente americani, ed in questo senso è sempre stato ??retorico?: questo accade sia nei generi tradizionali, come il western (Ford, Mann, Hawks), la sophisticated comedy (Wilder, ancora Hawks, Lubitsch) o il melodramma (King Vidor, Joseph Leo Mankiewicz), sia nei film d??autore non catalogabili come Quarto Potere, Il Buio Oltre La Siepe, La Morte Corre Sul Fiume e tantissimi altri. Neanche in Europa, in particolare dall??avvento dei Cahiers Du Cinema nessuno si sogna più di dare un??accezione negativa alla retorica dei ??mostri sacri? del cinema americano, eppure nei riguardi della generazione dei cineasti contemporanei si è sempre pronti a scovare il luogo comune e lo stereotipo, basti pensare a come è stato massacrato A History Of Violence di Cronenberg. Lo stesso Eastwood, che è il massimo esponente americano di un cinema eminentemente classico nel senso che si interroga sui valori e appunto sulla loro perdita, viene tacciato da alcuni di retorica. Non c??è da stupirsi se gli autori stessi sono frenati nell??utilizzo di un registro classico attraverso cui esprimere un sistema di valori. Questa mancanza di retorica nel senso buono del termine denuncia la crisi dei valori occidentali (di cui l??America è sempre stata il traino), riflessa pienamente anche nella sempre crescente curiosità verso i prodotti di altre culture, come dimostrato ad esempio dal successo dei wuxiapian (su tutti gli ultimi film Zhang Yimou). Questa curiosità non può che essere superficiale, perché manca il necessario substrato culturale per comprendere appieno tali opere, non a caso film come Hero e La Foresta dei Pugnali Volanti, in cui la storia non è un pretesto ma al contrario mette in campo e celebra tutti i valori tradizionali della cultura cinese, sono stati proposti e percepiti come puri film d??azione, il cui contenuto è inteso come mero pretesto estetico, quando non viene addirittura liquidato come ??una cazzata.?
Lo spettatore che mette continuamente alla prova la propria cultura e si crede critico è solamente diventato pigro e bulimico in realtà, è soddisfatto solo quando può confermare le sue conoscenze globali e stanare ciò che lui considera retorica, cioè un qualsiasi riferimento esplicito a valori, di qualunque tipo essi siano. Questo spettatore egocentrico e narcisista vede solo specchi, gode nel trovare falle nelle sceneggiature e ad ascoltarsi parlare dei film, ignora completamente la teoria della sua complicità col regista di hitchcockiana memoria, arriva a pretendere verosimiglianza e aderenza alla realtà persino nella fantascienza, poco ci manca che si indigna se Superman vola, e se un thriller non è completamente imprevedibile è solamente una cazzata che l??ho capito dopo cinque minuti chi era il colpevole, e che gli horror giapponesi sono tutti uguali e non fanno paura, e che il film di Lynch non l??ho capito, qualcuno me lo spiega.
Questa tendenza è visibile anche in molti thread di ondarock, in cui vengono ??forzati? alcuni film e autori, alla ricerca dell??originalità estetica o alla denuncia della sua mancanza, senza ??rispettare? le intenzioni dell??opera. Emblematici due casi, da una parte quello di Gilmour Girls, che diventa un culto solo in quanto calderone di citazioni e riferimenti, dall??altra il caso di Shyamalan, in cui non risulta palese come dovrebbe il fatto che il suo cinema abbia come maggiore ragion d??essere un sistema di valori da trasmettere, cosa di cui nessuno discute. Qualcuno ha delle idee riguardo a questo fenomeno?


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#2 Guest_bebo_*

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Inviato 11 agosto 2006 - 10:38

Premetto che non sono bravo a decodificare i linguaggi usati nei film, ma mi interessano le mutazioni e le diverse esperienze che si possono fare sullo stesso tipo di cultura.

Lo spettatore [...] è solamente diventato pigro e bulimico in realtà

Parto dal fondo Nicola perchè mi pare tu abbia già centrato il nodo: sia da un punto di vista concettuale che linguistico; perchè quando dici che "lo spettatore è diventato" presupponi un cambiamento, non è più come prima e ti aspetti di riuscire a leggere i perchè e i come di questa modifica.
Hai già utilizzato un termine che francamente adoro: "cultura wikipedica", che ha recentemente sostituito la "cultura da focus", ovvero essere a conoscenza di una quantità di nozioni e concetti basi svincolati da un panorama di approfondimento. I perchè di questo cambiamento culturale sono sotto l'occhio di chiunque; la televisione e la fu carta stampata (ora internet) offrono all'interno dello stesso contesto critico informazioni confuse e in pillole. Mi viene in mente un recente articolo apparso sul sito di Repubblica in merito alla cura della depressione: in circa 30 righe veniva liquidato un nuovo metodo di cura preso recentemente in considerazione. Ovviamente il mio è un caso specifico, e personalmente davanti al quale sono inorridito per la pochezza dell'informazione, ma penso ad uno spettatore qualsiasi, di qualsiasi estrazione culturale (elementare, licenza media, ecc. ecc.), che si trovi di fronte a qualcosa di simile. Egli apprende qualcosa da poter riutilizzare con estrema facilità [la ketamina per la cura della depressione] in un momento qualunque come può essere il cinema. Dato per assodato che i media stiano cambiando verso questa direzione viene facile pensare perchè anche i film svoltino su questa strada.
Innanzitutto i registi sono esseri umani, e non possiamo pensare che solamente grazie alla loro creatività ed intelligenza si mantengano al di fuori di questo schema informativo; cadono quindi anche loro "vittime" dell'evoluzione. In secondo luogo, e credo che Angela sia ben più ferrata di me, i film sono prodotti che devono (nelle speranze) portare a casa dei soldi (al di là del risultato culturale), e si devono anch'essi adattare alle esigenze mutate del pubblico.
Arricchire di spunti un film (o un libro, o un telefilm) è un modo per essere più "wikipedici" possibili, e rivolgersi a questo pubblico sempre più micro-informato su tutto e tutti, soddisfando l'ego di chi cerca riferimenti ad euclide o Jung anche in Zorro, ma (e qui non esntro nel merito di un giudizio poichè ignorante) lasciando da parte strutture narrative antiquate in nome del "riscontro di pubblico" che, a mi pare innegabile e perfino giusto, guidi chi cerca di mantenersi producendo cultura.

Spero di essere stato, non dico chiaro, ma almeno comprensibile.
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#3 Debord

    Everyday people

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Inviato 11 agosto 2006 - 11:11

Interessante.
Giusta la tua critica sulla differenza tra film classici e moderni, che io tra l'altro trovo del tutto naturale e anche piacevole (o giusta) se vogliamo.
In riguardo proprio ieri sera riflettevo guardando per la prima volta "Gardenia Blu" di Fritz Lang, del 1953: un film di meno di un'ora e mezza ma mastodontico e superlativo sotto tutti i punti di vista, è un noir ok ma si potrebbe preparare una tesi solo sul movimento macchina puntiglioso e sensibilissimo, sul taglio luci spettacoloso, sull'analisi dell'america di allora, sulle musiche, sulla figura femminile sviluppata magistralmente, sul senso della giustizia, sul cinismo del mass media, sul "popolo bue".
Un film del genere ora sarebbe impossibile per due motivi:
1) non siamo più in grado di farli, non conosco nessun regista a quel livello, lo stesso Eastwood è un grandissimo ma non ha la sensibilità e la profondità di un Lang, è più "duro" e "semplice" se mi passi gli aggettivi.
2) chi butterebbe soldi e tempo in progetto non remunerativo?

E sul punto due riprendo quindi la tua critica: ovvio che siamo bulimici, abbiamo di tutto e di più, c'è gente che mentre guarda un film chatta e risponde alla posta, l'attenzione non esiste perchè non c'è più un punto di riferimento, sostituiti da molti stimoli ed eccitanti.
Ma non l'avevano già scoperto warhol e la pop art tutto questo moltissimi anni fa? se dopo 1500 anni abbiamo tolto gesù cristo dall'opera e ci abbiamo messo la scatola di minestra un motivo ci sarà.
Lo spettatore moderno è lo spettatore di 50 anni fa, identico.
Lo spettatore moderno che dice "che cazzata" me lo immagino più come un ragazzino che trova falle nella sceneggiatura e si esalta per averle scoperte (ma i ragazzini da sempre son così), chi ha un minimo di sensibilità e voglia in più va ovviamente a vedere la profondità del cinema e non il mero senso logico.

Tutto questo per dire che la tua critica mi sembra un pò forzata, da sempre la qualità è nell'occhio di chi guarda, 50 anni fa come oggi; è cambiato invece il cinema (e non lo spettatore!) in quanto più prodotto commerciale (europa e america) o avanguardistico (oriente), il cinema di mezzo, quello di qualità è scomparso (chi vuole ha comunque 90 anni di ottimi film arretrati da rivedersi  ;)).
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#4 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 11 agosto 2006 - 12:47

Prima di rispondere a questo interessante thread, vorrei sapere da Neko in modo chiaro 3 cose, per evitare di dare risposte a domande che ho mal capito:

1) Quando tu fai una distinzione fra cinema "classico" e cinema "diverso-dal-classico" mi sfugge se stai facendo semplicemente un'affermazione oggettiva o se prendi posizione a fianco dell'uno e a scapito dell'altro...

2) Mischiando lo spettatore che va alla ricerca di significati nascosti nel film allo spettatore del "che cazzata sto thriller, si sapeva dall'inizio chi era il colpevole", non ti sembra che unisci due argomenti molto diversi e assolutamente inaccostabili?

