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Alcune stranezze di pubblico e critica


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17 replies to this topic

#1 Jules

    Pietra MIliare

  • Redattore OndaCinema
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Inviato 28 maggio 2007 - 17:13

Questa discussione che vado ad aprire vuole essere un thread-contenitore in cui vorrei enunciare alcune storture che, sia in certa critica giovane sia soprattutto in certo pubblico cinefilo, stanno prendendo piede pericolosamente...e sono curioso di sapere come vivono gli altri forumisti queste contraddizioni (o per lo meno sono tali per me)...comincio con i primi due punti:

1) La pseudo-passione per il cinema d'autore.

Prima comica è quella che è diffusa in un certo zoccolo duro di iper-cinefili...l'inseguimento di una qualche forma di cinema alternativo, non allineato, appunto autoriale si identifica per molti con una suddivisione o classificazione di generi, film, registi etc. in base alla popolarità, all'incasso all'uscita, perfino alla nazionalità dell'opera...come si vede, tutti criteri non artistici, tutti parametri "esterni" al valore in sè di una pellicola, tutto ciò crea una grande confusione e pare faccia stare bene coloro che si dicono interessati ad un cinema non-mainstream (?)...sarei anche d'accordo sulla curiosità verso nuovi orizzonti (e ci mancherebbe) ma quando il cinema di Samira Makhmalbaf o di Mira Nair o di Amos Gitai diventa di "nicchia" in un'accezione qualitativamente esaltante, a scapito di personaggi hollywoodiani pop(olari) che, nonostante le gratificazioni economiche, continuano a produrre novità, sperimentazioni e riflessioni non da poco, qualcosa che non va mi pare evidente...

2) Il secondo virus lo sto notando recentemente e, con mia grande sorpresa, affligge soprattutto il pubblico cinefilo più giovane...io lo chiamo "iperclassicismo", questa sorta di ritorno alle origini visto come una purificazione dagli inutili eccessi di una generazione di cineasti che avrebbe anteposto la sperimentazione tecnica, estetica e visiva al flusso narrativo delle proprie storie...anche qui, come in tutto, la verità sta nel mezzo e se è vero che molti giovani registi, cresciuti con solo metà universo-cinema, ritengono di puntare sul gioco degli effetti, sulla sfida all'originalità esibità più sfrenata per raggiungere notorietà ed apprezzamenti, d'altra parte non è possibile ignorare i meriti di tanto cinema, oggettivamente sperimentale, per il solo fatto di essere così...ad esempio, noto una divertente tendenza all'incensare Clint Eastwood per il solo fatto di essere un regista classico, quando proprio Eastwood, attraverso lavori tutto meno che classici tou-court ha colpito a fondo la tradizione di alcuni generi, fra cui il western...sentirsi irritati, altro esempio, a spron battuto dai vezzi VonTrierani, reputando vuoto il suo cinema denota probabilmente una specie di pigrizia inconscia di questo pubblico: liquidare tutto ciò che prova a spostare i limiti del già visto come mediocre è molto più facile che soffermarsi umilmente a pensare se invece, dietro un'attività del genere, non ci sia invece un intento più alto...

Per ora mi fermo qui ma si potrebbe continuare...ed ovviamente chiunque nota altre cose difficili da digerire farebbe bene a metterle anch'egli sul tappeto..
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#2 satyajit

    Enciclopedista

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Inviato 28 maggio 2007 - 17:52

Bel topic, ricco di spunti. Mantengo la tua divisione in due punti principali.

1) Dei due punti è quello che condivido un po' meno. Intanto perchè non vedo grande innovazione nel cinema hollywoodiano. Esistono le eccezioni, ovviamente (Van Sant, Lynch, Burton), ma la stra-stra-stragrande maggioranza dei film hollywoodiani è decisamente convenzionale. Non ci sarebbe nulla di male, se non fosse che la quantità di tali prodotti che ha invaso le nostre sale rischia di suscitare un certo rigetto nello spettatore più curioso.
Questo vale innanzi tutto per i temi trattati. A causa della colonizzazione culturale che abbiamo subito e che continuiamo a subire, conosciamo la società americana molto meglio di tutte le altre società altrettanto distanti, geograficamente,dalla nostra. E' vero che si tratta d una società estremamente complessa, mai abbastanza sviscerata. E' raro tuttavia, al giorno d'oggi, trovare film che ce ne mostrino i lati più insoliti.
E' per questo che può risultare intellettualmente stimolante andare a cercare film che ci parlino di argomenti che conosciamo meno.
Per esempio, un regista che appaga questo desiderio e che al contempo padroneggia uno stile straordinario è Bahman Ghobadi. Le comunità curde al confine tra Iran e Iraq rappresentano uno snodo chiave nella geopolitica mediorientale degli ultimi anni. Ghobadi ce le mostra con grande maestri, i suoi film sono splendidi eppure non trovano spazio sui nostri schermi.

