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l'improvvisazione totale


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#1 mongodrone

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Inviato 25 ottobre 2006 - 16:59

allora. vorrei dare il la per una discussione teorica, sicuramente più grande di me, ma dalla quale mi aspetto qualche chiarimento almeno... mi piacerebbe che si discutesse sul concetto di improvvisazione totale, cioè della musica 'free', di cui, premetto, non so quasi nulla, nel senso che non ho letto libri su questo tema (anzi, se qualcuno me ne sa consigliare uno mi farebbe cosa gradita).

Io parto dall'assunto che l' "espressione pura" non esiste, che la visione romantica del genio che pesca direttamente nel proprio inconscio o nell'inconscio collettivo non è propriamente corretta: per esprimere un'interiorità, per pescare in ciò che va oltre ogni categorizzazione già messa in luce è necessario comunque rifarsi a ciò che già è all'esterno, alle regole del linguaggio artistico già codificate. mi spiego meglio: per stravolgere o violare una convenzione bisogna averla già assunta; nell'improvvisazione ho l'impressione che le regole vadano interiorizzate fino a farle diventare istintive, per poterle assumere come elemento dell'improvvisazione.
faccio un esempio: spesso l'ignorante musicale, sentendo una composizione free, direbbe che si suona 'a caso'. ma sicuramente un principiante, suonando a caso, ricadrebbe in quelle strutture che ha imparato, quelle più semplici, che fanno parte del suo bagaglio iniziale, delle sue esperienze teoriche o 'a orecchio'.
un professionista, per poter suonare free (intendiamo 'free' per ora come il massimo possibile dell'improvvisazione, la totale libertà, ammettiamo cioè che essa sia teoricamente possibile, quando nella pratica suppongo che non esista musica 'free' al 100% (4'33'' di Cage a parte)) dovrebbe conoscere tutte le tecniche già attuate, e acquisire una particolare abilità a non ricadere in ognuna, o meglio, a ricadere in tutte e nessuna forse.
tutto ciò lo penso in particolare pensando alle esperienze post-aleatorie. nell'alea, correggetemi se mi sbaglio, si suonavano in successione casuale delle strutture alternative definite in partenza. in questa tecnica non c'è nulla di veramente improvvisato, l'improvvisazione in un certo senso emerge se aumentiamo a dismisura le possibili strutture alternative da suonare (o meglio non le segnamo affatto) e per ognuna di esse ne limitiamo l'organicità (cioè facciamo in modo di rendere le strutture il più sfuggenti possibile)

a questo punto ho pensato: ma se io, che non so suonare alcunchè e non conosco la teoria musicale, riuscissi ad acquisire una particolare tecnica per suonare ognuna delle possibili strutture musicali (per esempio se campionassi una serie impressionante di suoni e successioni minime di toni diversi registrati dalle più svariate musiche), e se ancora unissi in modo totalmente casuale tutti questi oggetti sonori, avrei fatto musica free pur non possedendo le regole della musica che avrei dovuto superare? sarebbe veramente musica free?

sono stato molto contorto...ma questo dubbio ve lo pongo proprio per capire se esiste una vera differenziazione tra il "suonare senza conoscere alcuna regola", cioè senza aver interiorizzato tutte le regole, e il "suonare mettendo da parte le regole".
forse il problema vero risiede nel fatto che per fare musica selezioniamo già il tipo di strumento da utilizzare, partiamo quindi già da basi cutlurali/razionali, mentre un'ipotetica musica pura, astratta, irrazionale, è quella che un ipotetico selvaggio farebbe non suonando a caso uno strumento che gli daremmo, ma anche muovendosi, respirando, ecc... e qui andiamo al caso limite di Cage appunto.

insomma: casi limite a parte, chiedevo conferma sulla mia assunzione, cioé: non è possibile portar fuori un nuovo linguaggio artistico senza basarsi sui linguaggi già affermati...quella che ipoteticamente potremmo chiamare una 'nuova interiorità' ha bisogno di attaccarsi all'esteriorità, alla storia culturale: l'invisibile viene fuori, si rende visibile, proprio grazie al visibile, si ritaglia un posto nel mondo a partire dall'interno del visibile stesso, e non venendo da 'fuori', per ispirazione magica da una specie di regno metafisico (dalle origini ancestrali dell'uomo o cose del genere).

