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Eric Burdon & War. Una via "nera" al progressive rock?


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5 replies to this topic

#1 Lord Corkscrew

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Inviato 21 maggio 2007 - 15:13

Sicuramente molti di voi conosceranno, perlomeno di fama, i due album scaturiti dalla collaborazione di Eric Burdon con il gruppo funk-r&b dei War (già Nightshift, già ancora Creators), dischi che appartengono all'ultima 'rinascita' (perlomeno commerciale) della carriera altalenante di uno dei più dotati cantanti bianchi di blues della sua epoca.

A me, fino a poco fa, mancavano: ora mi sono finalmente deciso a colmare questa lacuna, e ne sono rimasto fortemente impressionato. Da ciò che avevo letto in varie sedi, mi ero fatto un'idea completamente diversa; tant'è vero che, al primo ascolto di Eric Burdon Declares War (1970), la sensazione predominante fu di una scottante delusione.

Pian piano però ho saputo rivalutare questo album, e ascoltare (oggi) The Black Man's Burdon (1970 pure) non ha fatto che confermare la mia ipotesi. Eric Burdon secondo me aveva in mente qualcosa di molto più grande e sontuoso di quanto non sia venuto fuori dal prodotto finito; inoltre il suo ritiro dalle scene seguito alla morte dell'amico Jimi Hendrix gli impedì di andare avanti e lasciò i War senza una guida certo ingombrante, ma anche fornita di quel carisma che avrebbe continuato a giovar loro. Analizzando la struttura, le influenze (presto metterò in chiaro la mia ipotesi a riguardo), le citazioni, gli arrangiamenti, ho capito che Eric Burdon voleva trovare non una fusion definitiva (come ho letto da qualche parte in giro), bensì una via "nera" (e sta tra virgolette perché lui nero proprio non lo era, almeno nel colore della pelle) al progressive rock.

Vediamo bene i dettagli, per quanto si può, per dare un'intavolatura concreta al topic: Eric Burdon Declares War ha solo due vere e proprie canzoni sopra, di cui una (Spill The Wine) manco intera, anzi si potrebbe dire che esiste solo il ritornello. Il resto è un misto di recitativo (le liriche, per lo più sospese fra il delirio e l'estasi mistica, non le terrò in eccessiva considerazione) che pesca sia dal blues delle origini, sia dai Doors (che verranno esplicitamente citati in The Black Man's Burdon, quando il cantante sussurrerà il tema di When The Music's Over in una pulsante improvvisazione strumentale) e tirate funk e blues dilatate fino all'inverosimile; il tentativo è dunque quello di superare la forma-canzone regolare, ma forse non c'è nulla di veramente nuovo. C'è chi ha detto retaggio della psichedelia.

Ma con il secondo album la faccenda è messa più a fuoco, e la miscela è talmente esplosiva che rischia di scappare di mano allo stesso Burdon. Intanto, The Black Man's Burdon è un disco doppio: il secondo è un ottimo, veramente ottimo, album di canzoni in sé compiute e, per così dire, autoconclusive (Pretty Colors, Gun, Home Cookin' per citare le più riuscite); ma è il primo lp a portare avanti il progetto folle iniziato con l'album precedente. Si potrebbe dire che i blocchi sono due, come i lati: in realtà c'è spazio anche per due canzoni (la notevole Spirit e la più pasticciata Beautiful New Born Child); ma quello che fa impressione sono le due suites basate su Paint It Black dei Rolling Stones e... Nights In White Satin dei Moody Blues. Contrasto di colori a parte, questo fa veramente riflettere.

Oltre ai Moody, un'altra influenza che noto in questo album è - non ridete - quella dei Vanilla Fudge. O, indirettamente, di tutta quella congerie di gruppi proto-prog, o se volete proto-metal (anche se non mi piace questa definizione), che proliferavano dalla seconda metà dei 60s in poi; la curiosità di questo 'movimento' si riflette nelle opere dei suoi rappresentanti principali. Il mezzo espressivo più efficace del nuovo approccio 'progressivo' è la cover. Stravolta, macellata, dilatata, irriconoscibile: chi osa di più, chi di meno. E cosa abbiamo qui? Due cover lunghissime, inframmezzate da mille interludi strumentali, con temi che si nascondono, ritornano, si trasfigurano.

I più bersagliati forse erano i Beatles, ma questa non è un'obiezione poi tanto valida al mio accostamento, soprattutto se si considera il fatto che i War con Burdon registrarono effettivamente una (orrida) cover di A Day In The Life, anche se devo dire che questa era piuttosto convenzionale (finì poi sul disco di scarti Love Is All Around del 1976).

