Strano che nessuno abbia ancora aperto un disco su questo disco davvero eccellente recensito, all'inizio di agosto, da Federico Romagnoli su queste pagine.
Lo faccio io e vi butto giù anche qualche riga, parlandovi di quello che, fino a questo momento, è a mio avviso il disco più bello dell'anno.
Da una decina di anni circa, Niño de Elche, nome d'arte di Francisco Contreras Molina, sta offrendo un'interessante reinterpretazione della tradizione del flamenco, accolta in patria con tutti i favori della critica. Antología del cante flamenco heterodoxo, il suo quarto disco, rappresenta senza dubbio la sua opera più matura e innovativa.
L'incipit è affidato a "Soledades de la pereza”, reinterpretazione di un canto tradizionale che si serve di rumori e droni volteggianti per sbaragliare la percezione e costringerla a fare i conti con un corto-circuito temporale dove passato, presente e futuro sono l'Identico. Gli altri momenti in cui il flamenco e il "cante jondo" (uno stile vocale di tradizione andalusa che è espressione del dolore ancestrale del popolo spagnolo) subiscono quest'opera di profonda trasfigurazione si trovano in “Saetas de San Juan de la Cruz” (con la voce a farsi eco dispersa tra profondità abissali), nelle estasi chiesastiche di "El prefacio a la Malagueña de El Mellizo", nelle scomposizioni e ricomposizioni vocali di "Coplas mecánicas de Juan de Mairena", ma anche in "Seguiriyas del Silogismo", la cui coda per scosse telluriche e nastri mandati al rovescio apre nuovi scenari di senso. Nella stessa direzione prosegue anche "Saeta del Mochuelo con la Mariana Seguido de Plazoleta de Sevilla en la Noche del Jueves Santo", brano che manda in rotta di collisione la tradizione del canto "a palo seco" con orchestrazioni ora stravolte, ora finemente scenografiche.
Influenzati dagli esperimenti della musica concreta sono, invece, "Martinete y debla de Vicente Escudero" e, soprattutto, "Mensaje diafónico", un omaggio a José Val del Omar e ai suoi esperimenti in bilico tra poesia e cinema. Con i suoi slogan antifascisti e gli accordi chitarristici che scoppiano come bolle in uno spazio vuoto, "Pregón, lema y consigna de Nono" chiama nella mischia anche il nostro Luigi Nono. Disturbi elettronici scuotono il corpo zoppicante ma austero di "Saeta por seguiriyas de Manolo Caracol y Arturo Pavón". In “Petenera de Shostakóvich”, la reinterpretazione del “De profundis” (tratto dal primo movimento della "Sinfonia No. 14") del grande compositore sovietico, dà vita a una lugubre partitura di ambient-drone in cui la voce assomiglia al sibilo enigmatico di una divinità depressa. E se "Canción de cuna de Crumb (El Niño busca su voz)" assembla materiali operistici con tecniche d'avanguardia, "Deep Song de Tim Buckley (Lorca)" omaggia degnamente il grande cantautore americano.
Il momento più sorprendente è, comunque, “Rumba y bomba de Dolores Flores”, che fa leva addirittura su bombastiche tessiture electropop .
Ci sono, poi, brani mediamente meno sperimentali, come il tango per pianoforte e voce di “El tango de la Menegilda”, il luna park di "Pregones y aleluyas futuristas", l'austera declamazione, con accompagnamento di percussioni, di "Recitando de Eugenio Noel", laddove "Tanguillos de Cadiz" si circonda di urla, battimani, vocalizzi divertiti e quant'altro. Fanno parte del lotto anche una rumba e una serie di fandango in cui la sinergia tra voce e chitarra acustica trasfigura il lirismo dei brani più dilatati in una miscela di terra e sangue.
"Antología del cante flamenco heterodoxo" è un disco che guarda alla tradizione del flamemco con la passione di chi sa che, per mantenere intatto il passato, bisogna necessariamente fissare negli occhi il futuro.