Oggi ascoltando gli Shadowfax ho scoperto il Lyricon:
The Lyricon is an electronic wind instrument, the first wind controller to be constructed. Computone Wind Synthesizer Controller (essentially, Lyricon II without synthesizer) Invented by Bill Bernardi (and co-engineered by Roger Noble and with the late Lyricon performer Chuck Greenberg), it was manufactured by Computone Inc. in Massachusetts in the early 1970s. The Lyricon was available in two designs, the first being somewhat silver and resembling a soprano saxophone and the latter, black and resembling an alto clarinet. Using a form of additive synthesis, the player was allowed to change between types of overtones with a key switchable between fundamentals of G, Bb, C, Eb, and F (allowing the instrument to be used to play transposed parts written for saxophones, trumpets, etc.) and an octave range that could be switched between low, medium, or high. The instrument also had controls for glissando, portamento, and "timbre attack" (a type of chorusing). The Lyricon used a bass clarinet mouthpiece, with a sprung metal sensor on the (non-vibrating) reed that detected lip pressure. Wind pressure was detected by a diaphragm, which moved and changed the light output from an LED, which was in turn sensed by a photocell to give dynamic control. https://en.wikipedia.org/wiki/Lyricon
Qualche settimana fa avevo anche trovato un synth proto-additivo di cui non sapevo una mazza; speravo di essermelo salvato da qualche parte invece nada, manco nella cronologia; autrement dit continuo a non saperne una mazza: circostanza migliore per poterlo ri-scoprire e ri-sorprendermi fra qualche tempo, quindi bene così.
Sì, me l'ero segnato da guardare, lo farò nei prossimi giorni.
Al momento sto studiacchiando e mettendo in ordine idee per un laboratorio didattico che terrò la settimana prossima nella summer school per studenti delle superiori organizzata ogni anno dall'ufficio scolastico della Lombardia (+ università di Bergamo + l'associazione di divulgazione matematica di cui faccio parte).
Una parte (2 h) provvederà a riciclare (e risistemare) un'attività di esplorazione della sintesi sottrattiva, già provata anni fa, basata sui Korg Littlebits (immagine sopra); la seconda (altre 2 h) sfrutterà invece l'ambiente Pure Data per creare un rudimentalissimo synth additivo e ragionare un po' sulla costruzione del timbro a partire dai singoli armonici (immagine sotto).
Ovviamente la faccenda è più elaborata di così ma il resto sono dettagli tecnici e storielle che bene o male già son saltate fuori in questo thread.
Per esser ridurre il rischio di raccontare cazzate, sto leggendomi questo librazzo qua, comprato qualche mese fa perché mi pareva ben fatto e che confermo essere un riferimento assai ben strutturato e ricco di riferimenti storici, consigli di ascolto, curiosità e spunti inattesi. Avrei gradito qualche parentesi matematica ma non si può aver tutto.
Sto leggendo un po' di cose sui synth sovietici. Online si trovano alcuni articoli ben fatti, anche se gira che ti rigira dicono un po' tutti le stesse cose:
Il più interessante del lotto mi sembra anche il più antico, l'ANS di Evgeny Murzin, progettato e poi costruito in un singolo esemplare tra il 37 e il 57. Si tratta di uno strumento a lettura foto-ottica, che sintetizza il suono in base a quanto impresso su dischi o pannelli di vetro ricoperti di mastice e incisi dal musicista con "partiture" grafiche di risoluzione microtonale. Le informazioni lette dalle fotocellule sono poi interpretate e riprodotte, con una polifonia che consentiva fino a 720 note simultaneamente. Non mi è chiaro come e se ci fosse un controllo di timbro ed espressione, ma dalle registrazioni mi pare di intuire che in qualche forma dovesse essere presente (anche perché se no lo strumento non dovrebbe essere considerato un "sintetizzatore" propriamente detto).
Lo strumento fu impiegato da compositori di provenienza classica e per realizzare colonne sonore, fra cui ad esempio quella di "Solaris", di Eduard Artemyev. In tempi più recenti, i Coil si sono appassionati al macchinario e lo hanno utilizzato per il loro (noiosissimo) disco/progetto CoilANS, del 2004. Oggi si può trovare il giocattolone al museo Glinka di Mosca.
Trivia: il nome deriva dalle iniziali del compositore Alexandr Nikolaevic Skrjabin, noto per la sua sinestesia che gli faceva legare la sensazione dell'altezza musicale alla percezione visiva del colore.