3) Sulla questione dello sforzo di molti spettatori nel ricercare esasperatamente citazioni e riferimenti capisco appieno le tue perplessità (compreso lo strano caso delle 10 pagine dedicate a "Una mamma per amica")...ma diresti davvero che questo è un sintomo della bulimia e della pigrizia dello spettatore moderno? oppure, pur rimanendo un errore nel porsi davanti alla visione di un film, resta comunque meno grave chi cerca di dare una propria lettura all'opera, anche a costo di sbracare nel ridicolo, allo spettatore suddetto del "madonna che cazzata sto thriller?"...no perchè, mi ripeto, sono due e ben distinti i problemi dello spettatore d'oggigiorno che tu hai messo in luce..
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#5 slothrop

    Enciclopedista

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Inviato 11 agosto 2006 - 13:44

Premesse due cose, e cioè che una parte dei dubbi di Jules sono sottoscrivibili e che non conosco buona parte degli esempi concreti che fai tipo Gilmore Girls (di cui non ho manco letto il thread) o Match Point o altri credo siano due gli snodi cruciali della questione, che peraltro si intersecano tra loro:

1 - L'evoluzione e diffusione di una weltanshaung critica che tende a guardare la retorica pregiudizialmente con sospetto (ho un amico che quando si parla di film non manca mai di valutare, negativamente, il tasso retorico di una pellicola). Già qui credo si possa sdoppiare una categoria di spettatori tra quelli con vezzo intellettuale di cui il mio amico sopra e quelli, molto peggio e talvolta pure essi col medesimo vezzo, del genere "che cazzata" cui fai riferimento. Un altro mio amico, per dire, si mise a ridere fragorosamente in sala (lo fece chiaramente per far capire a tutti come la pensava) alla scena della resurrezione di Ordet di Dreyer, peraltro dimostrando, oltre a una pessima educazione, anche un'insipienza da manuale su uno dei grandi capolavori del cinema mondiale.


2 - Il carattere sommariamente postmoderno di tanto cinema contemporaneo, dal citazionismo programmatico e aproblematico dei Cohen e Tarantino (Canova ai tempi di Pulp Fiction parlò di "fiato corto ma colto", centrando bene il punto) alla poetica del preterito dell'ottimo Wes Anderson il quale, lungi dall'imitare pedissequamente un referente letterario come Pynchon, realizza film fragili con personaggi soli e malinconici e forse a suo modo denuncia l'impossibilità, o l'estrema difficoltà di certo cinema attuale di emanciparsi dalle narrazioni minuscole e particolaristiche per abbracciare una visione globale che per forza di cose necessita di un preciso quadro anche etico (ecco i valori) di riferimento.


Interessante come cambi oggi il criterio di valutazione critica che non vale per i classici americani ma anche per mostri sacri del cinema d'autore che del rigore morale han fatto cifra stilistica (e parlo di Dreyer, Bresson, Ozu, Moretti, tutti sempre molto apprezzati anche se, certo, la retorica è qualcosa di abbastanza diverso).
Ora io condivido quello che dici, Neko, anche se naturalmente non auspico un revisionismo critico che stronchi a priori film senza morale e valori di riferimento (su questo saremo certamente d'accordo).
La tendenza preoccupante è che, soprattutto con interbet, un sacco di gente ha la propria vetrina (di solito un blog) sulla quale riceve spesso molte critiche ma anche tributi di stima e complimenti che hanno un effetto devastante sul rigonfiamento d'ego che prende molti. Da qui a far divenire prassi la forzatura delle interpretazioni critiche dei film (vedi i Wuxapian) per far diventare questi ultimi, non più autonomi oggetti d'arte, ma giochetti con cui misurarsi per dimostrare la propria sapienza in materia il passo è, purtroppo, breve.

Il wikipedismo fa il resto come osserva bene Bebo. Ho un amico accanito lettore di wikipedia che ha una notevole cultura generale (strano...) e anche un notevolissimo e personale senso dell'umorismo (particolare rilevante, per dire che è intelligente) ma è totalmente incapace di creare ponti pindarici tra cose apparentemente lontane, di trovare similitudini strutturali tra oggetti artistici fattualmente diversi. Un tipo di sapere, insomma, del tutto molecolare e formato da minuscoli universi impermeabili.
Manca il respiro e la visione globale, come diceva Canova di Tarantino già 10 anni fa, e difatti il suo modo di fare cinema è il più influente dell'ultimo decennio.

Cosa mi dite di Kitano che sembra quasi contraddire la tendenza?
Apprezzato da tutti, anche da quei pochi che nutrono perplessità su Eastwood, fa però un cinema molto "morale" secondo me, addirittura reazionario spesso, e per di più evoluto da presupposti iniziali molto nichilisti (ma per essere nichilisti, diversamente da menefreghisti, il problema bisogna almeno esserselo posto) per poi diventare sempre più positivo, da Hana Bi a Kikujiro fino all'apoteosi di Dolls, film inattuale fin dalla struttura narrativa (che per palesità dei momenti simbolici coi personaggi che si incrociano pur non c'entrando nulla tra loro ricorda addirittura una muffa come Uccellacci e uccellini) per non parlare dell'idea dell'amore che propone, talmente assoluta, commovente, dolorosa e lontana dallo zeitgeist da lasciare allibiti. Un film davvero sconvolgente.
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#6 Zarathustra

    Groupie

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Inviato 11 agosto 2006 - 19:39

Io trovo che il tuo discorso sia molto vicino che fa Alessandro Baricco nella sua rubrica "I barbari" su repubblica. In particolare quando, parlando di Google, prende i motori di ricerca basati sui link (i riferimenti, l'intertestualità) come esempio della nostra ricerca culturale, che procede per richiami e rimandi che gratificano la nostra conoscenza wikipedica, dove conta il linguaggio e il gioco stilistico piuttosto che il contenuto in sè. Qualcuno ha presente?
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#7 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 11 agosto 2006 - 21:45

Credo che stiamo uscendo un pò fuori però...il linguaggio stilistico, la forma in generale conta in un film esattamente come un contenuto...se no qui torniamo al discorso del cinema educatore...

Il cinema non è educatore, non è moralizzatore e non è nemmeno etico: è solo una forma di espressione artistica...quello che rende un film riuscito è il saper trasmettere emozioni allo spettatore, qualsiasi esse siano...mi emoziono sia quando vedo come Clint Eastwood inquadri la provincia americana con "classicismo" e realismo come fa in "Mystic River", sia quando assisto all'apoteosi di tutte le dichiarazioni d'amore che un cineasta fa al cinema come "Kill Bill"...

Eravamo partiti dall'analisi dello spettatore odierno, non finiamo per criticare chi il cinema odierno lo fa, nei modi più disparati possibili..
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#8 Nekokuma

    mainstream Star

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Inviato 12 agosto 2006 - 20:34

Innanzitutto i registi sono esseri umani, e non possiamo pensare che solamente grazie alla loro creatività ed intelligenza si mantengano al di fuori di questo schema informativo; cadono quindi anche loro "vittime" dell'evoluzione. In secondo luogo, e credo che Angela sia ben più ferrata di me, i film sono prodotti che devono (nelle speranze) portare a casa dei soldi (al di là del risultato culturale), e si devono anch'essi adattare alle esigenze mutate del pubblico.


Infatti il discorso conduce proprio allo spettatore perchè sono i tempi a mutare prima ancora degli autori; anche nel nostro post quello che accade al cinema è posto come conseguenza del mutato contesto e dei gusti dello spettatore, e il giudizio negativo non è rivolto alla qualità delle pellicole attuali,, quanto all'atteggiamento dello spettatore onnivoro e superficiale. Proprio in merito a questo anche il successo di Kitano di cui parlava Slothrop dimostra come un cinema narrativo, classico e morale come il suo, in occidente venga amato più volentieri di un Eastwood, perchè mette in gioco valori "esotici", (e nel caso di film come Dolls e Zatoichi, anche un'estetica particolarmente "esotica") con i quali lo spettatore "superficiale" non è chiamato a un intimo confronto, ma solo a una "contemplazione". Questa superficialità per noi denuncia una mancanza di voglia di mettersi in discussione a livello "morale", che pregiudica il successo produttivo dei film occidentali più classicamente narrativi, su cui non si investe quasi. Sarà per questo che, come sostengono anche i Cahiers du Cinema, i valori "tradizionali" della società americana vengono trasmessi oggi dalle più becere produzioni hollywoodiane, (qualcuna anche mascherata di "autorialità", come i film di Soderbergh), e sono pochi gli autori che fanno una riflessione "intellettuale" su questi valori. I Cahiers infatti hanno elogiato Mystic River in un servizio, descrivendolo come uno dei pochi film controcorrente , capace di aprire una riflessione sui valori americani, riprendendo il discorso del "mito di fondazione", col quale Hollywood è praticamente nata. E' questo il genere di film di cui secondo noi si sente la mancanza nel panorama occidentale, un genere invece che è ancora vitale in altre culture, come nei citati wuxiapian, nei Kitano, negli Oshima, nei Woo del periodo cinese, e in molti altri film orientali. Se ci pensate anche in Italia il cinema più "istituzionale" si è progressivamente degradato, passando dai valori di un Germi e di un Monicelli a quelli di un Muccino e dei Vanzina. I bei film italiani di adesso non sono certo film di grande successo, anzi, spesso sono un suicidio produttivo. Sarà una critica moralista, ma questo stato del cinema è lo specchio della perdita dei valori nella società occidentale. Non se ne parla perché non ci sono, infatti Lynch fa un grande cinema di successo perché non se ne preoccupa.

1) non siamo più in grado di farli, non conosco nessun regista a quel livello, lo stesso Eastwood è un grandissimo ma non ha la sensibilità e la profondità di un Lang, è più "duro" e "semplice" se mi passi gli aggettivi.


Su Eastwood permettici di dissentire, si tratta semplicemente di due tipi di sensibilità totalmente differenti per via dell'epoca, del contesto e della nazionalità dei due autori.

è cambiato invece il cinema (e non lo spettatore!) in quanto più prodotto commerciale (europa e america) o avanguardistico (oriente), il cinema di mezzo, quello di qualità è scomparso (chi vuole ha comunque 90 anni di ottimi film arretrati da rivedersi).


Il bel cinema in realtà è sempre stato sia commerciale che avanguardistico, la maggior parte delle volte le due cose al tempo stesso. Il cinema di qualità esiste anche adesso, Lynch e Tarantino ad esempio sono sia commerciali che sperimentali, e sono grandi autori. Anzi, forse proprio Tarantino, nella sua postmodernità, esprime la parte più "positiva" dei valori attuali, i suoi personaggi infatti sono ancora dei "superereoi" positivi come "the Bride", quando questa versione potente del supereroe non esiste più neanche nei film sui supereroi stessi, che sono sempre più umani e fallibili come negli ultimi Batman o in Spiderman II.  Non si può sostenere come fai tu che lo spettatore non sia cambiato, perchè egli è proprio il protagonista di tutti i mutamenti culturali e sociali di cui il cinema rispecchia solo una piccola parte, e poi nel sistema cinema-spettatore quando cambia un fattore cambia inevitabilmente anche l'altro.