8) 0 risposte  ;D
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#2 slothrop

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Inviato 25 ottobre 2006 - 17:17

Premesso che mi auguro di leggere risposte da parte di musicisti (quale io non sono) posso dire che la questione generica del cosa significhi improvvisare è antica.

O meglio, che io sappia la pratica dell'improvvisazione radicale dovrebbe essere piuttosto recente, pochi decenni, diciamo dagli anni '60 perchè in passato improvvisare sulla musica popolare credo significasse nel 100% dei casi utilizzare fraseggi e strutture convenute e classiche (ma non vorrei banalizzare troppo).

Ad ogni modo una bella introduzione (e qualcosa di più pure) la trovi andandoti a leggere libretti e materiale dei vari ensemble di improvvisazione radicale come Amm, Mev, Nuova Consonanza, etc...
Cornelius Cardew, che fondò gli Amm, anni prima scrisse la celebre composizione "Treatise" che mi risulta essere una sequela di segni e simboli anticonvenzionali (e quindi non interpretabili univocamente) posti però con precisione sul pentagramma ad altezze e tempi "scritti" e su cui non si transige. Da ignorante l'ho sempre interpretato (alla luce poi dei successivi Amm e Scratch Orchestra) come un avvicinamento, anche difficile, alla "improvvisazione totale", concetto che probabilmente nei primi anni '60 non era così scontato (e i dischi degli Amm sono ben più ostici rispetto a Ornette Coleman, per dire).
Ad esempio un altro parere interessante è quello di Cecil Taylor che non ha mai parlato di improvvisazione preferendo parlare di "composizione istantanea".
La questione è oltremodo vasta insomma, e per ora non sono in grado di andare oltre a qualche spunto.


a questo punto ho pensato: ma se io, che non so suonare alcunchè e non conosco la teoria musicale, riuscissi ad acquisire una particolare tecnica per suonare ognuna delle possibili strutture musicali (per esempio se campionassi una serie impressionante di suoni e successioni minime di toni diversi registrati dalle più svariate musiche), e se ancora unissi in modo totalmente casuale tutti questi oggetti sonori, avrei fatto musica free pur non possedendo le regole della musica che avrei dovuto superare? sarebbe veramente musica free?



Questo discorso non mi è chiarissimo: quando parli di strutture musicali intendi scale, melodie, fraseggi, canovacci tipici, battute regolari o solamente suoni più e meno casuali?
Ad ogni modo messa così la questione rischia di avere rilevanza esclusivamente nominalistica anche se ammetto che in quello che dici c'è una maniera comunque interessante di porre (pur oziosamente) la tematica centrale.

insomma: casi limite a parte, chiedevo conferma sulla mia assunzione, cioé: non è possibile portar fuori un nuovo linguaggio artistico senza basarsi sui linguaggi già affermati...quella che ipoteticamente potremmo chiamare una 'nuova interiorità' ha bisogno di attaccarsi all'esteriorità, alla storia culturale: l'invisibile viene fuori, si rende visibile, proprio grazie al visibile, si ritaglia un posto nel mondo a partire dall'interno del visibile stesso, e non venendo da 'fuori', per ispirazione magica da una specie di regno metafisico (dalle origini ancestrali dell'uomo o cose del genere).


