Ascolti, riascolti, triascolti.
Amy Winehouse – Back To Black [2006] 6,5
Ha fatto tutto Ronson.
Amy Winehouse – Frank [2003] 7,5
Immagino che anche qui i produttori di turno (numerosi, a partire da Saalam Remi) ci abbiano messo abbondantemente le mani, ma la confezione musicale valorizza totalmente e non ingabbia la voce ed il talento interpretativo di Amy.
La Winehouse di Frank è una ragazza giovane, vitale e bella che volteggia leggera fra soul, jazz, R&B e bossanova ma senza perdere mai il controllo ed il primo posto sul palcoscenico: la musica c’è ed è importante ma non schiaccia le sue qualità.
Fa tristezza vedere in Back To Black la stessa ragazza (peraltro già minata dai suoi eccessi e dalle sue contraddizioni) ridotta quasi al ruolo di cosplayer e prestare la voce ad un progetto musicale filologicamente rigoroso e di grande presa sul pubblico ma che suona posticcio, affettato, opprimente.
Poi non tutto Frank è all’altezza di pezzi come Stronger Than Me e In My Bed e nell’album seguente ci sono almeno un paio di pezzoni (Tears Dry On Her Own su tutti), però insomma credo che abbiate capito come la penso.
Aivery – Because [2017] 7
Devo forse preoccuparmi se un album che ascolto è originale oppure si possa paragonare a cento altri?
Devo forse dare retta alla cartelletta stampa della casa discografica che invita cortesemente a non usare parole come punk, grunge e rrriot girls per descrivere questo album?
La risposta è no in entrambi i casi.
Il power pop delle tre Aivery pesca abbondantemente da sonorità anni ’90 ma a tratti funziona in maniera anche molto convincente, come nel poderoso singolo Disregard.
7 un po’ larghino, ma chi se ne importa in definitiva.
Public Service Broadcasting – Every Valley [2017] 7,5 con outlook positivo
A distanza di due anni dallo splendido The Race for Space i Public Service Broadcasting mischiano almeno in parte le carte nel loro modo di fare musica; meno materiale proveniente da documentari d’epoca, più spazio a pezzi cantati e testimonianze in presa diretta.
In definitiva un album più eterogeneo del precedente.
Il tema su cui il trio vuole informarci-educarci-intrattenerci questa volta è l’ascesa irresistibile ed il declino inarrestabile della filiera del carbone e dell’acciaio in Galles e per farlo se ne va direttamente in quel di Ebbw Vale a registrare l’album in un’azienda siderurgica dismessa.
Onestamente non era un tema che mi esaltasse almeno in partenza e questo mi ha anche distolto dall’ascoltarmelo subito dopo l’uscita.
Ma vinta la diffidenza, piano piano, quest’album è cresciuto: merito degli interessanti contributi esterni (la voce di J.D. Bradfield in Turn No More su tutti), merito delle atmosfere create dai PSB.
Vabbè, ascoltatevelo che è meglio delle mie parole.
Gotan Project – La revancha del tango [2001] 6,5
Album che mi è piuttosto sceso, nel corso degli anni: sicuramente il fatto che molti pezzi siano stati abbondantemente sfruttati dalla pubblicità e usati come sottofondo di programmi radiofonici e televisivi me li forse fatti venire un po’ a noia.
Un paio di pezzi grandiosi (Queremos Paz e Vuelvo al sur) poi per il resto il connubio fra downtempo e suggestioni argentine finisce col lasciarmi un po’ freddo.
E mi dispiace.
Lush – Gala [1990] 7+
Forse più convincenti nei pezzi più tirati e di ispirazione shoegaze che non in quelli più dream pop (genere che sula carta mi piace assai….. ma da un po’ tempo un po’ meno).
Downer, De-Luxe e Sweetness And Light pezzoni, ma tutto il resto scorre bene, piacevolmente.
Poi passerò agli album seguenti.
Poi vi dirò anche della (triste) reunion del 2016.
5K HD – And in to A [2017] 8
Tanto già temo che nessuno lo ascolterà (per la cronaca, la copertina è in avatar ), quindi potrei anche mettere come voto un 9/un 10/un 30-e-lode.
Premesso che io adoro la voce bella e clamorosamente espressiva di Mira Lu Kovacs (e, perché no, ne sono anche leggermente invaghito), ero un po’ perplesso per la sua scelta di uscire con un album al di fuori della sua band consueta, gli Schmieds Puls.
E invece no: i 5K HD sono (detto un po’ schematicamente) l’alter ego elettronico, un po’ glitch, un po’ prog, un po’ kraut degli acustici Schmieds Puls.
Rimane, appunto, la voce ed il songwriting della Kovacs ed il contesto jazz da cui entrambi gli ensemble nascono e si sviluppano.
Album non immediato, notturno, a tratti oscuro: cercasi ascoltatori pronti a recepire i tanti spunti disseminati nei sui 46'.
E presto i 5K HD verranno in Italia per un concerto; da non perdere, direi.