2)Degl eccessi che individui in questo punto, a mio parere è più marcato il secondo. Il giovane cinefilo rimane facilmente abbagliato da ciò che gli appare sperimentale, innovativo, creativo. E' poi con lo studio della storia del cinema si renderà n parte conto di come certe finte sperimentazioni non fossero magari già state effettuate negli anni '20.
In generale, la critica cinematografica ha sempre sopravvalutato ciò che è apparso nuovo rispetto a ciò che è sembrato conservatore. Però io sono fiducioso nel potere che il tempo ha di risistemare le cose. Tra cinquant'anni i film di Eastwood saranno ancora validissimi, perchè sono film "di sostanza"; mentre di solito sono poche le opere di avanguardia che rimangono.



Una terzo punto che vorrei introdrre riguarda il peso della critica. E' ovvio che se non si hanno tempo e risorse illimitate occorre effettuare una selezione, tra i film che si potrebbero vedere. E dunque, oltre ai registi che ci hanno convinti e che seguiamo volentieri, ben vengano anche i cirtici di fiducia. Tuttavia molti cinefili prendono per oro colato quello che scrive il loro critico di riferimento; piuttosto che avere un parere differente dal suo riguardano più e più volte il film in questione fino ad autoconvincersi; considerano incompetenti tutte le persone che non hanno gli stessi gusti che ha il loro critico.
Questo approccio (di cui ovviamente ho fatto una caricatura) è ben presente in molti appassionati ed è assolutamente deleterio per chi vuole acquisire una capacità critica propria.
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#3 satyajit

    Enciclopedista

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Inviato 28 maggio 2007 - 18:12

Ecco, mi è venuto in mente un altro aspetto, che mi sta molto a cuore.
Lo divido anch'io in due punti.

a)l'appassionato di oggi è incrediblmente onnivoro. Trovo raramente qualcuno, tra i miei conoscenti più cinefili, che mi dica "il western mi fa schifo". Al massimo mi dirà "il western non è proprio il mio genere preferito, ma alcuni western sono molto belli". Il cinefilo di oggi apprezza più o meno allo stesso modol la commedia degli anni trenta o il melodramma deggli anni novanta; non ha una preferenza.

b) I mostri sacri sono intoccabili. Chi critica Kubrick è un'incompetente, chi parla male della Nouvelle Vague è un pazzo, chi on riconosce che Apocalypse Now è un capolavoro vuol solo provocare, chi odia Welles vuol far l'alternativo.

Secondo me questi aspetti sono rappresentativi della nostra epoca, in cui poche persone compiono scelte di vita radicali, in cui i giudizi sono abbastanza omologati, in cui le divisioni sono quasi soltanto di facciata, mentre l'idologia dominante ha sbaragliato la concorrenza. Non è sempre stato così, anzi. In passato tutti i grandi registi hanno subito delle critiche feroci e argomentate, mentre gli stessi critici, molto più colti di quelli di oggi, si dividevano in fazioni. Che erano molto limitative (formalisti contro contenutisti, idealisti contro materialisti ecc.), talvolta anche stupide, ma che oggi mi sento di rimpiangere, proprio perchè ho nostalgia di quesll'epoca straordinariamente vitale. Epoca che, per altro, nono ho vissuto.
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#4 Guest_vegeta_*

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Inviato 28 maggio 2007 - 18:21



b) I mostri sacri sono intoccabili. Chi critica Kubrick è un'incompetente, chi parla male della Nouvelle Vague è un pazzo, chi on riconosce che Apocalypse Now è un capolavoro vuol solo provocare, chi odia Welles vuol far l'alternativo.

