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Musica: natura e storia


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26 replies to this topic

#1 Bateman

    Detrattore

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Inviato 02 luglio 2006 - 15:06

Tempo fa ho letto un bel saggio di Enrico Fubini ??La musica: natura e storia? (Einaudi, 2004). Lo studioso ripercorre, brevemente, il rapporto tra la musica ed il ??concetto? di natura nel corso della storia del pensiero occidentale e lo relaziona con l??evoluzione storica della struttura musicale.
Praticamente, vi è stato, soprattutto nel XX secolo, un dibattito tra i sostenitori della ??naturalità della percezione musicale? e coloro che, invece, erano consapevoli che il linguaggio musicale è in continuo mutamento e che l??orecchio umano può  e deve abituarsi a qualsiasi sonorità: è la ??storia? a dettare la struttura musicale all??ambiente umano.
La questione, ovviamente, è molto più complessa da come ve la sto ponendo in queste poche righe. Lo stesso Fubini arriva a conclusioni quasi concilianti le due contrapposte visioni.
Voi che ne pensate? Cosa provate ??emotivamente? quando ascoltate un brano di Schoenberg o di Cage? Lo considerate come una componente musicale che, ??naturalmente?, si contestualizza nel vostro vissuto? Ci sono dei confini oltre i quali la struttura musicale non può prescindere da dati inderogabili dal punto di vista psicologico e fisiologico?
Io continuo a pormi queste domande nell??ascoltare la musica ??d??avanguardia? con la quale vivo continuamente un rapporto problematico, avendo con la musica un approccio fondamentalmente ??romantico?. Il discorso vale per qualsiasi tipo di avanguardia, "colta" e non.
  • 0
“La poesia del lirico non può dire nulla che nella sua più immensa universalità e validità assoluta non sia stato già nella musica che costringe il lirico a parlare per immagini. Appunto perciò il simbolismo cosmico della musica non può essere in nessun modo esaurientemente realizzato dal linguaggio, perché si riferisce simbolicamente alla contraddizione e al dolore originari nel cuore dell’uomo primordiale, e pertanto simboleggia una sfera che è al di sopra di ogni apparenza e anteriore a ogni apparenza. Rispetto a tale sfera ogni apparenza è piuttosto soltanto un simbolo: quindi il linguaggio, come organo e simbolo delle apparenze, non potrà mai e in nessun luogo tradurre all’esterno la più profonda interiorità della musica, ma rimarrà sempre, non appena si accinga ad imitare la musica, solo in un contatto esteriore con la musica, mentre neanche con tutta l’eloquenza lirica potremo avvicinarci di un solo passo al senso più profondo di essa.”
F.Nietzsche, La nascita della tragedia

#2 skay

    pivello

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Inviato 31 agosto 2006 - 00:40

anzitutto
ciao a tutti, sono nuovo e abbastanza niubbo in materia.

secondo poi.
tu scrivi

"Lo considerate come una componente musicale che, ??naturalmente?, si contestualizza nel vostro vissuto? "

ora. qualsiasi cosa uno ascolti, anche il silenzio, basta semplicemente sdraiarsi per terra e chiudere gli occhi e difficilmente si resta indifferenti. qualche immagine o qualche pensiero scorrerà.

almeno a me accade ciò. se voglio immergermi nella canzone o nel brano.
se invece resto distante finisce che o è un pezzo particolarmente orecchiabile e/o vicino al mio vissuto solito, oppure mi passa davanti come "carino e rispettabile" e nulla più.

e di fatto sì, uno inizia ad associare i suoni alle proprie esperienze, magari per somiglianza.. per cui se vengo a sentre suoni meccanici penserò ad una fabbrica, così come ascoltando il rumore di un motore penserei ad un'auto, e magari un'auto in particolare.

ora sarebbe da chiedersi che reazione farebbe un antico romano se sentisse un cd dei daft punk.

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#3 Guest_lassigue_bendthaus_*

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Inviato 31 agosto 2006 - 09:51


Praticamente, vi è stato, soprattutto nel XX secolo, un dibattito tra i sostenitori della ??naturalità della percezione musicale? e coloro che, invece, erano consapevoli che il linguaggio musicale è in continuo mutamento e che l??orecchio umano può  e deve abituarsi a qualsiasi sonorità: è la ??storia? a dettare la struttura musicale all??ambiente umano.


ti faccio una domanda per capire meglio

che intendi quando parli di ??naturalità della percezione musicale???
delle sonorità che fanno parte  istintivamente dellle  sensazioni umane?
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#4 Bateman

    Detrattore

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Inviato 31 agosto 2006 - 11:13


ti faccio una domanda per capire meglio

che intendi quando parli di ??naturalità della percezione musicale???
delle sonorità che fanno parte  istintivamente dellle  sensazioni umane?

Premesso che è l'autore del testo che parla di ??naturalità della percezione musicale? e che purtroppo al momento non ho a disposizione il libro per citartene qualche passo in merito, ti dico che l'uso del concetto è utilizzato soprattutto (se non erro) nel contesto della contrapposizione tra la musica tonale e la musica espressione delle avanguardie del '900 (dodecafonia ecc.). In pratica, il "dilemma" è il seguente: la struttura della percezione musicale è connaturata col sistema tonale (cioè tale sistema è quello che "naturalmente" si conforma alla struttura psico-acustica del nostro udito) o è solo il frutto dei processi storici, di "abitudi" per cui non vi è nessun concetto di natura che possa essere aprioristicamente associato alla percezione ed all'ascolto musicale?
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“La poesia del lirico non può dire nulla che nella sua più immensa universalità e validità assoluta non sia stato già nella musica che costringe il lirico a parlare per immagini. Appunto perciò il simbolismo cosmico della musica non può essere in nessun modo esaurientemente realizzato dal linguaggio, perché si riferisce simbolicamente alla contraddizione e al dolore originari nel cuore dell’uomo primordiale, e pertanto simboleggia una sfera che è al di sopra di ogni apparenza e anteriore a ogni apparenza. Rispetto a tale sfera ogni apparenza è piuttosto soltanto un simbolo: quindi il linguaggio, come organo e simbolo delle apparenze, non potrà mai e in nessun luogo tradurre all’esterno la più profonda interiorità della musica, ma rimarrà sempre, non appena si accinga ad imitare la musica, solo in un contatto esteriore con la musica, mentre neanche con tutta l’eloquenza lirica potremo avvicinarci di un solo passo al senso più profondo di essa.”
F.Nietzsche, La nascita della tragedia

#5 dick laurent

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Inviato 31 agosto 2006 - 11:25



ti faccio una domanda per capire meglio

che intendi quando parli di ??naturalità della percezione musicale???
delle sonorità che fanno parte  istintivamente dellle  sensazioni umane?

