Inviato 16 agosto 2007 - 12:15
Da Quattroruote di Agosto:
La disfida di Ripabella
12.000 multe in pochi mesi fanno esplodere una rivolta
senza precedenti: la Procura di Livorno apre un'inchiesta,
il giudice di pace di Cecina annulla pacchi di verbali,
Storia di una vicenda che potrebbe fare scuola in tutt'Italia
? una storia complicata da raccontare, quella dell'autovelox di Riparbella, piccolo comune della provincia di Pisa in cima a una collina a una manciata di chilometri dalle spiagge di Cecina. Complicata perché sono tante storie insieme: di ordinaria burocrazia e di cattiva amministrazione, di leggi poco chiare e di atti discutibili, di multe salate e di ricorsi, di sospetti e d'indagini, di proteste e di disperazione. Ma è anche una storia d'imprenditori, amministratori locali, agenti di Polizia municipale, avvocati, magistrati, tecnici, esperti, consulenti e, soprattutto, normali cittadini.
Che da un anno e mezzo si accapigliano attorno a un paio di Traffiphot e alle circa 12.000 multe per violazione dei limiti di velocità che, grazie a quei due strumenti, la Polizia municipale ha fatto in pochi mesi a cavallo fra il 2005 e il 2006 sulla strada regionale 68 che collega Cecina (Livorno)
UNA STORIA PARTICOLARE
Migliaia di multe fatte da due autovelox in pochi mesi? E che c'è di strano? Sono anni che fatti come questo accadono in giro per l'Italia, in particolare in quei comuni che hanno la «fortuna» di «ospitare» sul proprio territorio strade di grande comunicazione o strade statali o regionali ad alta frequentazione. Strade sulle quali, grazie a strumenti spesso in funzione 24 ore su 24 sette giorni su sette, noleggiati presso ditte private pagate a cottimo, cioè a percentuale sulle multe incassate, è facile «pizzicare» migliaia di automobilisti oltre i limiti.
Riparbella, però, fa storia a sé. Per due motivi: da un lato per la rivolta del comitato «No Gabelle», massiccia, organizzata, determinata, prolungata, una sorta di sollevazione popolare che per un anno e mezzo ha sfidato, stanato e inchiodato alle proprie responsabilità il Comune di Riparbella, la Provincia di Pisa, la Prefettura sempre di Pisa, il Provveditorato alle Opere ditta di Larciano, in provincia di Pistoia, che ha fornito gli strumenti e gestito il servizio.
In secondo luogo perché per la prima volta a occuparsi dell'autovelox non c'è solo il giudice di pace, chiamato a pronunciarsi su centinaia di ricorsi e sulla legittimità degli accertamenti, ma anche la magistratura ordinaria. E così, mentre il giudice di pace di Cecina sta annullando verbali a raffica (i ricorsi presentati sono circa 2000), condannando il Comune anche al pagamento delle spese, quantificate in 157,50 euro, la Procura della Repubblica di Livorno ha awiato un'inchiesta sull'appalto. «Un atto dovuto», minimizza Ghero Fontanelli, sindaco di Riparbella; «si tratta di un'indagine conoscitiva, c'è stato un esposto del comitato e la Procura non poteva fare diversamente». Lo conferma il procuratore reggente di Livorno, Antonio Giaconi: «? un atto dovuto, non c'è alcuna informazione di garanzia». Nessuno, insomma, è indagato, ma l'ipotesi di reato attorno alla quale sta lavorando la titolare dell'inchiesta, Carmen Santoro, è grave: abuso d'ufficio, reato che il Codice penale punisce con la reclusione da sei mesi a tre anni. L'indagine, inoltre, si sta allargando e sono 16, per ora, i Comuni coinvolti, tutti «clienti» della Centro Servizi: Casciana Terme, Castellina Marittima, Montescudaio, Santa Luce e Vicopisano in provincia di Pisa, Filattiera, Fosdinovo e Podenzana (Massa), Anghiari, Chiusi della Verna e Pieve Santo Stefano (Arezzo), Capoliveri e Marciana Marina (Livorno), Castiglione della Pescaia e Montieri (Grosseto). Palazzuolo sul Senio (Firenze).
Per carità, l'inchiesta è «in una fase preliminare», come sottolinea Giaconi. Ce n'è abbastanza, però, per rendere diverso dagli altri il caso esploso nell'entroterra livomese. Anche perché finalmente scuote dalle fondamenta l'andazzo contro cui «Quattroruote» si batte da anni: l'affidamento completo del «servizio autovelox» -dall'installazione dello strumento alla spedizione dei verbali - a ditte private pagate «a cottimo». Sia chiaro: chi trasgredisce va punito e non si vuole qui mettere in discussione la formula del noleggio. Ma non si può ignorare il fatto che il «noleggio a cottimo», cioè a percentuale sugli incassi invece che a corrispettivo fisso, trasforma, di fatto, l'accertamento delle violazioni in un business. Cosa che, inevitabilmente, alimenta polemiche sulla taratura degli strumenti, sulla loro collocazione, sulla loro gestione, sull'apposizione dei limiti di velocità. Gettando sospetti su amministrazioni comunali e Polizie municipali, accusate di essere interessate parecchio ai soldi e poco o nulla alla prevenzione. Si lascia, infatti, che le norme vengano sistematicamente violate per poi punire i trasgressori, in maniera giustamente severa, mesi dopo. E senza destinare alla messa in sicurezza della strada in questione - perché di solito statale o regionale - i proventi che restano in cassa dopo aver pagato le imprese interessate.
