Into the wild - Sean Penn
#152
Inviato 26 marzo 2008 - 09:52
#153
Inviato 26 marzo 2008 - 09:55
Secondo me molti fanno commenti troppo superficiali su questo film, limitandosi piuttosto a commentare il comportamento del protagonista e a confrontarsi con lui come se questa fosse pura realtà, e non una sua rappresentazione, per quanto fedelmente ispirata a un fatto realmente accaduto. Si dà anche per scontato che Sean Penn abbracci fedelmente la prospettiva del protagonista, raccontando una storia giovanilista scontata e banale, quando invece secondo me la rappresentazione è molto sifisticata e presenta un ribaltamento di prospettiva pieno di significati. Insomma, siete ovviamente liberi di disprezzare questo film quanto vi pare, ma è un peccato che il livello della discussione sia così basso.
beh allora c'è qualcun'altro che la pensa come me.. siamo ai minimi storici.
in queste ultime pagine siamo ai livelli di chi critica arancia meccanica perchè i ragazzi sono dei cattivi bastardi che ammazzano di botte la gente.
#154
Inviato 26 marzo 2008 - 09:59
siamo ai livelli di chi critica arancia meccanica perchè i ragazzi sono dei cattivi bastardi che ammazzano di botte la gente.
Incredibile ma vero.
#155
Inviato 26 marzo 2008 - 12:06
Tediosa la vicenda del ragazzino rivoluzionario che lascia famiglia e università per un viaggio senza meta, il tutto già visto e già affrontato mille volte, roba trita e ritrita.
guardate che è tratto da una storia vera :
anche il fatto delle rapide.. E' stato tutto trovato scritto sul diario del ragazzo.
Una storia vera e tediosa!
Poteva ispirarsi a qualche vicenda più interessante...
d'accordo Astro però sono almeno due mesi che tutti sanno tutto della vicenda di questo film, del personaggio protagonista e delle sue peripezie. A che pro lamentarsene una volta andatolo a vedere?
Nel senso, non potevi aspettarti un gangster movie o una storia più impegnata o più interessante..
mi tocca dare ragione a fabio, michele..
non puoi criticare il film dicendo che la storia è tediosa..
comunque sia avendoci un po' pensato con il tempo (è passato quasi un mese dalla visione) ritengo che il film possieda una forza visiva e un realismo molto positivi; pecca soltanto in un alcuni cardini fondamentali, come il motivo scatenante l'avventura (come scrissi già qualche pagina addietro) ed alcuni passaggi a vuoto che sanno di stereotipato.
#156
Inviato 26 marzo 2008 - 12:54
d'accordo Astro però sono almeno due mesi che tutti sanno tutto della vicenda di questo film, del personaggio protagonista e delle sue peripezie. A che pro lamentarsene una volta andatolo a vedere?
Nel senso, non potevi aspettarti un gangster movie o una storia più impegnata o più interessante..
In realtà l'ho visto almeno un mesetto fa, su consiglio pressante di un amico e senza sapere nulla della vicenda in questione. Per fortuna non ho speso soldi al cinema...
the music that forced the world into future
#157
Inviato 26 marzo 2008 - 15:26
.. siamo ai minimi storici.
in queste ultime pagine siamo ai livelli di chi critica arancia meccanica perchè i ragazzi sono dei cattivi bastardi che ammazzano di botte la gente.
Io ho cercato di difendere il film ma mi avete lasciato solo in questa lotta impari.
E comunque voglio rivederlo a breve.
"Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... per Groucho Marx tanto per dirne una, e Willie Mays e... il secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l'incisione Potatoehea Vlues... i film svedesi naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili... mele e pere di Cézanne, i granchi di Sam Wo, il viso di Tracey"
"Saigon. Merda. Sono ancora soltanto a Saigon. Ogni volta penso che mi risveglierò di nuovo nella giungla"
#158
Inviato 26 marzo 2008 - 15:53
Tediosa la vicenda del ragazzino rivoluzionario che lascia famiglia e università per un viaggio senza meta, il tutto già visto e già affrontato mille volte, roba trita e ritrita.
guardate che è tratto da una storia vera :
anche il fatto delle rapide.. E' stato tutto trovato scritto sul diario del ragazzo.
Una storia vera e tediosa!