Secondo me questi aspetti sono rappresentativi della nostra epoca, in cui poche persone compiono scelte di vita radicali, in cui i giudizi sono abbastanza omologati, in cui le divisioni sono quasi soltanto di facciata, mentre l'idologia dominante ha sbaragliato la concorrenza. Non è sempre stato così, anzi. In passato tutti i grandi registi hanno subito delle critiche feroci e argomentate, mentre gli stessi critici, molto più colti di quelli di oggi, si dividevano in fazioni. Che erano molto limitative (formalisti contro contenutisti, idealisti contro materialisti ecc.), talvolta anche stupide, ma che oggi mi sento di rimpiangere, proprio perchè ho nostalgia di quesll'epoca straordinariamente vitale. Epoca che, per altro, nono ho vissuto.


come si può criticare chi ha fatto la storia del cinema? Al massimo si può dire "i film di Kubrick non mi piacciono", ma non riconoscerne l'importanza mi pare un errore.
  • 0

#5 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 28 maggio 2007 - 19:18

a)l'appassionato di oggi è incrediblmente onnivoro. Trovo raramente qualcuno, tra i miei conoscenti più cinefili, che mi dica "il western mi fa schifo". Al massimo mi dirà "il western non è proprio il mio genere preferito, ma alcuni western sono molto belli". Il cinefilo di oggi apprezza più o meno allo stesso modol la commedia degli anni trenta o il melodramma deggli anni novanta; non ha una preferenza.


E meno male!

b) I mostri sacri sono intoccabili. Chi critica Kubrick è un'incompetente, chi parla male della Nouvelle Vague è un pazzo, chi on riconosce che Apocalypse Now è un capolavoro vuol solo provocare, chi odia Welles vuol far l'alternativo.


Su questo, ray, sono parzialmente d'accordo...sempre che la critica al Kubrick di turno sia argomentata, così come deve essere argomentata l'opposta esaltazione del Kubrick medesimo..
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#6 Brucaliffa

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Inviato 28 maggio 2007 - 23:16

Questa discussione che vado ad aprire vuole essere un thread-contenitore in cui vorrei enunciare alcune storture che, sia in certa critica giovane sia soprattutto in certo pubblico cinefilo, stanno prendendo piede pericolosamente...e sono curioso di sapere come vivono gli altri forumisti queste contraddizioni (o per lo meno sono tali per me)...comincio con i primi due punti:

1) La pseudo-passione per il cinema d'autore.

Prima comica è quella che è diffusa in un certo zoccolo duro di iper-cinefili...l'inseguimento di una qualche forma di cinema alternativo, non allineato, appunto autoriale si identifica per molti con una suddivisione o classificazione di generi, film, registi etc. in base alla popolarità, all'incasso all'uscita, perfino alla nazionalità dell'opera...come si vede, tutti criteri non artistici, tutti parametri "esterni" al valore in sè di una pellicola, tutto ciò crea una grande confusione e pare faccia stare bene coloro che si dicono interessati ad un cinema non-mainstream (?)...sarei anche d'accordo sulla curiosità verso nuovi orizzonti (e ci mancherebbe) ma quando il cinema di Samira Makhmalbaf o di Mira Nair o di Amos Gitai diventa di "nicchia" in un'accezione qualitativamente esaltante, a scapito di personaggi hollywoodiani pop(olari) che, nonostante le gratificazioni economiche, continuano a produrre novità, sperimentazioni e riflessioni non da poco...


