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Morton Feldman


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70 replies to this topic

#51 paloz

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Inviato 17 gennaio 2015 - 19:35

Lasciamo fuori la dogmatica idea di frankie secondo cui più un pezzo/libro/film è lungo più è bello.

 

Vi riporto il testo che cominciai a scrivere quando andai a sentire di persona il quartetto - per dire che non parlo tanto per. Avrei voluto finirlo e pubblicarlo da qualche parte, temo che non accadrà quindi lo incollo qui. Spero aggiunga qualcosa al mio discorso, altrimenti mi ci rimetto appena ho tempo.

 

---

 

Sono uscito dall'ufficio venti minuti prima del solito, sono scattato fino alla fermata dell'autobus nonostante sia poi arrivato all'ora che voleva lui. In balia dei trasporti pubblici non posso in alcun modo accorciare le distanze, ma proprio qui ha origine il paradosso: corro da fermo contro il tempo per andare a rimanervi bloccato dentro per quasi sei ore.
Oggi il Quartetto di Torino esegue integralmente uno degli inarrivabili monstra della musica del Novecento, il secondo quartetto per archi di Morton Feldman. Si comincia alle 18, si finisce – sperabilmente – entro la mezzanotte. Emergo dalla metropolitana già col fiato corto, l'esofago ancora intasato da un hot dog che ho preparato nella pausa pranzo e ingurgitato in pochi minuti nel tragitto della linea MM1. Attraverso il piazzale costeggiando l'intera facciata del Duomo, mi massacro i piedi sui sampietrini che portano a Palazzo Reale; col poco di autonomia respiratoria che mi rimane chiedo a un custode dove si svolge il concerto, supero il colonnato e galoppo sulla gradinata che porta a una reception; chiedo ancor prima di vedere le frecce che indicano la sala del concerto, sinistra poi destra, dritto e poi a sinistra, varco la soglia mentre si spegne l'applauso all'ingresso del Quartetto. Completamente senza fiato, cerco di incamerare qualche metro quadrato di ossigeno senza dare troppo nell'occhio, la testa mi scoppia, svolgo la sciarpa e la poso in cima alla giacca con la quale ho riempito il posto di fianco al mio.

Ce l'ho fatta. Riesco a sentire anche le note del primo cellulare che squilla, per fortuna pochi momenti prima dell'attacco, che viene pazientemente ritardato dal quartetto che, lo ricordiamo, ha davanti a sé quasi sei ore di mobilità limitata e totale concentrazione su un voluminoso spartito. È uno dei motivi che mi ha convinto a partecipare, e non per una sottoforma di sadismo musicofilo: se questi quattro cristi accettano di suonare per così lungo tempo (inversamente proporzionale al numero di note) davanti a poche decine di persone che nel corso della serata torneranno comode alle loro case e si sazieranno quanto gli pare, perché sprecare così un'intera serata è davvero folle – allora io lì devo esserci e rimanerci per un piccolo, estremo atto di rispetto verso questi eroi.

La mia bottiglietta d'acqua, non tanto per inumidire la bocca quanto per mandare ossigeno al cervello, ritrovare concentrazione.

[...]
Ad ogni modo, se si decide di affrontare un'esperienza come questa, è bene farlo dall'inizio alla fine. Non so in quanti tra il pubblico – scarno già in partenza – avessero intenzione di fare altrettanto: sta di fatto che oltre la metà aveva lasciato la sala, in punta di piedi (o di tacco, mortacci loro) poco dopo quella che dev'essere stata un'ora abbondante di concerto. La reale cognizione del tempo si perde del tutto se ci si impone di non guardare l'ora ad ogni accenno di stanchezza.
[...]
Ma più pensavo alla mia fatica, più mi immedesimavo in quella dei musicisti, che si facevano forza tra un cambio pagina e l'altro, riposizionandosi sulla sedia, distendendo le gambe e le braccia, guardandosi con complicità – nelle ultime due ore anche qualche sorriso di solidarietà.
per questo ho deciso di non spostarmi, rinunciando a vedere e ascoltare il quartetto più da vicino
E così sembrano aver fatto altri tre individui, gli unici rimasti come me per l'intera durata: due circa della mia età, un terzo decisamente anziano – un profilo e una camminata da Monsieur Hulot – che verso le nove (sempre una stima) ha ceduto controvoglia ad una pausa toilette/spuntino, vergognandosene anche, a giudicare dal capo chino.