L'evoluzione e diffusione di una weltanshaung critica che tende a guardare la retorica pregiudizialmente con sospetto (ho un amico che quando si parla di film non manca mai di valutare, negativamente, il tasso retorico di una pellicola). Già qui credo si possa sdoppiare una categoria di spettatori tra quelli con vezzo intellettuale di cui il mio amico sopra e quelli, molto peggio e talvolta pure essi col medesimo vezzo, del genere "che cazzata" cui fai riferimento. Un altro mio amico, per dire, si mise a ridere fragorosamente in sala (lo fece chiaramente per far capire a tutti come la pensava) alla scena della resurrezione di Ordet di Dreyer, peraltro dimostrando, oltre a una pessima educazione, anche un'insipienza da manuale su uno dei grandi capolavori del cinema mondiale.


Per noi non si può tanto sdoppiare la categoria di spettatori del "che cazzata", in cui rientrano sia il vezzo intellettuale di scovare la retorica - che è comunque un po' infantile - che lo sberleffo gratuito, sono due modi diversi di manifestare la stessa tendenza critica di fondo, probabilmente il tuo amico ha riso della resurrezione in Ordet perché l'ha trovata pateticamente retorica. Per questo anche gli altri esempi che abbiamo fatto, come sul thriller, sull'horror giapponese o sul chiedere aiuto su Lynch, hanno in comune la stessa superficialità di approccio da parte degli spettatori.

Forse lo spettatore, da quando è diventato critico ha smesso di amare una parte di cinema.
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#9 vamos

    Roadie

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Inviato 12 agosto 2006 - 21:49

Forse lo spettatore, da quando è diventato critico ha smesso di amare una parte di cinema.


La tendenza preoccupante è che, soprattutto con interbet, un sacco di gente ha la propria vetrina (di solito un blog) sulla quale riceve spesso molte critiche ma anche tributi di stima e complimenti che hanno un effetto devastante sul rigonfiamento d'ego che prende molti. Da qui a far divenire prassi la forzatura delle interpretazioni critiche dei film (vedi i Wuxapian) per far diventare questi ultimi, non più autonomi oggetti d'arte, ma giochetti con cui misurarsi per dimostrare la propria sapienza in materia il passo è, purtroppo, breve.


L'ho pensato anch'io ultimamente: internet, wikipedia, blog, i vari forum o siti specializzati han sì aiutato il diffondersi di cultura (in questo caso cinematografica), ma hanno anche creato mille piccoli Mereghetti che si scaldano di fronte alla sofisticazione e alla retorica di questi film "ricercati" di cui parla Neko. Più messaggi nascosti e sensi subliminari trovano, più potranno discutere e sfoggiare una presunta passione per il cinema. Forse anche i giornalisti tendono a valorizzare sempre più questi aspetti. Ci si dimentica che guardare un lungometraggio vuol dire abbandonarsi alle immagini ed immergersi nella storia.

Trovo comunque che la proposta non sia stata più di quel tanto condizionata dalla trasformazione del pubblico. Ci sono molti titoli, anche americani, che negli ultimi anni hanno ottenuto buoni consensi da critica e pubblico, trovando le proprie fondamenta nella semplicità della narrativa.
Forse non è esattamente quello che Bruca e Neko intendono, ma penso a film come Lost In Translation, Sideways, In America,... Sono basati sul minimalismo (non per questo occultato, anzi) narrativo e sui personaggi, forse in maniera diversa dal vecchio classicismo ma non puntano certamente sulle perizie d'interpretazione, linguaggio, ecc.


Porto l'esperienza appena vissuta al Festival di Locarno. Il festival del pardo è piuttosto rinomato proprio per essere pane per i pseudo intellettuali, pieno di film pornintelligenti, avanguardia e via dicendo. Quest'anno, forse causa cambio direttore, hanno dedicato la sezione retrospettiva ad Aki Kaurismäki. Circa una cinquantina di film fra suoi e scelti da lui, dove la storia è tutto. Senza la storia, i fortissimi caratteri risulterebbero quello che effettivamente sono: manichini. I dialoghi risulterebbero quello che effettivamente sono: banali.
Ovviamente rimane un cinema ricercato e non americano, ma penso possa essere un esempio per dimostrare che il pubblico è ancora fortemente attratto dai film narrativi.


In una recentissima intervista, Sokurov afferma che il cinema sta godendo di buona salute ed ha grande potenziale per il futuro. Solo in un caso, secondo il suo parere, si andrebbe incontro ad una catastrofe: se i nuovi registi puntassero tutto sulle nuove tecnologie dimenticandosi di leggere qualche buon romanzo classico.


attenzione: per la stesura di questo post è stato fatto uso di wikipedia e imdb a scopo consultivo.






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#10 Guest_JackNapier_*

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Inviato 13 agosto 2006 - 07:44

L'ho pensato anch'io ultimamente: internet, wikipedia, blog, i vari forum o siti specializzati han sì aiutato il diffondersi di cultura (in questo caso cinematografica), ma hanno anche creato mille piccoli Mereghetti che si scaldano di fronte alla sofisticazione e alla retorica di questi film "ricercati" di cui parla Neko. Più messaggi nascosti e sensi subliminari trovano, più potranno discutere e sfoggiare una presunta passione per il cinema. Forse anche i giornalisti tendono a valorizzare sempre più questi aspetti. Ci si dimentica che guardare un lungometraggio vuol dire abbandonarsi alle immagini ed immergersi nella storia.

secondo me la causa è riconducibile alla scarsità di sensibilità nell'approcio a un film. Sono sempre più convinto che dovrebbe essere la scuola ad "educare" all'arte. Due ore di Educazione Musicale e tre dedicate alla visione di un film a settimana, secondo me, sarebbe di importanza vitale (parlo di scuole superiori). Non potrò mai dimenticare quando alla visione di Blade Runner in classe (per puro caso né...) gli altri hanno riso e incorato "che porcata". Rivolevano vedere per la duecentesima volta Matrix, solo magari per gli effetti speciali e per le scene di lotta (non che Matrix non presenti contenuti, anzi, ma etichettarlo migliore di Blade Runner solo perché potrebbe risultare più nuovo mi pare assurdo).
E' la scuola secondo me che dovrebbe dedicare qualche ora a queste attività. Poi magari lo si fa già ed è nella mia che vivono solo come automi senza cervello persi sui loro computer a sniffare definizioni wikipediche quando nessuno li guarda.
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#11 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 13 agosto 2006 - 13:28

Ok Neko sei stato chiaro e mi sento di sottoscrivere la critica allo spettatore moderno...

Ci tengo solo a ribadire che tutto ciò non deve trasformarsi in una sorta di rimpianto per un certo cinema che non c'è più, in nome di un'industria cinematografica che ha accantonato i valori e l'etica della realtà quotidiana per concentrarsi su prodotti basati esclusivamente sulla perizia tecnica o sulla voglia di sperimentale dei giovani autori contemporanei...e questo per due motivi:

1)  Il cinema resta una forma d'arte e come tale deve continuare ad essere valutata...il carattere pregnante dei contenuti di un film non può influenzare il giudizio di uno spettatore attento, bensì, se reso bene, è solo un "di più"...ripeto, non è compito del cinema farci riflettere e ragionare sui valori del mondo vero, sulla politica, sul costume, sull'impegno civile, sulla storia, sull'economia ecc...Il compito di un autore cinematografico è riuscire a stampare su pellicola una sequenza di scene che riescano ad emozionare un certo numero di spettatori, non importa con quali metodi e su quali argomenti...

L'impegno nei contenuti diventa meritevole solo se reso cinematograficamente in modo apprezzabile, altrimenti, se la messa in scena è schifosa, un film che riflette su certi valori "alti" e, quindi, nelle intenzioni è meritevole, resta un film medio, nulla più..


2) Il secondo motivo è dato semplicemente dal fatto che chiunque ha la possibilità di visionare ogni stagione la quasi totalità dei film in uscita può benissimo verificare di persona come le due "correnti" cinematografiche di cui stiamo dibattendo si alternano più o meno con cadenza costante...dunque non vedo in questo senso un orientamento univoco dei produttori verso solo la forma a scapito del contenuto...


Detto questo, e ripeto, sulla questione dell'attenzione critica che lo spettatore medio ripone nella visione di un film sono d'accordo (e potrei anche divertirmi a citare tutta una serie di esempi che ho avuto modo di leggere anche su questo forum)...
Spero che la mia distione sia chiara..
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#12 Brucaliffa

    mainstream Star

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Inviato 14 agosto 2006 - 23:31


1)  Il cinema resta una forma d'arte e come tale deve continuare ad essere valutata...il carattere pregnante dei contenuti di un film non può influenzare il giudizio di uno spettatore attento, bensì, se reso bene, è solo un "di più"...ripeto, non è compito del cinema farci riflettere e ragionare sui valori del mondo vero, sulla politica, sul costume, sull'impegno civile, sulla storia, sull'economia ecc...Il compito di un autore cinematografico è riuscire a stampare su pellicola una sequenza di scene che riescano ad emozionare un certo numero di spettatori, non importa con quali metodi e su quali argomenti...

L'impegno nei contenuti diventa meritevole solo se reso cinematograficamente in modo apprezzabile, altrimenti, se la messa in scena è schifosa, un film che riflette su certi valori "alti" e, quindi, nelle intenzioni è meritevole, resta un film medio, nulla più..