Al di là che non so quanto sia appropriato citare Cage quale punto di riferimento in questo ambito (anche se Cage, per quello che ha fatto e detto, è davvero un pò prezzemolo).
Se l'invisibile si definisca sulla base del visibile è senz'altro vero.
La dicotomia "composto/improvvisato" è una di quelle fondamentali in musica e ogni volta che si prova ad esprimersi su un disco è qualcosa di cui è necessario tener conto subito.
Se intendiamo l'"improvvisazione" come blocco unico, quasi come genere accumulabile agli altri (e non radicalmente diverso per la sua natura non basata sulla composizione, come invece azzardavo sopra) allora credo che prescindere completamente dal resto dello scibile musicale per creare qualcosa di nuovo sia fattualmente impossibile.
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#3 mongodrone

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Inviato 25 ottobre 2006 - 18:08


a questo punto ho pensato: ma se io, che non so suonare alcunchè e non conosco la teoria musicale, riuscissi ad acquisire una particolare tecnica per suonare ognuna delle possibili strutture musicali (per esempio se campionassi una serie impressionante di suoni e successioni minime di toni diversi registrati dalle più svariate musiche), e se ancora unissi in modo totalmente casuale tutti questi oggetti sonori, avrei fatto musica free pur non possedendo le regole della musica che avrei dovuto superare? sarebbe veramente musica free?

Questo discorso non mi è chiarissimo: quando parli di strutture musicali intendi scale, melodie, fraseggi, canovacci tipici, battute regolari o solamente suoni più e meno casuali?


hmmm si anche suoni singoli...

mi è venuto in mente - correggetemi se sbaglio nell'affermare qualcosa - l'atonalità (o pantonalità) di schoenberg (i 6 brevi pezzi per piano ad es.): qui non è ancora stata sviluppata la dodecafonia e quindi c'è fin troppa libertà...proprio la dodecafonia servirà a Schoenberg per ritrovare la vena compositiva, delle regole creative... l'atonalità invece, seguita fino in fondo, tende al silenzio, all'impossibilità di articolare una successione di suoni, all'indifferenza su ciò che può seguire ogni nota... c'è da dire comunque che in quei pezzi gli elementi ritmici e timbrici sono mi pare non ancora raggiunti da questa totale libertà, e forse neanche l'intensità... la libertà totale riguarda solo i toni...
un esempio di pantonalità che sia anche pan-ritmicità pan-timbricità e pan-intensità
sarebbe appunto l'improvvisazione totale...o no? mentre appunto dodecafonia prima e serialità dopo hanno espresso al contrario l'esigenza di chiudere la possibilità di questa apertura eccessiva che rischiava appunto di far crollare il sistema musicale. ma dopo il periodo della serialità, è stata appunto la volta dell'alea, che anch'essa seguita fino in fonda porta alla fine della musica... questo proprio perchè qualcosa di definito dev'esserci, se no si arriva a identificare il suonare a caso, con il suonare mettendo da parte le regole.

ammetto comunque che non mi è totalmente chiara la situazione della serialità totale (credo in boulez e stockhausen)....perchè se la dodecafonia, equiparando i toni, lasciava liberi timbro ritmo e intensità, la serialità successiva a webern limitava (cioè equiparava) tutto?...
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#4 wago

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Inviato 26 ottobre 2006 - 02:02

Il rifiuto di ogni regola... e' una regola. "Improvvisazione totale" e', a mio avviso, utilizzare potenzialmente qualsiasi linguaggio e qualsiasi struttura musicale, sia essa nuova o vecchia di millenni, ma utilizzarla alla luce di un "discorso" improvvisativo suo malgrado strutturato (per precisi intenti programmatici, o semplicemente perche' identificato a un "flusso" istintivo in cui ogni elemento segue piu' o meno logicamente il precedente). Dalla negazione di tutte le regole non puo' nascere nulla: ogni successione di suoni risponderebbe a una qualche regola (evincibile casomai a posteriori), e il silenzio e' regola gia' in se'...
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#5 ravel

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Inviato 26 ottobre 2006 - 08:15

Quando si affrontano temi come questo spesso la discussione prende la direzione sterile (qui solo appena accennata per fortuna... ) di un confronto sul problema: "Ma l'improvvisazione assoluta, è davvero possibile... ?!". E chi dice sì e chi lo nega ecc.

Evidentemente non è possibile nulla, a questo mondo, assolutamente. L'attore dovrebbe potere annullare se stesso, la sua storia personale, e poi quella del mondo intero ecc.
Questo idea (o ideale) è stupida anche solo a pensarla...