OT
Ho un sacco di synth e app musicali per iOS.Visto che non suono più e mi dispiace tenerle lì,regalo la possibilità di scaricarli(saranno due-trecento euro di roba)
Cose come animoog,orphion,modular synth,imini,e a chi interessa anche dei vst di batteria bfd echo e Abbey Road '50 che usavo su Mac,penso ci siano anche per Windows.
Vi do le credenziali e li scaricate.
Sto leggendo un po' di cose sui synth sovietici. Online si trovano alcuni articoli ben fatti, anche se gira che ti rigira dicono un po' tutti le stesse cose:
Il più interessante del lotto mi sembra anche il più antico, l'ANS di Evgeny Murzin, progettato e poi costruito in un singolo esemplare tra il 37 e il 57. Si tratta di uno strumento a lettura foto-ottica, che sintetizza il suono in base a quanto impresso su dischi o pannelli di vetro ricoperti di mastice e incisi dal musicista con "partiture" grafiche di risoluzione microtonale. Le informazioni lette dalle fotocellule sono poi interpretate e riprodotte, con una polifonia che consentiva fino a 720 note simultaneamente. Non mi è chiaro come e se ci fosse un controllo di timbro ed espressione, ma dalle registrazioni mi pare di intuire che in qualche forma dovesse essere presente (anche perché se no lo strumento non dovrebbe essere considerato un "sintetizzatore" propriamente detto).
Lo strumento fu impiegato da compositori di provenienza classica e per realizzare colonne sonore, fra cui ad esempio quella di "Solaris", di Eduard Artemyev. In tempi più recenti, i Coil si sono appassionati al macchinario e lo hanno utilizzato per il loro (noiosissimo) disco/progetto CoilANS, del 2004. Oggi si può trovare il giocattolone al museo Glinka di Mosca.
Trivia: il nome deriva dalle iniziali del compositore Alexandr Nikolaevic Skrjabin, noto per la sua sinestesia che gli faceva legare la sensazione dell'altezza musicale alla percezione visiva del colore.
bellissimo e ultra avveniristico per l'epoca l'Ans, credo di averlo nominato all'inizio del thread. Ricordo di avere ascoltato una compilation di compositori russi registrata alla fine degli anni sessanta e vabbè, alcune cose non sono così memorabili ma altre sono squarci di futuro. Probabilmente l'ho già messa, ma Stream (o Steam, non è ben chiaro) di Schnittke è praticamente musica ambient aliena che non suona datata per nulla, che per uno strumento degli anni trenta è pazzesco.
Se non ricordo male l'idea del suonare dei disegni poi venne ripresa dall'Upic, usato per esempio da Xenakis
dopo sono curioso di provare l'app
a vedere la pagina di 120 years of electronic music pare ci fossero altri sintetizzatori simili:
Era un progetto di ricerca, realizzato in ambito universitario. Probabilmente come spesso accade (vedi anche il Reactable) si tratta di iniziative per le quali anche solo la conversione in prodotto commerciale è dispendiosa, visto che il personale coinvolto non ha intenzione di mettercisi in prima persona. Servirebbe quindi un produttore terzo capace di acquisire l'expertise e studiare come e se sia possibile raggiungere un break-even... Questo genere di produzione artigianale ha più speranze di successo quando fin da principio si pone la questione di come essere economicamente sostenibile.
Qualche tempo fa avevo postato riguardo a quel pesce fuor d'acqua che era l'RMI Harmonic Synthesizer. Oggi, apprestandomi a scrivere in un articolo di quell'altro strumento assai interessante dell'RMI Electra-Piano mi sono imbattuto in alcune spieghe riguardo ai pregressi che portarono all'Harmonic Synthesizer e ve le ripropongo.
Nel 1968 la Allen Organ Company — azienda della Pennsylvania di cui RMI è sussidiaria — viene contattata da North American Rockwell (quella Rockwell, uno dei maggiori contractor elettronici dell'aviazione americana e della NASA per il programma spaziale), che è interessata all'utilizzo commerciale dei transistor miniaturizzati di tipo MOSFET messi a punto negli anni precedenti per i militari. Per qualche ragione, aveva stabilito che un buon mercato per mettere a frutto la tecnologia fosse quello degli organi elettronici, e così aprì una joint venture con Allen (anni dopo emerse che Allen era letteralmente l'ultima scelta ipotizzata da Rockwell, ma tutti gli altri possibili partner avevano declinato la proposta). Il prodotto di questa collaborazione sarebbe stato l'Allen Computer Organ, del 1971 — il primo organo digitale della storia, nonché il primo dispositivo digitale destinato al mercato del consumo (assieme, pare, a una calcolatrice Sharp uscita nello stesso periodo).