Non darei molto peso a chi attribuisce certe connotazioni agli autori, la definizione di autore ha una sua validità convenzionale in riferimento a coloro che hanno (per la fiducia di cui godono presso chi finanzia il film o per i mezzi che possiedono) la possibilità  di influenzare con le proprie scelte la produzione del film a più livelli. Un regista che sa fare il suo mestiere può essere pagato per fare il suo lavoro in un film stando ai vincoli della produzione, così come tutte le altre figure coinvolte nella realizzazione del film. Le figure coinvolte sono molto distinte soprattutto a Hollywood, in una grande produzione americana possono collaborare allo stesso livello il direttore della fotografia, il regista, l'autore musicale, una star, senza che nessuno possa vantare la paternità del film. Per chiarire con un esempio, Gus Van Sant è autore di molti film, ma in Scoprendo Forrester si è limitato a fare il regista, con una sceneggiatura scritta da un cronista sportivo e acquistata dalla Columbia, uno Sean Connery entrato nel progetto come co-produttore e con un forte potere decisionale, e con altre figure importanti come il produttore esecutivo Dany Wolf e il bravissimo direttore della fotografia Harris Savides (con gli ultimi due è nato un connubio il cui risultato sono "Gerry" e "Elephant" e non so se anche i film successivi di Gus Van Sant). Ho fatto un esempio che conosco, che il film sia penoso è solo un caso, ma sta di fatto che non sempre un regista è autore del film in cui lavora. Autore è un concetto dai confini senza dubbio labili e che dipendono molto dalle evoluzioni tecniche e dalle possibilità produttive. Il concetto di autore è stato indebolito soprattutto dall'avvento del digitale e dalla conseguente reperibilità dei mezzi per curare da soli o in collaborazione con poche figure scelte l'intera realizzazione del film, dalla pre alla post produzione, lasciando quindi una forte impronta personale. Ma queste ultime figure sono chiamate filmaker, forse anche per distinguerle forzatamente dagli autori (devono fare prima un paio di cose che piacciano ai critici per essere chiamati autori asd).

2) Il secondo virus lo sto notando recentemente e, con mia grande sorpresa, affligge soprattutto il pubblico cinefilo più giovane...io lo chiamo "iperclassicismo", questa sorta di ritorno alle origini visto come una purificazione dagli inutili eccessi di una generazione di cineasti che avrebbe anteposto la sperimentazione tecnica, estetica e visiva al flusso narrativo delle proprie storie...anche qui, come in tutto, la verità sta nel mezzo e se è vero che molti giovani registi, cresciuti con solo metà universo-cinema, ritengono di puntare sul gioco degli effetti, sulla sfida all'originalità esibità più sfrenata per raggiungere notorietà ed apprezzamenti, d'altra parte non è possibile ignorare i meriti di tanto cinema, oggettivamente sperimentale, per il solo fatto di essere così...ad esempio, noto una divertente tendenza all'incensare Clint Eastwood per il solo fatto di essere un regista classico, quando proprio Eastwood, attraverso lavori tutto meno che sperimentali ha colpito a fondo la tradizione di alcuni generi, fra cui il western...sentirsi irritati, altro esempio, a spron battuto dai vezzi VonTrierani, reputando vuoto il suo cinema denota probabilmente una specie di pigrizia inconscia di questo pubblico: liquidare tutto ciò che prova a spostare i limiti del già visto come mediocre è molto più facile che soffermarsi umilmente a pensare se invece, dietro un'attività del genere, non ci sia invece un intento più alto...


Al punto 2 mi sembra che tu faccia un minestrone di varie cose che ti irritano, secondo me esiste una fazione estrema, quella attenta solo agli aspetti formali del linguaggio, l'altra, la seconda, si definisce soprattutto rispetto alla prima, come sospettosa e diffidente verso le sue istanze, perché non mi sembra di vedere in giro tutto questo fondamentalismo classicista. Io ad esempio mi trovo a volte a difendere film dallo stile classico solo perché mi sembra di vederli attaccati in quanto tali, senza che si guardi oltre la forma (poi ci può anche stare che per qualcuno il film non vada oltre la sua forma, ma sarebbe più onesto dichiararlo subito).
Poi tiri fuori Von Trier in modo un po' strumentale, trovando odiosi i film che ho visto mi sento chiamata in causa, ma non accetto affatto l'accusa di pigrizia, perché non l'ho mai liquidato e ho sempre speso moltissime parole per criticare i film e l'autore, non mi pare neanche di essere l'unica, Von Trier non viene mai liquidato, fa sempre nascere dibattiti e credo che nessuno gli neghi questo potere.
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Better Call Saul!

