Herbie Hancock
E' il mio jazzista, l'unico che ascolto con un piacere pari ai miei preferitissimi del pop-rock. Genio al piano acustico, genio all'elettrico, genio ai synth, cardine per la band di Davis, di cui fra l'altro in proprio ha migliorato i risultati (per quel che mi riguarda almeno: "Mwandishi" e "Crossings" >>> "Bitches Brew"). Poi tutta la fase jazz-funk, a partire dal rivoluzionario "Head Hunters". L'ho sempre percepito come abbastanza odiato e in effetti mi sa di essere stato il primo a votarlo (oltre a ricordare una vecchia discussione in cui alcuni forumisti si divertivano a scatarrarci sopra). Pazienza.
mah, io non penso affatto che Hancock sia un musicista "odiato"... mamma mia, sempre co' sti giudizi "primordiali".
piuttosto a Hancock si attribuisce la responsabilità di aver sbilanciato il jazz-rock (alla cui nascita contribuì in maniera determinante, anche se non come Zawinul e Corea) verso il funk commerciale, di facile presa. uno snaturamento che, ovviamente, i puristi del jazz non potevano perdonargli, avendo dovuto già mandare giù mooooolto controvoglia
In a silent way e
Bitches Brew.
cmq, tra i suoi dischi jazz-funk che ho ascoltato certametne
Headhunters è il migliore e il più completo e propositivo; peccato che proprio lui abbia poi recepito con superficialità i risultati di quel disco.
se non l'hai fatto, cmq, ti stra-consiglio i suoi dischi prima del periodo elettrico: da
Takin' Off a
Speak Like Child sono tutti dischi molto belli, nel solco del modal di Davis;
Empyrean Isles (con uno straordinario Freddie Hubbard
) e
Maiden Voyage sono dischi che surclassano tutto il pattume disco-funk a-là
Rockit o
Perfect Machine.
Duke Ellington
Probabilmente il più imponente autore di standard. Ha iniziato con le orchestrine negli anni Venti e ha finito nei Settanta pienamente integrato nell'avant-jazz: ha praticamente accompagnato il genere dalla nascita alla morte (i Settanta sono per me stati l'ultimo decennio davvero "in fermento" per quanto riguarda il settore). La qualità di incisione non mi permette di godere in pieno della prima parte della carriera, sicché ne preferisco la fase post-1960 ("Money Jungle", "Far East Suite", "Duke Ellington & John Coltrane", il postumo "The Intimate Ellington", soffuso e etereo come pochi).
purtroppo l'abitudine ad ascoltare dischi pop, dove la produzione raramente consente un sound non controllato, finisce per porci male nei confronti delle incisioni di molti decenni fa.
pur tuttavia, l'Ellington figura cardine della storia del jazz è proprio quello che raccolse il jazz originario e lo trasformò in opera d'arte, dando a quella musica (e al popolo che la esprimeva, i negri) una dignità che mai avrebbe potuto sperare di avere: insomma, l'epoca dello swing e delle big band.
la musica delle sue orchestre sta al jazz come Beethoven sta alla musica classica.
dopo la rivoluzione bop, Ellington smarrì un po' la sua strada, anche se la sua arte rimase grandissima; anzi, in epoca "free", quando il jazz sembrò allontanarsi dalle masse, fu quasi costretto a riprendere il "vecchio stile" (la
Latin American Suite, la
Far East suite, ecc.).
nel bop non riuscì mai a trovare una vera dimensione, benchè alcuni tentativi non sono poca cosa (vedi il sorprendente ed emozioante
Ellington & Coltrane del '62).
i risultati stilistici e poetici raggiunti da una
Black, Brown & Beige Suite furono e sono tutt'ora stra-or-di-na-ri