Guarda (c'è qui anche Nekokuma), abbiamo delle concezioni di arte completamente diverse, sembra che per te sia semplicemente una questione di estetica, come si fa a dire che il contenuto non può influenzare il giudizio degli spettatori e che è solo un "di più"? L'arte da sempre riflette sulle passioni umane, dal teatro alla scultura alla pittura, per non parlare della letteratura, il referente è sempre stato la realtà, l'arte è da sempre incentrata sull'elenco di cose che tu citi come elementi di cui non dovrebbe occuparsi. Possiamo essere d'accordo sul fatto che il cinema non sia esclusivamente la storia che racconta, ma che sia piuttosto l'arte di raccontare una storia, ma ciò non toglie il fatto che la scelta della storia sia importante quanto il racconto, fin dagli esordi del cinema, prendi Tempi Moderni di Chaplin, Intolerance di Griffith o Rapacità di Von Stroheim. La distinzione fra forma e contenuto di un film per noi non va neanche fatta, farla è già sintomo di superficialità, di non riuscire a vivere l'opera nella sua interezza, per come è stata concepita. Fin dalle più antiche teorizzazioni del cinema, le scelte estetiche vengono fatte per precise ragioni "morali", pensa solo al montaggio delle attrazioni di Ejzenstejn, alle regole di Bazin o alle critiche morali di elementi puramente tecnici fatte da Godard su La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. Da sempre gli espedienti tecnici sono stati funzionali ai contenuti, il fatto che adesso per alcuni non sia più così non è certo elevabile a dogma, anzi, è in completo contrasto con la natura stessa del cinema. Le emozioni suscitate da un film, anche da quelli di oggi, non nascono dalla mera estetica, ma dal messaggio da essa espresso, vedi Elephant di Gus Van Sant. Lo scindere la forma dal contenuto implica e presuppone che ogni forma sia adattabile a qualsiasi contenuto, da qui sgorbi come tutti quei film che impiegano camera a mano "mossa" e montaggi serrati a tutti i costi, solo per utilizzare a colpo sicuro i cliché estetici che vanno di moda.

2) Il secondo motivo è dato semplicemente dal fatto che chiunque ha la possibilità di visionare ogni stagione la quasi totalità dei film in uscita può benissimo verificare di persona come le due "correnti" cinematografiche di cui stiamo dibattendo si alternano più o meno con cadenza costante...dunque non vedo in questo senso un orientamento univoco dei produttori verso solo la forma a scapito del contenuto...


La questione è che questa distinzione secondo noi non dovrebbe esistere, perché l'aspetto formale e quello sostanziale di un film non possono essere scissi, il fatto che si faccia questa distinzione implica già un vizio di fondo nello sguardo dello spettatore contemporaneo, uno sguardo fondamentalmente "vuoto".

Per riprendere una tua frase, per te è davvero possibile emozionarsi per "una sequenza di scene" in quanto tale, senza badare al loro messaggio? Se sì, potresti fare qualche esempio? Perché a noi questo sembra impossibile.
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#13 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 15 agosto 2006 - 22:05

Certo che la storia conta! non vorrei che si pensasse che propendo per i vuoti pneumatici!

Il mio discorso non è sul punto storia sì-storia no, ma piuttosto sulla questione cinema con messaggio-cinema senza messaggio...alla fine penso invece che abbiamo opinioni piuttosto similari...

Allora, è chiaro che ogni film, per essere apprezzato deve coinvolgere con il soggetto di cui tratta...ciò che mi premeva sottolineare è che non è detto che il messaggio che l'autore vuole trasmettere debba avere un ruolo fondamentale nel giudicare un film...

Avevo sicuramente estremizzato troppo il mio ragionamento, anche se confermo l'affermazione di fondo: chi l'ha detto che il grande cinema deve essere etico o avere una morale? il grande cinema, e qui mi ripeto, è riuscire ad emozionare gli spettatori, da una parte con una storia che coinvolga, dall'altra riuscendo a inscenarla come si deve questa storia...voi dite "l'arte di raccontare una storia"...ecco, io mi sento di correggere quel raccontare...il cinema non è solo l'arte di raccontarla una storia, ma anche di metterla in scena esteticamente e formalmente...

Un film come Syriana, che pure ha degli intenti nobilissimi ed alcune parti dialogate fra gli interpreti molto suggestive, per me resta un film appena sufficiente, perchè se vado al cinema non voglio solo avere una lezione sulle speculazioni petrolifere, voglio anche che il regista e tutti i suoi collaboratori sappiano rappresentare in modo apprezzabile questo soggetto...invece Syriana è un film nato vecchio, non dice niente di nuovo, non scopre nessuna tecnica nuova, non smuove l'animo più profondo degli spettatori...

Prendiamo un esempio del filone horror...i film di Romero, almeno i suoi più importanti, vengono considerati da tutti dei capolavori anche e soprattutto per il potente messaggio metaforico che ci sta dietro, una filosofia di vita e di politica che il vecchietto porta avanti con coerenza da quasi 40 anni...ma questo non mi impedisce di affiancare nelle mie preferenze a La notte dei morti viventi un lavoro di tutt'altro genere come Scream, che è un emblema di cinema non-etico, a-morale, a-messaggio...è un horror nato dal ragionamento della coppia Craven-Williamson sulla stessa essenza del genere horror...
La ratio di Scream è in pratica un discorso fra cinefili, una rilettura in chiave ironica di tutti gli stereotipi del genere preso a riferimento...e con questo? Scream ha una sceneggiatura brillante e la regia di Wes Craven è perfettamente in sintonia con l'autore dello script...e la sfrontatezza con la quale il discorso meta-cinematografico fa da unica colonna portante del film non diminuiscono di un niente l'opinione che ho io del film, e cioè di un capolavoro, proprio come lo era stato nel 68 La Notte di romero...

Credo proprio di aver edulcorato, nonchè chiarito il mio pensiero..
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#14 Mr Repetto

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Inviato 19 agosto 2006 - 23:14


2) Mischiando lo spettatore che va alla ricerca di significati nascosti nel film allo spettatore del "che cazzata sto thriller, si sapeva dall'inizio chi era il colpevole", non ti sembra che unisci due argomenti molto diversi e assolutamente inaccostabili?


Anche secondo me quelli da te identificati sono due spettatori diversi.
Lo spettatore che è alla continua ricerca della citazione o della novità stilistica ha un atteggiamento estetico piuttosto costruito, mentre quello che non riesce a cogliere alcune sottigliezze perchè si scoraggia al primo particolare che rovina la sua "illusione di realtà" ha spesso un atteggiamento molto più naif. 

Penso però, proprio come Brukakuma, che i nostri due spettatori siano entrambi figli di quella che è stata definita, in modo a mio modo di vedere un po' sprezzante, "cultura wikipedica" o "bulimia intellettuale".
Non essendo esattamente immune da un atteggiamento a tutti i costi onnivoro con manie classificatorie, ammetto che la mia è una difesa di parte.
Però ritengo veramente che la possibilità, anche per il fruitore curioso ma non esperto, di poter spaziare molto nelle proprie esperienze culturali sia un privilegio che ricompensa abbondantemente ciò che si perde a causa della superficialità dell'approccio.
 
Certamente, come avete evidenziato un po' tutti, questo ha cambiato il modo di consumare e, di riflesso, di produrre cultura. E' altrettanto vero che i grandi artisti, anche grazie al confronto con questi mutamenti, hanno comunque saputo produrre autentici capolavori.     






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#15 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 20 agosto 2006 - 13:29

Ribadisco: pur sorridendo di fronte a quei fin troppo zelanti spettatori che trascorrono l'intera visione di un film alla ricerca di citazioni, omaggi a grandi del passato o significati secondari nascosti in mezzo allo svolgimento naturale della narrazione, mi sembra che sia un difetto più accettabile di quelli del"Kill Bill? che schifo...cosa c'entra pure il cartone animato?"...

Per lo meno, esagerando e scadendo nel ridicolo, sono spettatori che si impegnano per far sì che il vedere un film non risulti solo tempo ozioso, ma serva pure per far funzionare il cervello..
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#16 Brucaliffa

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Inviato 20 agosto 2006 - 13:49

Ma infatti quei due tipi di spettatori sono effettivamente diversi, il primo preparato e il secondo ingenuo, però noi li abbiamo buttati nello stesso calderone della "superficialità" perché la particolare critica di questo topic è rivolta alla mancanza di morale nel gusto di entrambi.
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#17 Jules

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Inviato 20 agosto 2006 - 13:59

Quindi tu confermi che la mancanza di morale nel cinema sia un qualcosa di negativo?
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#18 Brucaliffa

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Inviato 20 agosto 2006 - 14:04

Quindi tu confermi che la mancanza di morale nel cinema sia un qualcosa di negativo?


No, perché non l'ho mai affermato, confermo il mio giudizio negativo sulla mancanza della morale fra i parametri dello spettatore occidentale contemporaneo.
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#19 Jules

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Inviato 20 agosto 2006 - 14:06

E non è la stessa cosa detta in modo rovesciato?

Dire che si critica uno spettatore per la mancanza di morale nei suoi parametri critici non è come dire che lo spettatore moderno mette sullo stesso piano opere con una morale dietro e opere che una morale dietro non ce l'hanno?
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#20 Brucaliffa

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Inviato 20 agosto 2006 - 14:22


E non è la stessa cosa detta in modo rovesciato?

Dire che si critica uno spettatore per la mancanza di morale nei suoi parametri critici non è come dire che lo spettatore moderno mette sullo stesso piano opere con una morale dietro e opere che una morale dietro non ce l'hanno?


No, non è proprio la stessa cosa, non basta sostituire la parola "cinema" alla parola "spettatore", cambierebbe tutto il senso della nostra critica. Si possono però fare delle considerazioni sull'impatto che questo gusto ha sulla produzione cinematografica, come noi abbiamo fatto, rammaricandoci per l'inferiorità numerica di film occidentali alla Eastwood, che offorono cioè riflessioni d'autore sui valori tradizionali della cultura americana o occidentale in generale, rispetto al gran numero di film che non lo fanno - e ciò è naturale, dal momento che questi valori sono sempre meno sentiti dalla gente. Vorrei che ti fosse chiaro però che questo per noi non è indice di abbassamento della qualità del cinema, perché io, e credo neanche Nekokuma, crediamo nell'affermazione "il cinema è in crisi". Il cinema non è affatto in crisi, anzi, è una forma d'arte nel pieno della sua salute, ed essendo al tempo stesso un'industria, offre semplicemente risposte diverse al diversificarsi della domanda.
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#21 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 20 agosto 2006 - 16:14

Capisco il vostro punto di vista...solo che mi pare che dal primo post di Nekokuma che poneva interessanti interrogativi sulla superficialità di un certo pubblico siamo scaduti in una discussione che mi sembra si basi esclusivamente sulla dicotomia cinema-morale/cinema-amorale...che per me è un'assurdità già nei termini in cui è posta...