#7 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 29 maggio 2007 - 08:06


Questa discussione che vado ad aprire vuole essere un thread-contenitore in cui vorrei enunciare alcune storture che, sia in certa critica giovane sia soprattutto in certo pubblico cinefilo, stanno prendendo piede pericolosamente...e sono curioso di sapere come vivono gli altri forumisti queste contraddizioni (o per lo meno sono tali per me)...comincio con i primi due punti:

1) La pseudo-passione per il cinema d'autore.

Prima comica è quella che è diffusa in un certo zoccolo duro di iper-cinefili...l'inseguimento di una qualche forma di cinema alternativo, non allineato, appunto autoriale si identifica per molti con una suddivisione o classificazione di generi, film, registi etc. in base alla popolarità, all'incasso all'uscita, perfino alla nazionalità dell'opera...come si vede, tutti criteri non artistici, tutti parametri "esterni" al valore in sè di una pellicola, tutto ciò crea una grande confusione e pare faccia stare bene coloro che si dicono interessati ad un cinema non-mainstream (?)...sarei anche d'accordo sulla curiosità verso nuovi orizzonti (e ci mancherebbe) ma quando il cinema di Samira Makhmalbaf o di Mira Nair o di Amos Gitai diventa di "nicchia" in un'accezione qualitativamente esaltante, a scapito di personaggi hollywoodiani pop(olari) che, nonostante le gratificazioni economiche, continuano a produrre novità, sperimentazioni e riflessioni non da poco...


Non darei molto peso a chi attribuisce certe connotazioni agli autori, la definizione di autore ha una sua validità convenzionale in riferimento a coloro che hanno (per la fiducia di cui godono presso chi finanzia il film o per i mezzi che possiedono) la possibilità  di influenzare con le proprie scelte la produzione del film a più livelli. Un regista che sa fare il suo mestiere può essere pagato per fare il suo lavoro in un film stando ai vincoli della produzione, così come tutte le altre figure coinvolte nella realizzazione del film. Le figure coinvolte sono molto distinte soprattutto a Hollywood, in una grande produzione americana possono collaborare allo stesso livello il direttore della fotografia, il regista, l'autore musicale, una star, senza che nessuno possa vantare la paternità del film. Per chiarire con un esempio, Gus Van Sant è autore di molti film, ma in Scoprendo Forrester si è limitato a fare il regista, con una sceneggiatura scritta da un cronista sportivo e acquistata dalla Columbia, uno Sean Connery entrato nel progetto come co-produttore e con un forte potere decisionale, e con altre figure importanti come il produttore esecutivo Dany Wolf e il bravissimo direttore della fotografia Harris Savides (con gli ultimi due è nato un connubio il cui risultato sono "Gerry" e "Elephant" e non so se anche i film successivi di Gus Van Sant). Ho fatto un esempio che conosco, che il film sia penoso è solo un caso, ma sta di fatto che non sempre un regista è autore del film in cui lavora. Autore è un concetto dai confini senza dubbio labili e che dipendono molto dalle evoluzioni tecniche e dalle possibilità produttive. Il concetto di autore è stato indebolito soprattutto dall'avvento del digitale e dalla conseguente reperibilità dei mezzi per curare da soli o in collaborazione con poche figure scelte l'intera realizzazione del film, dalla pre alla post produzione, lasciando quindi una forte impronta personale. Ma queste ultime figure sono chiamate filmaker, forse anche per distinguerle forzatamente dagli autori (devono fare prima un paio di cose che piacciano ai critici per essere chiamati autori asd).


Fai un discorso inappuntabile...non era certo sull'esatta definizione di autorialità che volevo sollevare la discussione...tanto più che ho più volte scritto anche su queste frequenze che tutta questa terminologia andrebbe liquidata all'istante..
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#8 Guest_Mia_*

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Inviato 29 maggio 2007 - 12:02

Penso che ciascuno di voi abbia detto delle cose giuste. Fondamentalemnte mi piacerebbe (ma spesso non ci riesco) essere un'anarchica del giudizio. Mi piacerebbe (e col tempo ci sto riuscendo) considerare un film come una specie di monade, una realtà a se stante isolata da tutto il clamore o l'indifferenza che lo circonda, giudicabile solo in base alla sua forza e al suo valore (o non valore) artistico, a prescindere dal fatto che sia stato prodotto a Hollywood piuttosto che in Burkina Faso. Lo vedo come l'unico modo onesto ed intelligente per giudicare un film. Il dibattito classicisti-avanguardisti (e tutte le querelle simili) sinceramente non mi ha mai interessata, questo sì è un discorso che mi impigrisce.


