Siamo noi.
Siamo quelle ragazze che hanno dai 25 ai 35 anni. Siamo "quelle cresciute negli anni 90".
Quelle che da piccole si andava alle elementari con jeans larghi e zaino di Sailor Moon, che se parlavi tanto o eri discola venivi messa nel banchetto a solo accanto alla cattedra (ci ho passato la vita in quel banchetto!). Quando ancora una nota sul diario erano dolori, quando dopo pranzo sbrigati a fare i compiti che poi c'è Bim Bum Bam! E poi Tele Monte Carlo, che fanno Ranma! Quelle che hanno cantato a squarciagola le Spice Girls e i Backstreet Boys, gli Aqua e i Cartoons, Corona e gli 883, fino a capolavori nostrani come "Brutta"di Alessandro Canino (non mentite, la conosciamo tutte, e ci abbiamo pianto tutte!) o "Non amarmi" e "Vattene amore". Siamo quelle cresciute in un clima di parità con i maschietti ancor prima che si parlasse di gender (dalle medie in poi era tutta un'altra storia, ma pazienza!). Siamo le prime a cui è stato detto di fare carriera, e ci vedevamo già a 30 anni come delle manager con tailleur e valigetta 24 ore mentre tornavamo a casa da nostro marito e i nostri figli. Siamo quelle che facevano pazzie per il cristal ball e per la mano appiccicosa delle patatine, che appena finiva su un tappeto addio. Ci incollavamo le mani con il pennellino della Coccoina che aveva l'odore del paradiso, e imparavamo poesiole a memoria, anche in inglese, e Roses are red violets are blue levati.
Mai dire Gol e le prime edizioni del grande fratello, X-Files e Streghe.
Siamo nate con la collezione delle schede telefoniche per parlare ai telefoni pubblici, siamo cresciute con i primi modem 56k che non potevi alzare la cornetta del telefono se no cadeva la connessione, e siamo arrivate all'ultra fibra e agli iPhone. Siamo partite dalle macchine fotografiche usa e getta da portare alle gite e con cui fotografare soltanto paesaggi e reperti di museo da tenere nei mini album Kodak che ci davano i fotografi stessi, per arrivare alla fotocamera frontale da vattelappesca megapixel per fare soltanto selfie da postare sui social.
Quando eravamo piccole era tutto pesante, ingombrante, reale; adesso sembra tutto così leggero, superficiale, minimal, virtuale. Per i duemila è tutto molto più facile, loro sono nati con gli smartphone in mano, noi aspettavamo ore alla radio che passasse la nostra canzone preferita per premere rec e registrarla sulla musicassetta che poi avremmo messo nel Walkman da un chilo e mezzo che ci portavamo dietro; per circa 10 minuti però, ché le batterie non duravano nulla! Per noi era sinonimo di ricchezza avere la casa di Barbie con l'ascensore che si tirava con una cordicella, e le nostre prime cotte erano i cavalieri dello zodiaco, Holly e Benji, Ken il guerriero e Yuri di Piccoli problemi di cuore. Abbiamo iniziato a usare il make-up praticamente al liceo, e la transizione da bambine a ragazzine era data dal fatto che non compravamo più "Cioè" in edicola, ma bensì "Top Girl". Che poi, il nostro concetto di make-up erano glitter come se piovessero e bon bon malizia come profumo.
Era tutto più semplice, era tutto più roseo. Adesso ci ritroviamo intorno ai 30 anni, a giudicare gli adolescenti e i genitori degli adolescenti come se avessimo 80 anni, quasi tutte precarie o malpagate, la maggioranza con relazioni traballanti o single, quelle realizzate come pensavamo ci saremmo realizzate tutte si contano sulle dita di una mano. E mentre sappiamo già ora che soltanto un miracolo potrebbe cambiare le nostre sorti, che non avremo pensione, e che se continua così diventeremo mamme a 45 anni, riusciamo a non farci prendere dallo sconforto. Siamo state abituate ad aspettare gli episodi dei telefilm senza streaming, uno a settimana; riusciamo a prenderci poco sul serio, ché abbiamo portato le treccine alla Corona e i chocker di plastica e il cerchietto che faceva la riga a zigzag; abbiamo speranza nel domani perché siamo cresciute con i luna pop che ci cantavano che "domani sarà un giorno migliore vedrai"; non ci spaventiamo, ché abbiamo visto in prima linea le stragi di mafia e l'ascesa di Berlusconi.
Non è retorica, non è nonnismo, è che se non aspettavi il Festivalbar ogni estate, se non hai fatto una telefonata con il telefono a disco, se non hai inviato un sms con 160 caratteri e senza niente che ti dicesse che era arrivato a destinazione, se non sai cos'è "Ciro e il figlio di target", non sai davvero che cosa ti sei perso!
#Go90s
#noisperiamochecelacaviamo