ho approfittato di questa giornata caldissima per chiudermi in una multisala refrigerata e vedermi finalmente questo jurassic world
che cos’è jurassic world? un remake? un reboot? un omaggio nostalgico? sicuramente è tutto questo, ma è soprattutto un film di mostri, in un certo senso più affine ai recenti e coevi godzilla e pacific rim che al vecchio jp. lo show è tutto per loro, per i dinosauri: il finale con il combattimento a tre tra t-rex e velociraptor da una parte ed indominus rex dall’altra, è da antologia dei film di mostri. l’altra sequenza riuscita è l’attacco dei pterodattili, finalmente utilizzati in tutto il loro potere minaccioso. i veri assenti sono gli erbivori: come mai? chi ha paura degli erbivori? in fondo l’intuizione di spielberg era stata proprio questa: trasformare i dinosauri in serial-killer che cacciano, intrappolano ed uccidono. indominus rex è il carnivoro definitivo: uccide per il gusto di uccidere. ma nonostante questo il film sotto sotto è meno violento e sadico del primo capitolo che resta un capolavoro di thriller al cardiopalma
ma jurassic world è anche e soprattutto una gigantesca operazione nostalgia. l’inizio da questo punto di vista è spettacolare: le navi che si dirigono verso l’isola, la musica di john williams che aumenta di volume, i cancelli che si aprono, lo sguardo pieno di eccitazione del bambino protagonista. tutto spielberg-iano al 200%, tutto tremendamente emozionante che fa ritornare per pochi minuti bambini. il sogno di hammond diventato realtà, il sogno di spielberg diventato realtà: il parco è aperto. siamo invece a metà strada tra il fan service e il metacinema quando i protagonisti si ritrovano sul set in rovina del primo jurassic park, con l’indominus rex che cita il “ruggito” del t-rex alla fine del film del 1993. ma tutto il film è costellato di richiami, strizzatine d’occhio. mentre in alcune situazioni sembra di assistere ad un vero e proprio remake che prende a piene mani dal primo jurassic park, ma anche dal mondo perduto (la milizia privata capitanata da vincet d’onofrio viene da lì)
il punto più debole sono i personaggi umani. salvo il bambino perché rivedo me stesso durante la visione del primo jurassic park, ma il fratello adolescente incazzato ed arrapato che poi scopre le responsabilità del fratello maggiore è lo stereotipo fatto persona. chris pratt e bryce dallas howard hanno anche loro due personaggi visti e stravisti: lui è l’uomo d’azione, il nemo propheta in patria, nemico della sperimentazione sulla natura, ovviamente molto figo e capace di tutto; lei è una esponente della tecnocrazia geek per una volta declinata al femminile, autoritaria e in gamba finché si tratta di impartire ordini al cellulare, fuori luogo ed isterica sul campo di battaglia. i battibecchi e le situazioni tra questi due personaggi ricordano un po’ quelli di indiana jones e il tempio maledetto, insomma interazioni tra i sessi da commedia hollywoodiana anni 50 o 60 che nel nostro contesto contemporaneo ormai fanno solo pena
i velociraptor “alleati” non mi è sembrato lo spunto più deprecabile del film. percepisco come insulti alla mia intelligenza più trovate come quella della jeep del 1992 rimessa in moto in 5 minuti. in conclusione posso dire di essermi divertito, di aver trovato jurassic world uno spettacolo ben confezionato e ben fatto, ma nella mia personale classifica della saga arriva necessariamente terzo, dopo il primo jurassic park e pure dopo il mondo perduto che non è per nulla all’altezza del prototipo ma ha comunque un paio di spunti superiori a quest’ultimo. e poi è girato da spielberg, e diavolo se questo fa differenza. jurassic park 3 non lo conto neppure, faccio finta che non esista