Premesso che è l'autore del testo che parla di ??naturalità della percezione musicale? e che purtroppo al momento non ho a disposizione il libro per citartene qualche passo in merito, ti dico che l'uso del concetto è utilizzato soprattutto (se non erro) nel contesto della contrapposizione tra la musica tonale e la musica espressione delle avanguardie del '900 (dodecafonia ecc.). In pratica, il "dilemma" è il seguente: la struttura della percezione musicale è connaturata col sistema tonale (cioè tale sistema è quello che "naturalmente" si conforma alla struttura psico-acustica del nostro udito) o è solo il frutto dei processi storici, di "abitudi" per cui non vi è nessun concetto di natura che possa essere aprioristicamente associato alla percezione ed all'ascolto musicale?


Il sistema tonale è assolutamente arbitrario, noi lo troviamo naturale perchè semplicemente siamo cresciuti con la musica tonale. Ma che sia un sistema in qualche modo più "giusto" non credo proprio, ci sono tanti sistemi musicali che hanno regole diverse (l'ottava ad esempio non tutti la dividono in dodici semitoni).

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#6 kingink

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Inviato 31 agosto 2006 - 13:29

Il sistema tonale è assolutamente arbitrario, noi lo troviamo naturale perchè semplicemente siamo cresciuti con la musica tonale. Ma che sia un sistema in qualche modo più "giusto" non credo proprio, ci sono tanti sistemi musicali che hanno regole diverse (l'ottava ad esempio non tutti la dividono in dodici semitoni).


Sono d'accordo.....
Ritengo che il radicamento culturale di una determinata opera nel corso del tempo aiuti a rendere l'opera stassa più fruibile all'ascoltatore. Non credo proprio che sia il sistema tonale il sistema più conforme al nostro udito. Ma credo che sia il nostro udito a doversi abituare a certe sonorità. Mi sembra che questa naturalità del sistema tonale vada a sminuire contributi importanti, o meglio a tranciare una buona fetta di storia musicale che è aprte integrante della nostra cultura. Come la musica si evolve e cambia deve cambiare la nostra percezione all'ascolto. E così possiamo intendere tutte le forme d'arte. Tanta gente sminuisce, faccio un esempio banale, il taglio di Fontana con troppa superficiale dicendo che non significa nulla, che lo sanno fare tutti, ecc.... Il problema concettuale sta a monte, non a valle: purtroppo non tuti si pongono questo dilemma. E così anche per la musica; probabilmente un ascolto superficiale, della musica di adesso porta a questa mancanza di naturalezza, ma ritengo che un ascolto meditato e conoscitivo delle ragioni che hanno portato alla suddetta composizione rendino più fruibile un 'upera che all'ascolto può apparire sicuarmente ostica.
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#7 Notker

    Scaruffiano

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Inviato 31 agosto 2006 - 16:48

la questione sembra essere molto complicata, soprattutto perchè investe vari settori intellettuali e culturali; ma la difficoltà, come spesso accade, è solo nella superficie delle cose. detta questa cosa estremamente fica 8) passiamo ad analizzare il dubbio di batman.

nel 900, soprattutto dopo gli exploit di Varèse e di Messiaen, un folto gruppo di giovani compositori si riunì presso una localita tedesca, Darmstadt, per affrontare il concetto di musica oltre la dodecafonia (evento che, con la destrutturazione stravinskiana, aveva scritto la parola fine alla musica tonale) e proporre un nuovo modello organizzativo della materia sonora.
C'è chi estese i concetti di Schoenberg e Weber a tutto il fenomeno (Stockhausen, Boulez, Berio, Nono, ecc.) e chi, invece, al di fuori di Darmstadt radicalizzò lo "scontro" come Cage.
per capire cosa diavolo stesse accadendo, facciamo un passo indietro; indietro di alcune migliaia di anni, se non milioni...
molti studiosi (musicologi, antropologi, archeologi) ritengono che la musica sia nata per un bisogno istintivo dell'uomo primitivo di "imitare" i suoni della natura; analogamente dicasi per la pittura.
l'intelligenza umana, che nel corso del suo sviluppo, crebbe in maniera esponenziale, si preoccupò nei secoli e millenni successivi di individuare delle "strutture" affinchè le performance fossero riproducibili e tramandabili (anche se all'inizio solo per tradizione, cioè senza l'ausilio di scrittura o supporti). Questa esigenza si radicalizzò al punto tale che, con l'avvento della scrittura, a qualcuno venne in mente di fissare quelle strutture.
una particolare similitudine tra la fenomenologia fisica del suono e certe leggi matematiche, anzi geometriche, sulla quale si cominciò a riflettere nell'antica Grecia, fece sì che nascesse il nucleo teorico di quella che chiamiamo "sistema armonico o tonale"; in realtà non tutti sanno che, più o meno nello stesso momento storico, nacque anche il "sistema enarmonico".
Nella sostanza, mentre il s.t. proponeva come assioma l'esistenza del semitono come suddivisione massima tra le altezze dei suoni (tra il do e il re esiste il do# che coincide con il reb), il s.e. postulava il contrario (cioè che do# non fosse affato uguale al reb).
come tutti sappiamo, per almeno 3000 anni, il s.t. ebbe la meglio sul s.e. e questo per il semplice motivo che il s.t. si presta egregiamente a quel bisogno di "strutturazione" (pensiamo alla scrittura) che è l'ansia maggiore per i musicisti.
inoltre, la rispondenza pressochè perfetta, anche se empirica, con certe regole matematiche e geometriche costituiva la cosiddetta "quadraura del cerchio", ossia l'orizzonte verso cui tutti gli uomini di scienza erano tesi (nell'antichità la musica apparteneva alle scienze).
sappiamo poi la storia come è andata...
dunque, il sistema tonale non è che sembra naturale, semplicemente lo è; lo è dal punto di vista armonico, perchè permette di evitare elementi arbitrari, spurii, percepiti come innaturali dal nostro cervello.
il discorso intrapreso poi da certa avanguardia del 900 è stato: basta con tutte queste strutture che ingabbiano la musica; il sistema tonale ha raggiunto il massimo della sue espressione per poi andare incontro a una morte naturale (una morte cominciata con l'ultimo Beethoven, proseguita con il cromatismo di Wagner e Strauss per approdare, infine, alla scuola di Vienna e all'espressionismo); il sistema tonale aveva, secondo loro, esaurito le sue possibilità di proposte per il futuro.
la musica doveva ritornare essenziale! spogliarsi di tutte le croste accumulatesi nei secoli e riappropriarsi della sua funzione primitiva (pensate alla "visione" della Sagra della primavera).
Per rispondere alla domanda di batman, "Cosa provate ??emotivamente? quando ascoltate un brano di Schoenberg o di Cage?", la risposta è: premesso che Schoenberg e Cage danno sensazioni estremamente diverse, mentre la musica tonale proponeva una corrispondenza univoca tra composizione-esecuzione-ascolto, nella musica di Cage questa corrispondenza non esiste più oppure è addirittura invertita per cui ognuno ci sente un po' quello che vuole. la fenomenologia dell'ascolto non è più statica e determinata ma dinamica e addirittura, nel caso di Cage, aleatoria.
questa liberazione, fateci caso, è stata perseguita da sempre; mentre la musica di Bach proponeva un solo "sentimento" per composizione (pensiamo alla Fuga, che si basa su un solo tema), già quella di Mozart o Beethoven proponeva uno scontro tra "sentimenti" (la forma sonata si basa su due temi contrastanti); Wagner cominciò a confondere le acque (con il suo cromatismo) fino a Schoenberg che distrusse il perno su cui ruotava tutta la giostra (pantonalità o dodecafonia).
nella musica del 900 è questo che si dovrebbe percepire: la liberazione del suono. il suono esiste in quanto tale (concetto che spiega il materismo e il rumorismo di un Varèse) e non perchè legato a certe logiche statiche.
inoltre nulla dev'essere per forza riproducibile (l'aleatorietà) e il fenomeno sonoro è veramente libero se si esprime in quanto tale una sola volta (anche se la registrazione alla fine ci fotte a tutti quanti).
  • 0
« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »

#8 kingink

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Inviato 31 agosto 2006 - 17:20

Leggendo la tua spiegazione mi è sorta spontanea una domanda: come andiamo a spiegare, nel quadro di quanto è già stato detto su suono libero e via dicendo, certi esperimenti di musica quasi matematica di uno Xenakis per esempio?
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#9 Notker

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Inviato 31 agosto 2006 - 17:28

Leggendo la tua spiegazione mi è sorta spontanea una domanda: come andiamo a spiegare, nel quadro di quanto è già stato detto su suono libero e via dicendo, certi esperimenti di musica quasi matematica di uno Xenakis per esempio?


una delle grandi novità culturali del 900 è che, diversamente dai secoli precedenti, non esiste una corrente culturale egemone.
se nell'800, ad es., tutti si sentivano "romantici", nel 900 esistono, co-esistono e a volte collidono diversi modi di interpretare la cultura.
nel caso specifico, anche se Xenakis persegue una strada di forte strutturazione di certo anch'egli persegue la liberazione del suono, solo che lo fa in altro modo.
non è un caso che proprio Xenakis sia stato allievo di Messiaen e uno dei pupilli di Varèse (il massimo del materismo sonoro, quindi...), con il quale mise su il Poème ?lectronique nel 58 insieme a Le Corbusier.
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »

#10 kingink

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Inviato 31 agosto 2006 - 17:34

Adesso mi torna il tutto...........
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#11 Bateman

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Inviato 31 agosto 2006 - 18:07

Ecco, il discorso sulla destrutturazione del linguaggio musicale tradizionale mi interessa in quanto concide con il mio rapporto, spesso problematico, con la cosiddetta avanguardia. La rivoluzione di Schoenberg genererà tutta una serie di problematiche che coinvolgeranno vari aspetti del pensiero (in primis filosofici) e che saranno poi esasperati negli anni successivi. La musica, così come altre forme d'arte, assumerà un maggiore, se non assoluto, valore concettuale. Il tutto a "discapito" del linguaggio tradizionale. Tuttavia in quegli anni vi erano anche una serie di compositori (Stavinskij, Hindemith ecc.) che assunse un atteggiamento nettamente conservatore postulando l'assurdità di un qualsiasi sistema che non si basasse più sulla natura, convinti che il linguaggio musicale non possa prescindere da fondamenti naturali o presunti tali.

P.s. Caro Notker, con tutto il rispetto per la creatura di Bon Kane il mio nome è Bateman. :D
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“La poesia del lirico non può dire nulla che nella sua più immensa universalità e validità assoluta non sia stato già nella musica che costringe il lirico a parlare per immagini. Appunto perciò il simbolismo cosmico della musica non può essere in nessun modo esaurientemente realizzato dal linguaggio, perché si riferisce simbolicamente alla contraddizione e al dolore originari nel cuore dell’uomo primordiale, e pertanto simboleggia una sfera che è al di sopra di ogni apparenza e anteriore a ogni apparenza. Rispetto a tale sfera ogni apparenza è piuttosto soltanto un simbolo: quindi il linguaggio, come organo e simbolo delle apparenze, non potrà mai e in nessun luogo tradurre all’esterno la più profonda interiorità della musica, ma rimarrà sempre, non appena si accinga ad imitare la musica, solo in un contatto esteriore con la musica, mentre neanche con tutta l’eloquenza lirica potremo avvicinarci di un solo passo al senso più profondo di essa.”
F.Nietzsche, La nascita della tragedia

#12 dick laurent

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Inviato 31 agosto 2006 - 19:24

Ecco, il discorso sulla destrutturazione del linguaggio musicale tradizionale mi interessa in quanto concide con il mio rapporto, spesso problematico, con la cosiddetta avanguardia. La rivoluzione di Schoenberg genererà tutta una serie di problematiche che coinvolgeranno vari aspetti del pensiero (in primis filosofici) e che saranno poi esasperati negli anni successivi. La musica, così come altre forme d'arte, assumerà un maggiore, se non assoluto, valore concettuale. Il tutto a "discapito" del linguaggio tradizionale. Tuttavia in quegli anni vi erano anche una serie di compositori (Stavinskij, Hindemith ecc.) che assunse un atteggiamento nettamente conservatore postulando l'assurdità di un qualsiasi sistema che non si basasse più sulla natura, convinti che il linguaggio musicale non possa prescindere da fondamenti naturali o presunti tali.


Io non capisco bene cosa tu intenda per naturali. Se un suono esiste, fa parte della natura.
Io penso che le limitazioni del sistema tonale siano state dovute anche alla forte correlazione con la religione. Per secoli si è pensato che la dissonanza rappresentasse letteralmente il diavolo, e secondo me il fatto che la maggior parte della musica classica, e buona parte della musica moderna sia basata PRINCIPALMENTE ha fatto si che si considerasse quella la norma.
Questo non toglie che un suono dissonante, o un timbro elettronico, abbia una realtà fisica ed esista in natura.