Ma il problema non è questo, è l'attitudine che si prende verso il materiale che preesiste (norme, regole, conoscenze, storia ecc. ) e che non si può eliminare con un tratto di penna...
E' lì che si gioca la partita dell'autenticità di un'improvvisazione...

Un esempio molto banale: quando dovete incontrare un amico è evidente che non potete prescindere da voi due, dal fatto di conoscervi, di avere un vissuto pregresso, di avere conoscenza di gusti e disgusti dell'altro ecc. ma chi si presenta, felice, a un incontro con un amico con la scaletta scritta in tasca delle cose da dire o da fare... ?! Solo un narcisista o una persona non interessata davvero alla comunicazione...
Il bello di quell'incontro è che nessuno dei due sa in anticipo "dove andrà a parare", di che cosa si parlerà, quale piega prenderà l'incontro...
L'improvvisazione è questa qui... Il suo senso nasce qui... I momenti autentici dell'esistenza ha quasi sempre qualcosa che rimanda a questo atteggiamento...

Il resto sono sottigliezza da teologi...  :)
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(k. jaspers)

 

Moriremotuttista


#6 out of the cool

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Inviato 26 ottobre 2006 - 09:21

bel thread, anche se secondo me si corre il rischio di finire con le pippe mentali...l'idea base è che si prende e si suona tutto qua. spesso ci si dice la tonalità, ecco (ok, siamo in la minore!).

mi sto rendendo conto che rispetto a un tempo quando ora provo a suonare totalmente "fuori" la cosa mi piace molto meno, perché?
perchè se si sentono dischi come ascension di coltrane o free jazz di ornette coleman non è gente che suona a caso, ma che ha acquisito un certo stile col tempo facendosi le ossa e imparandosi un vocabolario (di fraseggio, armonico, ritmico...), sviluppando l'orecchio, interiorizzando standards, blues ecc.
il vocabolario è secondo me fondamentale (intendiamoci, la strada non deve mica essere obbligatoriamente quella degli standards jazz!!!) perchè senza quello si corre davvero il rischio di muovere le dita a caso e rompersi le palle, non suonare VERAMENTE liberi.
ecco, io credo che sarò nella fase del "farmi le ossa" ancora per un bel po' :D

ad esempio come fa keith jarrett certe volte a partirsene con strutture di accordi complicate nei suoi concerti soli senza alcuna base di partenza? secondo me è perchè ha suonato talmente tanto brani di ogni genere e risma armonica che gli vengono come la cosa più naturale del mondo.


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#7 wago

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Inviato 26 ottobre 2006 - 10:24

senza quello si corre davvero il rischio di muovere le dita a caso e rompersi le palle, non suonare VERAMENTE liberi


Quando suono la chitarra, spesso ho piu' voglia di "cazzeggiare" che di "faticare" esercitandomi. Mi diverto molto a suonare pressoche' a caso, in maniera del tutto improvvisata e schizoide. Ma non credo sia "libera improvvisazione", perche' mi rendo conto che quel che faccio tende sempre ad assomigliarsi. Un motivo e' il come suono: prevalentemente in tapping (non quello "composto" alla Van Halen, ma spesso tenendo la chitarra appoggiata sulle ginocchia di piatto), con l'ampli a palla perche' ogni colpo si percepisca. Un altro motivo e' che, pur non avendo io la cognizione esatta delle note che suonero' con un certo colpo, comunque quel che faccio segue un filo ritmico e melodico istintivo, se non altro nell'alternanza tra alti e bassi, negli spostamenti orizzontali e verticali sul manico. Anche questi schemi tendono ad assomigliarsi sempre: e' necessario molto esercizio e in molte direzioni diverse per riuscire ad ampliare il proprio "vocabolario intuitivo", ovvero gli schemi che istintivamente si utilizzano.
Insomma, credo che anche per suonare davvero a caso ci voglia un bell'esercizio :)
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#8 mongodrone

