Non ho piu' molta voglia di scrivere di musica, ma almeno l'ultimo loro lo commento.

2021 Coral Island
"Il popolo dell'autunno" e' tornato e si e' incarnato nei Nostri, ma quel "something wicked this way comes" non sono sinistri sortilegi assassini, ma il Tempo che passa. Che poi, a pensarci e' il sortilegio piu' sinistro e assassino di tutti. Un'opera retromaniaca che della retromania mette in scena il paradosso: musica che rilegge il passato per fotografare il presente come fosse gia' la fotografia sbiadita di un passato lontano. Come nel capolavoro di Bradbury, si parte dalle luci e dai colori e pian piano si scivola in un'atmsfera sempre piu' spettrale e stregata. Ma anche prima di arrivare al clima fantasmatico e pensieroso della seconda parte, si avverte qualcosa di doloramente autunnale anche nei pezzi piu' allegri e estivi. L'estate esiste solo come ricordo in autunno.
L'estate dei Coral e' ormai lontana quasi vent'anni, ma si confermano il piu' ispirato ensamble di psichedelia canzonettara della generazione inglese post-brit pop. Chissa' da dove, hanno fatto rispuntare fuori anche le suggestioni russe e balcaniche che avevano caratterizzato soprattutto il disco d'esordio, e come allora riescono a dare un'atmosfera "spostata", piu' fosca e fatale, rispetto alla semplice rievocazione 60s.

Per quanto suggestivi e perfetti per un ascolto poetico e "concept" dell'opera, i brevi intermezzi recitati da nonno Skelly inceppano la fluidita' degli ascolti "normali". E' solo dopo che li ho scartati, tenendo solo le quindici canzoni "vere", che mi si e' rivelata la precisione certosina con cui i Coral hanno ricamato il probabile capolavoro del loro autunno.