la critica di "freddezza" emotiva, o meglio, "distacco", contrariamente a chi di solito li etichetta come luogo comune critico, io invece li ritengo assolutamente legittimi. tendenzialmente neppure io sono un amante del cinema "freddo" (in inglese la contrapposizione "cold" vs "warmth" rende meglio l'idea): nel caso di kubrick penso che questo suo stile, questo suo essere, abbia funzionato meglio in alcuni casi, meno in altri
ad esempio, io sono abbastanza critico verso full metal jacket. è un film nel quale l'aridità emotiva del cinema kubrickiano, la sua totale antispettacolarità ed asprezza, hanno raggiunto un punto di non ritorno. i protagonisti sono delle bestie sanguinarie prive di sfumature, il mondo è un inferno privo di colori, tutto è avvolto ed affogato in un pessimismo senza fondo. l'iperrealismo della messinscena è "stanco", asettico in un senso però anche formalmente "svogliato", in linea con la secchezza immaginifica del film. è un film che assomiglia ad un articolo di giornale o al servizio di un tg, o al set fotografico di un reporter di guerra: per alcuni questo è un pregio, per altri no. dipende da che idea di cinema vogliamo perseguire: vogliamo che il cinema sia una mera constatazione del reale? una sua estrema trasfigurazione? trasfigurazione che sarà sempre e solo parziale, perché la complessità della realtà non verrà mai in ogni caso messa su pellicola in una scala 1:1. se si paragona full metal jacket ad orizzonti di gloria credo che cinematograficamente ci perda il primo, che è più che altro il film polemico di un vecchio misantropo abbastanza scollegato tanto dalla realtà quanto dalla realtà cinematografica (è un film sul vietnam decisamente fuori tempo massimo anche se indubbiamente ha marchiato a fuoco il sottogenere)
uno dei paradossi del cinema kubrickiano è sicuramente il fatto che sia riuscito a rendere più "umano" il computer hal 9000 dei suoi soldati-robot di full metal jacket. non so questo da cosa dipenda: dall'uomo invecchiato, dal regista invecchiato, o semplicemente da una deriva del suo stile, un incancrenirsi del "polo negativo" della sua poetica, quella pessimista e misantropa. quel che è certo, secondo me, è che non è l'unica contraddizione nel corpus kubrickiano. anzi, io sostengo - e l'ho già scritto altrove nel forum - che il cinema di kubrick poggi proprio su una insanabile contraddizione di fondo: il razionalismo assoluto delle premesse che degenera nell'irrazionalismo assoluto della pratica. la fede nella ragione, nel progresso scientifico, la famosa "razionalità settecentesca" di cui si parla sempre in merito a kubrick, vengono costantamente negati nei suoi film da un pessimismo storico e cosmico, una misantropia conclamata e una sfiducia nelle capacità razionali umane. a volte ho come la sensazione che fosse due personalità in una: basterebbe già solo come esempio la visione negativa che emerge da 2001 dell'intelligenza artificiale - e quindi del progresso scientifico - identificata come minaccia dalla follia di hal 9000, in un film che paradossalmente è il trionfo della tecnica, è un grandissimo elogio alle potenzialità del futuro, ma è un film che è scientista ed antiscientifico allo stesso tempo. ma gli esempi di questo sconfinamento nell'irrazionalismo sono molti: la bomba del dottor stranamore che riporta tutto allo zero; il futuro distopico di arancia meccanica; jack torrance che è il simbolo della sfiducia nelle capacità razionali e di autocontrollo dell'uomo adulto (tanto vale che l'unico essere umano che merita la fiducia di kubrick è un bambino, e in questo è quasi spielberg-iano)
ghezzi nel suo castoro abbozza soltanto questo aspetto parlando di kubrick come di un ibrido tra hegel e nietzsche, ma secondo me questa contraddizione di fondo è la vera chiave di volta della sua poetica. da qui penso che potrebbe partire la più forte critica al cinema kubrickiano, che in profondità resta in fragile equilibrio sopra questo mare di sabbie mobili. è irrisolta la poetica kubrickiana, c'è poco da fare. più ha cercato di fare ordine nel suo cinema e nella raffigurazione del mondo, più ha generato caos e disordine. molto probabilmente la sua vera natura non era quella dell'umanista di orizzonti di gloria, ma quella del cupo misantropo di full metal jacket. non lo sapremo mai. sicuramente si può dire che la seconda parte della sua carriera, proprio da 2001 in poi, è decisamente più all'insegna del "polo negativo" ed irrazionale della sua poetica, quasi mai redento da uno spiraglio di ottimismo (l'unico caso proprio shining)
a conclusione di questa riflessione però me ne esco con una certezza assoluta: 2001 è un film capolavoro, tutti zitti!