Poteva ispirarsi a qualche vicenda più interessante...
d'accordo Astro però sono almeno due mesi che tutti sanno tutto della vicenda di questo film, del personaggio protagonista e delle sue peripezie. A che pro lamentarsene una volta andatolo a vedere?
Nel senso, non potevi aspettarti un gangster movie o una storia più impegnata o più interessante..
mi tocca dare ragione a fabio, michele..
non puoi criticare il film dicendo che la storia è tediosa..
comunque sia avendoci un po' pensato con il tempo (è passato quasi un mese dalla visione) ritengo che il film possieda una forza visiva e un realismo molto positivi; pecca soltanto in un alcuni cardini fondamentali, come il motivo scatenante l'avventura (come scrissi già qualche pagina addietro) ed alcuni passaggi a vuoto che sanno di stereotipato.
diciamo che pecca in alcuni cardini fondamentali tipo:
la sceneggiatura (i dialoghi soprattutto).
Detto questo, se qualcuno è interessato a vedersi un pò di panorami
allora è un bel film..poi scusatemi ma non si possono fare commenti profondi
su un film cosi facilone. E non me ne frega niente che la storia
sia vera..se il tono del film è quello di una gita in campagna vuol dire
che Sean non ha reso per nulla il dramma della scelta.
Ci sta pure che lo stesso protagonista (quello vero intendo) della vicenda, ad esempio, non sapesse scrivere..non sapesse cioè rendere arte la sua scelta.
Quello toccava a Sean Penn che invece è riuscito a far sembrare fasulla una cosa vera.
www.crm-music.com
Mettere su un gruppo anarcho wave a 40 anni.
#159
Inviato 31 luglio 2008 - 20:53
Comunque voglio dire la mia: per me questo qua è uno dei film più importanti degli ultimi anni, insieme a "Le tre sepulture" di Tommy Lee Jones, entrambi a mio modesto avviso rientrano fra i classici moderni, con tutte le caratteristiche tipicamente moderne (spaesamento, mancanza di senso) e tipicamente americane (frontiera, scoperta, viaggio come modello interiore).
Un film di una complessità spaventevole.
Penn mi ha davvero sorpreso.
Se volete leggere una mia recensione eccola qua (fatta per un giornalino locale di amici, con tema IL PARADOSSO):
Una strada è solo una strada; se senti che non dovresti seguirla, non devi restare con essa a nessuna condizione. Guarda ogni strada attentamente e deliberatamente. Mettila alla prova tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te soltanto, una domanda. Questa strada ha un cuore? Tutte le strade sono uguali; non portano da nessuna parte.
C. Castaneda
Alzo le mani, riuscire a parlare in termini condivisibili o perlomeno accettabili di correlazioni e abbracci fra paradosso e cinema per il sottoscritto è cosa ardua, non credo di esserne proprio all’altezza. Benché qualche volta vada al cinema cercando di dare un senso alla visione, collegare quanto visto a un paradosso, ossia “cercare una conclusione inaccettabile che derivi da un ragionamento accettabile”, esula della mie precarie facoltà cerebrali. Messe le mani avanti ci si prova, facciamolo per educazione e spirito di fratellanza.
