Ovvero nell'agonia del forum aprire tutti quei topic che da anni volevo aprire e su cui, in tempi di maggior entusiasmo, avevo raccolto un sacco di materiale poi rimasto li' a prender polvere digitale sul desktop. Peggio tardi che mai, forse.
Comincio con l'idolone degli idoloni.
Kris Kistofferson
"Tutto andava bene finché... finché Kris Kristofferson arrivò in città. Oh, non avevano visto nessuno come lui. Arrivò in città da par suo, come un gatto selvatico, atterrando in elicottero nel giardino di Johnny Cash. Non era certo il tipico cantautore. E mirò alla gola. "Sunday Morning Coming Down". Potete guardare a Nashville come pre-Kris e post-Kris, perché lui cambiò tutto. Quella canzone rovinò le seratine al poker di Tom T. Hall. Avrebbe potuto mandarlo al manicomio." (Bob Dylan)
Quando Kris Kristofferson pubblicava il suo primo album aveva 34 anni, superando in tardivita' Leonard Cohen, esordiente due anni prima a 33. Il tutto in un'epoca e un ambiente musicale in cui avere piu' di trent'anni era una perversione e una colpa. La sua figura agile e asciutta contrastava con lo stampo steinbeckiano dei countrymen classici. Johnny Cash aveva solo quattro anni piu' di lui e Willie Nelson tre, eppure sembrava loro figlio. Era il Billy the Kid bello e dannato dell'outlaw country; personaggio di cui dara' non a caso l'incarnazione cinematografica defintiva, anche se a 36 anni e Billy the Kid fu ucciso che ne aveva 21. Quando per la maggior parte dei suoi colleghi countrymen quello di "Easy Rider" era un happy end, frequentava gli ambienti della controcultura e i raduni dei figli dei fiori. Battezzato alla corte di Dylan (vuole la leggenda che Kristofferson fosse uno dei tecnici del suono di Nashville che assistettero alle anfetamiche session di "Blonde On Blonde") scopava e si sbronzava con Janis Joplin a cui regalera' la sua canzone piu' famosa. Il vizietto di accompagnarsi a loser e figure fuori dagli schemi non lo abbandonera' mai, tanto che nella sua parallela carriera cinematografica diventera' il campione di alcuni dei piu' grandi ed epici flop della storia del cinema americano, con una sfilza titoli rovina-carriera quasi da jettatore professionista. Anche musicalmente sara' sempre un autore country poco country: il raro ricorso alle cover in favore di dischi interamente firmati da lui e la tranquillità con cui ha sempre mescolato i generi ne fanno più un classico rocker, vicino appunto al cantautorato alla Dylan e Cohen.
1970 - 1974 Gli anni d'oro: Beautiful Loser
1970 Kristofferson
L'esordio tardivo favorisce l'abbondanza e la lucentezza del materiale. Disco capolavorico in totale stato di grazia, strabordante di ballate incantate, inni alla malinconia, odi all'abbandono. La poetica di Kristofferson e' solitaria, pigra, alcolica, piu' da vagabondo che da cowboy. La sua e' una di quelle voci che avvolgono e stringono l'anima, tipo un Cohen meno amaro e profondo, ma piu' morbido, sereno, "desertico”. Passano alla storia l'indolenza di "Me and Bobby McGee", che con quel lapidario verso "Libertà è solo un'altra parola per dire che non hai niente da perdere" diventera' l'inno on the road del decennio, e la suadenza di "Help Me Make It Through the Night" un nuovo standard per la musica country. Ma e' tutta roba a quel livello, con un lato B da mal di cuore. Toh, giusto un paio di pezzi ritmati e satirici forse sono un pelo invecchiati... se disturba che un disco del 1970 suoni come un disco del 1970. La perla definitiva, la canzone-su-un-milardo arriva in chiusura: "Sunday Mornin' Comin' Down", gia' resa famosa l'anno prima da Johnny Cash, pero' in una versione dall'andamento troppo marziale. E' nella versione trasognata di Kristofferson che esplode in tutta la sua forza poetica, un dopo-sbronza che diventa mistero e poesia. Una delle piu' belle canzoni di sempre.
