ma il punto non è valutare quello che fa/non fa chris kyle.
il personaggio è talmente bidimensionale che è quasi inutile soffermarcisi, potrebbe benissimo essere il protagonista muto di un qualsiasi sparatutto. gli interessa solo di finire il gioco -far fuori il cecchino cattivo-, le altre cose tipo esportare la democrazia tra gli incivili, proteggere il mondo etc. sono piuttosto stimoli per continuare a giocare, ma in fondo quest secondarie.
e fin qui, tutto ok. poi però clint si accorge che non gli va più bene dirigere semplicemente call of duty 8, e allora si mette a far parlare i personaggi secondari, visto che il protagonista è quello che è.
scattano quindi le obiezioni di trent; il cane, il bambino, la moglie, il finale e una lunga serie di paraculate che mescolano un po' le carte e mettono in discussione la posizione del regista.
ora, a me della sua posizione frega relativamente poco, ma non mi piacciono le paraculate. E se è vero, come dice trent, che ci sono scene in cui eastwood sembra voler dare un messaggio antimilitarista tramite i suoi personaggi secondari, è vero anche che i cliché militareschi 'murricas ci son tutti e ben urlati [brothers in arms / i marines sono/ killer ma i veri cattivi sono altri / il soldato che legge la bibbia / etc. ].
insomma, impressione mia, ma quando parla dell'america contemporanea sembra che le ambiguità e le contraddizioni, un po' il filo conduttore tematico del suo cinema post-1990, gli servano solamente come mezzo per mescolare le carte e disorientare lo spettatore [mi sfugge piuttosto il fine, nel senso che comunque in questi film emerge piuttosto chiaramente la sua posizione].
>>> non è un caso se il mio film preferito di eastwood post-90 è "un mondo perfetto", trionfo assoluto dell'ambiguità e suo capo irripetibile.
>>> in senso opposto a quanto ho scritto, gran torino è una felice eccezione.