L'organo aveva diverse caratteristiche interessanti. Su grande insistenza del team Allen guidato dal fondatore Jerome Markowitz, lo strumento fu dotato di un lettore di schede perforate (inizialmente pensato solo per i test sui prototipi) che permetteva di "programmare" le proprie voci codificando i vari stop. Anticipando le strategie che sarebbero poi state intraprese dai produttori dei primi synth polifonici, i progettisti dell'organo ebbero l'idea di dotarlo non di un oscillatore per nota come gli organi elettronici "seri", ma di soltanto 12 oscillatori (come tutti gli organi "cheap" di tipo divide-down, es. Vox Continental, Farfisa Compact ecc): a differenza che negli organi combo, tuttavia, la frequenza di ciascun oscillatore non era pre-assegnata ma veniva assegnata in tempo reale in base ai tasti premuti. Tenendo conto che un organista avrebbe potuto suonare al massimo 12 note (10 sulle dita delle mani e due coi pedali), questo consentiva di fatto una polifonia completa con un oscillatore per voce.
Qua sotto una foto da materiali promozionali. Lo strumento nell'immagine è uno dei prototipi, e ha dunque un'interfaccia diversa dal modello commerciale.
Tre anni dopo, RMI (la sussidiaria di Allen Organs destinata al mercato domestico e pop) lanciò due modelli che sfruttavano l'expertise messa a punto per l'Allen Computer Organ. Uno era appunto l'RMI Harmonic Synthesizer, l'altro l'RMI Keyboard Computer. Se il primo era un sintetizzatore (monofonico, digitale e additivo) vero e proprio, quest'altro era essenzialmente una versione portatile dell'Allen Computer Organ, dotata anch'essa di un lettore di schede perforate con cui "caricare" voci aggiuntive rispetto a quelle selezionabili dalla pulsantiera. Le voci erano vendute singolarmente da RMI, ma più avanti negli anni software di terze parti avrebbero istruito gli smanettoni a programmarsi le proprie. Lo strumento aveva attacco e decay personalizzabile e dunque era tecnicamente qualcosa di più di un organo; la limitata modellabilità delle voci fa sì però che gli intenditori non lo considerino un synth vero e proprio. Sia come sia, mi pare una macchinetta davvero notevole, soprattutto per l'anno di uscita. Lo si portava a casa con 4495 $ (25k€ di oggi, non proprio due spiccioli).
Lo si può sentire in azione in "Waves" di Terje Rypdal, in "Dawn" e "Ocean" degli Eloy, in "L" di Steve Hillage, forse anche in "White Rock" di Rick Wakeman dove i credit citano un inesistente "RMI Computer Piano" che dovrebbe essere lui.
Oppure in uno dei dischi promozionali rilasciati all'epoca:
Wago stavo leggendo il tuo approfondimento davvero molto interessante e ben fatto sulle tastiere elettriche e mi ha colpito il fatto che del Rhodes dici "Tra gli elementi distintivi del marchio ci sono la robustezza degli strumenti, la facilità di riparazione": ma ne sei sicuro? Perchè io ho sempre sentito un po' l'opposto, che siano abbastanza un incubo per la loro fragilità e mi è sempre capitato di leggere che le magagne sono all'ordine del giorno, e che per esempio Herbie Hancock (che se non ricordo male è ingegnere) a un certo punto si mise a studiare da riparatore dello strumento, viste le continue noie dovute a qualche guasto.
non c'entra nulla, ma mi ha fatto ridere la storia di vibrato e tremolo, mai capito il perchè di tanta confusione. Che poi: il tremolo spacciato per vibrato, e poi uno ha pure il tremolo inteso come whammy bar e il tremolo inteso come ripetizione veloce di note.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Intanto mi fa piacere che ti stai sciroppando il malloppone
La solidità è sempre comparativa, in particolare rispetto al Wurlitzer che era il competitor diretto (e leader del mercato al momento del lancio del Rhodes).
Si tratta di strumenti meccanici complessi, con diversi elementi che possono rompersi o andare fuori posto per ciascuna nota, e che venivano smontati, trasportati e rimontati ogni giorno. Più di tanto non ci si poteva e non ci si può fare.
