(dalle note di copertina di "Meditations")
Il 16 luglio di 50 anni fa John Coltrane si ricoverò all’ Huntington Hospital di Long Island New York.
Negli ultimi mesi aveva dato segni di cedimento, aveva annullato un tour europeo e i concerti negli Usa erano sempre più rari. Un concerto l’aveva tenuto al centro culturale africano del suo amico percussionista Michael Babatunde Olatunji il 23 aprile (poi stampato per la Impulse nel 2001) e l’ultimo il 7 maggio a Baltimora. Secondo alcuni si notano addirittura segni rivelatori di angoscia profonda anche nell’ultima incisione in studio “Expression”(pubblicato postumo).Nel brano “To Be” Trane suona per la prima volta il flauto avuto in regalo dalla madre di Dolphy .“Sono sedici minuti caratterizzati dalle vellutate sonorità di flauti suonati da Trane e Pharoah Sanders. Un pezzo di impianto cameristico che suona però come nessun’altra cosa ascoltata prima(dal libro J. Coltrane di Roberto Valentino).
Morì il giorno dopo alle quattro del mattino per un tumore al fegato a soli 41 anni.
Il funerale si tenne quattro giorni dopo alla St. Peter’s Lutheran Church. All’inizio della cerimonia suonò Albert Ayler e alla fine, all’uscita della bara, Ornette Coleman intonò la commovente Holiday for a Graveryard ( potete sentirla qui https://www.youtube.com/watch?v=5700mPFhuVA)
Per molti Coltrane è considerato uno dei personaggi più importanti per la musica del novecento. Per me è IL musicista del novecento. Punto. L’incarnazione degli ideali più alti della musica e della cultura in generale , colui che ha realizzato alcune delle cose per cui vale la pena vivere: A Love Supreme, Interstellar Space, Giant Steps, The Complete Village Vanguard, Ascension, Crescent …. Condivido pienamente quello che ha scritto Lewis Porter alla fine della sua biografia: Trane rappresenta ciò che tanti amano della musica: la forza, la purezza, la concentrazione, la dolorosa sincerità.
E’ sicuramente uno dei perni attorno al quale è ruotato tutto il jazz (e non solo) contemporaneo e in base alla straordinaria personalità musicale si è sviluppato l’intero movimento culturale afroamericano. Fino al punto di ispirare un culto e una chiesa che, ancora oggi, lo venera come un santo( la La J.W.C. African Orthodox Church).
In particolare nell’ultimo periodo da A Love Supreme del 1965 in poi (il mio preferito) John abbandona qualsiasi struttura armonica e ritmica tradizionale e segna, in maniera indelebile , la strada verso nuovi territori musicali diventando il simbolo della maggior parte degli artisti della New Thing. Non a caso si parla jazz post Coltrane.
Devo la mia scoperta di Coltrane ( e del jazz in generale) a due conduttori di Radio Rock di Roma, ormai diversi anni fa. Prince Faster e Fabio Giannotti (non so se trasmettono ancora) spaziavano un po’ in tutti i generi e di tanto in tanto sparavano qualche brano di Miles e di Trane. Rimasi subito colpito dalla struggente melodia di Naima, dalla velocità d’esecuzione straordinaria di Countdown e dalle combinazioni armoniche scalpitanti di Giant Steps. Chiamai subito in radio per farmi consigliare qualcosa. Mi rispose Giannotti( mi pare). “Vai di brutto con Giant Steps” mi disse “vedrai che non riuscirai più a smettere…”. Mai parole furono così profetiche! Il disco fu per me letteralmente sconvolgente e da allora fu “amore supremo” per Coltrane (e il jazz).
PS: se qualcuno si trova a Londra domani: https://www.cafeoto....morial-concert/