Il termine della composizione si manifesta in un incrocio di note sussurrate, ripetute in maniera sempre più inconsistente fino al silenzio totale. Sei le persone rimaste in sala (me compreso), di cui solo quattro applaudono, cosa che noto con un certo sgomento. I battiti delle mani risuonano nella sala vuota come singoli rumori gettati lì per caso: il minimo che possa fare è ringraziare uno ad uno i musicisti, stringendo loro la mano. Il mio gesto porta uno dei due anziani signori che non hanno applaudito a chiedermi se io fossi il compositore. Completamente spaesato dall'assurdità della domanda – che logicamente ne implicherebbe molte altre – gli rispondo che no, il buon Morton Feldman è deceduto parecchi anni fa. Ribatte con fare altezzoso che, nel qual caso, mi avrebbe strangolato volentieri.
“Non ho mai sentito nulla di più lungo, banale e noioso in vita mia”.

 

[No comment]


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I have spoken softly, gone my ways softly, all my days, as behoves one who has nothing to say, nowhere to go, and so nothing to gain by being seen or heard.

 

(Samuel Beckett, Malone Dies)


#52 ravel

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Inviato 17 gennaio 2015 - 20:38

Per prima cosa voglio ringraziare paloz per questo "ricordo" e per l'argomento in generale.

 

Avete già detto sostanzialmente quello che c'era da dire (e preciso che Feldman piace molto anche a me, che in genere non stravedo per il minimalismo), per cui non vorrei ripetere troppe cose.
E' vero che le durate, in Feldman, hanno un loro senso imprescindibile, ma è anche vero che (a meno di non volere fare un'opera d'arte concettuale)... est modus in rebus.

Feldman va ascoltato dal vivo. Riprodotto perde molto del suo significato.
ed è vero che ricordo un'esecuzione di Palais de Mari (con John Tilbury al pianoforte), un capolavoro sia detto per inciso, al termine della quale, incantato, scopersi che era passato molto più tempo di quello che avrei detto. Senza ovviamente che questo mi avesse creato il minimo problema.
Ciò detto ci sono probabilmente dei limiti umani fisiologici superati i quali le esperienze non risultano più assimilabili e che quindi è giusto considerare. Parlando con i compositori ci si rende conto che lo sanno e comunque non si sentono sminuiti per nulla dal doverne tenere conto.


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Moriremotuttista


#53 paloz

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Inviato 18 gennaio 2015 - 09:43

 ed è vero che ricordo un'esecuzione di Palais de Mari (con John Tilbury al pianoforte), un capolavoro sia detto per inciso, al termine della quale, incantato, scopersi che era passato molto più tempo di quello che avrei detto. Senza ovviamente che questo mi avesse creato il minimo problema.

---

 

Al concerto di Piano & String Quartet (anche lì c'era il grandissimo Tilbury) non so se per trollare o per una stima sbagliata, ma sul programma era segnata una durata di 70'. Con questo tipo di musica, se effettivamente non hai un orologio al polso, è quasi impossibile stabilire quanto tempo può essere trascorso nel mentre - infatti poi superò l'ora e mezza.

Lo stesso discorso vale per il secondo quartetto: se dalla playlist di Winamp passi all'esperienza vissuta lo scarto è immenso ed è capace di sconvolgerti. Se da un lato è vero che quelle 6 ore affermano l'inconfutabile esistenza di quel "tempo musicale", dall'altro riescono a impossessarsene e farne un uso arbitrario, disfarne lo scorrimento regolare e istituire un "tempo sensoriale", dove idealmente la lancetta dei secondi viene soppiantata dal flusso irregolare delle note, come un lungo saggio filosofico in alfabeto Morse.