12 MILA MULTE IN POCHI MESI
Ma torniamo alla vicenda di Riparbella. Tutto comincia nella primavera del 2005, quando il Comune, che da un paio d'anni usa un Autovelox mobile 104/C-2, noleggiato dalla Centro Servizi, opta per due strumenti fissi da installare, a nove chilometri di distanza l'uno dall'altro, sulla s. r. 68, strada sulla quale il prefetto di Pisa aveva consentito gli accertamenti senza contestazione immediata e sulla quale, dopo l'avvio dei lavori di ammodernamento, la Provincia, su delega della Regione, in molti punti aveva abbassato il limite a 50 km/h. Niente Autovelox, però. La scelta cade sul Traffiphot III SR, un prodotto tedesco distribuito in Italia dalla Lindblad & Piana di Roma. Parte la gara e vince proprio la Centro Servizi: fornitura e gestione degli apparecchi e servizio verbali in cambio del 27% più Iva delle multe incassate. A settembre primo dei due apparecchi, quello dove c'è il limite a 50 km/h, entra in funzione e inizia a scattare fotografie «a rotta di collo», come ammette lo stesso sindaco. Forse anche perché, in quel periodo, i 26 chilometri di strada tra Cecina e Saline di Volterra sono divisi «in 20 tratti percorribili a velocità diversa compresa tra 50 e 90 km/h», come evidenzieranno, nel febbraio del 2007, anche i tecnici del Provveditorato interregionale alle Opere pubbliche in una relazione d'insolita durezza per un organismo ministeriale: «L'ubicazione dell'apparecchiatura non ha valenza ai fini della prevenzione e sicurezza; si è trasformata in uno strumento vessatorio per 'utente, ad alto rendimento economico per il gestore e per l'amministrazione comunale».
NASCE IL COMITATO «NO GABELLE»
Il bubbone scoppia all'inizio del 2006. Il fiume delle multe invade gli uffici postali della zona. C'è chi ne riceve parecchie (qualcuno arriva a quota 22), molti sono preoccupati, per alcuni il problema diventa finanziariamente insostenibile. Nei bar di Cecina, Volterra, Colle Val d'Elsa, Poggibonsi non si parla d'altro. A Pomarance, a una trentina di chilometri da Riparbella, nasce il comitato «No Gabelle», presieduto da Paolo Bellini. Il quale, insieme al suo «vice», Stefano Brunetti, si mobilita su due fronti: da un lato la protesta civile, che culmina, sabato 18 marzo 2006, in una «marcia dei gabellati» in macchina a 49 km/h da Saline di Volterra fino all'ufficio del giudice di pace di Cecina, passando per il centro di Riparbella. Dall'altro la battaglia legale: il comitato s'informa, studia le carte, coinvolge esperti e istituzioni, individua lacune e anomalie, cerca gli awocati (Augusto Gotti di Volterra e Flavio Nuti di Livorno), realizza un sito ad hoc, sensibilizza la stampa locale, «costringe» il Comune a disattivare gli apparecchi, contribuisce alla gestione dei ricorsi. Che, come abbiamo visto, il giudice di pace sta accogliendo.