A questo punto mi arrendo..
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#22 MissWisteria

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Inviato 20 agosto 2006 - 17:53

Leggendo il post di apertura (e questo mi permette di tornare all'origine del thread), non ho potuto fare a meno di pensare alla raccolta di saggi "I Simpson e la Filosofia" che ho letto recentemente (e di cui sul vecchio forum ricordo si parlò animatamente).

Si esce certo dal discorso "cinema" ma a) i Simpson sono un prodotto americano ; b) ho trovato attinenza nella significativa presenza di entrambe le direzioni che paiono invece divergenti nell'ambito "cinema": da un lato abbiamo citazioni, allusioni, parodia, rimandi (appunto quella necessità di "decodificazione" da parte dello spettatore a livelli più o meno alti, per una distribuzione "verticale" tra il pubblico,  che combina a sua volta un aspetto ludico ed uno critico); dall'altro abbiamo quel tipo di affabulazione in qualche modo classica e tipica delle produzioni americane basata sulla famiglia ed un ritorno ai valori tradizionali ( e a questo punto si potrebbe discutere anche sulla dissimulata/velata moralità o su una in qualche modo ruffiana antimoralità di certe produzioni, e viceversa invertendo moralità e antimoralità). Mi sembra  un buon punto di partenza volendo allargare il discorso dal cinema ad uno sulla cultura più in generale.


Per arrivare invece alla mia opinione :
non sarei tanto sicura sul fatto che questi nuovi prodotti non abbiano una loro propria moralità.. Un film horror (anche i più bassi degli ultimi anni) non è spesso il sovvertimento di un ordine naturale delle cose in seguito ad un errore, una mancanza, un gesto irrispettoso che porta le sue conseguenze ed attraverso un percorso che sembra quasi di redenzione riporta la realtà all'ordine? E anche un film come Kill Bill non può essere letto secondo nello stesso modo?
A me sembra che da qualche anno a questa parte l'elemento "Morale" stia vivendo una rinascenza nel cinema e che (anche se non è una novità) sia sempre stato l'elemento di spicco di quelle figlie minori (riuscite però a ritagliarsi uno spazio notevole nell'attenzione del pubblico) che sono le serie tv e le sit com dove la forza della famiglia, unità, rispetto non smettono mai di essere il messaggio.


[I saggi cui mi riferisco contenuti nell'Isbn "I Simpson e la Filosofia" sono, in particolare: "La spinta morale di Marge", "I Simpson e l'allusione", "La parodia popolare: i Simpson e il film giallo", " I Simpson: la famiglia nucleare e la politica atomistica".]
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People I see just remind me of mooing like a cow on the grass,and that’s not to say that there’s anything wrong with being a cow anyway, but people are people with the added advantage of the spoken word. We’re getting on fine but I feel more of a man when I get with the herd.

#23 Brucaliffa

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Inviato 21 agosto 2006 - 11:38

Leggendo il post di apertura (e questo mi permette di tornare all'origine del thread), non ho potuto fare a meno di pensare alla raccolta di saggi "I Simpson e la Filosofia" che ho letto recentemente (e di cui sul vecchio forum ricordo si parlò animatamente).

Si esce certo dal discorso "cinema" ma a) i Simpson sono un prodotto americano ; b) ho trovato attinenza nella significativa presenza di entrambe le direzioni che paiono invece divergenti nell'ambito "cinema": da un lato abbiamo citazioni, allusioni, parodia, rimandi (appunto quella necessità di "decodificazione" da parte dello spettatore a livelli più o meno alti, per una distribuzione "verticale" tra il pubblico,  che combina a sua volta un aspetto ludico ed uno critico); dall'altro abbiamo quel tipo di affabulazione in qualche modo classica e tipica delle produzioni americane basata sulla famiglia ed un ritorno ai valori tradizionali ( e a questo punto si potrebbe discutere anche sulla dissimulata/velata moralità o su una in qualche modo ruffiana antimoralità di certe produzioni, e viceversa invertendo moralità e antimoralità). Mi sembra  un buon punto di partenza volendo allargare il discorso dal cinema ad uno sulla cultura più in generale.


Per arrivare invece alla mia opinione :
non sarei tanto sicura sul fatto che questi nuovi prodotti non abbiano una loro propria moralità.. Un film horror (anche i più bassi degli ultimi anni) non è spesso il sovvertimento di un ordine naturale delle cose in seguito ad un errore, una mancanza, un gesto irrispettoso che porta le sue conseguenze ed attraverso un percorso che sembra quasi di redenzione riporta la realtà all'ordine? E anche un film come Kill Bill non può essere letto secondo nello stesso modo?
A me sembra che da qualche anno a questa parte l'elemento "Morale" stia vivendo una rinascenza nel cinema e che (anche se non è una novità) sia sempre stato l'elemento di spicco di quelle figlie minori (riuscite però a ritagliarsi uno spazio notevole nell'attenzione del pubblico) che sono le serie tv e le sit com dove la forza della famiglia, unità, rispetto non smettono mai di essere il messaggio.


[I saggi cui mi riferisco contenuti nell'Isbn "I Simpson e la Filosofia" sono, in particolare: "La spinta morale di Marge", "I Simpson e l'allusione", "La parodia popolare: i Simpson e il film giallo", " I Simpson: la famiglia nucleare e la politica atomistica".]


Le tue osservazioni mi sembrano molto pertinenti e condivisibili anche se non ho letto questi saggi sui Simpson, condivido anche il discorso sulla moralità "nascosta" nella quasi totalità dei generi e dei testi filmici, ma mentre ad esempio negli horror la morale è un sottotesto, nei film classici come quelli di Eastwood è l'argomento esplicitamente trattato. E' proprio questo modo diretto ed esplicito di confrontarsi con la morale dominante, secondo me altrettanto esplicito e diretto nei Simpson e in molti prodotti seriali televisivi, che scarseggia nel cinema contemporaneo, e questa non è una critica, bensì una semplice constatazione. La critica è piuttosto rivolta allo spettatore contemporaneo, poco disposto a digerire prodotti cinematografici puramente "moraleggianti", e la riflessione interessante per noi è proprio sulle possibili ragioni di questo atteggiamento, che abbiamo definito superficiale.
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#24 MissWisteria

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Inviato 21 agosto 2006 - 12:52

Si parla, riguardo alle produzioni di cui stiamo discutendo,  di "decodificazione", "interazione" quindi in una certa misura credo si possa parlare di coinvolgimento indotto.
Nelle produzioni precedenti (quelle di affabulazione morale immediata ed esplicita), lo stesso coinvolgimento era immediato senza bisogno di decodificare nulla: i valori erano chiari, condivisibili nonché condivisi. Nessuno si ritraeva dal consumo di tali messaggi: era ciò che si aspettavano venisse loro detto, nessuno temeva il messaggio.

Prendo un esempio, il primo che mi viene in mente: "Arancia Meccanica". Molti della generazione che ne ha vissuto la portata in diretta non hanno esitato a definirlo "una cazzata" o quanto meno "una schifezza". Il messaggio di "Arancia Meccanica" ( e già su questo si potrebbe discutere a lungo) non è certo così facile da comprendere, in primo luogo, e di conseguenza nemmeno da condividere. Da un certo punto in avanti quindi è cambiata secondo me la percezione dei valori, la loro comunicazione, la loro ricezione da parte del pubblico di conseguenza la loro comprensione (o meglio INcomprensione) quindi la loro condivisione.

Non è che il nuovo spettatore medio non voglia sentirsi più dire "Cosa è bene", "Cosa è Male" solo non vuole sentirselo dire in certi termini. Un film come "L'attimo fuggente" è capace di coinvolgere e smuovere gli animi e riscuotere un grande successo. Ma è tutto lì. E' tutto detto. Neil si suicida, e la colpa è del padre, e del rettore, della famiglia, del sistema scolastico etc etc. Messaggi, chiari e diretti. Lampanti.
E questi benedetti valori di cui si parla ogni due per tre, che fine hanno fatto? Sono scomparsi? No, ma quanto meno non sono condivisi(bili) da tutti. E quando i valori sono ambigui, quando i colpevoli non possono essere identificati al primo sguardo  allora subentra la pigrizia di andare oltre, provando appunto a "digerire" le informazioni fornite: potrebbe scoprirsi che il problema siamo noi. E allora forse non piace che qualcuno dica che lo siamo. Certe riflessioni inquietano e spaventano... allora meglio far finta di non sentire. Meglio vedere riflessa la propria brillante cultura media tra allusioni e citazioni, sentirsi parte di una serie di nozioni, di gusti di interessi (e non più valori) condivisi, che integrano. Diventa come fare le parole crociate. E se riesco a finire tutto lo schema, allora ne so quanto ne sa il mio vicino.

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#25 Brucaliffa

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Inviato 21 agosto 2006 - 12:56

Bellissimo intervento, sarei quasi tentata di dire che esaurisce il significato del thread.
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#26 Nekokuma

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Inviato 21 agosto 2006 - 12:57

Si parla, riguardo alle produzioni di cui stiamo discutendo,  di "decodificazione", "interazione" quindi in una certa misura credo si possa parlare di coinvolgimento indotto.
Nelle produzioni precedenti (quelle di affabulazione morale immediata ed esplicita), lo stesso coinvolgimento era immediato senza bisogno di decodificare nulla: i valori erano chiari, condivisibili nonché condivisi. Nessuno si ritraeva dal consumo di tali messaggi: era ciò che si aspettavano venisse loro detto, nessuno temeva il messaggio.

Prendo un esempio, il primo che mi viene in mente: "Arancia Meccanica". Molti della generazione che ne ha vissuto la portata in diretta non hanno esitato a definirlo "una cazzata" o quanto meno "una schifezza". Il messaggio di "Arancia Meccanica" ( e già su questo si potrebbe discutere a lungo) non è certo così facile da comprendere, in primo luogo, e di conseguenza nemmeno da condividere. Da un certo punto in avanti quindi è cambiata secondo me la percezione dei valori, la loro comunicazione, la loro ricezione da parte del pubblico di conseguenza la loro comprensione (o meglio INcomprensione) quindi la loro condivisione.

