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[tiresia]

Film delizioso, Marcello lo costruisce in maniera incantevole senza rinunciare alla sua poetica politica, anzi, perfezionandola. Quello che mi piace di Marcello è il suo essere un regista di immagini nel senso quasi letterale del termine per cui quasi tutto quello che ci comunica può essere indipendente dai dialoghi.
In quella forza delle immagini si innestano i famosi stralci da registrazioni d’epoca, qui molto contenuti, e una fotografia smagliante che riconduce la figura di Rafael ai mangiatori di patate (certi primissimi piani delle sue mani) e i colori dei vestiti di Juliette alla forza dei dipinti dei manieristi mischiati con gli impressionisti.
È un film militante, come sempre, per la sua natura intrinsecamente pacifista e egualitarista (l’incipit è fulminante, le guerre sono orrori che schiacciano i più deboli socialmente) e, in questo film, quel senso di “femminismo” che è poi il rovesciamento di una prospettiva di forza: l’accoglienza di Adeline nella sua corte dei miracoli è il concretarsi degli aspetti socialmente tipici del femminile che sono idealmente la cura/l’allevamento dei bambini/l’accoglienza degli uomini in una comune che rompe ogni simmetria; la figura di Juliette per lo spettatore certamente non può non essere che altra rispetto alle regole, ma il prefigurarsi dell’amore romantico mette in pericolo quasi tale presupposto, salvo chiusa finale; serpeggia l’idea che comunque l’aspetto del femminile percorra il confine fra naturalità e innaturalità con il vagheggiare dei racconti sulle streghe lì dove i percorsi intrapresi non sono conformi ad una società che è implacabile nei confronti di tutti gli stranieri/diversi (Rafael ne è un emblema, come l’altra famiglia della corte dei miracoli).
Applausi a Marcello, film godibilissimo che non cede mai sui suoi punti militanti, basti godersi il romanticissimo e molto politico finale.

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