Quel concerto mi ha segnato come forse nessun altro, ne conserverò sempre un ricordo straniato, evanescente e assieme vividissimo.


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#54 frankie teardrop

    The scars on my wrists may seem like a crime

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Inviato 18 gennaio 2015 - 14:30

Lasciamo fuori la dogmatica idea di frankie secondo cui più un pezzo/libro/film è lungo più è bello.

 

mi dici dove avrei detto una cosa del genere?

 

 

 

 

 sono un fan della sintesi e ben poco dell'idea "eroica" del pezzo interminabile

 

---

 

E infatti qui il concetto "eroico" del brano lungo non c'è, a differenza di un Wagner ma anche di un Mahler - che guardacaso sono europei. Feldman se ne fotte dell'attenzione dell'ascoltatore e ti dice, in pratica, che quella musica e il tempo che occupa ci sono, indipendentemente dalla presenza di un pubblico grande o piccolo che sia, attento o disattento e annoiato (già all'esecuzione di Piano & String Quartet a Milano, circa 90 minuti, la gente sembrava sul punto di suicidarsi). Chiamala ideologia se vuoi, e se vuoi puoi anche considerarla nemica della musica per come la intendi (ma lo stesso può dirsi dell'onkyo e della famosa non-musica). Ma quelle 6 ore restano, come un monolite che puoi arginare ma non ignorare.

 

 

lo so che Feldman è quanto di più distante da Wagner o Mahler esista, quando parlo di eroismo intendo che quelle durate estreme mi sembra che riportino a quella stessa visione delle cose per cui il capolavoro è l'opera grande e difficile anche nel senso di estensione, dove il valore corrisponde alla fatica che il fruitore deve fare (mi sembra un po' come la vede Frankie che considera il lunghissimo e ovviamente lentissimo Satantango il più grande film di sempre)

 

 

la lunghezza è relativa...

quel film mi emoziona in un modo indescrivibile

tutto qui

lascio a voi le speculazioni sulla "lunghezza"

 

se un disco dura 20 minuti ma è un disco ricco di idee, potente, emozionate, etc... per me varrà sempre di più di un disco triplo che non mi dice un cazzo...

 

P.s.: libri? uno dei miei libri preferiti in assoluto è il romanzo "breve" La morte di Ivan Il'ic di Tolstoj...

film: nella mia top 5 c'è anche il LUNGHISSIMO (88 minuti...) Zazie nel metro...

 

asd

 

comunque, è fantastico sentirsi affibiare idee "altrui" (perché, ripeto, di certo IO non la penso così)


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#55 ravel

    mon cœur est rouge

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Inviato 18 gennaio 2015 - 15:20

 

 ed è vero che ricordo un'esecuzione di Palais de Mari (con John Tilbury al pianoforte), un capolavoro sia detto per inciso, al termine della quale, incantato, scopersi che era passato molto più tempo di quello che avrei detto. Senza ovviamente che questo mi avesse creato il minimo problema.

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Al concerto di Piano & String Quartet (anche lì c'era il grandissimo Tilbury) non so se per trollare o per una stima sbagliata, ma sul programma era segnata una durata di 70'. Con questo tipo di musica, se effettivamente non hai un orologio al polso, è quasi impossibile stabilire quanto tempo può essere trascorso nel mentre - infatti poi superò l'ora e mezza.

Lo stesso discorso vale per il secondo quartetto: se dalla playlist di Winamp passi all'esperienza vissuta lo scarto è immenso ed è capace di sconvolgerti. Se da un lato è vero che quelle 6 ore affermano l'inconfutabile esistenza di quel "tempo musicale", dall'altro riescono a impossessarsene e farne un uso arbitrario, disfarne lo scorrimento regolare e istituire un "tempo sensoriale", dove idealmente la lancetta dei secondi viene soppiantata dal flusso irregolare delle note, come un lungo saggio filosofico in alfabeto Morse.

