Terreno scivoloso anzichenò quello della contaminazione - spesso forzata - tra jazz e musiche di stampo popular, da intendersi nel senso di "pop" e non di "etno-folk". Se infatti in questa seconda casistica la contaminazione con tango, samba, raga et similia è largamente sdoganata - anche perchè il jazz stesso nasce come musica folklorica contaminata e solo più tardi diventa un metodo, un'estetica, un approccio, un "modo" di suonare - ogni qual volta il jazz si getta in direzione delle musiche pop-rock arrivano i problemi e le perplessità, sia sulla carta che nei fatti (vale all'incirca lo stesso per la classica, che però lascerei fuori dal topic).
Tutto questo per dire che, al di là dei pregiudizi sulla carta, ultimamente ho ascoltato tante fusioni tra jazz e musiche rock ed elettroniche che ho trovato molto buone. Il più noto a compiere operazioni del genere è Brad Mehldau ma non so da che parte farmi per approfondirlo a livello discografico. Su di lui peraltro pesa un pregiudizio che da rocckettaro underground non posso non avere nei confronti di un musicista jazz mainstream.
E temo che siano vittima di simili pregiudizi anche gli americani Bad Plus, attivi da un buon quindicennio e per lo più sul fronte delle cover, a partire dai Nirvana e Aphex Twin sul loro disco più noto, ma l'anno scorso hanno "coverizzato" anche la Sagra delle Primavera di Stravinskij. Che dire, per me sono bravissimi al di là delle cover (confrontate la loro Smells like teen spirit, che pure non è certo la cosa migliore che han fatto, con quella pianistica tamarrissima di Eric Lewis e poi ditemi) e il fatto di lavorare su ritmiche non tipicamente jazz, non stantie insomma, secondo me è la caratteristica che li rende così brillanti.
E che rende brillanti anche le cover - da Michael Jackson a Andrew Hill, da Julius Hemphill ai Flying Lotus - del fenomenale trio di Vijay Iyer, un altro che suona anche tante composizioni sue ma, appunto, evita di usare le ritmiche più scontate dell'universo jazzistico producendo comunque una musica che non si può definire altro che jazz.
Leggermente più problematici i Kneebody, che usano anche molti synth e che sto studiando in questi giorni. Potrei definirli una specie di versione pop dei Fire! ma è una definizione davvero molto vaga, vedrò di studiarmeli meglio. Anche loro hanno tanto rock nello spirito e nel modo deciso di suonare, ma pure loro han fatto un disco omaggio alla classica del primo novecento e a Charles Ives in particolare. Poi ci sono gli egizio-pakistani Dawn of Midi, pura minimal techno suonata da un piano trio acustico. Fenomenali e ancora in evoluzione, almeno spero.
Insomma, volevo sapere:
- come vi ponete in generale nei confronti dei jazzisti che approcciano musiche pop in senso ampio
- se conoscete esempi virtuosi di queste contaminazioni
- se pensate che, per lo meno in teoria, la contaminazione possa risultare fruttuosa per dare nuova linfa al jazz, ma magari anche al pop, senza scadere in quegli omaggi manieristi e spesso anche poco onesti che intasano la gran parte delle rassegne jazz del nostro Paese