Volendo fare un discorso serio il problema di Scaruffi, Bertoncelli, la critica rock in genere è la stroncatura a prescindere, hanno il grilletto facile ed il repertorio di voti in decimi più stitico di quello della Gazzetta dello sport e della mia professoressa di latino. La fiera delle insufficienze, tutti bocciati in più di metà delle materie.
E questo rimane nelle schede di ondarock, persino nelle mie che risalgono al 2001 . Se la scrivessi ora la scheda su Sorrenti direi che Figli delle stelle è un pezzo con i controcxxxi, capolavoro assoluto, degno della migliore disco music americana.
Se si prende una monografia critica sul jazz o su Miles Davis troverai detto che sono quasi tutti capolavori, a parte cinque o sei lavori (su una cinquantina di dischi) manco menzionati. Una monografia del rock ci deve essere il capolavoro che emerge dalla montagna di monnezza.
E siccome ognuno ha il suo capolavoro nascono i conflitti apocalittici fra le fazioni. A parte i minori che cacano la gemma per puro caso, secondo me i campioni hanno degli standard molto elevati, anche quando sono camaleontici e cambiano stile selvaggiamente, come per esempio i Pink Floyd o Bowie.
Questa cosa mi è venuta in mente nel mio periodo blues (2017-8) mi sono sparato la discografia di Clapton con tutti i side project e i dischi veramente loffi saranno stati un paio, confinati negli anni 80 e manco mi ricordo come si chiamano. In generale 4 o 5 capolavori, una dozzina di ottimi album (persino il disco di natale che è uscito a ottobre) e il resto buoni lavori (dal 6 e mezzo in su).
La stessa cosa vale anche per la gran parte dei grossi nomi.
Perché lo scopo (sotto sotto) di chi scrive certe monografie non è informare o far risparmiare (oramai solo il tempo, perché i dischi non si pagano), ma indirizzare il gusto. E di questo Bertoncelli stesso non smette di vantarsi ("ci deve essere qualcuno che dia una direzione"). Ma quale direzione?
Io non voglio una direzione, voglio una cartina.