Non è che il nuovo spettatore medio non voglia sentirsi più dire "Cosa è bene", "Cosa è Male" solo non vuole sentirselo dire in certi termini. Un film come "L'attimo fuggente" è capace di coinvolgere e smuovere gli animi e riscuotere un grande successo. Ma è tutto lì. E' tutto detto. Neil si suicida, e la colpa è del padre, e del rettore, della famiglia, del sistema scolastico etc etc. Messaggi, chiari e diretti. Lampanti.
E questi benedetti valori di cui si parla ogni due per tre, che fine hanno fatto? Sono scomparsi? No, ma quanto meno non sono condivisi(bili) da tutti. E quando i valori sono ambigui, quando i colpevoli non possono essere identificati al primo sguardo  allora subentra la pigrizia di andare oltre, provando appunto a "digerire" le informazioni fornite: potrebbe scoprirsi che il problema siamo noi. E allora forse non piace che qualcuno dica che lo siamo. Certe riflessioni inquietano e spaventano... allora meglio far finta di non sentire. Meglio vedere riflessa la propria brillante cultura media tra allusioni e citazioni, sentirsi parte di una serie di nozioni, di gusti di interessi (e non più valori) condivisi, che integrano. Diventa come fare le parole crociate. E se riesco a finire tutto lo schema, allora ne so quanto ne sa il mio vicino.


hai colto perfettamente il punto MissWisteria, e la tua analisi mi sembra più che giusta e condivisibilissima.
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#27 MissWisteria

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Inviato 21 agosto 2006 - 13:29

[hai colto perfettamente il punto MissWisteria, e la tua analisi mi sembra più che giusta e condivisibilissima.


Bellissimo intervento, sarei quasi tentata di dire che esaurisce il significato del thread.


:)

speriamo però che prosegua...
anche se intervengo poco leggo molto il forum e questo topic mi sembra proprio il più interessante da un po' di tempo a questa parte
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#28 Debord

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Inviato 21 agosto 2006 - 15:23

Vorrei che ti fosse chiaro però che questo per noi non è indice di abbassamento della qualità del cinema, perché io, e credo neanche Nekokuma, crediamo nell'affermazione "il cinema è in crisi". Il cinema non è affatto in crisi, anzi, è una forma d'arte nel pieno della sua salute, ed essendo al tempo stesso un'industria, offre semplicemente risposte diverse al diversificarsi della domanda.


In piena salute? Ma il cinema è morto da 15 anni, non perchè non abbiamo avuto ottimi prodotti negli ultimi tempi, ma semplicemente perchè attualmente il cinema è squisitamente inutile.
Non ha nessuna valenza sociale, non cambia le prospettive di nessuno (se non di qualche critico ed appassionato cinefilo), la massa non lo raccoglie e non cambia minimamente i costumi.
Per cento anni il cinema ha significato "guardare" qualcosa e capire, la provincia andava al cinema e vedeva la Roma della "Dolce Vita", e capiva che le cose stavano cambiando. Gli esempi sarebbero innumerovoli ed in ogni dove, il cinema davvero ha "cambiato" le cose ed i modi, nel sociale, nell'arte, nella cultura generale, nella musica.
Ci sono state ultimamente opere cinematografiche che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica anche solo minimanete verso qualsiasi istanza? Mi vengono in mente Matrix (dopo di lui è cambiato il mondo degli effetti speciali, c'è stata una nuova leva "spirituale" in editoria), e Pulp Fiction (nuove mode, ripresa e riscoperta di un certo cinema anni 70).
Entrambi film di qualità che sono riusciti a dare qualcosa alla massa non solo nell'ora e mezza di visione, ma anche fuori, nei costumi, nei rapporti, nelle visioni.
Ecco quindi: il cinema è morto perchè non ha più valenza sociale, un'arte magnifica ma inutile.

Senza contare che ormai un ragazzino al cinema si sente legato, abituato a sollecitazioni continue davanti al pc (chatta, mailla, sms, naviga, programma, conosce) o alla playstation andare al cinema due ore costretto in quella poltrona credo per lui sia come essere a messa, una sorta di tortura.

Il cinema è morto, viva il cinema!
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#29 Basilide

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Inviato 21 agosto 2006 - 16:16


Vorrei che ti fosse chiaro però che questo per noi non è indice di abbassamento della qualità del cinema, perché io, e credo neanche Nekokuma, crediamo nell'affermazione "il cinema è in crisi". Il cinema non è affatto in crisi, anzi, è una forma d'arte nel pieno della sua salute, ed essendo al tempo stesso un'industria, offre semplicemente risposte diverse al diversificarsi della domanda.


In piena salute? Ma il cinema è morto da 15 anni, non perchè non abbiamo avuto ottimi prodotti negli ultimi tempi, ma semplicemente perchè attualmente il cinema è squisitamente inutile.
Non ha nessuna valenza sociale, non cambia le prospettive di nessuno (se non di qualche critico ed appassionato cinefilo), la massa non lo raccoglie e non cambia minimamente i costumi.
Per cento anni il cinema ha significato "guardare" qualcosa e capire, la provincia andava al cinema e vedeva la Roma della "Dolce Vita", e capiva che le cose stavano cambiando. Gli esempi sarebbero innumerovoli ed in ogni dove, il cinema davvero ha "cambiato" le cose ed i modi, nel sociale, nell'arte, nella cultura generale, nella musica.
Ci sono state ultimamente opere cinematografiche che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica anche solo minimanete verso qualsiasi istanza? Mi vengono in mente Matrix (dopo di lui è cambiato il mondo degli effetti speciali, c'è stata una nuova leva "spirituale" in editoria), e Pulp Fiction (nuove mode, ripresa e riscoperta di un certo cinema anni 70).
Entrambi film di qualità che sono riusciti a dare qualcosa alla massa non solo nell'ora e mezza di visione, ma anche fuori, nei costumi, nei rapporti, nelle visioni.
Ecco quindi: il cinema è morto perchè non ha più valenza sociale, un'arte magnifica ma inutile.

Senza contare che ormai un ragazzino al cinema si sente legato, abituato a sollecitazioni continue davanti al pc (chatta, mailla, sms, naviga, programma, conosce) o alla playstation andare al cinema due ore costretto in quella poltrona credo per lui sia come essere a messa, una sorta di tortura.

Il cinema è morto, viva il cinema!


La tua ultima affermazione è una provocazione bella e buona per almeno due motivi: uno è chiaro l'altro decisamente più subdolo: chi rilevasse l'analogia con la patafisica dalla tua citazione parafrasata, rischierebbe di incorrere nell'accusa di "wikipedismo",
forse a meno di allegare un trattato sull'argomento.
Accettato questo rischio mi premerebbe esporre un mio dubbio: mi pare che l'indirizzo dato al forum dalla sua classe dirigente sia prossimo alla massima "discussioni pregnanti, questioni chiare e poche divagazioni", e spesso le tre cose vanno daccordo.
Pur essendo convinto che la chiarezza di una questione abbia un legame ben più stretto con l'esposizione che se ne fa che con un'ipotetica realtà oggettiva a cui si voglia riferire, sono tuttavia altrettanto persuaso che esistano problemi per sè complicati, vuoi per un vasto ipotesto, vuoi per altri fattori entropici.
Temo che il cinema rientri tra questi, il che mi spinge a sospettare che una discussione come quella qui portata avanti rischi di semplificarlo oltre ildovere di sintesi.
Ritengo dunque sensato affermare che in questo caso l'imperativo forumistico dovrebbe essere ribaltato dalla limitazione all'esplosione dei livelli di lettura e delle tesi.
Nella fattispecie, non sono così propenso ad accettare l'ipotesi qui assiologicamente assunta che un giudizio sul cinema debba necessariamente da fare i conti con il sistema di valori (positivi) che in esso vengono proposti. Non ho poi ben chiaro quali siano le condizioni per dichiarare la morte dell'intero orizzonte cinematografico, dal momento che, come è chiaramente messo dalla discordanza degli interventi precedenti, esso si può considerare dal punto di vista commerciale, sociale, individuale e quant'altri a piacere.
In sintesi, ritengo sarebbe più proficuo collaborare ad una analisi polifonica dell'argomento, piuttosto che concentrarsi sulle conseguenze di un'ipotesi arbitraria che, per quanto interessante e magari condivisibile, non può che esaurirsi,come mi pare accada qui, in interventi che riprendono in forma più sintetica la tesi di apertura.
Scusate il disturbo.
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#30 Debord

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Inviato 21 agosto 2006 - 16:38

La tua ultima affermazione è una provocazione bella e buona per almeno due motivi: uno è chiaro l'altro decisamente più subdolo: chi rilevasse l'analogia con la patafisica dalla tua citazione parafrasata, rischierebbe di incorrere nell'accusa di "wikipedismo",
forse a meno di allegare un trattato sull'argomento.
Accettato questo rischio mi premerebbe esporre un mio dubbio: mi pare che l'indirizzo dato al forum dalla sua classe dirigente sia prossimo alla massima "discussioni pregnanti, questioni chiare e poche divagazioni", e spesso le tre cose vanno daccordo.

Ritengo dunque sensato affermare che in questo caso l'imperativo forumistico dovrebbe essere ribaltato dalla limitazione all'esplosione dei livelli di lettura e delle tesi.

In sintesi, ritengo sarebbe più proficuo collaborare ad una analisi polifonica dell'argomento, piuttosto che concentrarsi sulle conseguenze di un'ipotesi arbitraria che, per quanto interessante e magari condivisibile, non può che esaurirsi,come mi pare accada qui, in interventi che riprendono in forma più sintetica la tesi di apertura.
Scusate il disturbo.


Ciao!
Credo davvero che il cinema sia morto da diversi anni.
Ovvio le dissertazioni potrebbero essere innumerevoli: che cos'è il cinema? deve "funzionare" ad attuare un piano oppure no? è divertimento intellettuale fine a se stesso?
Io sono partito dal presupposto, visto che il topic s'incentrava sul "tempo" (nuovi spettatori), che il cinema sia portatore di idee, valori positivi o negativi, emozioni e CAMBIAMENTI, mutazioni che deve attuare proprio sugli spettatori e sul sociale (detta velocemente eh).
Questo non lo fa da 15 anni, quindi il cinema è morto e sepolto da allora, è un'arte inutile, non serve.
Ma l'arte deve "servire"? io dico di si, io dico che Metropolis è servito, i Vitelloni è servito, Pulp Fiction è servito.
Quando chiudo con "il cinema è morto, viva il cinema", ovvio sto dicendo che adoro il cinema, senza di esso la mia vita sarebbe molto più povera, ciò non toglie la consapevolezza che il cinema ormai non serva più, è un'arte bella che si fa guardare ed apprezzare, ma nulla più.