Quel concerto mi ha segnato come forse nessun altro, ne conserverò sempre un ricordo straniato, evanescente e assieme vividissimo.

 

 

Sì, è così. Quello che dici sul tempo è perfetto.

 

Recentemente hanno trasmesso il quartetto col pianoforte a Radiotre Suite, sono rientrato a casa mentre era già cominciato, ho riconosciuto l'autore, ho cominciato ad ascoltare un po' distrattamente, poi ho cominciato a dirmi "be', è bello, e questo non mi stupisce dato che conosco e apprezzo Feldman, ho da fare ma voglio vedere dove va a parare, voglio vedere come va avanti... ".

Avrai già capito che mi sono seduto al tavolo (la radio è in cucina) e sono rimasto ad ascoltarlo fino alla fine. Non so nemmeno quanto tempo oggettivo sia passato.

 

E' come Morandi (non Gianni... asd ) 'ste quattro cazzo di bottigline sono sempre quelle, sempre le stesse, eppure ogni quadro ti fermi e te ne lasci assorbire per un tempo che non sapresti quantificare proprio perché non ci pensi nemmeno...


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#56 dick laurent

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Inviato 19 gennaio 2015 - 12:02

 

 

Avete già detto sostanzialmente quello che c'era da dire (e preciso che Feldman piace molto anche a me, che in genere non stravedo per il minimalismo),

 

comunque io Feldman per molti versi lo vedo molto più vicino a un Takemitsu che a Glass, Reich o Riley

 


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dai manichei che ti urlano o con noi o traditore libera nos domine


#57 ravel

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Inviato 19 gennaio 2015 - 15:07

 

 

 

Avete già detto sostanzialmente quello che c'era da dire (e preciso che Feldman piace molto anche a me, che in genere non stravedo per il minimalismo),

 

comunque io Feldman per molti versi lo vedo molto più vicino a un Takemitsu che a Glass, Reich o Riley

 

 

Ma certo... Non sono un esperto ma anch'io non considero Feldman un minimalista solo perché ogni tanto utilizza alcuni elementi della sintassi minimalista.

Ma per brevità ho scritto così. Hai fatto bene a puntualizzare.


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#58 paloz

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Inviato 19 gennaio 2015 - 18:07

Io sono di parere opposto: Feldman è uno dei pochi veramente afferenti al minimalismo, assieme al La Monte Young stile "well-prepared piano" e se vogliamo anche Takemitsu (tutta gente che in arte potrebbe trovare i propri paralleli nei compatrioti Rothko, Flavin, LeWitt, Turrell...). Glass, Reich, Riley e compagnia bella afferiscono(/rebbero) a quello che in certi casi viene definito post-minimalismo e che prevede le varie tecniche di phasing e ripetizione costante di cellule armoniche. E' fuorviante farne un unico scatolone, secondo me, sono cose talmente diverse...


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#59 paloz

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Inviato 10 novembre 2015 - 11:33

Mi permetto di riesumare personaggi impopolari.

 

 

feldmansatiecageOR_1446741138.jpg

 

Rece :OR:


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#60 tonysuper

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Inviato 10 novembre 2015 - 21:28

avevo letto kim kardashian asd asd asd 


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#61 Sandor

    Enciclopedista

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Inviato 11 novembre 2015 - 11:29

Mi permetto di riesumare personaggi impopolari.

 

 

feldmansatiecageOR_1446741138.jpg

 

Rece :OR:

Purtroppo non può essere popolare ma chi non ascolta questa musica non sà cosa si perde,ecm sempre eccelsa .


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#62 tonysuper

    Classic Rocker

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Inviato 27 febbraio 2016 - 10:33

A chi di voi piace molto la Rothko Chapel di Feldman?

