- Mi fa piacere che Wilson si posizioni in modo esplicito per ridimensionare la presunta "cesura" del 77 e sottolineare la contiguità fra approcci e sonorità di una parte del post-punk e il progressive rock come oggi lo intendiamo.
In questo thread avevi sollevato la questione con risvolti secondo me interessanti:
http://forum.ondaroc...rog-meets-wave/
Alcuni nomi ci rientrano a pieno titolo (Stranglers, Durutti Column, This Heat, Swell Maps...), di altri fatico oltremodo a trovare il quid progressivo (Joy Division su tutti).
Ecco, forse era meglio se postavo in quel thread ma avevo totalmente dimenticato la sua esistenza.
Il fatto che tu ricordi meglio di me le cose che io ho scritto un po' mi preoccupa (per me, per te vedi tu )
Comunque sì, anche per me alcune inclusioni sono decisamente tirate, e altre possibili e più pertinenti connessioni sono invece state ignorate (vedi Chameleons e Sad Lovers and Giants, per me entrambi molto progressivi, e infatti citati subito nel thread che linki).
Credo che nella compilation Wilson voglia ribadire che l'attitudine alla sperimentazione in chiave atmosferica e trasversale ai generi sia rimasta viva anche nelle musiche "figlie del punk". Chiamare questa cosa "progressive", riprendendo l'accezione sulla carta associata all'aggettivo ai tempi delle sue prime apparizioni a fine anni Sessanta, rischia effettivamente di essere fuorviante. Forse il termine "arty" proposto da Corry è meno ambiguo, e al di là della "vendibilità" del prodotto (se ai proggaroli proponi una cosa col termine "progressive" dentro è molto più probabile che se la accattino) potrebbe essere preferibile.
Al tempo stesso, però, credo che l'idea di recuperare un "campo largo" progressivo, trasversale ai generi e alle epoche e non forzatamente legato alla riproposizione del paradigma sinfonico, abbia un suo valore. La nozione di progressive che sembra sottostare alla selezione di Wilson è a mio avviso fin troppo disgregante e onnicomprensiva: come scrivevo sopra, mi sembra che i cardini per lui siano la disposizione ad adottare forme espanse, l'attenzione alle atmosfere e alla loro eventuale evoluzione, una certa ambiziosità di fondo; magari anche il porsi "oltre" o "a cavallo" dei generi. Sono tutti elementi effettivamente riscontrabili nel progressive e in tutto ciò che, successivo agli anni Settanta, contiunerei ad associare al termine.
Però credo ci siano altri aspetti importanti, "facoltativi" forse ma in qualche modo identificatori dello stile che è un ineluttabile riferimento per l'uso del termine. La cura delle atmosfere è importante, ma molto del progressive più riconoscibile si caratterizza per il loro inserimento in strutture che ne enfatizzano la dinamica: non è il clima ambient in sé o il passaggio tiratissimo a rendere "progressivo" un pezzo — è l'avere l'uno e l'altro, avvicendati in una costruzione che li mette in collegamento espressivo. La forma "espansa" rispetto agli schemi della canzone strofa-ritornello è cruciale, ma se sconfina nella negazione radicale dell'accessibilità pop (e/o sinfonica) si allontana da quell'equilibrio che, più riuscito o meno riuscito, rappresenta un trait d'union delle principali esperienze "prog" settantiane. Un altro aspetto che a me è molto caro e che probabilmente va visto più come un "tratto ricorrente" che come un pilastro fondante è quello che chiamo "escapismo": spesso manifestato attraverso riferimenti letterari, cinematografici o in generale ispirazioni fantastico/storico/ucronico/fantascientifiche, è una volontà di esplorare degli "altrove" che non sono puramente il qui e ora della società in cui si vive, né l'universalità cuore-amore che non viene accompagnata da ulteriori caratterizzazioni.
Infine, credo che comunque sia un interesse lo rivestano anche le continuità esplicite in senso di membri, scene, influenze, ispirazioni ideali e "ideologiche" (è Colin Newman stesso a definire "progressive" la musica dei Wire da Chairs Missing in poi!).
In base a questo, la selezione che avrei fatto sarebbe stata diversa. Su alcuni nomi però (noti e meno noti, ovvi e meno ovvi: Magazine e Stranglers, Simple Minds e This Heat, Japan e Kate Bush, Dif Juz e O Yuki Conjugate) anche io mi sarei sbilanciato in modo analogo. Il punto poi non è tanto il dire "sono prog" o no (chi se ne frega), ma l'osservare che vi siano dei punti comuni che vanno oltre a quelli presenti in circa ogni altra formazione post-punk del periodo. Che l'"eredità" del progressive rock negli anni Ottanta non si restringa al solo neoprog mi sembra un'analisi importante da portare avanti sia per chi è appassionato al filone sia per chi si pone ai suoi antipodi.