Ammiro gli sforzi di Marco e Federico nel rispondere ai deliri di Atlas, genio della statistica medica e ora anche della lingua. Io e Federico abbiamo ampiamente discusso in passato su Lamar, proprio perché posizionati su pareri diametralmente opposti. Non aggiungo quindi altro alle accuse, che peraltro trovo assai divertenti proprio perché terribilmente paradossali, di un presunto plagio. Circa la lingua, ci sono già le risposte esaurienti di Marco che sottoscrivo in ogni virgola. Aggiungo solo che l'inconsapevolezza dell'ignorante è uno dei mali secolari di cui l'uomo difficilmente si libererà, soprattutto in piena era internettiana. Il disservizio è semmai non precisare ogni elemento di un disco, soprattutto all'interno della sua narrazione. Non a caso ho contrapposto alcuni passaggi oggettivamente misogini a quelli teatranti, di messa in scena. E' una contrapposizione necessaria per lasciar intendere a quelli un po' meno miopi di Atlas la differenza, prima di fraintendere l'analisi, che in questo caso è financo mera cronaca. Credo infine che assistiamo con Atlas a quel fenomeno ben noto agli italiani già dai primi anni '50, ossia il provincialismo che muta in esterofilia spinta a seguito di un trasferimento, spesso anche di un viaggio. Ne parlavano già i vari Manganelli, Bocca, e Montanelli all'epoca. Quest'ultimo anche in uno sketch televisivo, che ebbe un certo successo. In quel caso c'era la Svizzera come miraggio. Non ho manco messo meno ai messaggi di Atlas, perché sono comportamenti degni di una carezza, e non di altro, come un bambino di fronte al McDonald's che chiede a gran voce le patatine quando a casa c'è una cena sana già pronta che lo aspetta.
Big delusion