Potreste descrivere brevemente che effetto vi fa?
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#63 tonysuper

    Classic Rocker

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Inviato 30 marzo 2019 - 17:58

Ho ripreso il disco della Kim Kardashian  asd asd di cui sopra.

 

Selezione davvero interessante, un vero percorso di una idea fra le due sponde dell'Oceano e fra i due secoli.


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#64 paloz

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Inviato 14 maggio 2020 - 14:09

Nel distanziamento sociale, il "tempo ritrovato" della e per la musica di Feldman.

Nuovo articolo sul Washington Post.

 

 

“It’s like you start the piece and the sun’s over here and you end the piece and the sun’s over there,” Marotto says. “Even though it’s obviously very human music, highly expressive music, it’s sort of like removing the human body from it. In a sense, we’re moving the biological clock and putting you on a celestial clock.”


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#65 paloz

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Inviato 18 giugno 2020 - 14:58

Una nuova eccellente pubblicazione con due capolavori orchestrali: Coptic Light e String Quartet and Orchestra. Assieme alla Vienna Radio Symphony Orchestra anche l'Arditti Quartet, poco spesso impegnato nel repertorio feldmaniano.

 

 

0845221053783-1.jpg

 

 

Qui la mia rece assolutamente di parte asd


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#66 tonysuper

    Classic Rocker

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Inviato 18 giugno 2020 - 15:24

Grazie paloz,

 

la sto ascoltando ora che l'hanno caricata sugli streaming...

 

Il sito è veramente bello, ma ho qualche difficoltà a navigarlo sia su pc che su cellulare, non so se sono i font o i colori ma stanca  a leggere.

 

Abbi pazienza, ma l'età avanza...


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#67 paloz

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Inviato 18 giugno 2020 - 16:20

non so se sono i font o i colori ma stanca  a leggere.

 

 

E' pressoché nero su bianco, cosa trovi di faticoso in particolare?

La navigazione diciamo che è molto basica, si scorrono gli ultimi articoli e nel menu "sandwich" ci sono le info, le funzioni ricerca e le categorie principali.


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#68 tonysuper

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Inviato 18 giugno 2020 - 16:27

Sono lento a leggere, 

 

dopo due righe devo andare sopra e schiacciare AMP (versione alternativa).

https://esoteros.net...-orchestra/amp/

 

 

Sembra più azzurro/grigio su bianco che nero su bianco. Come se ci fosse poco contrasto, ho provato pure sull'ipad che di solito è fedele sui colori.

 

Il rapporto fra la larghezza e il passo (distanza fra le righe) pure non mi sembra ottimale. E' molto elegante da vedere astrattamente come se fosse un quadro, ma si legge male. Hai presente questo forum, o il sito di ondarock o quello di Repubblica?

 

Se ci rifletti bene sono brutti come la morte, ma si leggono che è un piacere, l'occhio salta da una parte all'altra ed è capace di leggere paragrafi interi senza nemmeno accorgersene.

 

Siccome stai usando una piattaforma che è molto figa e persino costosa, non ci credo che non ci siano dei template fatti apposta per essere veramente molto leggibili, probabilmente quello che stai usando è più adatto a fare book fotografici che a contenere lunghi articoli.

 

Bellezza ed ergonomia sono cose diverse, il tuo format è veramente bello, ma si legge male.

 

Non è una critica, è che normalmente uno non ci fa caso, ma nei siti professionali magari c'è stato tutto un lavoro da parte di gente pagata apposta solo per scegliere il giusto carattere tipografico e per stabilire la larghezza delle colonne. In queste piattaforme il lavoro è stato già fatto da chi ha progettato il template, a volte basta scegliere quello adatto e personalizzare due cose.

 

Guarda questi due, sempre su Wordpress, hanno filosofie diverse e sono "orridi", ma si leggono una favola:

 

https://lultimathule.wordpress.com/

https://venerato-maestro-oppure.com/

 

Mi ripeto; ripensa a questa cosa: un testo su schermo o su carta non deve essere bello alla vista, ma veloce da leggere. Perché si vede proprio  che ci hai passato giorni a renderlo il più bello possibile esteticamente e la qualità di quello che scrivi è giornalistica, è peccato se un lettore va via per un fatto psicologico.