Il giudizio comunque è ovviamente non mio, lo ho trovato esposto in varie maniere su più fronti, ma in modo particolarmente chiaro sul libro "Classic Keys" che è stato il mio principale riferimento per tutte le faccende strutturali e costruttive relative agli strumenti.
Intanto mi fa piacere che ti stai sciroppando il malloppone
Guarda con tutto che le tastiere elettriche mi sono sempre piaciute tantissimo devo dire che una panoramica così approfondita su questi strumenti non l'avevo ancora vista in rete.
La solidità è sempre comparativa, in particolare rispetto al Wurlitzer che era il competitor diretto (e leader del mercato al momento del lancio del Rhodes).
Si tratta di strumenti meccanici complessi, con diversi elementi che possono rompersi o andare fuori posto per ciascuna nota, e che venivano smontati, trasportati e rimontati ogni giorno. Più di tanto non ci si poteva e non ci si può fare.
Il giudizio comunque è ovviamente non mio, lo ho trovato esposto in varie maniere su più fronti, ma in modo particolarmente chiaro sul libro "Classic Keys" che è stato il mio principale riferimento per tutte le faccende strutturali e costruttive relative agli strumenti.
Non so, magari la solidità riferita all'involucro di tolex ci sta senz'altro, dicevo proprio delle magagne legate a tasti e produzione del suono.
Questo è il video dove Hancock ne parla, poco dopo il secondo minuto.
Comunque a proposito dell'accordatura del piano (ne parli a proposito dello Yamaha CP-70) una cosa che mi chiedevo è se per via dell'inarmonicità del piano soprattutto sui registri bassi quanto questo possa risultare stonato rispetto a un synth che ovviamente non ha bisogno di corde o mezzi meccanici per produrre il suono.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Che non ci sia nulla di così organico in rete posso garantirlo visto che credo di aver usato (quasi) tutto ciò che ci fosse a disposizione come fonte
Comunque sul piano tecnico ci sono opere senz'altro più complete e scritte con maggiore competenza. "Classic Keys" è davvero eccezionale nel suo equilibrio tra aspetti da smanettoni e approccio storico/divulgativo. Per quanto riguarda invece la raccolta di brani e il tentativo di individuare un "filo" nell'evoluzione degli stili legati a uno strumento credo di poter affermare che non c'è in giro niente di altrettanto ricco (ne sarei stato felice, avrei potuto scopiazzare molto più selvaggiamente). Ovviamente un vero esperto potrebbe arricchire l'inventario di chissà quanti altri brani, ma... Al momento non lo ha fatto.
Comunque sì, i problemi legati ai tasti che vanno kaputt ci sono, il video che dici è emblematico (ho visto tutti e due i documentari girati dal tizio e questo è uno dei passaggi migliori). Il punto è semplicemente che col Wurlitzer era peggio ancora, e non è un caso se col debutto del Rhodes MK 1 i numeri fatti da quest'ultimo hanno nettamente superato quelli del primo, artisti che prima utilizzavano il Wurlitzer sono passati al Rhodes e lo strumento si è imposto presso musicisti che prima non avevano mai usato un e-piano.
Sull'ultima questione: in realtà anche i synth stonano, e fino all'avvento degli oscillatori a controllo digitale (Juno 6, Korg Poly-61) a inizio anni Ottanta il problema è stato avvertito come rilevante, soprattutto per via del numero crescente di oscillatori indipendenti impiegati dai sintetizzatori polifonici.
Sull'ultima questione: in realtà anche i synth stonano, e fino all'avvento degli oscillatori a controllo digitale (Juno 6, Korg Poly-61) a inizio anni Ottanta il problema è stato avvertito come rilevante, soprattutto per via del numero crescente di oscillatori indipendenti impiegati dai sintetizzatori polifonici.
si si, ne avevamo anche già parlato e anche del fatto che poi i musicisti spesso tendono a ricercare un certo grado di stonatura. Solo che (magari mi sbaglio) da quello che capisco è... un diverso tipo di stonatura? Nel senso che man mano che ti allontani dal do centrale sul pianoforte devi compensare la lunghezza, la larghezza e la massa della corda accordando gradualmente più in basso per le note basse per avere degli armonici intonati, cosa che rende l'idea de "i 12 toni tutti uguali" molto più teoria che realtà, mentre sul sintetizzatore un problema del genere non si pone, o sbaglio?