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#13 dick laurent

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Inviato 31 agosto 2006 - 19:27

la questione sembra essere molto complicata, soprattutto perchè investe vari settori intellettuali e culturali; ma la difficoltà, come spesso accade, è solo nella superficie delle cose. detta questa cosa estremamente fica 8) passiamo ad analizzare il dubbio di batman.

nel 900, soprattutto dopo gli exploit di Varèse e di Messiaen, un folto gruppo di giovani compositori si riunì presso una localita tedesca, Darmstadt, per affrontare il concetto di musica oltre la dodecafonia (evento che, con la destrutturazione stravinskiana, aveva scritto la parola fine alla musica tonale) e proporre un nuovo modello organizzativo della materia sonora.
C'è chi estese i concetti di Schoenberg e Weber a tutto il fenomeno (Stockhausen, Boulez, Berio, Nono, ecc.) e chi, invece, al di fuori di Darmstadt radicalizzò lo "scontro" come Cage.
per capire cosa diavolo stesse accadendo, facciamo un passo indietro; indietro di alcune migliaia di anni, se non milioni...
molti studiosi (musicologi, antropologi, archeologi) ritengono che la musica sia nata per un bisogno istintivo dell'uomo primitivo di "imitare" i suoni della natura; analogamente dicasi per la pittura.
l'intelligenza umana, che nel corso del suo sviluppo, crebbe in maniera esponenziale, si preoccupò nei secoli e millenni successivi di individuare delle "strutture" affinchè le performance fossero riproducibili e tramandabili (anche se all'inizio solo per tradizione, cioè senza l'ausilio di scrittura o supporti). Questa esigenza si radicalizzò al punto tale che, con l'avvento della scrittura, a qualcuno venne in mente di fissare quelle strutture.
una particolare similitudine tra la fenomenologia fisica del suono e certe leggi matematiche, anzi geometriche, sulla quale si cominciò a riflettere nell'antica Grecia, fece sì che nascesse il nucleo teorico di quella che chiamiamo "sistema armonico o tonale"; in realtà non tutti sanno che, più o meno nello stesso momento storico, nacque anche il "sistema enarmonico".
Nella sostanza, mentre il s.t. proponeva come assioma l'esistenza del semitono come suddivisione massima tra le altezze dei suoni (tra il do e il re esiste il do# che coincide con il reb), il s.e. postulava il contrario (cioè che do# non fosse affato uguale al reb).
come tutti sappiamo, per almeno 3000 anni, il s.t. ebbe la meglio sul s.e. e questo per il semplice motivo che il s.t. si presta egregiamente a quel bisogno di "strutturazione" (pensiamo alla scrittura) che è l'ansia maggiore per i musicisti.
inoltre, la rispondenza pressochè perfetta, anche se empirica, con certe regole matematiche e geometriche costituiva la cosiddetta "quadraura del cerchio", ossia l'orizzonte verso cui tutti gli uomini di scienza erano tesi (nell'antichità la musica apparteneva alle scienze).
sappiamo poi la storia come è andata...
dunque, il sistema tonale non è che sembra naturale, semplicemente lo è; lo è dal punto di vista armonico, perchè permette di evitare elementi arbitrari, spurii, percepiti come innaturali dal nostro cervello.
il discorso intrapreso poi da certa avanguardia del 900 è stato: basta con tutte queste strutture che ingabbiano la musica; il sistema tonale ha raggiunto il massimo della sue espressione per poi andare incontro a una morte naturale (una morte cominciata con l'ultimo Beethoven, proseguita con il cromatismo di Wagner e Strauss per approdare, infine, alla scuola di Vienna e all'espressionismo); il sistema tonale aveva, secondo loro, esaurito le sue possibilità di proposte per il futuro.
la musica doveva ritornare essenziale! spogliarsi di tutte le croste accumulatesi nei secoli e riappropriarsi della sua funzione primitiva (pensate alla "visione" della Sagra della primavera).
Per rispondere alla domanda di batman, "Cosa provate ??emotivamente? quando ascoltate un brano di Schoenberg o di Cage?", la risposta è: premesso che Schoenberg e Cage danno sensazioni estremamente diverse, mentre la musica tonale proponeva una corrispondenza univoca tra composizione-esecuzione-ascolto, nella musica di Cage questa corrispondenza non esiste più oppure è addirittura invertita per cui ognuno ci sente un po' quello che vuole. la fenomenologia dell'ascolto non è più statica e determinata ma dinamica e addirittura, nel caso di Cage, aleatoria.
questa liberazione, fateci caso, è stata perseguita da sempre; mentre la musica di Bach proponeva un solo "sentimento" per composizione (pensiamo alla Fuga, che si basa su un solo tema), già quella di Mozart o Beethoven proponeva uno scontro tra "sentimenti" (la forma sonata si basa su due temi contrastanti); Wagner cominciò a confondere le acque (con il suo cromatismo) fino a Schoenberg che distrusse il perno su cui ruotava tutta la giostra (pantonalità o dodecafonia).
nella musica del 900 è questo che si dovrebbe percepire: la liberazione del suono. il suono esiste in quanto tale (concetto che spiega il materismo e il rumorismo di un Varèse) e non perchè legato a certe logiche statiche.
inoltre nulla dev'essere per forza riproducibile (l'aleatorietà) e il fenomeno sonoro è veramente libero se si esprime in quanto tale una sola volta (anche se la registrazione alla fine ci fotte a tutti quanti).


Davvero molto bella interessante e condivisibile la tua analisi, anche se sulla morte del sistema tonale ho qualche perplessità. magari ci torno su più tardi
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#14 Guest_verdoux_*

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Inviato 31 agosto 2006 - 22:00

 
la questione sembra essere molto complicata, soprattutto perchè investe vari settori intellettuali e culturali; ma la difficoltà, come spesso accade, è solo nella superficie delle cose. detta questa cosa estremamente fica  passiamo ad analizzare il dubbio di batman.



splendido post, splendido tutto il 3D, da salvare (fatto!); continuate così ragazzi .... resto in ascolto;
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#15 Notker

    Scaruffiano

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Inviato 01 settembre 2006 - 07:39

Ecco, il discorso sulla destrutturazione del linguaggio musicale tradizionale mi interessa in quanto concide con il mio rapporto, spesso problematico, con la cosiddetta avanguardia. La rivoluzione di Schoenberg genererà tutta una serie di problematiche che coinvolgeranno vari aspetti del pensiero (in primis filosofici) e che saranno poi esasperati negli anni successivi. La musica, così come altre forme d'arte, assumerà un maggiore, se non assoluto, valore concettuale. Il tutto a "discapito" del linguaggio tradizionale. Tuttavia in quegli anni vi erano anche una serie di compositori (Stavinskij, Hindemith ecc.) che assunse un atteggiamento nettamente conservatore postulando l'assurdità di un qualsiasi sistema che non si basasse più sulla natura, convinti che il linguaggio musicale non possa prescindere da fondamenti naturali o presunti tali.

