Inviato 07 gennaio 2018 - 16:08
una volta che si abbandona il metodo deduttivo, ma l'opera non acquisisce la sovranità dello stile - quello di nietzsche , chateaubriand, stirner, il voltaire saggista... - il rischio è che quell'opera parli dell' argomento anziché essere l'argomento, che diventi eteroreferenziale, "accessoria".
va precisato che lo "stile" non è solo belles lettres, ma soprattutto metafora, corrispondenza , analogia, espressione.
ora, io leggo volentieri autori come ricoeur e blumenberg, però restano autori "utili". e la filosofia non è nata per essere "utile", lo sai meglio di me e l'hai anche accennato.
una nota sullo stile, uso le parole di calasso , molto migliori delle mie :
"guide capricciose ed elusive, sono però gli unici a conoscere passo per passo il terreno: quando leggiamo i saggi di baudelaire o di proust, di hofmannsthal o di benn, di valery o di auden, do brodskij o di mandel'štam , di marina cvetaeva o di karl kraus, di yeats o di montale, do borges o do nabokov, di manganelli o calvino, di canetti o kundera, avvertiamo subito - anche se ciascuno poteva detestare l'altro , o ignorarlo o muovergli contro - che tutti parlano della stessa cosa. nom per questo sono ansiosi di nominarla. protetti da molteplici maschere, sanno che la letteratura di cui parlano si riconosce, più che dall'ossequio a una teoria, da una certa vibrazione della frase (o del paragrafo, della pagina, del capitolo, del libro intero). quella specie di letteratura è un essere che basta a sé stesso. ma questo non vuol dire che sia solo autoreferenziale, come vorrà una nuova specie di bigotti, speculare a quella degli ingenui realisti [...]. non si può sensatamente che la letteratura sia autoreferenziale: come potrebbe non esserlo una forma? ma al tempo stesso è onnivora, simile allo stomaco do certi animali, dove si incontrano chiodi, cocci ,fazzoletti. talvolta intatti, insolenti memento che qualcosa è successo, laggiù in quel luogo composto di molteplici, divergenti e mal definiti realia , che è l'alveo di tutta la letteratura. ma anche della vita in genere".
io penso che alla filosofia contemporanea spetti un compito essenzialmente "religioso". a questo tra l'altro sono arrivati un po' tutti quelli dell'ultima grande generazione : heidegger, wittgenstein, jaspers, jung (e aggiungo l'allievo hillman), weil , ecc.
dal secondo dopoguerra a oggi si percepisce un progressivo ottundimento , un inselvatichimento delle menti. siccome io trovo questa condizione altamente innaturale , credo si dovrà arrivare a un punto in cui nuove metafisiche , diverse da quelle precedenti, emergeranno in occidente (o, come è già successo col cristianesimo, verranno trasmesse da oriente). penso che la filosofia dovrà avere un ruolo in tutto questo. come vedi sono pensieri vaghi, in realtà non capisco bene dove si va a parare.
se ti va e hai tempo (anche non oggi perché capisco che è complesso) , estenderesti quel discorso su peirce e la trattazione matematica di una sinfonia (o di un modo di camminare, per riprendere l'esempio di pascal)?
altra cosa, che non c'entra molto. tu hai per caso dimistichezza col tolstoj "filosofo"? se sì, non mi dispiacerebbe chiacchierarne con te. qui o in un altro topic.