Piaceva a Battisti e a De Andrè (ci sono registrazioni in cui i due mostri sacri della musica italiana, intervistati, esprimono apprezzamento verso Venditti, considerandolo tra i 2-3 migliori di quella generazione).
Era però ovviamente il 1979 nel caso dell'intervista a Battisti e credo il 1982 nel caso di De Andrè. E fino a quegli anni-limite non aveva niente da invidiare a De Gregori e altri (anzi, era De Gregori che forse gli invidiava la voce).
Non so, credo che a volte ci si lasci abbagliare in senso inverso da carriere miseramente deviate nel pop becero, da partecipazioni a reality, da siparietti imbarazzanti e così via.
Così ad esempio si fa fatica a dire che Alan Sorrenti esordì con un capolavoro, perché magari ci si vergogna a dire che "mi piace il disco di Alan Sorrenti". Magari se Sorrenti si sparava un colpo in testa nel 1973 staremmo tutti a ricordarlo come il genio assoluto della musica italiana.
Se è uscito ad esempio un bel disco a nome "Adriano Pappalardo" (grazie alla regia di Battisti e Panella), non vergogniamoci di dire che è un bel disco solo perché Pappalardo è un personaggio imbarazzante. Idem per Miguel Bosè (anche lui ha fatto un disco molto bello, con ospiti Peter Hammill, i Matia Bazar di Tango, il batterista de La Voce del Padrone, il chitarrista de Il Mio Canto Libero etc.).
E invece si tende a denigrare anche il disco bello, in nome del personaggio imbarazzante.
Me ne frego del personaggio, dei film di serie Z in cui ha recitato e del resto della carriera, io ascolto il disco (o "i dischi", nel caso specifico di Venditti).
Si parla dei suoi dischi del periodo 1972-1979 (e resta ascoltabile anche Sotto la Pioggia del 1982), e la pietra è al disco uscito a nome "Antonello Venditti", non alla carriera di Venditti.
Detto questo, io la pietra l'avrei data a Lilly (perché non sopporto L'Uomo Falco e in parte Sara, bene tutto il resto), ma da L'Orso Bruno a Buona Domenica lo trovo per i miei gusti mille metri sopra, ad esempio, un Guccini, e mi piace più di De Gregori.
Poi da quando fondò la sua casa discografica (Heinz, era il 1982) perse la bussola: non più produttori artistici a strizzarlo per bene e a dargli la giusta rotta, vide "li sordi" come dicono a Roma, capì che poteva vivere di rendita con testi smielati e produzioni plasticose e buon per lui, sicuramente ha vissuto una vita senza problemi economici.
Diventò di fatto imprenditore di sè stesso, e l'imprenditore l'ha saputo fare benissimo.