Una terzo punto che vorrei introdrre riguarda il peso della critica. E' ovvio che se non si hanno tempo e risorse illimitate occorre effettuare una selezione, tra i film che si potrebbero vedere. E dunque, oltre ai registi che ci hanno convinti e che seguiamo volentieri, ben vengano anche i cirtici di fiducia. Tuttavia molti cinefili prendono per oro colato quello che scrive il loro critico di riferimento; piuttosto che avere un parere differente dal suo riguardano più e più volte il film in questione fino ad autoconvincersi; considerano incompetenti tutte le persone che non hanno gli stessi gusti che ha il loro critico.
Questo approccio (di cui ovviamente ho fatto una caricatura) è ben presente in molti appassionati ed è assolutamente deleterio per chi vuole acquisire una capacità critica propria.


Questo è verissimo. Mi sono perfettamente riconosciuta in questa descrizione. Ero così fino a 5 o 6 anni fa. Poi la critica mi ha completamente saturata, stancata, afflosciata, e ho iniziato a vedere solo quei film che mi incuriosivano davvero. Dirò di più. Per un certo tempo ho abbandonato qualsiasi approccio puramente critico e sono diventata la classica spettatrice emozionale, vale a dire che se mi divertivo o mi emozionavo il film era bello, se no No. E recuperare questo approccio mi ha fatto solo bene. Certo mi sono ampiamente riappropriata di una certa razionalità e di un certo distacco tipici di chi vuole giudicare il più oggettivamente possibile il valore di un film, ma francamente mi sento ripulita dalle influenze inquinanti dei critici, e sto parlando anche di quelli più influenti. Quanta freschezza e lucidità possono avere persone che giudicano film di mestiere e guardano anche decine di film nel giro una settimana?

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#9 ollivander

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Inviato 29 maggio 2007 - 13:51

Credo di aver sempre avuto un approccio emozionale al cinema e di aver sempre scelto i film in base all'istinto o al regista preferito (del momento).
quello che trovo fastidioso e' l'utilizzo da parte di alcuni cinefili di un linguaggio settoriale/tecnico. Linguaggio, che da comune mortale, mi risulta tremendamente pedante e che trovo svilisca e svuoti i film in oggetto di qualsiasi contenuto.
Da parte mia gradirei un approccio molto piu' semplicistico e democratico che non si limiti a critiche ristrette all'ambito di competenza (fotografia, sceneggiatura, montaggio, colonna sonora etc.).
Ossia e' anche plausibile l'esistenza di una critica mirata, ma la trovo poco oggettiva.

E poi un attimo di spazio alle opinioni personali, alla fine non si tratta di altro.
Von trier non e' certo commerciabilissimo ma che piaccia o meno non penso si possa dire che non cerchi a suo modo di fare un cinema di qualita', lo stesso dicasi per tutti gli altri registi dalle produzioni "discutibili".

Chiudo nel blasfemo: pur ritendomi una cinefila (cioe' una cui piace andare al cinema per il puro piacere di stare seduta di fronte a un maxi schermo ed essere investita da emozioni che di volta in volta si spera siano "nuove") la cosa non mi esenta dall'andare a vedere spiderman, x-men, fantastici 4 e 300! Che non c'entrano niente con il cinema di cui si e' parlato in precedenza ma non me ne frega niente.... asd

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#10 verdoux

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Inviato 29 maggio 2007 - 13:53

 
sarei anche d'accordo sulla curiosità verso nuovi orizzonti (e ci mancherebbe) ma quando il cinema di Samira Makhmalbaf o di Mira Nair o di Amos Gitai diventa di "nicchia" in un'accezione qualitativamente esaltante, a scapito di personaggi hollywoodiani pop(olari) che, nonostante le gratificazioni economiche, continuano a produrre novità, sperimentazioni e riflessioni non da poco, qualcosa che non va mi pare evidente...


