Sicuramente il miglior film della Guzzanti proprio dal punto di vista della messa in scena, della costruzione. Non avendo una formazione in materia, la Guzzanti, a mio parere, si è sempre trovata in difficoltà con il linguaggio filmico, la creazione di una storia “falsa”, la drammaturgia pura. Qui riesce a trovare un equilibrio fra la parte documentaristica da giornalismo di inchiesta e la finzione, l’una sicuramente più nelle sue corde, l’altra, almeno in questo film ben incastrata, ben oliata. Certo la citazione è pari pari Elio Petri, ma certamente la Guzzanti non racconta ipotesi diverse come faceva Petri, Guzzanti non semina dubbi, Guzzanti espone una sua idea in modo più attinente possibile ai fatti (pochissime parole su Napolitano, perché i fatti ancora non dicono nulla di incontrovertibile). Per questo il gioco filmico è sempre un po’ pericoloso per lei, la messa in scena, azzeccata, meta teatrale è una, non va a fondo rispetto alla molteplicità delle versioni (che è la molteplicità delle verità/menzogne, ma anche la molteplicità del racconto, mai univoco) anche là dove gli attori interpretano molti ruoli e generi diversi. La cifra stilistica della Guzzanti è semmai il grottesco, l’assurdo all’interno di una ricostruzione (la più aderente alla possibile alle carte processuali) che espone una tesi ben salda e ben convinta, alla Moore.
Mi è dunque piaciuto anche perché segna una maturazione dal puro lato del mestiere cinema.
Ho assistito ad una discussione con la Guzzanti stessa. Indipendentemente dal contenuto del film ciò che emerge è la perdita del bene comune, del senso del sentirsi comunità civile ancor prima che politica. E la Guzzanti notava come alla fine del corto di Petri vi fossero le firme di decine di cineasti giovani o meno, la parte intellettuale del paese. Dietro al suo film non c’è stata discussione, partecipazione. Altri tempi, altra sensazione, altra condivisione, altro cinema però.
(in uno degli inserti documentaristici c’è mio cugino, era di scorta a Scalfaro durante i funerali di Borsellino, mio cugino era in servizio con Borsellino nel turno di mattina giorno 19 luglios, smontò un’ora prima dell’esplosione)