L'esordio di Maysaloun Hamoud è un film bellissimo.
Ondacinema l'aveva anche recensito.
http://www.ondacinem...innamorate.html
Libere, Disobbedienti, Innamorate (2017, Maysaloun Hamoud)
Iniziato da
il nostro caro angelo
, apr 24 2017 15:54
1 reply to this topic
#1
Inviato 24 aprile 2017 - 15:54
#2
Inviato 15 maggio 2017 - 09:38
il titolo è ignobile, distorce completamente il senso del film che fotografa davvero una situazione in mezzo, in divenire, fra... grande città e piccoli paesi, due nazioni in una, due culture all'interno di quella araba, due religioni, la dualità inconciliabile fra il maschile e il femminile.
Il racconto delle vite delle tre ragazze ci dice qualcosa dell'innapagata voglia di essere del femminile in una società graniticamente patriarcale in cui il corpo della donna è ancora oggetto politico per come si veste, per quello che fa, per quello che è, e dice anche delle tuttora insuperate barriere mentali che chiudono ancora i loro uomini, siano essi padri o fidanzati. E lo dice con acutezza, con brio, non tralasciando i vari modi di essere e di vivere, senza giudicarne alcuno.
Tel Aviv è una città buia, ne percepiamo il macrocosmo di presunta liberazione perché è la destinazione di tutti coloro aspirino ad essere un po' più pienamente, mentre l'europa viene citata come meta di vera liberazione; il paese è fintamente assolato, ma è una trappola castrante.
Il pregio del film è l'assoluta mancanza di morale, non ci sono scelte sbagliate come quella dell'amica che innesca la storia all'inizio e che lascia una vita oggettivamente più libera per un matrimonio in provincia che la porterà consapevolmente ad un futuro di sola maternità e di isolamento.
Il destino, ad ora, comune delle tre protagoniste è il "non starci dentro" senza sapere bene come sarà la loro vita nel futuro, un destino di desolazione sentimentale che è il risultato del non voler perdere almeno il loro io più profondo.
Il racconto delle vite delle tre ragazze ci dice qualcosa dell'innapagata voglia di essere del femminile in una società graniticamente patriarcale in cui il corpo della donna è ancora oggetto politico per come si veste, per quello che fa, per quello che è, e dice anche delle tuttora insuperate barriere mentali che chiudono ancora i loro uomini, siano essi padri o fidanzati. E lo dice con acutezza, con brio, non tralasciando i vari modi di essere e di vivere, senza giudicarne alcuno.
Tel Aviv è una città buia, ne percepiamo il macrocosmo di presunta liberazione perché è la destinazione di tutti coloro aspirino ad essere un po' più pienamente, mentre l'europa viene citata come meta di vera liberazione; il paese è fintamente assolato, ma è una trappola castrante.
Il pregio del film è l'assoluta mancanza di morale, non ci sono scelte sbagliate come quella dell'amica che innesca la storia all'inizio e che lascia una vita oggettivamente più libera per un matrimonio in provincia che la porterà consapevolmente ad un futuro di sola maternità e di isolamento.
Il destino, ad ora, comune delle tre protagoniste è il "non starci dentro" senza sapere bene come sarà la loro vita nel futuro, un destino di desolazione sentimentale che è il risultato del non voler perdere almeno il loro io più profondo.
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