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Filmini Mutini


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1 reply to this topic

#1 piersa

    Megalo-Man

  • Redattore OndaCinema
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  • Location14-16 Fabrizi Nicola e Aldo

Inviato 06 dicembre 2013 - 16:34

Apro questo 3d (sperando non ci sia già) dedicato ai film muti.
Premesso che il film muto in realtà non esiste, poiché anche il più sguelfo di loro prevedeva se non una partitura ad hoc per orchestra quantomeno un leit-motiv per pianoforte o anche solo una indicazione generica che si potesse sincronizzare con lo spirito del film o delle singole sequenze.
Ne approfitto quindi per dire due ciacole su un film che ho visto ieri:

The Show Off - del semisconosciuto Malcolm st Clair (1926) interpretato, tra gli altri, da una luccicante Louise Brooks in un ruolo secondario.
Commedia molto carina che nella sua versione teatrale aveva registrato il tutto esaurito e repliche per quasi un anno a Broadway, è la storia di uno "Show Off" (una sorta di millantatore, uno che le spara grosse) che è la disperazione della sua famiglia finché con la sua arte retorica non la salva dal lastrico convincendo un grosso gruppo industriale a firmargli un assegno di 50mila dollars.
Ottima e sopra le righe la recitazione di Ford Sterling (il pallista Aubrey), incredibile come a nessuno venga in mente di guardare con desiderio quel gioiellino di Louise.
Già solo per questo: Eroi, 7
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#2 George Kaplan

    Giraghiere a tradimento

  • Redattore OndaCinema
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  • 1378 Messaggi:

Inviato 27 dicembre 2017 - 20:27

Uomini di domenica (Menschen am Sonntag, 1930)

Un gruppetto di amici si ritrova nei fine settimana per girare un filmino indipendente. Il soggetto? Gli spazzini che spazzano, i passanti che passano, gli amanti che amoreggiano. E poi: le levate mattutine, gli incontri, le colazioni al bar, una gita al lago e lì i baciari e i carezzari e gli avvinghiari. Una ragazza si assopisce, mentre un filo d'erba le vibra davanti alle labbra. Un'altra sale su un albero per trovare un cappellino. La vita, insomma, che trascorre libera e lieta in un giorno di festa.
Sebbene si respiri aria di Nouvelle Vague, l'anno è il 1930 e - ok, qui ho barato - gli amici erano sì tali, ma anche colleghi. Di più: di lì a breve sarebbero diventati tra i più grandi cineasti della loro generazione. Robert Siodmak dirige un canovaccio del fratello, sceneggiato da Billy Wilder e catturato dall'occhio di Fred Zinnemann. Collabora alla regia anche Edgar G. Ulmer, che in seguito rivendicò la paternità del film, ma fu Siodmak ad accompagnare per intero la realizzazione.

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Vertov ha appena girato il suo manifesto, ma la partie de campagne di Renoir è di là da venire.
In poco più di un'ora, Siodmak mescola con fluidità scenette documentarie e riprese ad hoc, avanguardie e cinema narrativo, mentre Wilder gioca a fare Lubitsch tratteggiando brevi schermaglie amorose nei boschetti, e Zinnemann comincia a sperimentare coi primi piani e la luce in esterni.

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Di lì a poco l'avvento del nazionalsocialismo avrebbe reso le domeniche di quei giovani berlinesi allegri e spensierati ben  meno liete. Alla resa limpida e freschissima di una gioventù colta nella sua festosa quotidianità - col brivido che la capacità di cogliere le impressioni della vita vera porta con sé - si affianca il sentore di un disagio, che fa capolino nel taglio di certe inquadrature urbane, nel profilarsi deciso delle ombre domestiche e nella messa in scena di una curiosa avance nel folto dei boschi.
 Quanto di ciò sia prefigurazione di un fastidio diffuso, di un fremere sottopelle, di un ronzio inafferrabile e quanto sovrainterpretazione col senno di poi è difficile a dirsi. Facile, comunque, che certe ambiguità siano da attribuire alla mano di Siodmak, che farà poi, per la Universal, molti noir - tra cui quel piccolo capolavoro che è "La scala a chiocciola" - e che la lezione dell'espressionismo l'aveva imparata per bene.

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All'epoca fu un grande successo di pubblico. Non male, per un film costruito su (quasi) niente.


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