Mi son dimenticato di scusarmi, nel precedente messaggio, per il mio intervento che puzzava di OT come pochi, e quindi accolgo la tua richiesta di un topic che sia più "logico" e meno fatto di "esplosioni".
Ma come dire... m'è scappata, l'affermazione di Brucaliffa (cinema in salute) era troppo succosa, come limitarsi?
  • 0

#31 Basilide

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Inviato 21 agosto 2006 - 16:58

Per la verità se rileggi quello che ho scritto vedrai che in realtà intendevo stimolare proprio un'esplosione di ipotesi. Infatti sono convinto che la questione da te posta (in termini assertivi, ma pur sempre posta) rappresenti uno degli sviluppi problematici più utili ad una discussione sull'argomento. Replicherei anche al contenuto ma sono di fretta. In seguito...
edit: come valori positivi intendevo in senso dialettico, affermati.
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#32 Brucaliffa

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Inviato 21 agosto 2006 - 18:14

La natura del cinema è sempre stata al centro di un dibattito teorico vecchio quanto il cinema stesso, e considerare la sua funzione sociale come unico parametro per determinare la sua salute, o la sua utilità, non è molto corretto. Il cinema ha una peculiare natura multiforme che non credo possa essere messa in discussione molto facilmente: è sì un dispositivo sociale, ma è anche un'industria dell'intrattenimento e, per essere ancora più estremi, un'arte che attraverso il suo linguaggio può benissimo uscire dalla formula narrativa (è cinema anche quello d'avanguardia degli anni 20 di Hans Richter o di René Clair).
Io credo che sia ancora in piena salute semplicemente perché si tratta di un linguaggio in grado di evolversi nel tempo, (anche e soprattutto dal punto di vista tecnico, se si pensa alla sua storia) e di fagocitare tutto ciò che incontra nel suo cammino. Infatti questo topic non aveva la pretesa di valutare lo stato di salute del cinema. Io comunque trovo che così come sono "serviti" Metropolis, i Vitelloni e Pulp Fiction, ci servano anche Mystic River, La Venticinquesima Ora e Match Point per riflettere sul nostro tempo e sui nostri valori. Se è per questo non è neanche detto che la riflessione provenga solo dai film di impianto classico, perché a me uno dei film che ha fatto più riflettere sui nostri tempi è Elephant di Gus Van Sant, che sfugge del tutto ai principi dello storytelling americano, e accontenta del tutto quelli che "l'estetica viene prima del contenuto", anche se in questo particolare caso l'estetica è del tutto funzionale al messaggio.
Forse è per questo che insistevamo a fare un discorso sullo spettatore più che sul cinema, perché la qualità del cinema dipende troppo dal giudizio soggettivo che ognuno di noi può dare, mentre se vogliamo il discorso sullo spettatore è più legato alla storia, alla società e alla cultura, e fornisce alla discussione appigli un po' più solidi. Però prendo atto della tendenza irresistibile di questo thread a spostarsi sul piano più propriamente cinematografico, forse è giusto così, anche se il terreno è scivoloso possono sempre arrivare spunti interessanti.
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Better Call Saul!

#33 Dead Man

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Inviato 22 agosto 2006 - 12:06

leggevo la seguente recensione

http://www.cinemavve...sp?IDartic=4012

e mi è venuto in mente questo topic.
  • 0

#34 Debord

    Everyday people

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Inviato 23 agosto 2006 - 13:49

La natura del cinema è sempre stata al centro di un dibattito teorico vecchio quanto il cinema stesso, e considerare la sua funzione sociale come unico parametro per determinare la sua salute, o la sua utilità, non è molto corretto.


E' un parametro comunque importante, e quindi non può essere per natura "non corretto".
Il cinema è arte e arte è relazione e rapporto, se fai il tuo quadro te lo tieni in cameretta lo guardi solo tu, il cinema è fatto per essere guardato da molte persone, nasce per questo e si fa per questo, quindi va da sè la sua natura anche "sociale" (sempre per quello che possa significare).

Io credo che sia ancora in piena salute semplicemente perché si tratta di un linguaggio in grado di evolversi nel tempo, (anche e soprattutto dal punto di vista tecnico, se si pensa alla sua storia) e di fagocitare tutto ciò che incontra nel suo cammino.


Di questo ti do atto, anzi, è la sua prerogativa e quello che me lo fa amare.

Se è per questo non è neanche detto che la riflessione provenga solo dai film di impianto classico, perché a me uno dei film che ha fatto più riflettere sui nostri tempi è Elephant di Gus Van Sant, che sfugge del tutto ai principi dello storytelling americano, e accontenta del tutto quelli che "l'estetica viene prima del contenuto", anche se in questo particolare caso l'estetica è del tutto funzionale al messaggio.


E' questo il punto.
Un film che ho amato molto anche io come Elephant, pensi che abbia avuto un minimo di "valore" ed "utilità" fuori dalla mia, dalla tua e da qualche altra centinaia di testa?
Dopo averlo visto in dvd tutto entusiasta l'ho passato a mio fratello, che gira sui 30 anni: l'ha acceso, visto 15 minuti, spento, inguardabile.
Qui sta l'inghippo e viene risolto: tornando al topic, lo spettatore è sempre quello di 50 anni fa, la massa val al cinema per divertirsi e se non capisce se ne va, il cinefilo va per capire ed anzi gode dalla complessità magari. Il rapporto è 50 a 1 credo.

Alla fine Elephant è un film meravigliosamente inutile, non ha cambiato le coscienze di nessuno, è stato visto da pochissime persone (da noi in provincia non è neanche passato), e quindi è anni luce rispetto a film di denucia di 30 anni fa (pensa ad un Pasolini qualsiasi, l'impatto che possa avere avuto il suo cinema sull'Italia di allora, e sul mondo, ha cambiato davvero i modi di guardare non solo il cinema ma anche gli "argomenti" del suo cinema).
Per questo ti dico e sono convinto che è dura fare l'analisi sullo spettatore, lo spettatore è semplicemente lo stesso da sempre, vuole le stesse cose. Il cinema invece è cambiato, e (tornando ad Elephant che calza alla perfezione come esempio) non "serve" più, o forse non riesce a servire più.
Per questo il cinema è diventato un divertimento per pochi, una piccola setta innamorata che non ha sbocchi con l'esterno, che non cambia l'esterno, che si gusta il suo thè sopraffino alle cinque e gode a parlarne con altri pochi "massoni".
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#35 Guest_Swampcamel_*

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Inviato 23 agosto 2006 - 14:46

Uhm, direi che più che altro un certo pubblico tende a trovare tanto significato in film che magari sono solo strutturati in modo accattivante e rimanere insoddisfatto davanti a film imponenti dal punto di vista morale\filosofico ma proposti in modo classico e subito etichettati come 'normali'.

Ho letto il monologo finale di Trainspotting, e ho pensato "Ehmbè?". Non ho visto il film, ma me l'hanno messo sotto il naso e quindi ho pensato bene di cercare la genialità che molti mi avevano sbandierato. Beh, ho trovato solo una carrellata di "luoghi comuni al contrario" e distruzioni di miti ad effetto degne di ogni film americano più o meno alternativo che cerca di trovare nella forma ciò che il contenuto sembra non vantare.

Naturalmente la critica ha reazioni diverse, ma qui parliamo di pubblico.

Mi immagino che succederebbe se facessi vedere la trilogia di Kieslowski a qualche persona che probabilmente non troverebbe nulla di speciale in questi tre gioielli di cinema  :-[

La verità sta nel mezzo. Ci sono cineasti di stampo classico che fanno bene il loro lavoro, e cineasti di stampo più visionario\inusuale che lo fanno altrettanto bene.
E' sempre stato così!

Potrà sembrare che oggi c'è una tendenza all'esasperazione del cool e della vuotezza più insospettabile, ma è solo un anti-trend dire così, perchè possiamo fortunatamente contare su talenti ancora saldi sui loro principi e metodi, qualunque essi siano.


Senza contare che ormai un ragazzino al cinema si sente legato, abituato a sollecitazioni continue davanti al pc (chatta, mailla, sms, naviga, programma, conosce) o alla playstation andare al cinema due ore costretto in quella poltrona credo per lui sia come essere a messa, una sorta di tortura.


Oddio, te lo assicuro, io e 16 anni, ma molti miei coetanei non sono interessati al cinema già in partenza, mica è colpa di internet. Anzi, senza internet non conoscerei molti degli autori che adoro.



..

Voglio porre un quesito, sempre legato al mio post, quanto il fattore 'cool' influisce sul giudizio oggi? Quanto un po' di cool e un po' di non-indecenza spingono uno spettatore medio a idolatrare un film?



