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Signorinaeffe di Wilma Labate


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3 replies to this topic

#1 Mia

    Classic Rocker

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Inviato 23 gennaio 2008 - 21:50

Un bel film. Con una meravigliosa coppia di protagonisti (Valeria Solarino e Filippo Timi). Mi è molto piaciuta la rappresentazione della famiglia proletaria meridionale trapiantata al Nord, soprattutto la figura del padre, che crede sinceramente di dovere tutto alla Fiat, che rimpiange i tempi in cui si lavorava sodo senza "scassaminchia", e i figli degli operai andavano d'estate tutti insieme in colonia. Intenso ed affascinantissimo Filippo Timi (il suo sguardo e la sua voce mi hanno fatto venire i brividi), così come mi hanno molto emozionato i filmati d'epoca dei cortei e dei comizi. Dal finale mi aspettavo qualcosa di più, e l'ultima parte del film, come spesso accade, è un pò 'arraffazzonata'. Ma nulla di grave. L'atmosfera e i protagonisti hanno valso comunque il prezzo del biglietto.
Voto (così, per gioco): 7.
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#2 scirocco

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Inviato 29 gennaio 2008 - 23:46

Non conoscevo la Labate, ma il tema di questo film (il gigantesco sciopero e la lotta di classe che paralizzarono la Fiat nel 1980) mi sembrava quanto mai degno di una visione: delusione totale.
Uno degli episodi più cupi, complessi e delicati della nostra recente storia operaia è raccontato con modestissimo spessore. Un peccato, perchè il soggetto avrebbe meritato una sceneggiatura e uno sguardo ben più profondi e meticolosi.
La tremenda regia in stile 'tv-fiction' è uno tsunami che cavalca i lati peggiori dell'attuale cine-onda nostrana (pretenziosità, superficialità, finto velleitarismo autoriale figlio del piccolo schermo). Un film senz'anima e senza luce dove il disagio sfiorisce nella pura parodia. Dialoghi imbarazzanti, sequenze posticce e una love-story assolutamente improbabile (nonostante i due bravi protagonisti ci mettano l'anima e provino davvero a crederci). Filippo Timi è un grande attore teatrale che al cinema, però, ha dimostrato una certa discontinuità. Qui sopravvive solo grazie al suo enorme magnetismo fisico: consueto sguardo ombroso, battute secchissime, voce roca. La (bella) Solarino devo ancora capirla fino in fondo: non so se c'è o ci fa (secondo me è una sòla, comunque).

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#3 bowman

    Groupie

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Inviato 30 gennaio 2008 - 13:03

sono d'accordo con scirocco. mi è sembrato un film (una fiction televisiva) addirittura imbarazzante. spesso in Italia si pensa che se nel film è presente una tematica sociale allora il film ha già di per sé spessore. è un gravissimo errore. i film devono raccontare storie, personaggi, costruire atmosfere, dare un'anima alla rappresentazione.partire da una tematica sociale, o addirittura da un pezzo di storia, è una cosa complicatissima proprio perché quella tematica sociale, quel pezzo di storia vanno raccontati e vanno presentati allo spettatore con una certa energia (che io regista devo dare). Pensare quindi che lo spessore è già dato ed io regista devo solo accendere la cinepresa, è davvero deleterio.
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#4 tiresia

    Sue Ellen

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Inviato 06 luglio 2008 - 17:52

Io lo definisco un buon film mancato ottima l'idea non la sua realizzazione, perchè questo film si sdoppia e vive di due anime, una parte pubblica, che racconta lâ??italia, la Fiat, Torino in quella cesura storica importantissima per la nostra storia politica, sindacale, sociale e del lavoro che fu la marcia dei 40.000 quadri nel 1982 e la parte privata, che narra di una emancipazione femminile, non solo di amore.

Ecco, il tentativo della Labate di rappresentare con un esempio privato 35 giorni di sciopero fallisce miseramente, perchè oscura il movimento, le dinamiche, gli attriti che coinvolsero 24.000 persone, tanti furono i cassa integrati a zero ore, e cambiarono per sempre la storia della lotta operaia e dei rapporti sindacali in questo paese. E la storia privata non si sviluppa, non trova autonomia in quello schiacciasassi storico che è lâ??evento della Fiat bloccata, dei quadri contro gli operai, della stanchezza fisiologica della lotta sindacale.
I moventi privati dei protagonisti quindi tendono a fagocitare scelte molto più complesse, lâ??ingegnere fidanzato della Solarino, aperto, riformista, poi sposa in pieno la linea dellâ??azienda e questa scelta nel film è dettata dalla gelosia per lâ??abbandono della ragazza a favore di un operaio, e ciò finisce per essere alquanto riduttivo.
E la storia privata di una donna che passa dalla tutela del padre (meridionale e conservatore) alla tutela del fidanzato, più grande, che dirige tutta la sua vita anche a sua insaputa, che le prefigura il ruolo di moglie e madre già pronto, che le concede un salto sociale coadiuvato, ma certo non determinato, da studi superiori si perde. Una emancipazione che non si chiarisce, ma probabilmente alla fine si realizza con tanto di scotto pagato (il finale è molto bello), in cui vengono descritti tutti quei ruoli secolari che gli individui si portano dietro, in cui le donne si catalogano per età, fertilità, istruzione al solo fine di contrarre matrimonio, e mai e poi mai una donna può mantenere il compagno, in cui il lavoro è uno stigma indelebile.

Ma dentro ci sono buone cose, una piccola storia dei rapporti di forza nella grande impresa, la condizione del lavoro subordinato, lâ??evolversi in tre generazioni del modo di concepire la fabbrica e il proprio ruolo al suo interno, quasi un breviario di organizzaizone industriale.
Sullo sfondo appena accennata la grande rivoluzione dellâ??automazione in fabbrica.
Buono davvero Timi,non la Solarino, dissento qui, ingessata e inespressiva.
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