 

Fine OT :)


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#69 paloz

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Inviato 18 giugno 2020 - 17:02

Grazie, magari al secondo anno valuto un cambio di tema, ce n'è a migliaia e diciamo che questo mi piaceva esteticamente, a me sembra anche molto ben leggibile ma un'opinione esterna e disinteressata fa sempre comodo.

Per me il disastro è soprattutto da mobile, font troppo grande che va a capo spessissimo, ma per le personalizzazioni al CSS sono altri soldi  <_< e visto che è già un progetto economicamente votato alla perdita non volevo proprio esagerare, almeno all'inizio.


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esoteros

 

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#70 Señor Shemo

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Inviato 18 giugno 2020 - 20:57

Grazie, magari al secondo anno valuto un cambio di tema, ce n'è a migliaia e diciamo che questo mi piaceva esteticamente, a me sembra anche molto ben leggibile ma un'opinione esterna e disinteressata fa sempre comodo.

Per me il disastro è soprattutto da mobile, font troppo grande che va a capo spessissimo, ma per le personalizzazioni al CSS sono altri soldi  <_< e visto che è già un progetto economicamente votato alla perdita non volevo proprio esagerare, almeno all'inizio.

 

(Per quella che è la mia personale esperienza con il tuo sito, non ho mai riscontrato problemi di lettura, anzi apprezzo molto l'estitica che ben si addice al "tono" dei dischi trattati. Però è comprensibile che qualcuno possa far fatica con il format, e tutto quel bianco può dar fastidio. Magari se il tuo tema lo provede potresti impostare l'opzione per una dark mode, ma immagino tu abbia già valutato questa possibilità..)

 

Comunque ottima recensione, me la sono letta ascoltando il brano interpretato dall'Arditti Quartet che non conoscevo. Grazie :)


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#71 simon

    Scaruffiano

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Inviato 08 agosto 2021 - 12:34

Morton FELDMAN è una figura importantissima della musica d'avanguardia ma essendo una persona ironica e devota all'ironia ha spesso voluto saggiare le capacità di pazienza dell'ascoltatore: alcune sue composizioni durano anche sei ore e in un certo senso la musica ambientale, minimalista e d'avanguardia si fondono in una Chiesa Atea, ove più che ascoltare i suoni finalmente ascoltiamo noi stessi.

 

Non so se in questo forum è stato postato un libro meraviglioso di FELDMAN, mi riferisco a Pensieri Verticali edito da Adelphi (esistono altri Calasso?) ed è particolarmente interessante la definizione data da parte di BORTOLOTTO su questo importante artista americano: 

 

Come un rosario di suoni sgranati, come un mulino tibetano regolato da una pazienza celeste: così, nelle parole di Mario Bortolotto, apparve la musica quieta e smisurata di Morton Feldman all'orizzonte della Neue Musik. Ma se la novità radicale rappresentata dall'irruzione di Feldman sulla scena newyorkese fu in quel modo di comporre diverso da ogni altro (compreso quello del suo maestro Cage), ciò che sorprende per contrasto nei suoi scritti è la scintillante vivacità di una penna la cui verve polemica e incurante ironia ancora oggi lasciano il segno. Nessuna tenerezza per Darmstadt. Questi pensieri verticali sono come frecce avvelenate che si incuneano fra i resti di alcune inscalfibili certezze, corrodendole dall'interno. Una meditazione sulle essenze musicali, e sul tempo – «è la scansione del tempo, non il Tempo in sé, che è stata spacciata per l'essenza della musica» scrive Feldman. E ancora: «A me interessa come questa belva vive nella giungla, non allo zoo» –, ma anche sui fili misteriosi che legano da sempre Arte e Società: «la società, per come la vedo io, è una specie di mastodontico apparato digerente, che tritura qualunque cosa gli entri nella bocca. Questo smisurato appetito può ingollare un Botticelli in un sol boccone, con una voracità da terrorizzare tutti tranne il guardiano di uno zoo. Perché l'arte è così masochista, così desiderosa di essere punita? Perché è così ansiosa di finire dentro quelle gigantesche fauci?». Sfogliare queste pagine sarà allora un po' come affacciarsi al Cedar – il bar dell'Ottava Strada dove, in compagnia di personaggi come Pollock, Rauschenberg o de Kooning, Feldman trascorreva notti intere in discussioni accanite – e fermarsi ad ascoltare una voce che una volta sentita difficilmente si potrà dimenticare.