“Into the wild” è un film della madonna. Grande, grosso e profondissimo, con livelli di lettura molteplici e via via sempre più raffinati, per strati si potrebbe interloquire dal soggetto fino ai movimenti macchina (camera a mano, rallenty, carrellate in cielo, velocizzazioni gustosamente fuori luogo) usate con una sapienza da leccarsi gli occhi (però sto Penn! dico). Gli avventori più semplici potrebbero pensare ecco il solito film militante “W la natura abbasso la città e W ‘sto tipo che fugge dalla contaminata civiltà per stare finalmente per i fatti i suoi fra le montagne”: caro avventore semplice, il buon Penn fa un’opera di una complessità unica, forse già un classico per i nostri anni in via di de-tarantinizzazione. Un film vero ed in realtà inspiegabile, direi incomprensibile, per questo paradossale: Alex Supertramp (“supervagabondo”) cerca se stesso come vorrebbe farci (farsi) intendere o fugge da una situazione familiare insostenibile? Eroe o codardo? Eppoi vabbè se non siete andati a vederlo peggio per voi, io vi dico il finale: sto tizio schiatta, la natura lo sovrasta, lo distrugge, gli sbarra la strada nella via del ritorno e scheletrico lo costringe alla morte durissima, tragica, spirituale e consapevole. C’è la storia, c’è Alex che si coinvolge e sconvolge ambiti prima sconosciuti, dal nonnetto (“la verità è nel perdono”) alla comune freak (“il mondo dei freak non è rose e fiori”), ma il tarlo, la rabbia, il (mio) cuore batte mai sazio sul “dai Alex, prendi una cazzo di moneta e chiama i tuoi, digli che sei vivo dopo mesi e mesi, diglielo, ti prego”. Cristo i suoi davvero impazziscono di dolore, e la voce calma e rassegnata della sorella prova a tracciare un disegno, a dare una tregua a quella follia. Penn, che conosciamo tutti per il suo impegno concreto e schierato, ha il tocco sensibile della maestria raggiunta e non fa del suo personaggio una apologia: mette semplicemente in mostra una tragedia eterna, la tragedia umana della ricerca del sé, nell’unica maniera possibile, ossia con un bel punto interrogativo: non passa attimo che Alex stesso non rimandi al pubblico quella domanda, sfidandolo (splendido quando per un istante coglionescamente guarda in macchina), chiedendo in primis a chi sta lì seduto in poltrona che ne pensa dei suoi atti, dei suoi sentimenti feriti, del suo gesto estremo (stupido? eroico?): in due parola la risposta è sospesa, ed il paradosso rimane tale, spiegarlo distruggerebbe il mondo in un attimo, come i greci insegna(va)no. La spinta è la fuga, l’arrivo è la morte con lo sguardo che sogna un ritorno fra le braccia dei suoi, di un perdono finalmente concesso alla sua famiglia, con gli occhi che pian piano perdono l’anima guardando il cielo, le nuvole sgretolate dal sole, quella parvenza (reale) di Dio che va oltre tutto e tutti (e che forse è stata finalmente trovata). “La felicità è nella condivisione”, scritto con mano tremante da Supertramp, da uno che ha scelto la prova solitaria. L’immagine del vero Alex, in un autoscatto che rimanda tutto a verità e non a favola è tremenda, lacerante, nei due secondi finali più consapevoli degli ultimi anni.
#160
Inviato 31 luglio 2008 - 22:30
#161
Inviato 01 agosto 2008 - 11:17
Penn ha lottato non poco per acquisire i diritti del libro di Krakauer (Nelle terre estreme), a testimonianza di una caparbietà davvero commovente, dato il soggetto basato su una storia vera.
il film è coraggioso non solo perché narra una ricerca "vera" della libertà e di sè stessi spogliandola da facili (e oggi incomprensibili) velleità idealistiche (post-hyppie) ma perché ricuce uno strappo consumato tanto tempo fa (anche per colpa di Hollywood) tra l'America come luogo metafisico e il popolo americano.
nell'epoca in cui trionfa la logica del fast-food (parliamo dei primi anni 90, quando la stessa di McDonald's splendeva radiosa), del bockbuster, dell'USA&getta, dell'obesità e dell'edonismo di massa, narrare la vicenda di un ragazzo che insegue la sua "frontiera" è una scelta davvero coraggiosa.
La "frontiera", quel luogo della mente e del corpo su cui s'è costruito il mito americano, viene recuperata nella sua più drammatica accezione (frontiera anche della vita stessa, vista la sorte del protagonista) e rilanciata nella nostra epoca senza assumere alcuna valenza politica ma come semplice e puro "atto di fede".
non posso che confermare: un film SPLENDIDO, tra i migliori non solo di questo decennio.
(Arturo Toscanini)
molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »
#162
Inviato 01 agosto 2008 - 15:01
#163
Inviato 01 agosto 2008 - 15:09
#164
Inviato 01 agosto 2008 - 15:12
minchia ragazzi non ci sono mezze misure per sto film! A me purtroppo non ha lasciato niente, a parte i paesaggi. Sarò insensibile, ma mi è sembrato tutto troppo stereotipato (ma ammetto che non conoscevo la storia del tipo, decisamente interessante). Il problema infatti è proprio la resa filmica, e non la storia in sè. Cioè condividerei appieno la scelta del protagonista, se non fosse che vedendo il film finisci per odiarlo (soprattutto per l'infelice scelta dell'attore, una faccia di culo d'altri tempi), soprattutto come è reso il rapporto con il vecchio. Sì insomma purtroppo non sono riuscito a non farmi venire la gastrite di fronte a sto sbarbato che insegna a dx e sx. Lo so magari è colpa mia, il problema ripeto è come è stata resa la storia su pellicola. Sinceramente sulla fuga dalla civiltà, dai consumi e come rigetto della stessa (anche se in entrambi i casi non sono i fulcri pieni delle opere) consiglio il documentario di Herzog, Grizzly Man, quello veramente un'opera da ricordare, priva di qualsivoglia sentimentalismi e decisamente VERA.
