1961 Summer and Smoke (Estate e fumo) di Peter Glenville
Praticamente la trasposizione di "Valzer per un amore" di De Andre' (quando carica d'anni e di castità / tra i ricordi e le illusioni / del bel tempo che non ritornerà) in un cinemascope di lussuriosa pittoricita' tipica di quegli anni li', con annessa avvolgente colonna sonora. Storia di una zitella repressa innamorata fin da bambina dal bel vicino scapestrato, che da adulto, beato lui, viene conteso da Rita Moreno e una Pamela Tiffin barely legal entrambe da sturbo. Anche lui arrivera' a provare interesse per lei, ma l'attrazione reciproca non sapra' mai trovare i giusti tempi. Una ballata autunnale di trasognata malinconia, dove il fumo del titolo e' quello delle foglie cadute bruciate alla fine dell'estate. Tanto la carnalita' dissennata del protagonista maschile che gli idealismi angelicati della protagonista femminile portano all'infelicita' e alla solitudine esistenziale, anche se non ci sono dubbi su quale delle due opzioni Williams ritenesse la meno peggio. Domina su tutti con intensita' commovente Geraldine Page, che aveva gia' portato con successo il personaggio a teatro e qui faceva il suo vero esordio al cinema a 37 anni - sette anni prima aveva fatto "Hondo" al fianco di John Wayne, ma sostanzialmente era stata una falsa partenza.
Mi e' bastato il prologo ambientato ad Halloween, quattro minuti che con semplice poesia danno subito il La al clima da sogno triste del film, per chiedermi quello che tante volte mi sono chiesto durante le visioni di questi film: quanto ci siamo persi di quella "normale" profondita'? Il film qui sotto, che non mi aspettavo di trattare, da forse qualche risposta neanche troppo scontata...
2008 The Loss of a Teardrop Diamond (L'amore impossibile di Fisher Willow) di Jodie Markell
L'unica trasposizione di Williams per il grande schermo da 35 anni a questa parte, tratto da una sceneggiatura inedita scritta direttamente per il cinema da Williams nel '57 per Kazan, a cui l'autore lavoro' fino alla morte. Devo ammettere che sulla scorta del trailer patinatissimo e del cast mi erano saltati in testa tutti i pregiudizi possibili in stile "Vecchio Stronzo Vs. Fighetteria Moderna" e invece e' una bella storia (ovvio) e buon film (molto meno ovvio). Bryce Dallas Howard ha una verve e una polposita' pallida perfette per la parte dell'ereditiera fuori di testa, e Chris Evans, nella parte del redneck che deve farle da "escort" a un paio di feste, tira fuori un carisma vintage da belloccione hollywoodiano old style. Poi arriva Ellen Burstyn nella parte di un'anziana morente dipendente dall'oppio e nei dieci minuti che e' in scena il resto del film scompare. La fotografia e la regia sono in effetti patinatissime, ma a furia di tramonti infuocati, meravigliosi viali alberati e feste illuminate da calde luci d'altri tempi, l'atmosfera nostalgica e sospesa arriva e lascia il segno. E' che appunto, ormai, la magica alchimia tra il cinema e Wiliams, tra i suoi drammi e il pubblico di massa, e' qualcosa che assomiglia a un mito perduto e in parte dimenticato, qualcosa di svaporato di cui si puo' evocare solo il vapore.
Un accenno alla produzione televisiva e poi giuro, veramente, basta.
Se al cinema Williams e' un dinosauro estinto, le tv americane non hanno mai smesso di trasporre le suo opere in film tv. Tra le tante spiccano una celebre versione dello "Zoo di vetro" del 1972 con Katharine Hepburn (l'ho vista: ben curata, ma anche molto seduta e accademica), una "Gatta sul tetto che scotta" del 1976 dove la gatta e' Natalie Wood e una "Dolce ala della giovinezza" del 1989, nientemeno che di Nicolas Roeg (ma ricordo un film tv piuttosto spento), con Elizabeh Taylor nella parte che fu di Geraldine Page. Piu' interessanti le versioni di drammi mai trasposti al cinema, come la trilogia teatral-televisiva formata da "Ten Blocks on the Camino Real" del 1965 di Jack Landau, satira surreale sulle rivoluzioni sudamericane con un giovanissimo Martin Sheen (l'unico titolo facilmente recuperabile su youtube) e dalle piu' rare "Dragon Country" del 1970 e "Eccentricities of a Nightingale" del 1976, entrambi diretti da Glenn Jordan.
Ma soprattutto...
1974 The Migrants (Gli emigranti) di Tom Gries
Cast da 1974 che piu' 1974 non si puo': Ron Howard e Cindy Willams reduci da American Grafitti e pronti per Happy Days, Sissy Spacek quando era la 70s Girl per eccellenza, caratteristi dai faccioni onnipresenti in quegli anni come Ed Lautner, Mills Watson e David Clennon (ha fatto tremila cose, ma per tutti e' il tizio in The Thing che si trasforma durante il test del sangue), ma soprattutto Cloris Leachman, che in quello stesso anno entrera' nell'immaginario collettivo (senza possibilita' di essere riconosciuta) come la Frau Blucher di Frankenstein Junior. E' lei il devastante centro emotivo di questo dramma famigliare sulla poverta', rarissimo esempio per Williams di figura materna totalmente positiva. Si trovano pochissime notizie su questo titolo, tanto che non sono riuscito a scoprire da che dramma di Williams e' tratto e in che anni fosse ambientato. Se, come sospetto, era ambientato durante la Depressione, la forza di questo film e' trasporre il tutto nel presente del 1974 senza risultare anacronistico, anzi dipingendo a ciglio asciutto e senza facili patetismi una miseria sociale esistente ancora oggi. Su tematiche simili, ho difeso "Nomadland" della Zhao, ma in effetti in confronto a questo fa la figura della favoletta semplicista. Tom Gries era un regista interessante diviso tra alti (anche molto: "Will Penny / Costretto ad uccidere" del '68) e bassi, questo titolo rientra decisamente tra i suoi alti.