 

 

 

Ecco.. nessuna tenerezza per DARMSTADT. Ricordo una quindicina di anni fa che in questo forum era vietato parlare di Adorno, come se questo gigante del pensiero si fosse solamente occupato di musica e in modo strumentale per portare avanti alcune istanze francofortesi.

 

Adorno, Benjamin stesso sono stati usati a loro volta dal giornalismo per sentirsi grande, di parlare di filosofia e invece si sono ingabbiati malamente in una sorta di post sociologia ontologicamente non identificabile.

 

ADORNO va visto nell'ottica della sua dialettica negativa, e in generale il suo pensiero edifica la scuola francofortese, ne è lo spirito a volte grottesco a volte irato ma estremamente vitale per creare una eredità: colta in modo assolutamente meraviglioso da HABERMAS che rileggendo KANT e il padre della semiotica nonché bene o male ha portato l'ermeneutica come l'ultima tradizione del pensiero filosofico continentale aprendosi alla filosofia analitica e sociologica americana. Nel caso di HABERMAS ci troviamo davanti, forse all'ultimo pensatore schiettamente razionalista, ma di un razionalismo decisamente atto a dare forme concrete o nuove possibilità intenzionali-costruttive alla società moderna, che comunque si distaccano personalmente da alcune fisime di Adorno.

 

La Musica di FELDMANN non è mai riuscita a commuovermi, non è riuscita ad esprimermi nulla che abbia a che vedere con il sentimento SCHELERIANO, ovvero il mio modo di ascoltare o comunque di relazionarmi a FELDMANN non è oggettivo TOUT COURT ma è pragmatico. Non a caso le parole di BORTOLOTTO riescono a soppiantare (galatticamente) qualsiasi tipo di scrittura giornalistica anche di altissimo livello, per carità non voglio fare di tutta l'erba un fascio.

 

Comunque una cosa va detta, queste musiche hanno trovato negli ultimi trent'anni un encomiabile supporto discografico, case come KAIROS, EDITION RZ, NEOS, WERGO si sono trasformati in filologi e quindi autoptici del divenire-musica di FELDMANN il che è encomiabile, ma il file sharing ha da una parte introdotto FELDMANN in molte case ma allo stesso tempo hanno immiserito il capitale di queste case discografiche. Dunque è un circolo vizioso: si parte da Adorno e Benjamin e si finisce appunto con loro 

 

ALEX ROSS ha scritto un bellissimo capitolo sul minimalismo nel suo bellissimo racconto pop della musica novecentesca, soffermandosi su FELDMANN. Il libro di ROSS è anche pura pedagogia, ed è forse l'ultimo modo di scrivere o meglio di narrare la storia della musica novecentesca. NATTIEZ e la sua semiotica FERMANO il Tempo, fermano il flusso di coscienza dell'ascoltatore immerso nella Musica, un conto è leggere il DELEUZE musicale di un MILLE PIANI apertura quadrimensionale al Tutto, un conto è bannare il Tempo Musicale.

 

 

 

 

      


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„Non si può che confermarsi 'stranieri nella propria lingua'. Il plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di scuola interpreti. È 'Nomadismo': divagazione, digressione, chiosa, plurivalenza, ecc. Il testo intentato è (deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè de-pensato.“

CARMELO BENE
 

 

 





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