P.s. Caro Notker, con tutto il rispetto per la creatura di Bon Kane il mio nome è Bateman. :D


la tua puntualizzazione è davvero interessante e mi permette di aggiungere qualche altra cosa.
la "rivoluzione" di Schoenberg (che, a ben vedere, potrebbe essere tranquillamente una "involuzione") non fu un fenomeno improvviso; esso fu preceduto da una fase nemmeno tanto breve di forte sgretolamento della tonalità: si pensi alla follia di uno Skrjabin (le sue ultime Sonate per piano sono ancora un enigma) o alle lacerazioni psicologiche dello stesso Schoenberg nel periodo espressionista (Verklärte Nacht, i Gurre-Lieder, Erwartung, Pierrot lunaire).
bisogna tener presente che la musica di quegli anni (primissimo 900) risentiva fortemente non solo delle conseguenze di un'inevitabile esasperazione del wagnerismo ma anche delle nuove recenti conquiste nel campo filosofico-letterario: Freud, su tutti, ma anche il simbolismo di Morèas piuttosto che la nascita della meccanica quantistica e il fondamentale Princicio di indeterminazione di Heisenberg.
il mondo conosciuto nell'800, quello positivista che si basava su postulati consolidati da secoli, un mondo che sembrava incorruttibile, cominciò a sgretolarsi sotto i colpi di martello delle nuove idee. molti non ci pensano ma, da un punto di vista culturale, si trattò di una vera e propria estinzione di massa.
l'uomo che ne scaturì fu un essere per il quale la solitudine, l'incomprensione, l'autodistruzione divenne la "norma" e non più l'eccezione di un folle. un essere che avvertiva tutta la tragedia insita nel relazionarsi con i suoi simili e con il mondo circostante. il monodramma di Schoenberg Erwartung, che narra di una donna borghese che si perde in una foresta sulla strada del ritorno verso casa, è una sintesi pressochè perfetta del clima culturale e filosofico che si respirava allora.
la tragedia delle due guerre mondiali era insita già in quel malessere... e le conseguenze furono terribili, come sappiamo.
questa introspezione, espressa nelle opere di Schoenberg, fu ovviamente sviluppata e portata alle estreme conseguenze: la dodecafonia, il massimo (fino ad allora) della concettualità in musica; ecco perchè sopra ho scritto "involuzione".
del resto è proprio a cominciare da allora che si crea, e si amplificherà nel tempo, una distanza oggi quasi incolmabile tra l'artista (il compositore) e il pubblico di massa.

Bateman (scusa per la storpiatura di prima) citava giustamente anche Stravinskji; egli, pur seguendo una strada diversa da Schoenberg (anzi antitetica), tentava di pervenire al medesimo fine. Solo che, anzichè preoccuparsi di "ristabilire" un sistema, pensò bene di dare una volta per tutte una spallata al mondo musicale che lo aveva preceduto.
il recupero della funzione primitiva del suono (che nella Sagra ha il suo esempio più brillante) fu esasperata fino a giungere a una sorta di anarchia musicale. Stravinskji fu talmente concentrato in questa cosa che, appena nato, destrutturò perfino il jazz (il ragtime), come si evince dai fenomenali Piano Rag Music, per piano, e Ragtime, per ensemble jazz... e tutti sappiamo quanto uno come Charlie Parker idolatrasse il compositore russo.
In questa stagione (molti suddividono la vita artistica di Stravinskji in 3 periodi, come per Picasso, suo alter ego pittorico), Stravinskji rifiuta categoricamente la dodecafonia.
proverbiali sono i suoi sferzanti commenti sul "metodo" di Schoenberg e dei suoi allievi.
fino a quando, per una sorta di gioiosa schizofrenia tipica degli uomini di genio, stimolato dalle incredibili conquiste di Webern (il più lungimirante degli allievi di Schoenberg), anch'egli cede alla dodecafonia, passando per il recupero dei classici fino a cristallizarne la forma (nel Rake's progress utilizza addirittura i recitativi con il clavicembalo!).
le sue ultime opere, tratte da temi religiosi quasi ad accentuare questa regressione che l'artista s'era imposto, sono puramente dodecafoniche (Threni, Canticum Sacrum, Abramo e Isacco, Psalm).
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »

#16 mongodrone

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Inviato 01 settembre 2006 - 09:59

vi è stato, soprattutto nel XX secolo, un dibattito tra i sostenitori della ??naturalità della percezione musicale? e coloro che, invece, erano consapevoli che il linguaggio musicale è in continuo mutamento e che l??orecchio umano può  e deve abituarsi a qualsiasi sonorità: è la ??storia? a dettare la struttura musicale all??ambiente umano.


questo argomento mi affascina moltissimo; non ho certo competenza in materia, ma voglio dire la mia: se dovessi parlare in generale della questione natura-cultura, non esiterei a trattare la cultura, la storia dell'umanità, come parte acquisita della nostra naturalità. La natura umana non è qualcosa di fisso e ancestrale, ma in essa si va inserendo appunto tutta la tradizione culturale, tutti i modi e le prospettive diverse di stare nel mondo. L'uomo non deve più adattarsi esclusivamente a un ambiente naturale, ma si adatta al linguaggio, alle manifestazioni culturali della sua epoca e della sua storia, al regno della possibilità.
Perciò credo che questo sia un falso problema.
Specificando riguardo alla percezione musicale: non nego che sono affascinato dalla possibilità che certi suoni e certe strutture musicali possono avere una corrispondenza, un isomorfismo, con certe qualità e modalità dello spirito umano, almeno ad un livello semplice (anche se il contesto, e il modo in cui certa musica viene alla luce devono essere fondamentali per capirla).
ho letto qui
http://www.thymos.co...sic/corvag.html
degli appunti di psicologia musicale, dove si citano certi studiosi che fanno ricerche sulla possibilità dell'esistenza di certi 'schemi di risonanza emotiva'. Diciamo che, prendendo in considerazione le caratteristiche trascendentali dell'uomo (cioè quelle modalità essenziali di sentire il mondo, uguali per tutti, che non mutano) possiamo pensare a una 'naturalità' del sentire certa musica e del farla corrispondere a certi bisogni, a certi significati, a certe nostre caratteristiche biologiche, primarie, semplici. (tuttavia posso pensare alla possibilità che un aborigeno si metta a ballare freneticamente su una musica slo-core...e magari con del punk si rilasserebbe...sarebbe un suo errore percettivo? o la sua storia l'avrebbe giustamente influenzato nel sentire così?)
Per me parlare di naturalità della percezione può avere senso; ma essa si è andata via via complicando con la storia dell'uomo, è andata attraversando rivoluzioni, cambi di prospettiva; sono propenso a considerare l'avanguardia contemporanea come un qualcosa che può essere anche recepito con naturalezza, ma in certi casi bisognerebbe essere inseriti in un contesto che ne permette una ricezione spontanea e accurata... noi ormai siamo spontanei attraverso la mediazione delle abitudini, dei costumi, e di tante situazioni che sono state introiettate razionalmente. Ci sono tante cose che in un primo tempo ci siamo sforzati di fare e capire, e poi sono diventate parte della nostra spontaneità. Lo stesso accade in musica: sentire nel modo corretto l'avanguardia è un fatto che deve diventare spontaneo, non può esserlo in partenza; il nostro organismo deve come adattarsi a questo cambio di prospettiva, deve comprendere bene le novità di questa musica e le sue parti, per poterle mettere in corrispondenza con i significati della propria cultura, dell'intersoggettività, e così 'sentire' in maniera più immediata e spontanea.
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#17 mongodrone