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Sì, credo sia come dici. Salvo questioni costruttive che al momento ignoro, in linea di principio una nota vale l'altra per un oscillatore elettronico. I mean, immagino che tutti gli oscillatori elettronici abbiano una "finestra" di frequenze entro la quale si comportano in maniera grossomodo adeguata, e mi auguro che questa sia sufficientemente ampia da includere il grosso del range audio. Però in realtà non ho idea. Magari, approfondendo ulteriormente quando (tra un bel po') scriverò anche di quella parte di storia, saprò dare indicazioni più circostanziate.
Ovviamente poi ci sarà anche il problema dell'amplificazione, la cui curva di risposta dipenderà fortemente dalla frequenza. Ma è un altro paio di maniche direi, e dopotutto nel paragone con uno strumento elettroacustico come un pianoforte elettrico la questione si porrebbe in modo analogo sia per il synth sia per l'e-piano.
Il tipo francamente verrebbe da ammazzarlo dopo pochi minuti, ma il video è comunque interessante. Come top 10 è un po' da intendere nel senso delle pietre miliari di ondarock, sostanzialmente sintetizzatori iconici e che hanno influenzato stili musicali e altri strumenti successivi, per cui è una lista abbastanza prevedibile, in buona parte roba di cui abbiamo parlato o che abbiamo nominato in precedenza, la cosa interessante secondo me è il sentirli uno dopo l'altro, e nonostante la brevità del video le differenze di suono, soprattutto tra digitale e analogico vengono fuori abbastanza chiaramente.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Vabbè lui è un mito per quanto mi riguarda: accento italo-americano ridicolissimo e un'enorme capacità di intrattenere parlando e facendo sentire macchine stupende di cui non dice assolutamente mai alcunché di rilevante, né fa sentire qualcosa di sorprendente o arricchente.
Il video che dici non lo ho ancora visto ma ne avrò visti a decine di altri. Senz'altro guarderò anche questo.
ps. Ho iniziato, direi che contenutisticamente è enormemente più denso e conciso del suo solito. Il grosso dei suoi video sono lui che cazzeggia con questo o quell'altro synth gasandosi come un cocainomane (cosa che comunque non escludo che).
Vabbè lui è un mito per quanto mi riguarda: accento italo-americano ridicolissimo e un'enorme capacità di intrattenere parlando e facendo sentire macchine stupende di cui non dice assolutamente mai alcunché di rilevante, né fa sentire qualcosa di sorprendente o arricchente.
Il video che dici non lo ho ancora visto ma ne avrò visti a decine di altri. Senz'altro guarderò anche questo.
ps. Ho iniziato, direi che contenutisticamente è enormemente più denso e conciso del suo solito. Il grosso dei suoi video sono lui che cazzeggia con questo o quell'altro synth gasandosi come un cocainomane (cosa che comunque non escludo che).
Tipo la prima cosa che ho pensato.
Comunque sono curioso di sapere quali sono quelli che ti piacciono di più per suono e quelli di meno. Sentendoli tutti di seguito mi ha rafforzato l'impressione, banale al limite del luogo comune che effettivamente l'analogico sia più attraente e caldo, mentre il digitale (ma forse dipende anche da suono a suono) più freddo e invecchiato peggio. Non che mi farebbe schifo avere la Korg o il Dx7, però sarebbero effettivamente quelli che mi piacciono meno anche se mi dovessi basare su questo video e basta.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Il Mandell Computer Music Melodian, considerato il primo campionatore digitale. Sviluppato dal computer designer americano (ora esperto di trading e risk management) Harry Mandell attorno al 1976, è stato utilizzato da Stevie Wonder in "The Secret Life of Plants" e "The Woman In Red" [citation needed riguardo a quest'ultimo, ma mi sembra credibile visti i suoni attorno a 1:30]. Aveva un convertitore audio-to-digital a 12 bit e una sample rate di 22 kHz. Non male visto che i primi due Fairlight sarebbero stati a 8 bit/24 kHz. Era monofonico, basato su un computer PDP-8, implementava i dovuti filtri antialias e poteva interfacciarsi a un ordinario synth analogico (ma sta faccenda non è che l'abbia capita bene).
