trovo riduttivo il rigore ideologico che colloca la Holter come un ibrido tra pop e avanguardia, sostenere poi che le due cose nel caso della Holter stiano a malapena insieme è sintomo di un approccio incompleto alle opere dell'artista,
io ammetto di avere un approccio incompleto (sono lungi dall'aver sentito tutto di lei) ma l'ibrido tra i due mondi lo sento bene, quindi di sicuro lo sente anche paloz, che forse "drammatizza" il confine tra i suddetti mondi, ma diciamo che finchè l'invito a evitare gli schematismi rigidi arriva dai sostenitori di Julia è ancora lecita la posizione di chi tiene a distinguere le due cose.
Detto ciò, io qualche limite lo rilevo sul lato pop, nella fattispecie nella mancanza di groove (ok, lo so, questa è fascinata dal Medioevo e io cerco il groove; epperò nel pop una maniera meno rigida di approcciare la componente ritmica non guasterebbe) e in un suono che boh, forse è un po' troppo filtrato in studio, anche troppo "prodotto", al punto da suonare vagamente plasticoso.
Nel disco nuovo è però bello perdersi, l'evocazione del mondo fiabesco mi pare personale nei limiti del possibile (con questa fascinazione) e con un numero di difetti perdonabile alla luce dell'ambizione riposta in un lavoro che ha anche picchi non da poco.