1971 The Silver Tongued Devil and I
Il forziere del tesoro da cui tira fuori queste nuove perle e' lo stesso del disco precedente. Le perle piu' luminose se l'e' inevitabilmente gia' giocate, ma il bottino e' altrettanto ricco e prezioso. La maggior professionalita' della confezione regala al tutto un'atmosfera un po' diversa, forse meno intensa, ma piu' nitida e quasi altrettanto magica. Storie ("in parte vere, in parte finte") ambientate ai margini della società, tra "contraddizioni viventi" come spacciatori che sono anche profeti.
1972 Border Lord
Al sapore del whiskey si affianca qualcosa di piu' "acido". Il clima si fa piu' morboso e obliquo, si addensano persino nuvolette black e salgono strani fumi colorati da qualche canzone. La malinconia dei dischi precedenti cede il passo a un desolato fatalismo. E' una America post-Charles Manson quella in cui si aggirano le "Little Girl Lost" di Kristofferson. "Josie", "Burden of Freedom", "Gettin' By, High and Strange", sono i nuovi classici di un disco di corruciato fascino.
1972 Jesus Was a Capricorn
Musicalmente rientra in canoni piu' tradizionali del country e, non a sorpresa, alla lunga sara' il suo disco commercialmente piu' fortunato. Un rientro comunque a modo suo, con la title track che descrive Gesu' come un hippie e testi che parlano di religione, violenza, papponi, banditi col consueto anti-conformismo. Album indolente ad alto tasso alcolico, dove alle consuete cavalcate "outlaw" si alternano narcotiche ballate blues che letteralmente trasudano whiskey.
1973 [con Rita Coolidge] Full Moon
Adorabile album in cui duetta con la moglie Rita Coolidge. Essenzialmente un disco di cover, ma tanto non ho presente gli originali, quindi chemmefega. Album piu' di lei che di lui, un'infilata di ballate da caminetto acceso, copertone di lana e divani sfondati. Easy listening di eleganza e classe perdute, intriso di irresistibile malinconia amorosa. (Sorvolabili invece gli altri due dischi in coppia, Breakaway del 1974 e Natural Act del 1978, country pop di grana grossa.)
1972 [Rita Coolidge] The Lady's Not for Sale
Gia' che ci sono consiglio anche il quasi coevo disco solista di lei, limitrofo come livello di ispirazione al disco con Kristofferson (la title track e' una delle splendide outtake di "Kristofferson"). Splendide e rarefatte cover con la voce calda e sexissima della Coolidge che mi sembra spiccare per intensità nel mare delle voci spesso standardizzate del country al femminile.
1974 Spooky Lady's Sideshow
Disco a meta' decennio e si sente che e' un disco in bilico su un confine, in cui KK si mette "una nuova pelle per la vecchia cerimonia". L'ispirazione non cede il passo, anzi e' uno dei sui album piu' solidi, con dodici canzoni varie e cristalline, ma si avverte nell'aria che qualcosa nei suoni, nelle atmosfere e nella voce stessa di Kristofferson e' andato o sta per andare irrimediabilmente perduto. Una questione di cambio di "grana" inisito nei tempi, che l'album coglie, forse involontariamente.
La fotografia "live" degli anni d'oro...
Kris Kristofferson & Rita Coolidge - Let the Music Play (live April 25, 1972)
Live radiofonico da lacrime, dove la timidezza degli applausi ci dice che non dovevano essere tanti i fortunati ad assistere. Lui, la sua voce al suo massimo, un paio di chitarre, una tastiera, quella topona della moglie. Un clima di indolenza assoluta. Canzoni di una bellezza ultraterrena buttate lì con dolcezza, come niente fosse, chiacchierando tranquilli che pare di vederli sorridere. Toccante anche la parte di concerto tutto per la Coolidge (tagliata in alcune edizioni).