Poi c'è (slightly OT) il fantomatico Birotron, di cui piace dire che è "lo strumento più raro del rock". Sorta di Mellotron "evoluto" ideato dall'americano Dave Biro e finanziato da Rick Wakeman, non entrò mai in produzione ed esiste oggi in una manciata di esemplari, di cui pochissimi funzionanti (e nessuno coi suoni originali). Anziché nastri da riavvolgere, impiegava cassette Super8, consentendo il looping infinito e il superamento del (celebre?) limite degli 8 secondi che accomunava Mellotron e Chamberlin. Dopo svariate ricerche sull'interwebz attraverso la Wayback Machine, vecchie mailing list di impallinati e proxy vari, ho pensato bene di contattare direttamente il tizio che attualmente sta occupandosi di recuperare i suoni dai mastertape danneggiati. More news to come...
Comunque sono curioso di sapere quali sono quelli che ti piacciono di più per suono e quelli di meno. Sentendoli tutti di seguito mi ha rafforzato l'impressione, banale al limite del luogo comune che effettivamente l'analogico sia più attraente e caldo, mentre il digitale (ma forse dipende anche da suono a suono) più freddo e invecchiato peggio. Non che mi farebbe schifo avere la Korg o il Dx7, però sarebbero effettivamente quelli che mi piacciono meno anche se mi dovessi basare su questo video e basta.
Guarda io sono partito, per abitudine, amando soprattutto il sound analogico 60s/70s ed essendo affascinato dai synth additivi come il Fairlight e il Synclavier, ma col tempo ho finito per trovare belli un po' tutti. Magari non proprio in ogni sound, ecco, tanti preset del DX-7 o del Korg M1, nel loro uso standard, mi risultano molto kitsch e ridicoli. Però riconosco che è una questione di sovraesposizione, insomma è il sound di default degli anni Novanta e molti di quei suoni mi rimandano immediatamente a produzioni parecchio un tanto al chilo. Ma il suono "Organ 1" dell'M1 per dire resta una figata, in "Show Me Love" come in ogni altro luogo.
Non sono invece mai entrato granché nel suono dei colossi analogici anni 80, il Roland Jupiter, gli Oberheim Matrix... Non che non mi piacciano, semplicemente non li associo ancora a suoni specifici (forse anche perché erano molto versatili?).
Comunque sì, direi che coi modelli il video ha indicato nomi indubbiamente famosi e "miliari". Certo, ne mancano un tot ma è ovvio in una selezione, un po' mi ha colpito l'assenza dei Buchla, o del PPG Wave o dell'E-mu emulator (forse questo non conta come synth?). Poi senz'altro oggi gli strumenti della linea Nord non sono omettibili, ma capisco che siano forse percepiti come troppo poco "vintage" per comparire in un video di questo tipo.
Oggi mi è arrivato dalla Svezia questo gingillo qua:
È un giocattolo per la sintesi granulare, basato su Arduino. È monofonico, midi-controllabile e ha una SD su cui sono precaricati un tot (con tot grande) di sample e se ne possono aggiungere/registrare altri.
Devo ancora capire bene i controlli (in particolare l'effetto dei vari cursori) ma devo dire che usato col solito Arturia Keystep è molto divertente. Escono suoni molto grezzi, si "sentono" molto i grani e tutto ha un effetto molto glitchy; però in fondo è anche il suo bello nel senso che credo illustri bene il meccanismo e le sue basi. Che è poi un po' lo scopo per cui lo ho preso.
Ho preso questo giocattolino, M-audio Oxygen pro mini 32, un controller midi portatile alimentato tramite usb.
il software a corredo è Ableton live intro, MPC e qualche simulatore di sintetizzatore (analogico, electric piano, tubesynth) e simulazione di pianoforte.
Sono rimasto sorpreso sia dalle dimensioni (si infila in uno zainetto per pc, più piccolo di un laptop), sia dal prezzo contenuto, circa un centone. La tastiera è semipesata, ma non ha aftertouch (il modello da 25 tasti più caro invece ce l'ha).
Non ho ancora capito che farci, l'ho preso solo perché nel mio immaginario un synth è una roba che occupa una stanza e costa un'automobile e magari un oggetto del genere con il software bundle collegato a un laptop ha più potenzialità del Synclavier usato da Zappa
Ok, tennicamente non è un sintetizzatore, è solo una tastiera elettronica (credo), ma sto gingillo che ho scoperto per caso pochi minuti fa è troppo ridicolo divertente per non postarlo qui:
È uscito nel 1984 ed era una specie di mix smontabile fra un ghettoblaster e una Casio PT. Geniale il tentativo di spacciarla per un "recording studio" portatile (portatile, poi... 16 pound sono poi 7 kg e rotti), manco fosse un OP-1 ante litteram.
