Mi pare che si sia finiti per ridurre la questione alla solita, e finta, dicotomia tra umanisti e scientifici, perdendo la parte più interessante dell'intervento di Boldrin, che per me è il secondo pezzo quotato da Life, e non il primo, in cui si lancia in una disamina un po' spericolata sul gentilismo che è buona per richiamare un po' di attenzione ma è fondamentalmente inutile. Altra cosa abbastanza inutile è l'aneddotica (il mio prof / il mio compagno / la mia bidella) con la quale però noi italiani abbiamo un legame amoroso indissolubile.
Al di là di se sia meglio studiare il greco o il C++, con le relative schermaglie, i punti mi sembrano due:
1. Cosa è possibile scegliere e come è possibile sceglierlo
2. Le vere motivazioni del sistema
Il punto uno mi sembra chiave: non c'è dubbio che l'offerta italiana sia estremamente ridotta e la scelta completamente discreta, pressoché irrevocabile, e che discoraggia totalmente la formazione di un'autonomia intellettuale e di scelta di cui poi ci si trova sprovvisti quando serve, ovvero all'università e poi nel mondo del lavoro. La cosa vale per l'istruzione superiore E per l'università.
Da noi si sceglie una volta, a 14 anni, tra 3-4 alternative (che poi per il sistema gentiliano si riducono a 1-2, nel senso che se sei di una certa classe sociale è o classico o scientifico). Poi si passano 5 anni letteralmente nella stessa stanza e con la stessa gente, seguendo un programma mandated dalla prima all'ultima ora. Provare altro non è possibile, si può solamente cambiare alla cieca perdendo anni. Queste 3-4 alternative differiscono poi per un misero motivo di allocazione temporale all'interno delle solito 6-7 discipline peraltro gerarchizzate.
La proposta di Boldrin è quella di posticipare la scelta ai 16 anni allorquando uno può costruirsi un programma personalizzato tanto orizzontalmente (numero di materie) quanto verticalmente (livello di approfondimento), cambiando classi e persone a seconda degli interessi, provando senza impegnarsi per anni, facendosi un'idea di cosa c'è là fuori in chiave università e lavoro, creandosi una personalità e un'indipendenza che è proprio il valore attivamente scoraggiato dal sistema attuale (superiore e universitario).
Questo secondo me ha diverse ricadute positive:
1. Tirarsi fuori la paglia dal culo a 16, cominciare a pensare alla propria vita e ai trade-off da fare, frequentare più persone in un contesto meno a bolla e più professionale, più paritario e dove se passi un'ora della tua vita in una stanza a sentire uno che parla, è perché l'hai scelto tu con tutti i diritti e doveri del caso.
2. Avere un'idea di cos'è, o almeno dove si trova, una larga parte dello scibile umano, e non solo italiano matematica latino scienze. Inclusi gli studi vocazionali che da noi sono in situazioni alla Meri per sempre descritte da Seattle ma che altrove (Germania) sono di prestigio, perché spiegano come interfacciarsi con le tecnologie produttive, e spiegano il 30% in più di produttività (minor costo per unità di lavoro) che la Germania ha guadagnato su di noi negli ultimi sei anni. Da noi invece l'assenza di manualità è un vanto di stampo medievale che produce idioti come il me stesso diciottenne di tre lustri fa.
3. Riflessioni e spiegazioni sul perché si sceglie quello che si sceglie, che sia sanscrito o idraulica, a livello individuale dello studente e del professore che deve spiegare e anche un po' vendere perché imposta il corso come lo imposta, quali sono le applicazioni della tecnica A o del concetto B, perché fare X e non Y. Ci si lamenta del nozionismo, ma questo non è che un corollario del sistema vigente in Italia: in altri sistemi invece si usa il mandare a memoria (che è tecnica utile ed efficace) dopo aver fatto attenzione a cosa sia importante mandare a memoria.
Una cosa che apprezzo molto dell'istruzione anglosassone è che si parte sempre col concetto della motivation: perché ti spiego questa tecnica, per quali applicazioni questo concetto può essere utile, perché facciamo X e non Y. Vale sia per il C++ che per la filosofia.
4. Siccome comunque prima di fare una materia non puoi sapere se ti piacerà/sarà utile o meno, un criterio importante di scelta e successo è la qualità e la reputazione dei professori, che quindi finalmente si manifesta ed è motore importante del successo accademico della scuola. As opposed to il sistema attuale dove il maestro è uno che sta in una scatola, può essere un genio o un insetto, non si deve guadagnare niente. Siccome invece nel sistema anglosassone c'è il periodo nel quale gli studenti possono andare a 2-3 lezioni e vedere com'è, c'è molta più enfasi nel motivare e anche un po' vendere il proprio corso. Anche in molti licei/high school sono arrivati gli strumenti di asta a punti per scegliere le classi più popolari. Nota che non è necessario mettere in piedi un sistema di valutazione: la gente vota coi piedi, andando nelle classi con migliore reputazione, chiedendo agli altri studenti che hanno frequentato il corso A o quello B.
Ripensare il tutto nel senso di fare 100 piccole scelte reversibili invece di 2 grandi che non si capiscono e poi sono inevitabilmente fatte a cazzo (ti rendi conto che hai sbagliato o semplicemente che vuoi fare anche qualcos'altro -> persi 5 anni)
5. Efficientamento delle strutture pubbliche, perché un sistema basato sulla domanda mette a nudo facilmente le sacche di nullafacenza e impone la ristrutturazione in ambienti più grandi, per ottenere massa critica per un numero più alto di discipline. Purtroppo questo non avverrà mai in Italia (fin quando non sarò ministro dell'Istruzione io) dove il fine primo dell'istruzione è dare lavoro al carrozzone statale, meridionalistico e clientelare del corpo docente, dove la meritocrazia è nulla e quindi la paga da fame per tutti.
Boldrin propone un sistema di questo genere perché ne vede gli effetti: persone che a 16, 17, 18 anni sono infinitamente più adulte delle nostre. Che studino Tacito o Turing.