Fontanelli, però, non ci sta a passare per «gabellatore». Respinge al mittente le accuse, ribadisce la correttezza degli atti amministrativi, sottolinea la trasparenza e la buona fede di assessori e tecnici comunali. E preannuncia battaglia: «Andremo fino in Cassazione. Quello che mi amareggia, in questa vicenda, è che si disquisisce su questioni tecniche perdendo di vista il senso dell'operazione-sicurezza che abbiamo fatto, si guarda la pagliuzza e si perde di vista la trave». Mario Rossi
«L'accertamento non può essere esternalizzato»
IL GIUDICE BOCCIA L'APPALTO AUTOVELOX
? una censura senza precedenti quella del giudice di pace di Cecina, Francesco Coco (foto), nei confronti dell'amministrazione comunale di Riparbella. Impietose le parole contenute nella sentenza con cui il magistrato onorario ha annullato due multe dell'ottobre 2005, le prime portate alla sua attenzione con ricorso: definendo «ai limiti della slealtà processuale» il rifiuto del Comune «di depositare in giudizio tutti gli atti che gli erano stati richiesti»; ironizzando sul fatto che l'amministrazione comunale, a proposito delle operazioni di accertamento delle violazioni, «espone tre diverse verità»; sottolineando una «grave irregolarità» a proposito dei verbali «elevati nel periodo antecedente alla data di pubblicazione della determina e del contratto di aggiudicazione»; evidenziando un «vizio del procedimento» a proposito della «mancata pubblicazione all'albo pretorio delle determinazioni dell'amministrazione» (la prima del 18 maggio 2005, la seconda del 6 giugno 2005, pubblicate solo il 2 febbraio 2006, ndr); evidenziando un «vizio» a proposito della «non riferibilità ai pubblici ufficiali dell'amministrazione comunale di tutto il complesso procedimento che va dal controllo e gestione dell'apparecchiatura all'accertamento e alla redazione dei verbali fino alla notifica», cosa «del tutto irregolare» visto che «l'accertamento, la contestazione e la verbalizzazione non possono essere estemalizzati»; parlando di «irregolarità» a proposito dei verbali «redatti prima del rilascio del certificato di esecuzione a regola d'arte della ditta installatrice e del certificato di taratura». E, ancora, sottolineando «l'insufficiente segnaletica, quanto meno per la fase di primo funzionamento delle apparecchiature (autunno 2005)». Ma ce n'è anche per il prefetto di Pisa, riguardo all'individuazione delle strade della provincia lungo le quali non è necessaria la contestazione immediata, «le cui scelte», secondo Coco, «non sono prive di evidenti carenze di motivazione in ordine alla individuazione di tutte le strade della provincia, in entrambi i sensi di marcia, ai fini della rilevazione a distanza (e contestazione non immediata) delle infrazioni dei limiti di velocità. Oltre a essere censurabile per irragionevolezza», scrive Coco, «il provvedimento non risulta adottato a seguito d'istruttoria, quantomeno per il tratto di strada compreso nel comune di Riparbella». Ma l'aspetto su cui poggia tutta l'architettura della sentenza è l'estenalizzazione del servizio autovelox. Il giudice ci torna sopra più volte. Dapprima sottolineando come «i 12 mila verbali (deí quali ben 3603 elevati nella sola giornata del 29 dicembre 2005 a firma dell'unico vigile urbano) non siano riferibili all'attività della Polizia municipale di Riparbella, ma siano frutto dell'attività affidata in appalto alla società privata aggiudicataria del servizio nel suo complesso». Poi evidenziando come «il controllo dell'apparecchiatura, la visione dei rullini fotografici, la valutazione di ogni singola foto, la decisione di elevare ogni singolo verbale, la conseguente verbalizzazione, la materiale sottoscrizione, la consegna agli incaricati per la spedizione postale, la segnalazione agli organi competenti dei punti da sottrarre alle patenti delle persone sanzionate così come la gestione delle sanzioni da applicare (con i relativi verbali) a carico di coloro che non hanno segnalato il nominativo di chi era alla guida del veicolo
in occasione dell'accertamento sono tutte attività che materialmente non potevano essere compiute dall'unico vigile urbano». Meditate, Comuni che appaltate, meditate...
IL CASO RIPARBELLA FINISCE IN PARLAMENTO
«Sono moltissimi i Comuni che hanno la fortuna, per così dire, di avere una strada extraurbana d'interesse provinciale, regionale, statale che lambisce il proprio territorio. Ciò, infatti, diventa l'occasione per installare autovelox che non servono a prevenire incidenti o a disincentivare l'alta velocità, ma a coprire le spese correnti delle amministrazioni comunali. (...) Se, come capita, vi è un piccolissimo Comune, in Toscana, che ricava dalle multe dell'autovelox 1200 volte quello che è il proprio bilancio, ciò è assolutamente inconcepibile, perché, in tal modo, non si fa prevenzione, ma si trova il sistema per fare cassa». E ancora: «Si tratta di un atteggiamento meschino. Non si possono finanziare le spese dei piccoli Comuni con i soldi di coloro che transitano per le strade posizionando autovelox a tradimento».
Parole di Gianfranco Conte e Simone Baldelli. Membri del comitato «No Gabelle»? Macché, deputati di Forza Italia, all'attacco dell'uso distorto dell'autovelox durante la discussione, il 19 giugno scorso, del disegno di legge sulla sicurezza stradale. L'emendamento, proposto da Conte, per vietare alle Polizie municipali gli accertamenti con autovelox sulle strade extraurbane principali, è stato respinto, ma lo stesso ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi (foto), si è sbilanciato: «Le considerazioni svolte a proposito dell'uso distorto dell'autovelox trovano me e il Governo perfettamente d'accordo. Abbiamo avviato una serie di azioni, di concerto con il ministero dell'Interno e attraverso le Prefetture, per far rientrare tali comportamenti, frutto dell'interpretazione distorta di una norma che prevede l'uso di tale strumentazione per finalità diverse da quelle per cui viene, in realtà, utilizzata». Parole un po' generiche ma inequivocabili. Ora ci vogliono i fatti. Per esempio, una norma quadro che disciplini acquisizione e gestione degli autovelox.