Condivido tutto al 100%. Mi hai tolto le parole di tastiera; solo che io sarei stato meno diplomatico.
http://www.anobii.com/satyajit/books
http://www.goodreads...3893406-claudio
https://twitter.com/EligioAldoVere
#165
Inviato 01 agosto 2008 - 15:41
#166
Inviato 01 agosto 2008 - 16:01
Questo forum ancora una volta si conferma luogo dove si mettono in discussione film altrove incensati all'unanimità. Solo che per quanto mi riguarda non è caratteristica di cui farsi vanto.
Secondo me non c'è niente di male in questo, solo che la maggior parte delle critiche mi sembra molto superficiale.
#167
Inviato 01 agosto 2008 - 16:15
#168
Inviato 01 agosto 2008 - 16:28
Ci tenevo a sottolineare, oltre all'impossibilità di criticare un'interpretazione come quella di Emile Hirsch (consentitelo: l'intensità messa in campo da questo attore è oggettiva), l'abitudine di andare controcorrente. Non dico che ci sia premeditazione in ciò, ci mancherebbe: fatto sta che più volte qui si sono messe in discussione opere altrove amate all'unanimità.
Poi, certo, la mancanza di argomentazioni (si legga pure che ogni intervento tira in ballo la storia dello stereotipo) e l'accostamento ad Herzog (come se analogie nelle storie trattate potrebbero comportare paragoni sulle pellicole stesse) sono aggravanti che vanno avanti da quando il film è uscito nelle sale.
Come sempre non dico che il film di debba amare a tutti i costi, ma qui sul forum (e quasi soltanto qui) pare quasi che si stia parlando dell'ultima americanata che siamo stati costretti a subire. Sono io che non me ne capacito: il problema magari è mio, boh.
#169
Inviato 01 agosto 2008 - 16:53
Sono io che non me ne capacito: il problema magari è mio, boh.
ma pure io eh
#170
Inviato 01 agosto 2008 - 17:17
Su questo film a me onestamente stupisce l'unanimità di critiche positive, perché mi sembra davvero un filmetto. Non brutto, ma molto modesto.
Altre volte sono io che, avendo un'idea di cinema diversa da quella dominante, vado consapevolmente controcorrente (ad esempio nel caso dell'ultimo dei Coen) e lo riconosco, ma non mi capacito di come possa piacere così di tanto questo di Penn, pur essendomi piaciuti decisamente gli altri due suoi lavori che ho visto (La promessa e l'episodio di 11/09/01). Che devo dire? Lo rivedrò, prima o poi.
http://www.anobii.com/satyajit/books
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https://twitter.com/EligioAldoVere
#171
Inviato 01 agosto 2008 - 17:27
Ora non posso esimermi dal chiederti che differenza c'è fra la tua idea di cinema e quella dominante. Perchè ti renderai conto di quanto elitarismo si percepisca da una tale affermazione.
#172
Inviato 01 agosto 2008 - 17:36
A me ormai mi marcate a uomo, comunque...
Su questo film a me onestamente stupisce l'unanimità di critiche positive, perché mi sembra davvero un filmetto. Non brutto, ma molto modesto.
Altre volte sono io che, avendo un'idea di cinema diversa da quella dominante, vado consapevolmente controcorrente (ad esempio nel caso dell'ultimo dei Coen) e lo riconosco, ma non mi capacito di come possa piacere così di tanto questo di Penn, pur essendomi piaciuti decisamente gli altri due suoi lavori che ho visto (La promessa e l'episodio di 11/09/01). Che devo dire? Lo rivedrò, prima o poi.
Ecco, io parlavo proprio di questi interventi. Del "filmettino modesto".