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#36 fedor

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Inviato 23 agosto 2006 - 17:53

Salve a tutti!
mi sembra un pò tedioso e senza via di uscita puntare il dito semplicemente sullo pochezza e superficialità dello spettatore medio odierno, fenomeno assolutamente non nuovo e da sempre esistente. Purtroppo, con una punta di cinismo e pessimismo, spettatori attenti e sensibili hanno sempre rappresentato una minoranza dalla notte dei tempi, ed il grande successo di pubblico di autori "impegnati" è stata essenzialmente dovuta non ad un improvviso innalzamento del gusto e sensibilità dello spettatore ma semplicemente dalla particolare forza carismatica e, con l'avvento della televisione, mediatica del singolo autore, capace con la propria persona e non con l'opera in sè di catalizzare intorno a sè l'attenzione delle masse, indipendentemente dall'effettiva fruibilità e comprensibilità della propria opera ( si pensi ad esempio al successo di Pasolini ). Opere definibili capolavori, perchè capaci di portare avanti un forte percorso estetico e di evoluzione del linguaggio della specifica arte di appartenenza di pari passo con un forte impianto contenutistico, hanno nella stragrande maggiornza dei casi sempre riscosso uno scarso successo di pubblico, per venire soltanto a distanza di anni riscoperti e santificati (spaziando nelle arti si pensi a velvet underground and nico o ai quadri ddi van gogh, tanto per citare degli esempi lampanti). Il tempo nella maggior parte dei casi è sempre stato il miglior giudice, e alcune volte purtroppo il più inesorabile dei carnefici, delle opere d'arte, raramente potendo fare affidamento sul giudizio del pubblico contemporaneo all'autore.
Ciò che è cambiato allo stato attuale è l'esponenziale crescita numerica dei prodotti cinematogafici, detto in parole povere sono aumentati a dismisura i film prodotti, e gioco forza si è abbassato il loro  livello medio. Sparando dei numeri a caso ogni anno ormai si producono milioni di film in tutto il mondo, ma ben minori sono gli autori validi in circolazione, capaci ci creare un capolavoro. Allo stesso tempo di capolavori, se si guarda l'intera cinematografia mondiale, ne escono a sufficienza ogni anno, ma diluiti nel mare delle insulse mediocrità e boiate pubblicizzate, rendendo sempre più arduo una loro scoperta. Non è allo spettatore medio che va data la colpa di tutto ciò, ma alla spregiudicatezza e mancanza di coraggio dei produttori e molte volte degli stessi autori, che accecati da una avidità crescente, preferiscono puntare in basso assecondando il gusto generale, con la riproposizione all'infinito degli stessi moduli narrativi di facile comprensibilità, non tetando in alcun modo una sua evoluzione e miglioramento. Il cinema non è assolutamnte morto, come non c'è alcun aumento della superficialità della massa spettatrice, ma un furbo imbastardimento di molti autori e proliferazione di pseudo autori, che invece di preoccuparsi di creare un'opera d'arte si accontantano di fabbricare un prodotto di largo consumo...
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#37 fedor

    pivello

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Inviato 23 agosto 2006 - 18:13

Come semplice provocazione finale, tanto per rianimare il dibattito, non sono sicuro che, ad esmpio, nel genere horror la notte dei morti viventi sia necessariamente o palesemente superiore a film quali scream o la casa... Per carità, nel caso un opera d'arte sia portatrice di un messaggio morale, filosofico, di critica sociale, etc.., ben venga, punti in più ad una possibile sua valutazione, ma non mi sembra che ciò sia essenziale in un giudizio sulla sua qualità. Nabokov riteneva che l'opera d'arte è fine a se stessa, opinione condivisibile o meno, e un vero artista dovrebbe puntare all'evoluzione del linguaggio della arte specifica, portare avanti un proprio percorso estetico.
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#38 MissWisteria

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Inviato 23 agosto 2006 - 18:44


Ciò che è cambiato allo stato attuale è l'esponenziale crescita numerica dei prodotti cinematogafici, detto in parole povere sono aumentati a dismisura i film prodotti, e gioco forza si è abbassato il loro  livello medio. Sparando dei numeri a caso ogni anno ormai si producono milioni di film in tutto il mondo, ma ben minori sono gli autori validi in circolazione, capaci ci creare un capolavoro. Allo stesso tempo di capolavori, se si guarda l'intera cinematografia mondiale, ne escono a sufficienza ogni anno, ma diluiti nel mare delle insulse mediocrità e boiate pubblicizzate, rendendo sempre più arduo una loro scoperta. Non è allo spettatore medio che va data la colpa di tutto ciò, ma alla spregiudicatezza e mancanza di coraggio dei produttori e molte volte degli stessi autori, che accecati da una avidità crescente, preferiscono puntare in basso assecondando il gusto generale, con la riproposizione all'infinito degli stessi moduli narrativi di facile comprensibilità, non tetando in alcun modo una sua evoluzione e miglioramento. Il cinema non è assolutamnte morto, come non c'è alcun aumento della superficialità della massa spettatrice, ma un furbo imbastardimento di molti autori e proliferazione di pseudo autori, che invece di preoccuparsi di creare un'opera d'arte si accontantano di fabbricare un prodotto di largo consumo...


Ti trovo d'accordo su alcuni punti e trovo un ottimo punto di partenza il considerare le dinamiche della cosiddeta "cultura popolare" (punto di partenza inevitabile soprattutto in ambiti come quello del cinema). E' ovvio che all'aumentare delle produzioni corrisponda un ampliamento dei livelli di qualità ed è altrettanto ovvio che chi produce tenga particolare conto delle esigenze e della domanda del pubblico che consumerà i suoi prodotti. Non ha senso cercare un colpevole né in chi produce né in chi consuma. Certo si potrebbe pretendere che chiunque produca si ponga come prerogativa prodotti di massima qualità... Ma a che pro? La prima allarmante conseguenza che mi viene in mente è una minore fruibilità del prodotto.
Certo tu mi dici:

Nabokov riteneva che l'opera d'arte è fine a se stessa, opinione condivisibile o meno, e un vero artista dovrebbe puntare all'evoluzione del linguaggio della arte specifica, portare avanti un proprio percorso estetico.


ed io, a prescindere dal trovarmi d'accordo con un Nabokov o meno, trovo piuttosto ingenuo valutare la questione in questi termini. Se ciò può essere valido per un'opera d'arte, beh non è detto che tutto debba essere arte. Insomma potremmo metterci a discutere sulle finalità di un metodo espressivo come il cinema e chiederci "deve avere finalità morali?", "deve avere finalità artistiche?", "quali finalità morali?", "quali finalità artistiche?".
Domande interessanti e che porterebbero ad altrettante discussioni interessanti. Ma la realtà dei fatti è che non sempre un film ha finalità estetiche né molto spesso morali. La sola finalità di molti film è quella ludica e mi trovo a dire nuovamente che considerare tale finalità deplorevole a priori è un altro atteggiamento piuttosto grossolano. Ora discutere in termini di qualità assoluta o di moralità assoluta su film che vengono DI FATTO prodotti per un pubblico medio a mio avviso non ha senso. Piutto è interessante esaminare le dinamiche in atto, quelle che spingono lo spettatore verso una tipologia di prodotto rispetto ad un'altra.
  • 0
People I see just remind me of mooing like a cow on the grass,and that’s not to say that there’s anything wrong with being a cow anyway, but people are people with the added advantage of the spoken word. We’re getting on fine but I feel more of a man when I get with the herd.

#39 MissWisteria

    fottuta di malinconia

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Inviato 23 agosto 2006 - 18:46


Ciò che è cambiato allo stato attuale è l'esponenziale crescita numerica dei prodotti cinematogafici, detto in parole povere sono aumentati a dismisura i film prodotti, e gioco forza si è abbassato il loro  livello medio. Sparando dei numeri a caso ogni anno ormai si producono milioni di film in tutto il mondo, ma ben minori sono gli autori validi in circolazione, capaci ci creare un capolavoro. Allo stesso tempo di capolavori, se si guarda l'intera cinematografia mondiale, ne escono a sufficienza ogni anno, ma diluiti nel mare delle insulse mediocrità e boiate pubblicizzate, rendendo sempre più arduo una loro scoperta. Non è allo spettatore medio che va data la colpa di tutto ciò, ma alla spregiudicatezza e mancanza di coraggio dei produttori e molte volte degli stessi autori, che accecati da una avidità crescente, preferiscono puntare in basso assecondando il gusto generale, con la riproposizione all'infinito degli stessi moduli narrativi di facile comprensibilità, non tetando in alcun modo una sua evoluzione e miglioramento. Il cinema non è assolutamnte morto, come non c'è alcun aumento della superficialità della massa spettatrice, ma un furbo imbastardimento di molti autori e proliferazione di pseudo autori, che invece di preoccuparsi di creare un'opera d'arte si accontantano di fabbricare un prodotto di largo consumo...


Ti trovo d'accordo su alcuni punti e trovo un ottimo punto di partenza il considerare le dinamiche della cosiddeta "cultura popolare" (punto di partenza inevitabile soprattutto in ambiti come quello del cinema). E' ovvio che all'aumentare delle produzioni corrisponda un ampliamento dei livelli di qualità ed è altrettanto ovvio che chi produce tenga particolare conto delle esigenze e della domanda del pubblico che consumerà i suoi prodotti. Non ha senso cercare un colpevole né in chi produce né in chi consuma. Certo si potrebbe pretendere che chiunque produca si ponga come prerogativa prodotti di massima qualità... Ma a che pro? La prima allarmante conseguenza che mi viene in mente è una minore fruibilità del prodotto.
Certo tu mi dici:

Nabokov riteneva che l'opera d'arte è fine a se stessa, opinione condivisibile o meno, e un vero artista dovrebbe puntare all'evoluzione del linguaggio della arte specifica, portare avanti un proprio percorso estetico.


ed io, a prescindere dal trovarmi d'accordo con un Nabokov o meno, trovo piuttosto ingenuo valutare la questione in questi termini. Se ciò può essere valido per un'opera d'arte, beh non è detto che tutto debba essere arte. Insomma potremmo metterci a discutere sulle finalità di un metodo espressivo come il cinema e chiederci "deve avere finalità morali?", "deve avere finalità artistiche?", "quali finalità morali?", "quali finalità artistiche?".
Domande interessanti e che porterebbero ad altrettante discussioni interessanti. Ma la realtà dei fatti è che non sempre un film ha finalità estetiche né molto spesso morali. La sola finalità di molti film è quella ludica e mi trovo a dire nuovamente che considerare tale finalità deplorevole a priori è un altro atteggiamento piuttosto grossolano. Ora discutere in termini di qualità assoluta o di moralità assoluta su film che vengono DI FATTO prodotti per un pubblico medio a mio avviso non ha senso. Piuttosto è interessante esaminare le dinamiche in atto, quelle che spingono lo spettatore verso una tipologia di prodotto rispetto ad un'altra.
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#40 fedor

    pivello

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Inviato 23 agosto 2006 - 19:19

Condivido... infatti il mio primo intervento puntava proprio a questo. Da alcuni interventi precedenti però mi sembrava che si volesse esaminare il cinema soltanto da un punto di partenza elitario in quanto opera d'arte, sottovalutando o mettendo in secondo piano in termini di importanza il suo essenziale valore di intrattenimento... da qui la provocazione...
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#41 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 23 agosto 2006 - 21:10

Però...questo fedor dice cose interessanti...finalmente qualcuno con cui mi sento completamente d'accordo..
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