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Inviato 02 settembre 2006 - 11:55

..@......................@..................@.................@.........
ho fatto calare il gelo... :-\...le mie elucubrazioni hanno spesso poca fortuna.... :P
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#18 dick laurent

    ...

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Inviato 02 settembre 2006 - 11:56

assolutamente no, ottimo intervento il tuo.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine


#19 mongodrone

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Inviato 02 settembre 2006 - 12:00

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#20 Paz

    Roadie

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Inviato 02 settembre 2006 - 12:41

un mio amico, nella fattispecie il batterista del mio gruppo, ha questa tesi interessante riguardo la percezione estetica e più in particolare riguardo la Teoria del Bello, che potrebbe rientrare in qualche modo nell'argomento: a suo parere la percezione estetica altro non è che una misura dell'entropia relativa di un dato sistema di informazioni. In qualche modo questa teoria potrebbe coniugarsi con le teorie della psicologia transazionista.
Faccio un esempio e chiarisco: seguendo gli sviluppi di questo postulato il sistema tonale non è naturale, ma semplice, ordinato, povero d'informazione, il che lo rende particolarmente adatto a una percezione estetica. Ecco l'esempio: un accordo maggiore nel sistema tonale ha un'incredibile ridondanza in termini di informazione sonora (e l'onda fisica è particolarmente semplice), a causa della sovrapposizione di armonici equivalenti; laddove un accordo molto dissonante produce armonici di tipo diverso, che rendono il suono più complesso e quindi difficilmente decifrabile. Il rumore è, evidentemente, ancora più complesso.
E' qui che entra in gioco il transazionismo: difatti la parte più interessante di questa teoria è che il livello di entropia che possiamo misurare è relativo, dipende (forse) dagli strumenti astratti (o percettivi? ne dubito, ma il confine è labile, si parla sempre di qualcosa che avviene nel cervello a un certo punto dell'elaborazione dell'informazione sensoriale...) di misurazione, che ovviamente sono determinati storicamente, anzi culturalmente.
Questa teoria è solo uno spunto speculativo, e d'altronde qualcuno aveva già tentato questa strada (mi riferisco ad Arnheim), e non so con quanti e quali risultati.
Certo, se fosse valida, alla domanda

Ci sono dei confini oltre i quali la struttura musicale non può prescindere da dati inderogabili dal punto di vista psicologico e fisiologico?


risponderei: il limite superiore di complessità dell'organizzazione sonora assimilabile esteticamente (e cioè che sia comprensibile all'ascoltatore) dipende dal grado di complessità dell'informazione che il cervello è in grado di elaborare, e conseguentemente di riconoscere nel suono.

è solo speculazione, ma gli esempi non mancano...
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#21 mongodrone

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Inviato 02 settembre 2006 - 16:07

Certo, se fosse valida, alla domanda

Ci sono dei confini oltre i quali la struttura musicale non può prescindere da dati inderogabili dal punto di vista psicologico e fisiologico?


risponderei: il limite superiore di complessità dell'organizzazione sonora assimilabile esteticamente (e cioè che sia comprensibile all'ascoltatore) dipende dal grado di complessità dell'informazione che il cervello è in grado di elaborare, e conseguentemente di riconoscere nel suono.


sono idee interessanti, che potrei condividere. Mi viene difficile essere dell'opinione che una determinata struttura rumoristica possa essere economica e di facile assimilazione per le strutture del nostro cervello quanto il sistema tonale; mi è difficile pensare che sia solo un fatto relativo, di cultura, di storia. Che sia più semplice quest'ultimo per la nostra biologia mi pare un'idea condivisibile. Ma come dicevo prima, d'altra parte, la nostra vita non si basa più su certe leggi di economia; possiamo permetterci di sforzarci di più per poter ricevere un qualche piacere più elaborato.

E visto che se n'è parlato da poco in un altro thread faccio l'esempio di trout mask replica: un disco complesso come questo - anche se magari meno complesso di certa avanguardia - come viene percepito? qualcuno diceva di provare ad ascoltare uno strumento alla volta, per poi provare ad avere una 'visione d'insieme'; facciamo del resto così con molti dischi: a mano a mano che ascoltiamo facciamo attenzione a certi particolari, e non è detto che in una sola volta riusciamo a sentire tutto ciò che è fondamentale sentire; magari c'è un livello di complessità oltre il quale noi, per un limite di capacità, percepiamo certe cose - una sorta di struttura cardine direi - e lasciamo che il resto affiori come dalla memoria degli ascolti precedenti; si ascolta anche così, non ci vedrei nulla di sbagliato; di ascolto in ascolto si aggiungono informazioni fino ad avere un'idea astratta d'insieme, a posteriori, che rappresenta la nostra conoscenza, la nostra rappresentazione di quel lavoro. Sembra una sorta di ascolto artificiale questo? Mah... a parte che bisognerebbe prima dimostrare e misurare il limite delle nostre facoltà percettive, chi ci dice che non possa essere un piacere spontaneo quello che scaturisce da un ascolto del genere?
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#22 ravel

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Inviato 02 settembre 2006 - 16:23

risponderei: il limite superiore di complessità dell'organizzazione sonora assimilabile esteticamente (e cioè che sia comprensibile all'ascoltatore) dipende dal grado di complessità dell'informazione che il cervello è in grado di elaborare, e conseguentemente di riconoscere nel suono.


