Manu Larcenet - Lo scontro quotidiano
Dovessi scegliere un aggettivo, direi profondo.
Una storia ordinaria che proprio per questo è universale, e affronta, alternando sapientemente risate e pugni allo stomaco, leggerezza e mancanza di centri di gravità permanenti, una miriade di spunti e temi: la paura di crescere, l'amore, l'essere genitori e il perderli e l'incorporarli in sè quasi senza accorgersene, la famiglia, l'ipocrisia del mondo dell'arte, l'ortodossia che fa a pugni con l'amicizia, il lavoro, la crisi, l'ansia e la psicoanalisi. E la guerra di Algeria, che scopro leggendo su internet essere una ferita che si è fatto finta di ignorare per troppo tempo.
Più si va avanti, più il registro passa dallo strettamente personale al sociale, paradossalmente si passa dall'instabile (l'eterna adolescenza, i continui attacchi di panico) allo stabile (la paternità, la scoperta postuma del proprio padre,la scomparsa degli attacchi la serena autodefinizione: "perchè è quello che so fare") fino all'ultima parte apertamente politica con il personaggio di Pablo improvvisato Virgilio nella notte delle elezioni.
Un libro da leggere più che da descrivere perchè è davvero una storia che fa bene, per quanto il titolo, quanto mai azzeccato, faccia intendere che è letteralmente una lotta - quotidiana appunto - quella per trovare il proprio posto senza lasciarsi sopraffare dal tutto il resto.
Ognuno si porta quindi dei pezzettini, delle vignette con sè: le mie sono il povero Adolf, la foto mandata dal padre, l'abbraccio al funerale, la figlia che viene spinta dal compagnetto e di tutta risposta gli corre dietro (questa apparentemente innocua, è invece potentissima e sovraccarica di significati, non solo se si è genitori), il dire involontariamente le stesse parole dette dal proprio padre.
Un libro in cui è quasi impossibile non ritrovarcisi, almeno un po' (io ci ho trovato persino le imbarazzanti t-shirt dei Nofx delle superiori ).