Un filmetto non può contare su una tale passione, su una potenza audio-visiva tanto traboccante, su un senso paesaggistico personalissimo nel suo non essere nè malickiano nè herzogiano. Qualcuno ha fatto notare che il protagonista direbbe cose banali e risapute, magari aspettandosi da parte di un adolescente composizioni degne di trattati filosofici.
#173
Inviato 01 agosto 2008 - 23:14
Il paragone col film di Herzog è inevitabile vista la vicinanza temporale delle due uscite e Penn ne esce malconcio. I dialoghi (anzi i monologhi) di Grizzly Man sono molto più stupidi, ma non per questo vengono edulcorati come in Into the Wild.
Se poi non sono granché, si possono anche omettere e far parlare le immagini - è questa la mia idea di cinema, o una delle mie idee - anzichè soffocarli con le parole e con il montaggio: in Into the Wild le immagini non respirano. E in Herzog, soprattutto, percepisco una grande tensione etica pressoché assente nel film di Penn.
Poi ovviamente esistono anche "terze vie" e Olmi ne è un validissimo esempio, ma il cinema alla Into the Way come profondità è rimasto ai tempi non certo esaltanti di Easy Rider. Io mi aspetto un'evoluzione, per tornare ad apprezzare il cinema hollywoodiano.
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http://www.goodreads...3893406-claudio
https://twitter.com/EligioAldoVere
#174
Inviato 03 agosto 2008 - 11:50
#175
Inviato 03 agosto 2008 - 13:25
Avevo cancellato il mio intervento senza accorgermi di essere stato quotato.
Ci tenevo a sottolineare, oltre all'impossibilità di criticare un'interpretazione come quella di Emile Hirsch (consentitelo: l'intensità messa in campo da questo attore è oggettiva), l'abitudine di andare controcorrente. Non dico che ci sia premeditazione in ciò, ci mancherebbe: fatto sta che più volte qui si sono messe in discussione opere altrove amate all'unanimità.
Poi, certo, la mancanza di argomentazioni (si legga pure che ogni intervento tira in ballo la storia dello stereotipo) e l'accostamento ad Herzog (come se analogie nelle storie trattate potrebbero comportare paragoni sulle pellicole stesse) sono aggravanti che vanno avanti da quando il film è uscito nelle sale.
Come sempre non dico che il film di debba amare a tutti i costi, ma qui sul forum (e quasi soltanto qui) pare quasi che si stia parlando dell'ultima americanata che siamo stati costretti a subire. Sono io che non me ne capacito: il problema magari è mio, boh.
A) niente è oggettivo, se si parla di musica o cinema, almeno per me (vabbeh postulati oggettivi ci sono, tipo i Doors erano in 4, Janis Joplin la dava via, ecc), quindi per me Hirsch è oggettivamente un faccia di culo e tale faccia mi impedisce di scorgerne l'assoluto talento (stronzata grossa come le pile di merda di mia figlia letta da qualche parte). Bene che molti lo pensino, bene lo stesso che io non ci riesca.
B)Se a me risulta stereotipato, è perchè pur di crititcare sto film osannato da tutti tiro fuori questa argomentazione? Purtroppo no, primo perchè altre cose di Penn mi piacciono, mi piace lui, ma mi è sembrato stereotipato il film. Non vedo perchè sarebbe mancanza di argomenti.
C) L'accostamento ad Herzog mi viene naturale, anche se come ho scritto sono differenti i fulcri tematici dei due film, però mi viene naturale forse solo per comune ambientazione e per i personaggi perdenti. Anche se non sono paragonabili, tra i due, sul tema della fuga dalla società, consiglio quello di Herzog.
D) Non dico sia un film brutto, solo che a me non ha detto niente e non ho neanche voglia di rivederlo.
#176
Inviato 24 agosto 2008 - 01:05
#177
Inviato 24 agosto 2008 - 15:28
Comunque è ora di trovare il tempo per una seconda visione, è passato troppo tempo e ho bisogno di dare un giudizio definitivo.
