Promosso per me l'ultimo di Moretti, uscito oggi nelle sale.
È un film divertente e commovente.
È ovviamente in primis un film personalissimo: Moretti parla di sé, aggiorna la lista dei tic, ci rende la sua idea di cinema (ça va sans dire, in contrasto con il mainstream odierno); ma è ben lontano dall'arruffianarsi o dall'autoparodia, strappa risate sincere, anzi sembra essere ormai padrone dei tempi comici, che amministra alla perfezione, come nella scena della riunione con il team di Netflix, la maniera in cui fa contorcere le budella dal ridere facendo semplicemente smettere di parlare gli attori.
Dicevo che è anche commovente, o meglio emozionante. Il Moretti regista, come il suo personaggio Giovanni grazie all'aiuto della sua attrice, è sceso a patti con l'idea che il cinema politico sia un cinema che parla d'amore. Confessa, Giovanni, che vorrebbe fare un film d'amore pieno di canzoni italiane, e Moretti (il film è un saliscendi continuo tra il film dentro il film, il film in sé e il metadiscorso sul cinema di Moretti, un "viaggio nel tempo" come lo chiama lui) ce lo restituisce, mettendo dentro il film queste canzoni con tutto il loro carico emotivo, mentre vediamo i pezzi di una storia d'amore giovanile, che non sai se è l'inizio della storia tra Giovanni e Paola, il tentativo di correggere un diario degli errori, o entrambe le cose.
La sensazione, uscito dal cinema, è stata la malinconica speranza che viene dal parlare con un vecchio amico. E la speranza è, un po' didascalicamente e con dichiarata ingenuità, il senso di questo film e di tutti gli altri che si porta appresso.