Dal mio campione (3 nipoti "Z"), adesso l'alieno è quello che parla dialetto.
Perché dico fortunatamente ? Perché mi pare una buona cosa per il nostro paese avere una lingua unica, condivisa e ben padroneggiata. Capisco il discorso della ricchezza, della biodiversità linguistica, ma in pratica quello che avevamo era povertà. Quelli che parlavano dialetto (in media eh, poi magari c'è il professorone che parla entrambi, che Cacciari parli in veneziano per esempio non mi sorprenderebbe) facevano fatica con l'italiano.
Non sono convintissimo che dialetto=povertà (intellettuale ed "economica", in quanto impossibilitato ad accedere ad istruzione superiore, isolamento culturale, ecc.), io direi più che altro che, banalmente, povertà=povertà, nel senso che nascere in certi posti ti dà meno possibilità rispetto a nascere in altri, e il posto in cui nasci ti cucisce (oddio, ecco, a proposito di cultura: cuce o cucisce?) addosso anche il modo in cui ti esprimi. Poi chiaro che una lingua unica è necessaria ed è auspicabile che quante più persone possibile la parlino correttamente, però non credo sia la compresenza del dialetto il motivo per cui le persone non imparano bene la prima lingua; sono pronto a scommettere che gli uomini di città (parlo di gente che ora ha dai 50 ai 70 anni, quindi gente che è nata in un periodo storico in cui il dialetto era la prima lingua) abbiano avuto in media lavori più "pregiati" e vite più "ricche" (non intendo economicamente, o comunque non solo) dei coetanei della campagna, però tutti parlavano dialetto (circa) allo stesso modo.
Poi sì, l'argomento è complesso ed è difficile sbrigarsela in poche righe.