"Beh, devo essere ottimista. Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Beh, esistono al mondo alcune cose, credo, per cui valga la pena di vivere. E cosa? Ok. Per me... io direi... per Groucho Marx tanto per dirne una, e Willie Mays e... il secondo movimento della sinfonia Jupiter... Louis Armstrong, l'incisione Potatoehea Vlues... i film svedesi naturalmente... L’educazione sentimentale di Flaubert... Marlon Brando, Frank Sinatra, quelle incredibili... mele e pere di Cézanne, i granchi di Sam Wo, il viso di Tracey"
"Saigon. Merda. Sono ancora soltanto a Saigon. Ogni volta penso che mi risveglierò di nuovo nella giungla"
#178
Inviato 29 settembre 2008 - 16:40
#179
Inviato 21 febbraio 2009 - 15:32
"Cinque settimane prima aveva caricato tutti gli averi sulla sua Datsun e si era diretto a ovest, senza seguire un itinerario preciso. Sarebbe stato una vera e propria odissea, un viaggio epico che avrebbe cambiato ogni cosa. Per come la vedeva lui, negli ultimi quattro anni si era dedicato a un compito oneroso e assurdo: laurearsi. Adesso, finalmente si sentiva libero, si era lasciato alle spalle i condizionamenti del mondo soffocante dei genitori e simili, quel mondo di superficialità ed eccessi materialistici che lo escludeva dall??autentico pulsare dell??esistenza.
Lasciando Atlanta alle spalle, Chris intendeva inventarsi una vita nuova, una vita in cui fosse possibile immergersi nelle esperienze senza filtri di alcun genere. Simbolo della completa rottura col passato fu l??adozione di un nuove nome: da quel momento non si sarebbe più chiamato Chris McCandless ma Alexander Supertramp, il vagabondo padrone del proprio destino."
Jon Krakauer, Nelle terre estreme
Ma nel libro c'è anche un'altra verità, più prosaica ma non per questo meno vera:
"Da giovane è facile credere che ciò che desideri sia ciò che ti meriti, è facile convincersi che se davvero vuoi qualcosa, è tuo sacrosanto diritto ottenerla. [?] Pensavo che scalare il Devils Thumb avrebbe sistemato tutto quello che non andava della mia esistenza. Di fatto non cambiò quasi nulla, ma mi permise di comprendere che le montagne non sono un buon ricettacolo per i sogni. E sopravvissi per raccontare la mia storia."
Jon Krakauer, Nelle terre estreme
Sean Penn decide, deliberatamente, di aderire al sogno americano, persuaso che l'idea di Chris McCandless non era quella di fuggire ma, al contrario, di poter affermare la sua libertà contro le imposizioni sociali e familiari. Per alcuni critici il finale scelto da Penn è troppo "mistico", in realtà è funzionale alla poetica del regista, alla sua testarda autonomia in un Paese da cui non ha mai voluto fuggire ma su cui non ha alcuna intenzione di negarsi la libertà di critica. Come ha confermato lo stesso regista:" Into the wild è anche la mia lettera d'amore all'America che amo, che magari va cercata ma c'è ancora. Io non sono cinico: a volte demoralizzato, ma cinico mai..."
E' la magia dell'America.
Nel film c'è poca, pochissima psicologia, e tanta, tantissima umanità.
Quell'umanità che porterà Chris a scrivere, in limine mortis, "happiness is real only if shared" e a riappropriarsi del suo nome.
Lo farà, e non casualmente, in un mondo lontanissimo dalla Civiltà, dove ti capita di essere sfiorato da un orso bruno che sembra quasi indifferente a quel corpo denutrito, dove un branco di lupi voraci banchettano alla tua tavola, dove qualche filo d'erba puo' essere infido se non, addirittura, letale.
Perché la Natura non è né buona, né cattiva, ma è governata da leggi inviolabili che non contemplano sentimenti di pietà.
Questo è grande cinema, dove la forma si fa anch'essa sostanza e che si eleva ancor di più grazie a un Vedder favoloso.
saluti
krisis
p.s. ho letto le prime 3/4 pagine del 3d.
Ho apprezzato, tra le altre, le parole di Corey.
«Omaggio a Sarah Kane. Le corde vocali di Staples diventano marmo su cui scivolano le parole della drammaturga britannica. Il mood Velvet Underground aleggia su questo brano...
è il miglior momento di Waiting for the Moon.»
Maldon
#180
Inviato 22 febbraio 2009 - 10:58
Apprezzamento integralmente ricambiato.
Saluti
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