Chiudo il discorso precisando che il primo disco di The Black Man's Burdon avrebbe potuto essere il primo germe ancora goffo e bislacco di qualcosa di più maturo, consapevole e capace di rivendicare la propria dignità nella stagione del rock progressivo dei '70, qualcosa che Burdon non riuscì mai più a realizzare. E neppure i War da soli, che ripiegarono su album di fattura per niente malvagia, ma privi dell'ambizione di un tempo; forse era un sogno artificiale, forse il delirio di un megalomane.

P.S. ciò non toglie che la cover di Nights In White Satin sia veramente, oltre ad una pessima scelta, una porcheria immane
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#2 brotherray

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Inviato 22 maggio 2007 - 12:46

Topic difficile, zero risposte (non hai troppo da fare nella vita vero?  ;D scherzo!).

Intervengo, in OT a questo punto, solo per dire che riascoltavo il disco qualche giorno fa, rigorosamente in vinile, e mi ha colpito il fatto di imbattermi in un thread dedicato, certo non è un disco "di moda" (quanti lo possegono qui dentro?).

Comunque gran disco e, banale, Eric ha una delle migliori voci di sempre.
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#3 Archibaldoflancaster

    Roadie

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Inviato 22 maggio 2007 - 18:53

uhm. non riascolto il disco da un po', ma, a memoria, di progressive non ci ritrovo pressochè nulla; sarei più per la teoria della fusion, se con questo si intende miscelare funk e blues, musica nera e musica ancora nera. il dilungarsi mi sembra un po' insito nell'operazione (che so, più che agli antecedenti progressive penso a un "The Payback" di James Brown) anzichè tirare prog o psichedelia in mezzo. l'unica cosa che far pensare è la cover di "paint it black", quella sì trasfigurata "oltremodo".

una possibile evoluzione l'avrei vista sempre in questa direzione, considerando che già i pezzi erano una sorta di nuove "tobacco road".

sul valore, invece, il disco mi sa molto di pastrocchio. preferisco molto di più il primo, e di questo trovo riusciti un terzo dei brani (e quasi tutti alla fine).
  • 0

#4 Mr. Atomic

    Classic Rocker

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Inviato 22 settembre 2020 - 08:32

I War post-Eric Burdon meritano moltissimo, anche senza aver ascoltato un album intero, singoli come Cisco kid e Low Rider (reso universalmente celebre con Mario Kart) parlano per loro. Detto ciò gli album con Eric Burdon mi sembrano su dimensioni decisamente diverse. 

 

 

ripesco qua l'autore del topic 

 

 

 

Vediamo bene i dettagli, per quanto si può, per dare un'intavolatura concreta al topic: Eric Burdon Declares War ha solo due vere e proprie canzoni sopra, di cui una (Spill The Wine) manco intera, anzi si potrebbe dire che esiste solo il ritornello. Il resto è un misto di recitativo (le liriche, per lo più sospese fra il delirio e l'estasi mistica, non le terrò in eccessiva considerazione) che pesca sia dal blues delle origini, sia dai Doors (che verranno esplicitamente citati in The Black Man's Burdon, quando il cantante sussurrerà il tema di When The Music's Over in una pulsante improvvisazione strumentale) e tirate funk e blues dilatate fino all'inverosimile; il tentativo è dunque quello di superare la forma-canzone regolare, ma forse non c'è nulla di veramente nuovo. C'è chi ha detto retaggio della psichedelia.

Ma con il secondo album la faccenda è messa più a fuoco, e la miscela è talmente esplosiva che rischia di scappare di mano allo stesso Burdon. Intanto, The Black Man's Burdon è un disco doppio: il secondo è un ottimo, veramente ottimo, album di canzoni in sé compiute e, per così dire, autoconclusive (Pretty ColorsGunHome Cookin' per citare le più riuscite); ma è il primo lp a portare avanti il progetto folle iniziato con l'album precedente. Si potrebbe dire che i blocchi sono due, come i lati: in realtà c'è spazio anche per due canzoni (la notevole Spirit e la più pasticciata Beautiful New Born Child); ma quello che fa impressione sono le due suites basate su Paint It Black dei Rolling Stones e... Nights In White Satin dei Moody Blues. Contrasto di colori a parte, questo fa veramente riflettere.

 

due album pazzeschi, funk, blues e soul (nel secondo album da segnalare anche la forte componente jazz) mischiati con psichedelie da gran intenditori. Eric Burdon senz'altro un gigante. Ascoltate gli album!


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#5 Edgewalker

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  • LocationWhere the Iron Crosses Grow

Inviato 22 settembre 2020 - 08:35

Low Rider (reso universalmente celebre con Mario Kart) parlano per loro.

 

Io li scoprii invece tramite la coveranza di Exodus

 

 

e Korn [con le cornamuse!]

 


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Is the only notion to obey


#6 Mr. Atomic

    Classic Rocker

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Inviato 22 settembre 2020 - 08:36

 

questo invece mi sa che è un singolo (si dischi non c'è) che scopro adesso che utilizzato come sample in Photoles in my lawn. 


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