Per commemorare come si deve Peterone, mi sono sparato tre suoi film all'epoca incompresi, in seguito (parzialmente) rivalutati e che oggi meriterebbero di essere definitivamente riscoperti.
Daisy Miller [1974]
Questo fu il primo vero passo falso nella carriera di Bogdanovich, che fino a quel momento aveva inanellato un film di culto come "Bersagli" e tre buoni successi, sia di pubblico che di critica (soprattutto americana), come "L'ultimo spettacolo", "Ma papà ti manda sola?" e "Paper Moon". Lo stesso regista disse che fu un errore girarlo, perché aveva troppo poco appeal commerciale. Può darsi che avesse ragione, non lo so; io continuo a pensare che il risultato finale sia comunque più che soddisfacente. Messa in scena sontuosa, visivamente ineccepibile, dialoghi buoni: il senso del romanzo di James mi sembra che l'abbia centrato in pieno. Pure l'interpretazione della Shepherd, ai tempi massacrata senza ritegno, è in realtà ottima: la parte della civettuola Daisy le calza anzi a pennello.
Saint Jack [1979]
Dopo tre grossi flop consecutivi, Bogdanovich ci riprova con un film - sempre in bilico tra commedia e dramma (e con una parte finale da thriller politico-paranoico) - interamente ambientato a Singapore, con protagonista un Ben Gazzara in stato di grazia nei panni di un pappone (il ruolo è simile a quello da lui interpretato ne "L'assassinio di un allibratore cinese", ma qui la sua prova - se possibile - l'ho trovata ancora migliore). Una pellicola tanto cinica quanto umanissima, perché in fondo è anche una bella storia sull'amicizia. Per me aveva tutte le credenziali per diventare un classico di quegli anni e invece se lo ricordano sempre in pochi (ma buoni).
...e tutti risero (They All Laughed) [1981]
Film maledetto, se mai ce n'è uno. Parla sostanzialmente di mariti gelosi che ingaggiano detective privati per spiare le loro mogliettine, fino ad arrivare all'ironico cortocircuito (ovvero le mogli finiscono per tradire i mariti proprio con i detective assoldati). Ed è purtroppo tragicamente noto proprio a causa della follia omicida di un marito fin troppo geloso: gli scherzi del destino...
Confesso di aver preferito la prima parte, più spensierata; poi, secondo me, cala un po' alla distanza, per riprendersi con il bel finale dolceamaro e i divertenti titoli di coda. Credo sia destinato comunque a crescere nella mia considerazione perché sotto molti aspetti l'ho trovato amabile, alcune scene le ho letteralmente adorate, nella loro semplicità. Che dire, poi, della povera Dorothy Stratten? Una delle donne più belle che abbiano mai messo piede su questo pianeta, probabilmente. Il fatto che riesca a oscurare altre mega-tope - a proposito: notevolissimo intenditore, il buon Peter
- come Patti Hansen (la compagna di Keith Richards, che qui interpreta una tassista ninfomane) e Colleen Camp (una mia "fissa" di quegli anni) la dice lunga. E volendo ci sarebbe pure una malinconica Audrey Hepburn...
Colpito dall'ammaliante bellezza dell'ex playmate che sarebbe dovuta diventare "la Marilyn degli anni 80", già che c'ero ho recuperato anche "Star 80", l'ultimo film diretto da Bob Fosse, che ne narra la triste vicenda. Non male, anche se visto l'esplosivo materiale di partenza sarebbe potuto venir fuori un capolavoro tipo "Boogie Nights".