Ma a me è piaciuto per ben due terzi, al netto delle incongruenze. Trovare una storia originale credo sia complicato, questo film mischia Asimov, in maniera enormemente migliore rispetto a Io robot, e ghost in the shell è vero, ma lo fa abbastanza bene senza grandi sbavature per un bel pezzo. Il protagonista è un uomo depresso, ma non solo e schiacciato chissà da quale passato tragico, anzi con una prospettiva di vita virtualmente felice e che però egli rifiuta: lui si scontrerà con l’accidente degli automi artificiali che vogliono auto conservarsi e che vogliono avere un futuro e riprodursi più di quanto egli stesso non voglia. Questa è una bella idea. L’inizio è brillante, bei titoli di testa, bello il procedere dei temi del film (l’automa che si protegge di fronte alla pistola, gli umani che fanno scempio della vita proprio perché posseggono il libero arbitrio), fino alla prima parte nel deserto secondo me è un buon prodotto, poi, da una parte non è chiaro più chi siano gli inseguitori, ma soprattutto la sceneggiatura non sa gestire bene il climax creato e lo scontro finale fra macchine e uomini.
Interessante la prima creatura degli automi, uno scarafaggio praticamente, l’unica cosa che prolifera in un mondo che sta morendo a causa delle radiazioni, l’unica forma di vita che resiste e su cui plasmano la loro creatura. Certo non si capisce lo scatto fra vita artificiale e vita piena, credo che non avrebbero saputo come giustificarla e non si giustifica neppure il secondo balzo evolutivo: la soppressione del primo protocollo. Curioso il mettere insieme il genere fantascienza con il western.