Già... la domanda che però mi sorge spontanea sarebbe: che cosa significa "assimilabile esteticamente" (soprattutto nel caso della musica che è strutturata come un linguaggio ma è asemantica!)? Che cosa intendiamo dire quando diciamo "assimilabile esteticamente"... ?

La discussione è interessante (grazie a tutti... ) ma sospetto che - molto occidentalmente... - soffra un po' di un eccesso di sopravvalutazione dell'aspetto "cerebrale", intellettualistico dell'arte (che pure esiste, eh... , sia chiaro).
La musica (e forse non solo lei...) però si ascolta col corpo (tutto)...
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Moriremotuttista


#23 Paz

    Roadie

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Inviato 02 settembre 2006 - 22:24

Già... la domanda che però mi sorge spontanea sarebbe: che cosa significa "assimilabile esteticamente" (soprattutto nel caso della musica che è strutturata come un linguaggio ma è asemantica!)? Che cosa intendiamo dire quando diciamo "assimilabile esteticamente"... ?

La discussione è interessante (grazie a tutti... ) ma sospetto che - molto occidentalmente... - soffra un po' di un eccesso di sopravvalutazione dell'aspetto "cerebrale", intellettualistico dell'arte (che pure esiste, eh... , sia chiaro).
La musica (e forse non solo lei...) però si ascolta col corpo (tutto)...


provo a risponderti, ma sto facendo l'avvocato, ripeto, queste teorie sono di un mio amico, per cui ne dò solo una mia personale interpretazione.
dunque, se ho capito le tue obiezioni: innanzitutto non sarei così certo dell'asemanticità del linguaggio musicale: d'altronde è quasi una banalità dire che un accordo minore comunica (in genere) tristezza mentre uno maggiore comunica serenità; ma in generale ogni struttura sintattica può essere letta come un significante -basta istituire una convenzione semantica-. In ogni caso la nostra sensibilità estetica non ha assolutamente bisogno di significati (il cosiddetto contenuto), preferisce invece esercitarsi sui significanti (la cosiddetta forma), per cui la musica sembrerebbe invece essere l'arte più adatta a questo tipo di analisi, in quanto si tratta di organizzazione del suono in strutture (in particolare nel caso delle musiche ad alto contenuto formale, come la musica classica). Recentemente c'è chi sostiene addirittura che i significati lasciano totalmente indifferente la nostra sensibilità estetica, e possono essere giudicati esteticamente solo in quanto forme (definiti cioè non più a partire dal loro rapporto con il mondo ma dal loro rapporto con altri significati, o almeno questo mi pare l'unico modo di trasformare i contenuti in forme), e mi riferisco, se non ricordo male, a Panofsky e Genette.
L'espressione assimilabili esteticamente, che riconosco essere davvero davvero brutta, la definirei (intensivamente) così (e vai con le definizioni improvvisate!): una forma è assimilabile esteticamente se la nostra sensibilità estetica è in grado di scomporla nei suoi elementi e rintracciarne man mano le trame (pensate a una fuga di Bach), di modo che sia possibile darne un giudizio estetico disinteressato (tradotto in termini banali: una forma è assimilabile esteticamente se qualcuno è in grado di riceverla, comprenderla e di amarla per il solo fatto che essa esista, e esista proprio in quel modo).
E' vero che questo è un approccio intellettualistico, mi ricorda decisamente la tradizione analitica inglese, che d'altronde io stesso odio, ma è anche vero che il tema era (in parte) l'avanguardia, che -almeno in Europa, direi...- è analitica e fortemente concettualizzata. E' vero altresì che la musica si ascolta col corpo, ma la nostra sensibilità estetica (estetica, non sensoriale) è senza dubbio situata nel cervello.
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#24 ravel

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Inviato 03 settembre 2006 - 18:54


L'espressione assimilabili esteticamente, che riconosco essere davvero davvero brutta, la definirei (intensivamente) così (e vai con le definizioni improvvisate!): una forma è assimilabile esteticamente se la nostra sensibilità estetica è in grado di scomporla nei suoi elementi e rintracciarne man mano le trame (pensate a una fuga di Bach), di modo che sia possibile darne un giudizio estetico disinteressato (tradotto in termini banali: una forma è assimilabile esteticamente se qualcuno è in grado di riceverla, comprenderla e di amarla per il solo fatto che essa esista, e esista proprio in quel modo).
E' vero che questo è un approccio intellettualistico, mi ricorda decisamente la tradizione analitica inglese, che d'altronde io stesso odio, ma è anche vero che il tema era (in parte) l'avanguardia, che -almeno in Europa, direi...- è analitica e fortemente concettualizzata. E' vero altresì che la musica si ascolta col corpo, ma la nostra sensibilità estetica (estetica, non sensoriale) è senza dubbio situata nel cervello.


Molto interessante, come sempre, quello che scrivi...

Solo qualche piccolo pensiero suscitato dai tuoi, anche se bisognerebbe mettersi d'accordo sui termini perché ognuno li usa con accezioni anche leggermente differenti.

Non è brutta l'espressione "assimilare esteticamente", anzi, non mi dispiace affatto.
E' che cosa farle indicare, però, che conta di più. Non sono affatto sicuro che sia  quello che dici sopra...
Rimane un approccio intellettualistico (come riconosci senza difficoltà anche tu... ) secondo me legittimo, utile ma molto limitato, soprattutto se inteso quale fine e non (come dovrebbe) quale mezzo.
Tu dici che è un approccio giustificato dall'intellettualismo dell'avanguardia...
Provo a rigirare, paradossalmente, la frittata... E' se tutti i problemi che i più lamentano con quella musica nascessero proprio dall'affrontarla così "cerebralmente"... ?!

E un quadro di Pollock come andrebbe guardato... ?!  :D
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#25 mongodrone

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Inviato 04 settembre 2006 - 09:27

io continuo a dire che parlare di corpo o di approccio intellettualistico, cioè dividerli così nettamente, è sbagliato...
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#26 Paz

    Roadie

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Inviato 07 settembre 2006 - 13:17

Rimane un approccio intellettualistico (come riconosci senza difficoltà anche tu... ) secondo me legittimo, utile ma molto limitato, soprattutto se inteso quale fine e non (come dovrebbe) quale mezzo.
Tu dici che è un approccio giustificato dall'intellettualismo dell'avanguardia...
Provo a rigirare, paradossalmente, la frittata... E se tutti i problemi che i più lamentano con quella musica nascessero proprio dall'affrontarla così "cerebralmente"... ?!


