È un buon documentario, titolo a parte, che forse vorrebbe essere ironico, ma è solo fuorviante. La particolarità di questo pugile era quello di essere un italiano meticcio ed in tempo di fascismo il colore della pelle, specie per chi difende i colori nazionali, era un problema. Oggi invece …..
Il film ricostruisce con le poche immagini video e fotografiche a disposizione, purtroppo non possiamo sentirne la voce, la carriera pugilistica di questo pugile, che era un ottimo pugile, sicuramente di livello europeo quando il livello europeo era elevato ed il pugilato sport più praticato ed amato del calcio, siamo negli anni 20.
Molto simpatico ed alla mano, amato dal pubblico, sul ring era un attaccante istintivo, dotato di buona tecnica, anche se restava un po' sui colpi.
Fece fatica a accedere ai livelli più alti per via del colore della pelle, riuscì comunque, dopo aver cambiato più volte nome e nazionalità, a conquistare il titolo europeo col suo nome e la sua nazionalità, poi un infortunio ad un occhio lo costrinse a molte sconfitte che ne sporcarono il record che lo vedeva vincitore di ben 100 incontri, molti dei quali sulle 15 riprese, fino a che si dette al meno pericoloso catch, che all'epoca era un passaggio naturale per i pugili in declino.
Ebbe tutto sommato una lunga vita felice ed un figlia Nicole, un po' abbronzata naturalmente, simpatica che vediamo in una intervista che parla di lui.
In un'altra intervista vediamo Sumbu Kalambay, il primo italiano nero campione del mondo, campione WBA, quindi campione vero, che batté Mike Mc Callum prima di esserne sconfitto nella rivincita con SD. Ma non so se questo a mio parere forzato accostamento, sia stata una scelta felice del regista.