1975 - 1981 Gli anni d'argento. I giorni del whiskey e delle rose
La catena di montaggio dell'industria country impone a Kristofferson di incidere un disco all'anno. A dispetto di una vita sempre piu' sregolata e alcolica, con la voce che inizia a perdere drammaticamente colpi, lui ci mette un mirabile impegno professionale. Continua a firmare tutte le canzoni e mantiene un buon livello generale, con dischi dall'impronta simile, ma a cui sa dare ogni volta passo e carattere diversi. Generalmente malfamata, forse perche' troppo rock per il mondo country e troppo country per il mondo rock, la sua produzione della seconda meta degli anni 70 meriterebbe invece di essere riscoperta e rivalutata.
1975 Who's to Bless and Who's to Blame
Una sarcastica invettiva politica ("The Year 2000 Minus 25") apre un disco segnato da una certa influenza giamaicana. Niente paraculate esplicitamente reggae, ma dal genere prende una generale leggerezza e ariosita' delle melodie e dei suoni, confezionando forse il suo disco piu' pop, una piacevolezza "da amaca". Se la voce inizia ad essere affaticata, l'ispirazione ancora regge con bei pezzi come "Stallion" e "Stranger", con cui per l'ultima volta fa breccia nel mondo country.
1976 Surreal Thing
Decisamente il disco piu' sfocato della sua carriera. Non brutto, che Kristofferson riesce sempre ad essere sempre ascoltabile, ma messo insieme in modo trasandato, senza canzoni degne di nota e, soprattutto, con la voce che a momenti quasi non ce la fa, ormai quasi afona e logorata nei toni piu bassi, che non recuperara' piu'. Spicca il carattere un po' goliardico se non proprio greve di alcune canzoni ("Eddie The Eunuch" e' ai danni di un critico musicale), ma non va fino in fondo neanche in quello.
1978 Easter Island
Recupera lucidita' e amabilita' mescolando ancora una volta il country ad altro. In questo caso affila i suoni ispirandosi al funky e nelle melodie sembra ispirato da un vago esotismo polinesiano, come ben sintetizzato dalla bella title track. "The Bigger The Fool (The Harder The Fall)" e' persino uno dei suoi capolavori melodici e una delle sue ballate piu' belle e intense. "Spooky Lady's Revenge" fa parte di quel curioso filone di canzoni estromesse dagli album a cui pure avevano ispirato il titolo.
1979 Shake Hands with the Devil
Saluta il diavolo e anche il decennio con il suo disco piu' rock, quasi volesse lui fare il punto della situazione sul genere, mentre persino Jagger e Richards andavano a spompinare in discoteca. Tira un'aria chissa' quanto voluta da "Ultimo spettacolo", con tanto di metaforico finale corale e le amare ammissione della cover di Tom Ghent "Whiskey Whiskey". Disastro commerciale e di critica, eppure e' un rulleggiante e sentito addio agli anni delle ragazze dai capelli lisci e della moquette.
1981 To the Bone
Chiude la parte classica della sua carriera e apre gli anni 80 finalmente da uomo sobrio, con tanto di foto bucoliche stile montanaro macho. Il nuovo decennio gli ispira un approccio piu' rock'n'roll e solare, uno stile che col senno di poi si potrebbe associare ad alcune cose dei R.E.M. La sua voce accusa ancora stanchezza, ma il disco lo trova in forma come autore, mettendo in fila dieci pezzi belli e solidi. Un altro naufragio commerciale, tanto che si ritrovera' senza contratti discografici.