scusate se rispondo in ritardo ma sono un po' occupato di questi giorni, e lo sforzo di pensare mi riesce difficile a sera...
dunque, credo che tu abbia in parte frainteso il discorso iniziale: l'approccio intellettualistico sta nell'analisi del giudizio estetico, non nella sua formulazione: ogni giudizio estetico d'altronde è ingiustificabile, è una sensazione, e in quanto tale è sempre giusto. Non è la musica che va affrontata cerebralmente, ma l'analisi del giudizio estetico.
Sono d'accordo con ciò che dici riguardo i problemi nell'ascolto dell'avanguardia, e ci sarebbero da dire alcune cose, ma si va OT.
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#27 StellaDanzante

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Inviato 07 settembre 2006 - 18:35

Voi che ne pensate? Cosa provate ??emotivamente? quando ascoltate un brano di Schoenberg o di Cage? Lo considerate come una componente musicale che, ??naturalmente?, si contestualizza nel vostro vissuto? Ci sono dei confini oltre i quali la struttura musicale non può prescindere da dati inderogabili dal punto di vista psicologico e fisiologico?
Io continuo a pormi queste domande nell??ascoltare la musica ??d??avanguardia? con la quale vivo continuamente un rapporto problematico, avendo con la musica un approccio fondamentalmente ??romantico?. Il discorso vale per qualsiasi tipo di avanguardia, "colta" e non.


Ovviamente, qualsiasi tipo di musica ha un impatto immediato su strutture psicofisiologiche (componenti interconnesse ed inestricabili); non esiste nessuna musica completamente priva di "mente" o "corpo", poiché si riferisce ad entrambi i lati tramite le sue componenti principali, ovvero ritmo e dinamica, ripetizione e differenza. Proprio perché la musica è l'unica arte che si svolge interamente attraverso il tempo, e in sé non ha forma spaziale, essa può comunicare in modo più diretto d'altre arti all'individuo, ma rimanendo un'arte la sua fruizione è lo stesso vincolata al modo di percepire peculiare d'ogni persona. I pregiudizi in ogni caso sono collegati all'apparato dell'immagine - estendendolo anche alla opinioni, dunque qualsiasi cosa che viene vista ed accettata senza comprenderla nel suo senso; in un ascolto "puro" della musica dovrebbero operare solo le categorie proprie ed ineliminabili della persona (in senso kantiano). Gli album preferiti di ognuno sono proprio quelli che maggiormente ci rispecchiano, ovvero nei quali riusciamo ad immergerci in modo più o meno profondo e riuscire a vederne meglio il proprio significato.

Venendo al ruolo della musica d'avanguardia e di ciò che non lo è, trovo bisognerebbe chiarire meglio quale sia il senso dell'avanguardia. Prima di tutto, di fare avanguardia lo si sceglie deliberatamente perché si vuole tirare fuori nella musica un certo tipo di idee, scarnificate il più possibile dal senso comune del bello. Un'opera d'avanguardia è sempre una ricerca di mezzi sia fisici (strumenti) che teorici (scale, note, timbri) che vanno oltre quelli disponibili: mostra direttamente certe idee tecniche che poi possono emergere o essere ritrasferite nel contesto più ampio della musica.
L'errore più che altro è pensare che l'avanguardia esista solo per sé, e che nel resto della musica non ci sia tale ricerca di mezzi. I gruppi migliori, quelli che hanno restituito alla storia grandi opere, sono proprio quelli che hanno individuato delle tecniche nuove per esprimere idee vecchie, cioè che hanno sintetizzato nella loro opera la ricerca avanguardistica e il gusto. Qualsiasi opera musicale, trasferendo il già citato principio di indeterminazione nell'arte, la si può vedere sia dal lato della differenza con il passato che da quello della ripetizione del passato: tanto questi due lati sono forti e coesi, cioè si è riusciti ad esprimere un'idea nella forma che le era più consona, quanto l'opera sarà efficace e di impatto. Altrimenti si verificano due casi:
- l'opera in cui vi è praticamente solo la ricerca di mezzi senza un'idea dietro a renderla coesa (germe diffuso nell'ambito indie, dove talvolta si pensa che usare un giocattolo per bambini anziché uno strumento vero basti per fare buona musica, e tra i ginnasti della chitarra, dove si pensa che per fare buona musica basti usare un metodo nuovo*);
- l'opera in cui vi è solo riproposizione pedissequa di tecniche già usate, cioè le opere spesso definite "commerciali".

* Riprendendo questa annotazione, ad esempio Page è stato un grande sperimentatore di tecniche, ma il suo uso dell'arco sulle corde della chitarra - anche se innovativo - non è stato così musicalmente prolifico come invece è avvenuto per i Sigur Ròs, dove tale tecnica è stata riempita ed usata da un'idea musicale per trasmettere determinate immagini ed emozioni nell'ascoltatore.

Detto questo, credo che le opere avanguardistiche non siano facilmente accessibili e comunemente apprezzate perché semplicemente hanno un livello di complessità tale da richiedere un ascolto piuttosto concentrato, cosa che non capita molto spesso nella vita d'ogni dì; non è facile che una persona si svegli ogni mattina e sia nello stato mentale adatto per ascoltare cose complesse, anche perché prima o poi si sente il desiderio di rilassare i propri nervi con qualcosa di più facile ed immediato. Le grandi opere sono tali proprio perché riescono a farsi ascoltare ed apprezzare in entrambi gli stati mentali.
Per il nodo della musica intellettuale e di quella corporea, rifacendomi a quanto detto all'inizio, credo che la grande musica sia tale perché risponde sia alla struttura del corpo, fatto di organi che continuano a ripetere le stesse funzioni come le pulsazioni, sia per quella della mente che per non indebolirsi ha bisogno di incontrare cose nuove che ne rinfreschino le capacità cognitive. Del resto la musica più psicologica o psicanalitica (riscontrabile per me in autori come John Fahey, nella musica ambient in genere e nel free-jazz) altro non mostra che artisti capaci di suonare muovendosi unicamente dai propri impulsi, continuando a rimescolare i temi in modo non strutturato sia in soliloquio che nell'interazione con gli altri membri del gruppo. Anche le iterazioni ritmiche infinite dei Neu! e dei Talk Talk mostrano la stessa medaglia dal lato opposto, eliminando il senso del ritmo come ciò che scandisce il tempo e dissolvendolo nell'imprevedibile vortice dell'inconscio.
L'opposto speculare potrebbe essere il funk, che fa di un ritmo dinamicamente complesso la propria essenza, reiterando blocchi musicali efficaci in sé anziché costruire armonicamente il brano.
Tutte queste musiche sono tanto corporee quanto cerebrali, e dimostrano inequivocabilmente come non si possano scindere le due cose, bensì che la profondità della musica sta nell'esprimerle entrambe.
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