Qui una recensione d'epoca un po' più dettagliata. Costava un tot, 349 £ sul mercato britannico. Sorprendentemente anche oggi non è che lo si trovi aggratis: su Reverb sta a 277 $.
C'era da aspettarselo che qualche flippato ci si prendesse bene ancora oggi, anche solo per farci i video dimostrativi su YouTube:
Per un nome del genere si sarebbero potuti scegliere anche altri dischi (almeno tre, a occhio e croce). La decisione è caduta su questo e sono felice di averne potuto scrivere, perché è un album con cui ho una relazione di lunghissima data.
Lo ho conosciuto, grazie a una cassetta di mio padre, prima ancora di sapere del progressive rock, delle infatuazioni classicheggianti dei Beatles, del fatto che la musica elettronica avesse un qualche perché anche fuori dalle piste da ballo. In un certo senso, ai tempi del primo incontro avevo un punto di vista non così lontano da quello di chi, all'epoca, rimase sbalordito dal senso di novità di quella musica. Sbalordito ci rimasi anche io, e a 20+ anni di distanza mi ha fatto un gran piacere tornarci sopra in modo un po' approfondito.
Complimenti Wago, uno scritto magnifico, è incredibile che paghino gente per cagate pressappochiste sulle riviste di settore (vale anche per la critica cinematografica) quando girano articoli come il tuo che sviscerano dettagliatamente in maniera analitica e tecnica i dischi. Claudio dovrebbe pagarti almeno una pizza (col coperto, mica d'asporto).
Vi ringrazio, ho sempre il timore di essere un po' troppo tortuoso/didattico/didascalico quando c'è da affrontare snodi così densi di possibili prospettive.
L'altra preoccupazione, che in questo caso mi assillava da mesi, era quella dei risvolti gender e anche solo dello spettro dell'infame deadnaming. Non ho mai trattato di personalità transessuali prima, e da un lato mi chiedevo come riuscire a non urtare sensibilità nello scrivere (chissà se ci sono riuscito), dall'altra mi rendevo conto che, tutto sommato, fra le tante quella era una chiave di lettura su cui non mi andava più di tanto di insistere. Un po' per mancanza di confidenza coi temi, un po' perché facilmente totalizzante.
Comunque sono riuscito a resistere all'impulso di illustrare dalla a alla z il funzionamento di un sintetizzatore sottrattivo e, al netto della riuscita o meno del pezzo, lo considero già un notevole achievement
p.s. Prima di mettere mano all'articolo mi sono sentito "Switched-on Bach 2000", del 1992, che mancava al mio inventario: ovviamente non ha tutta l'allure leggendaria del predecessore, e giocoforza anche quella certa sobrietà che volente o nolente caratterizzava l'originale... Ma è comunque un disco divertente e curato, con scelte timbriche non banali capaci di non suonare né imitative, né fastidiosamente presettose, né d'altra parte eccessivamente aliene o artificiali. Immagino abbia richiesto una minima frazione del tempo e dell'impegno necessari per creare il primo "Switched-On Bach" (d'altra parte polifonia, sequenziatori, patch memory, midi, daw erano ormai realtà consolidate) ma mi è parso comunque un tributo non pigro.
Sempre amato il Tonnetz, che avevo approfondito anche all'università in vista della tesi. Negli ultimi mesi ci ho giocato un poco sul tablet grazie alla app Hexpress, ma ho sempre sognato di avere un cosino fisico deputato. Questo costa un po' ma la cifra non è proibitiva, certo non è manco molto esteso come tastiera ma dopotutto essendo un midi-controller la cosa importa fino a un certo punto.
ma è solo per fare accordi? Se è così mi fa tornare in mente quello strumento che credo sia stato molto in voga negli stati uniti per un periodo che serviva sostanzialmente a far quello, cioè a suonare accordi e basta in modo facile, anche se non era un synth.
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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine
Curioso gingillo presentato al Superbooth a maggio, viene presentato come "sintetizzatore acustico" e essenzialmente mi sembra un Rhodes per nerd della fisica. Per ora è solo un prototipo. Sono curioso di sapere se mai entrerà in produzione e quanto verrà a costare... Avesse un costo accettabile mi farebbe comodo per le lezioni sulla risonanza.