Anni 80 "Naufragato negli Ottanta"
Sfiancato dall'iperproduzione dei 70, con la voce al lumicino e senza contratto, per buona parte degli 80 si limita ad apparire in album collettivi e autocelebrativi con altre star del country. Partecipazioni quasi sempre defilate, dove la sua voce rotta lascia volentieri spazio ai vibranti e limpidi vocioni di gente come Willie Nelson, Jonny Cash, Waylon Jennings, Dolly Parton, Brenda Lee, Larry Gatlin. A meta' decennio l'omonimo album del supergruppo "Highwayman", con Nelson, Cash e Jennings, e' un mega-hit, ma a dirla tutta e' un disco di prevedibili standard proposti in versioni correttamente scolastiche, per di piu' con una produzione tipicamente 80s che fa a pugni con la materia musicale proposta. Il disco ha se non altro il merito di rilanciare la carriera di Kristofferson, che pero' quando decide di tornare alla carriera solista dimostra come sempre di essere una country-star di una pasta molto diversa da tutti gli altri...
1986 Repossessed
1990 Third World Warrior
La tracolla della chitarra che sembra una cartucciera da bandolero nel ritratto di copertina di "Repossessed" dice gia' molto. Prima in piena epoca reaganiana e poi sotto Bush in piena Guerra del Golfo, Kristofferson se ne esce con due dischi gemelli ultra-politicizzati e controcorrente, una svolta alla Woody Guthrie del country. Manifesti di dissidenza di sinistra, anche se americanamente piu' da un punto visto umano che politico. Vietnam, pacifismo, JFK, America Latina, Free Mandela, sandinismo e amari autoritratti generazionali ("This Old Road", degna degli anni migliori, avra' nuova vita vent'anni dopo,nel disco che andra' ad intitolare). Album che si prendono i loro rischi con i suoni dell'epoca, con influenze di Springsteen nel primo e qualcosa del Paul Simon world nel secondo. Se "Repossessed" e' il suo "Platoon", brusco e reducista, "Third World Warrior" e' il suo "Born on the Fourth of July", polemico e passionario. Flopponi commerciali inevitabili entrambi, soprattutto il secondo. Anche se musicalmente piu' piacevoli e solidi di quel che si legge in giro, non e' per questi album che KK passera' alla storia, ma in ogni caso: giu' il cappello.
Dai 90 ad oggi: "Chase the sundown"
Dai 90 in poi si dedica prevalentemente alla sua carriera d'attore, girando regolarmente due o tre film all'anno fino ai giorni nostri.
1995 A Moment of Forever
2006 This Old Road
2009 Closer to the Bone
2010 Feeling Mortal
L'anno prima era iniziata l'epopea sonora delle American Recordings di Johnny Cash curate da Rick Rubin, quando nel 1995, con meno clamore e con tempi piu' rilassati, anche Kristofferson trova in Don Was il produttore perfetto per mettere su disco la sua musica e, soprattutto, la sua voce della vecchiaia. Quattro album, con gli ultimi tre usciti undici anni dopo il primo e in rapida successione tra il 2006 e 2010 (una curiosa coincidenza con gli ultimi anni di carriera di Cohen). Anche se clima e modi sono molto simili alle migliori pagine delle American Recordings di Cash, Kristofferson non e' l'enciclopedia vivente dello spirito americano come il "Man in Black", e nemmeno un totemico simbolo del country come il "Red Headed Stranger" Willie Nelson. E' ancora un vecchio gatto selvaggio, un anziano sognatore fuori dagli schemi, a cui ancora pacciono storie e personaggi controcorrente, gente come John Trudell, Sam Peckinpah, Sinead O'Connor. E finalmente la sua voce rotta e consumata ritrova un giusto contesto in cui tornare intensa e commovente. Inutile fare grandi distinzioni tra i quattro titoli, forse "This Old Road" e' il piu' bello, ma non importa davvero. Importa il senso di intimita e sincerita' che traspare da ogni nota, la sensazione di ascoltare un diario sonoro di uno che ha vissuto parecchie cose interessanti e ha avuto il dono di raccontarle anche attraverso le melodie e parole piu' semplici.
La spartana formula voce e chitarra degli album con Was la portera' anche in concerto. Anche per la sua prima volta in Italia nel 2010 (a 74 anni) a Vigevano, dove c'eravamo io e Kristofferson (nel senso dell'utente). Sono passati, gulp, quasi dieci anni e il topic lo volevo aprire da allora...