Classe 94, colombiana di origini ma cresciuta anche in America, Karly-Marina Loazia - in arte Kali Uchis - è la chulita midstream latina che negli ultimi anni è riuscita a crearsi un discreto seguito sgomitando senza pudore tra foto di culi XL, tettone al burro e un profilo Instagram porno-bait che lascia sempre troppo poco all'immaginazione. Un tempo erano gli uomini gay che si trasformavano in esagerate finzioni femminili chiamate drag queen, oggi sono le donne stesse che si ispirano alle drag queen e si conciano come gommoni rimasti a galleggio sull'Adriatico.
Ma col disco di debutto Isolation (2018), Kali ha in verità dimostrato di essere un'ottima popstar e di avere un gusto musicale ben più raffinato delle sue foto profilo. Ha una voce delicata molto maliconica e sa mescolare anche il reggaeton più ubiquitario con una scrittura efficace e una serie di trovate produttive che si spingono oltre la media del genere. Kali è giovane ma ha tutta l'aria di una che sa benissimo cosa vuole ed è pienamente conscia delle sue scelte e dei possibili limiti del suo registro interpretativo - qui per dire una sua versione casalinga di Toxic della Spears, dove dimostra che anche mentre cazzeggia al computer seduta per terra in salotto la ragazza sa affondare il coltello nel cuore di una canzone e farla sempre e comunque sua.
Il nuovo disco è previsto per il 18 novembre 2020, da quel che mi par di capire dovrebbe essere tutto in lingua spagnola. La foto di copertina è di una bruttezza rara, ma lei ha sempre avuto parecchio pelo sullo stomaco in quanto a immagini:
Vi faranno parte sia Aqui Yo Mando, in coppia con Rico Nasty:
che La Luz, con Jhay Cortez:
Due pezzi piacevoli e molto ben fatti, anche se nessuno dei due per il momento doppia i momenti migliori di Isolation. Mi addolora molto anche l'assenza di Solita, una delle sue canzoni più belle in assoluto e sulla quale io speravo impernasse tutto un disco intero. Aspettiamo titubanti.