il cinema della Nair ci appare come cinema esotico di nicchia, ma in realtà la cinematografia indiana e da lustri la più produttiva del mondo e si rivolge a un miliardo di spettatori; un cinema popolaresco che noi non abbiamo occasione di vedere rintanati come siamo nel cinema d'autore della nicchia hollywoodiana;
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#11 Jules

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Inviato 29 maggio 2007 - 14:03

Ma infatti questo è vero monsieur...quello che non sopporto è l'equazione...e poi Mira Nair fa schifo penso a tutti..
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#12 verdoux

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Inviato 29 maggio 2007 - 14:38

il fatto è che l'unica equazione per me ancora valida, fino a prova contraria, è: 5 stelle di critica = due palle del pubblico; ovviamente la relazione non è biunivoca; i film che piacciono troppo a troppi in genere non mi piacciono e non li trovo grandi film;
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#13 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 29 maggio 2007 - 14:40

Questa non l'ho capita..
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#14 griesi

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Inviato 29 maggio 2007 - 15:22

scusatemi, non c'entra granché ma sento di doverlo dire...
a proposito di equazioni, una molto sbagliata ma che viene usata spesso dai cinefili per descrivere il film (per magnificarlo), ed usata anche molto per la pubblicità di essi, andando poi FORSE (grosso come una casa) ad influire sulla criticha ("accademica" e di pubblico intendo) è la seguente: sbanco al botteghino = film riuscito, bello, di successo, da vedere, must della cinematografia del momento.....ecc....ecc...ecc....
un'equazione che poi, ripeto, si riflette sulle scelte di alcuni nel giudicare un film...secondo me un'equazione sballata e fuori luogo (per non essere più volgari)
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#15 satyajit

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Inviato 29 maggio 2007 - 17:19

Questo è verissimo. Mi sono perfettamente riconosciuta in questa descrizione. Ero così fino a 5 o 6 anni fa. Poi la critica mi ha completamente saturata, stancata, afflosciata, e ho iniziato a vedere solo quei film che mi incuriosivano davvero. Dirò di più. Per un certo tempo ho abbandonato qualsiasi approccio puramente critico e sono diventata la classica spettatrice emozionale, vale a dire che se mi divertivo o mi emozionavo il film era bello, se no No. E recuperare questo approccio mi ha fatto solo bene.


I tre aspetti che ho introdotto hanno tutti origine autobiografica. Ero io la persona che ho descritto, fino a un paio di anni fa. Come, mi sembra, anche molti altri appassionati.
Ora sto riuscendo a capire i miei reali gusti e a giudicare i film secondo criteri un po' più personali. Come ho detto la critica mi è ancora molto utile, ma non è più un riferimento obblgato e imprescindibile, un infallibile metro di giudizio.

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#16 mr.Weiss

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Inviato 30 maggio 2007 - 02:31

per quanto mi riguarda, premettendo che non sono un cinefilo nè voglio diventarlo, ho un rapporto col cinema molto semplice, vado a periodi. ho visto poco o niente di fellini, godard, trouffaut, bergman, wilder, scorsese, bertolucci e tanti importantissimi registi. per temporanea scelta, mancanza di voglia.
non ho mai fatto riferimento alla critica, anzi sono sempre stato dispettosamente cinico nei suoi confronti, specialmente con quel tipo di critica troppo verbosa, carica di riferimenti a 360° che sembra voler fare solo bella mostra della propria stucchevole cultura.

non seguo motivazioni precise nella ricerca di un film, ascolto quello che mi viene consigliato dalle persone giuste, mi baso molto sulla prima impressione di un trailer, e sul nome del regista.

vorrei continuare a scrivere ma sono stanco.




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#17 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 30 maggio 2007 - 10:23

Ma anche in una dedicata a VonTrier, Tsukamoto, Miike, Godard, Browning, Bava, Suzuki, Chaplin e qualche altra decina...ma cosa sono queste risposte con elenchi? ma che facciamo la gara su chi tira fuori i nomi più forti?
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#18 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 30 maggio 2007 - 15:42

Ma io ho fatto il nome di VonTrier perchè è il primo che mi è venuto in mente...avrei potuto dire Tarantino o Cronenberg, il senso era il medesimo...e poi questo "meglio di lui" io non lo seguo per principio...implicherebbe un giudizio di competizione fra tizio e caio che per me è un'aberrazione..
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