Per me invece Aja e poi The Nightfly di Fagen sono il punto di arrivo della loro arte. Riuscire a lavare via dalla musica qualsiasi genere precostituito servendosi di una produzione che va oltre la perfezione, delle esecuzioni pensate al millimetro, tagliando via qualsiasi virtuosismo gratuito. In Aja tutta la concentrazione è sulle progressioni armoniche del jazz modale con politonalità estreme, riescono a scoprirne di nuove mai sentite e poi le infilano in dei brani pop dalla struttura intricata ed enigmatica. Scompare quasi totalmente il loro lato più rock per lasciare spazio a delle atmosfere che a me trasmettono molto misticismo seppur dentro il contesto fusion da loro creato. Potrà suonare freddo il risultato, ma a me suona come il raggiungimento di un'emozionante perfezione in cui tutto è controllato e stretto in delle redini strettissime, dalle pause silenziose tra gli stacchi della titletrack alla voce di Fagen.
I dischi precedenti sono un bel punto di incontro tra jazz pop e rock, Aja non riesco proprio a capire cosa cazzo sia e ne sono contento.
Coniugare "l'andare oltre" (musica "alta") e reinventarlo in forma pop (musica "bassa").
Roba comparabile solamente con il Miles di Bitches Brew, opera nel quale si arriva a scavare in soluzioni armoniche e ritmiche ancestrali, arrivando per davvero al nucleo della blackness (che volgarmente traduciamo in "negritudine").
Mi sembra un paragone francamente fuori luogo. Per me al contrario Bitches brew (a parte Sanctuary) segna assieme a in a silent way l'inizio dell'abbandono delle composizioni sofisticate del secondo quintetto verso pezzi basati su semplici vamp. E poi gli Steely Dan sono proprio quanto di più lontano dalle improvvisazioni di Bitches che suona densissimo e molto libero, Aja è calcolato in maniera maniacale e rimane un disco di pezzi pop.