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Inviato 26 ottobre 2006 - 16:30

ecco, mi sembra che out of the cool abbia compreso meglio quello che volevo dire... c'è improvvisazione e improvvisazione, chiaro che la conversazione è un modo di improvvisazione, ma ci sono conversazioni più o meno...come dire...autentiche? più variegate, più aperte, più originali, rispetto ad altre più sterili, più stantie. penso che il valore di un'espressione si possa in qualche modo riconoscere con l'ampiezza della veduta da cui parte, quindi dalla commistione di più schemi.. mentre un'espressione che segue determinati schemi è meno incisiva, meno vitale
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#9 bluefunk72

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Inviato 15 novembre 2006 - 14:06

La questione dell'improvvisazione totale è affascinante, ma vorrei evitare di entrare in discussioni teoriche e mi limito a riportare alcune considerazioni che si basano sulla mia (modesta) esperienza personale:
1. A improvvisare si impara suonando: bisogna prima saper mettere le mani su uno strumento e aver capito come funziona.
2. Improvvisare in maniera "totale" è possibile solo se si possiede un certo bagaglio tecnico (patterns, melodie, successioni armoniche, figure ritmiche, voicings, ecc.) - vedi quanto ha detto giustamente out of the cool a proposito di Jarrett.
3. Per improvvisare bene bisogna essere assolutamente coscienti di cosa si sta andando a suonare. Questa coscienza non riguarda tanto la teoria, quanto il "sapere" esattamente che effetto ottengo se metto le dita quì o lì sullo strumento. Altrimenti vado a caso e si sente.
4. Esistono delle tecniche che, limitando il materiale musicale, permettono di improvvisare in maniera efficace (anche cose che possono sembrare ostiche o poco orecchiabili): per esempio, scelgo la scala esatonale, ne memorizzo gli intervalli che la compongono (escludendo parallelamente gli intervalli che non ci sono: quinte giuste, terze minori, ecc.) e le possibili armonie che ne risultano. Memorizzo poi le diteggiature sullo strumento (comprese alcune diteggiature di accordi). A questo punto, e solo a questo punto, posso avventurarmi in un'improvvisazione basata su quella scala, avendo la sicurezza (se sarò concentrato) che non suonerò note estranee.

Ogni genere (compreso il free) si basa su determinate scelte precise e non è mai un suonare a caso: un punto di riferimento ci vuole sempre (fosse anche un semplice pattern ritmico) e parimenti ci vuole una certa esperienza di pratica sullo strumento col quale improvviso. Più conosco il mio strumento e più posso permettermi di non stare a pensare alle note che sto suonando mentre le suono e più la mia improvvisazione sarà guidata dal cuore (e meno dalla mente) e sarà efficace.

Un libro che mi sento di consigliare a musicisti e non è: David Liebman, A chromatic approach to jazz harmony and melody, Advance Music, 2001.


 

   
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#10 StellaDanzante

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Inviato 17 novembre 2006 - 13:24

insomma: casi limite a parte, chiedevo conferma sulla mia assunzione, cioé: non è possibile portar fuori un nuovo linguaggio artistico senza basarsi sui linguaggi già affermati...


Sì.
I grandi geni si sono formati confrontandosi con gli altri geni del passato e rimaneggiando in maniera nuova ciò che loro avevano prodotto. Ogni forma di produzione umana (arte o pensiero che sia) è un rimaneggiamento compiuto dal singolo dei linguaggi già esistenti in cui si fanno compenetrare liberamente gli elementi di una lingua in un'altra.
Il motivo molto semplice per cui un jazzista anche nel peggiore dei casi può fare un'improvvisazione di alto livello e un musicista rock invece deve impegnarsi parecchio per arrivare a qualcosa di decente è che il primo solitamente ha studiato e si è confrontato con un bordello di stili che il musicista rock spesso non interiorizza, ma semplicemente replica.
Nessuno insomma è genio finché non diventa capace di mettere in pratica la propria genialità, manifestandola secondo le diverse forme di produzione umana; più cose diverse si comprendono nel proprio stile, più si ha la libertà di manifestarsi secondo la forma che più ti si adatta.
Ed ecco come nasce la musica free.
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